Utente:Lelosa41/Sandbox/pagina2

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Senigallia Maria Bonvini Mazzanti (pg. 156-157)

La linea severa dei Portici, appena addolcita dalla lieve ed illusoria curva con cui essi sembrano seguire il corso del fiume Misa, sembra ben accordarsi con l'atmosfera silenziosa ed un po' fuori del tempo che caratterizza, oggi, questa lunga passeggiata coperta. Eppure essi sono costruiti con tutt'altra intenzione. Solo il giovedì, mattina di mercato e i tre giorni della fiera di sant'Agostino, quando la città sembra animarsi nell'ultimo slancio estivo di fine Agosto, possono, sia pur pallidamente, richiamare il motivo per cui esistono: la fiera della Maddalena, che essi testimoniano nel periodo di maggior splendore, quando comincia la loro costruzione. Verso la fine del XVIII secolo, quando i commerci sono ancora fiorenti e si ha la sensazione che possano aumentare, sembra addirittura che essi non possano bastare a contenere la folla di mercanti che affluisce ogni anno nella città. Un altro porticato, del tutto simile a quello che sorgerà sulla riva destra del Misa, è previsto per la sponda sinistra. È del tutto inutile, ma anche inevitabile, pensare a quanto sarebbe risultata ancora più bella Senigallia se l'opera fosse stata effettuata, dando vita oltretutto, ad un porticato esposto quasi continuamente al sole, mentre quello esistente pare vivere d'ombra. Il progetto originale sembra voler unire architettonicamente la città vecchia e quella nuova ampliazione che ingloba il rione del porto, sostituendo alle mura dell'antica fortezza, che non ha più ragione di esistere, il simbolo della nuova città-mercato più consona al periodo settecentesco. La costruzione delle 126 arcate, nello stile un po' severo, tipico della settecentesca Senigallia pontificia, riempi la storia della città per oltre mezzo secolo.

Mentre i primi edifici sorgono rapidamente, secondo il progetto della prima ampliazione, e sono costruiti a spese del comune, gli altri una storia più tormentata. Infatti "la fabbrica" viene interrotta per un ventennio, fino a quando, nel 1772, il nobile Gianbattista Monti è il primo a chiedere di costruire un passaggio sul lungofiume, addossandosi la spesa ingente della prosecuzione dei portici. L'amministrazione, del canto suo, cerca di agevolare coloro che vogliono seguire questo esempio, con il concedere le aree a bassissimo prezzo e, talvolta, gratuitamente. Inoltre vengono dilazionati di molto i tempi di costruzione. L'inizio dei lavori è ritardato anche da polemiche sulla direzione da dare al nuovo porticato: alcuni sostengono che esso dovrebbe proseguire in linea retta rispetto a quello già costruito; altri che dovrebbe seguire il corso del fiume facendo una curva. Alla fine l'architetto anconetano Filippo Marchionni indica la soluzione: un porticato composto da due segmenti che si incontrano idealmente in un ampio angolo ottuso, all'inizio dell'attuale Via Fratelli Bandiera dando l'illusione di una curva che accompagna il letto del Misa. Sbloccata la questione, i nobili, fratelli Monti, Francesco Fantoni e Francesco Cherubini, chiedono di poter costruire, addossandosi la spesa del portico sottostante alle abitazioni, sicché i Portici Ercolani, così chiamati in onore dell' omonimo cardinale, che, come si è detto, li progetta, sono dovuti parte all'impegno della comunità cittadina e parte all'iniziativa privata. Del resto, va anche detto che questo non è una spesa "morta", poiché l'affitto di botteghe e della stessa area pavimentale del portico rende molto bene durante la fiera.

All' inizio dell' ottocento restano ancora, da costruire gli ultimi due tratti del porticato: uno che chiude, dal lato verso il fiume, la piazza del duomo, e l'altro, conclusivo ma mai realizzato, tra Via Cavalotti e Via delle Caserme, come ben si vede dal disegno originale di Pietro Ghinelli. Nel 1805 il sassoferratese Vincenzo Micciarelli presenta il progetto dell'architetto senigalliese Pietro Ghinelli per il palazzo, poi detto della Filanda, e di inizio lavori protrattisi per lunghi anni fra difficoltà e controversie. Esso, costruito in forma quadrata e completamente circondato dai caratteristici archi in pietra d'Istria, sembra voler indirizzare tutta l'imponente linea dei portici verso l'ampia piazza del duomo che, come s'è detto, dovrebbe costituire il centro della nuova ampliazione. I contemporanei apprezzano la sobria bellezza della nuova parte di Senigallia e, soprattutto, la simmetria del porticato al punto che, per non turbarlo, una curiosa ordinanza del legato pontificio stabilisce, nel 1790, che le baracche costruite per la fiera e poste sulla sponda del fiume siano tutte uguali ed abbiano la stessa misura degli archi dei portici che le fronteggiano. I portici e le ampliazioni settecentesche, se testimoniano il periodo di grande splendore per la nobiltà senigalliese, segnano anche un cinquantennio di generale benessere cittadino, perché le decine di cantieri allestiti e le centinaia di barche che devono trasportare i pesanti blocchi di pietra d'Istria, necessari alle costruzioni, assicurano per lunghi anni ad una gran quantità di persone giunte da paesi e città vicine, un lavoro sicuro. L'imponente opera dei portici, anche se incompleta, costituisce una delle maggiori caratteristiche di Senigallia. Essa sembra accogliere le strade cittadine che sboccano, quasi perpendicolarmente, sul lungo fiume. Quelle della nuova ampliazione sono evidentemente costruite secondo un progetto, al contempo geometrico e armonico, che ben si accorda con la strutturazione del nucleo più antico della città anche se, logicamente, risponde a criteri più consoni alla vita commerciale di Senigallia dettati dalla crescita della fiera della Maddalena.[...] Così, ad esempio, Via Pisacane è tanto spaziosa perché di maggiore traffico e scorrimento rispetto al corso (considerato un po' via nobile) per lo smistamento delle merci che arrivano percorrendo il fiume e che vengono vendute in tutta la città. Non è da credere, infatti, che solo la zona vicina al Misa ed al porto sia coinvolta nell' "avventura" della fiera. Intorno alla metà del settecento tutte le strade cittadine diventano luogo di esposizione per le merci. Oltre tutto in questi anni comincia l'uso del "tendato". È questo un "velario" di tela grezza, teso all' altezza del primo piano delle abitazioni su molte strade della città e tra i portici e le baracche di legno che le fronteggiano. Esso trasforma le vie "in un unica immensa galleria", sotto la quale sono disposte le merci, raggruppate in settori.


Senigallia Maria Bonvini Mazzanti (pg. 137)

Essa trasforma Senigallia, seppure per pochi giorni, in un "gigantesco bazar orientale" in cui si può reperire ogni genere di prodotto.

Intorno alla metà del settecento tutte le strade cittadine diventano luogo di esposizione per le merci. Oltre tutto in questi anni comincia l'uso del "tendato". Esso trasforma le vie cittadine "in un unica immensa galleria", sotto la quale sono disposte le merci, raggruppate in settori.

Centro dei generi di lusso della fiera è il Corso dove si possono ammirare tessuti pregiati provenienti da tutta Europa. Nella galleria trovano posto i lavori in oro degli orafi fiorentini e i metalli pregiati, le perle provenienti dall'Oriente. Nel primo porticato, ha luogo il commercio dei cristalli di Murano e di Boemia, mentre artistici mobili, provenienti da Venezia o prodotti dell'artigianato locale, trovano spazio sotto i rimanenti portici.


Emergenze, vuoti, limiti della città storica di Senigallia, Paolo Taus (pg. 57-)

-Ritmo ed una razionale sobrietà, già preludio, in anticipo sul tempo, a concezione neoclassica- cit. a detta di Busiri Vici

Primo porticato

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Attualmente il porticato presenta diciassette archi frontali, in luogo degli originali diciannove.

Guida turistica di Senigallia, Camillo Nardini (pg. 38)

I Portici Ercolani, così chiamati dal nome del cardinale Ercolani, direttore dei lavori dell'ampliazione settecentesca della città, furono costruiti con blocchi di bianca pietra provenienti dall'Istria. Si sviluppano per 126 maestose arcate che poggiano su poderosi pilastri quadrati e sembrano seguire una lieve curva che compie il fiume Misa prima di confondersi con le acque del mare. Costruiti in un periodo di grande splendore per i commerci di Senigallia (dal 1746 al 1805, ad opera dell'architetto Rossi di Osimo), dovevano sostituire le antiche mura cittadine con botteghe destinate ad accogliere i mercanti provenienti da ogni dove per la fiera della Maddalena. I primi tre edifici, finanziati dal comune, vennero costruiti rapidamente; poi i lavori si arrestarono fino a quando (1772) il nobile Gianbattista Monti si offrì per la prosecuzione dei lavori. Nacquero discussioni se si dovessero proseguire in linea retta seguendo la parte già costruita. Prevalse in fine il progetto dell'architetto Marchionni d'Ancona che gli disegnò divisi in due segmenti che si incontrava, quasi a metà, in un ampio anglo ottuso, dando l'impressione di quell'ampia curva cui abbiamo fatto cenno sopra. Nel 1805 venne presentato il progetto dell'architetto Pietro Ghinelli di Senigallia per il Palazzo poi detto della Filanda.