Utente:Lafuggitiva/sandbox/pagina quattro

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Disciplina interna

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I primi interventi legislativi in materia di economia circolare si sono avuti con la L. n. 166 del 19 agosto 2016, sul contrasto allo spreco di beni alimentari e di farmaci invenduti. Il fine di tale provvedimento, in ottemperanza ai programmi europei in tema di economia circolare, era quello di evitare gli sprechi nel settore alimentare e di recuperare e riutilizzare prodotti farmaceutici e altri beni di necessità non deperibili. Già nel 2015, con la L. n. 221 del 28 dicembre 2015 in tema di green economy, il legislatore aveva stabilito che i sottoprodotti della trasformazione degli zuccheri tramite fermentazione, quelli della produzione e della trasformazione degli zuccheri da biomasse non alimentari, nonché i sottoprodotti della lavorazione o raffinazione di oli vegetali fossero da inserire nell’elenco dei sottoprodotti utilizzabili negli impianti a biomasse e biogas al fine dell’accesso ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili. Tale disposizione, contenuta nell’art. 13 della citata legge, era stata introdotta “al fine di ridurre l’impatto ambientale dell’economia italiana in termini di produzione di anidride carbonica e di realizzare processi di produzione in un’ottica di implementazione di un’economia circolare” [1] .

Pacchetto Economia Circolare

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Il 14 giugno 2018 è stato pubblicato il c.d. Pacchetto Economia Circolare (in vigore dal 4 luglio 2018), composto da quattro Direttive intervenute a modificarne sei precedenti in materia di rifiuti. Si tratta della:

  1. Direttiva UE 2018/849, in modifica delle precedenti direttive in materia di veicoli fuori uso, pile e accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche [N 1];
  2. Direttiva UE 2018/850, in modifica della precedente direttiva in materia di discariche [N 2];
  3. Direttiva UE 2018/851, in modifica della precedente direttiva relativa ai rifiuti [N 3];
  4. Direttiva UE 2018/852, in modifica della precedente direttiva in tema di imballaggi e rifiuti da imballaggio [N 4].

Successivamente, il 5 marzo 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle disposizioni contenute nelle Direttive UE. Il fine di questi interventi è di evitare o ridurre al minimo la produzione di rifiuti attraverso l’armonizzazione della raccolta differenziata, la limitazione di prodotti monouso e la promozione di un mercato delle materie prime seconde di alta qualità. L’obiettivo è quello di passare entro il 2035 dal 65 al 70% di riciclaggio e per i rifiuti da imballaggio dal 75 all’80%, mentre il conferimento in discarica non dovrà superare il 10% dei rifiuti prodotti.

Responsabilità estesa del produttore

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Al fine di convertire il rifiuto in risorsa reimmettendolo nel ciclo produttivo attraverso il riciclaggio o al fine di prolungare il ciclo di funzionamento dei prodotti, il legislatore italiano, nel rispetto nella normativa europea (in particolare della Direttiva UE 2018/851), ha introdotto il regime di responsabilità estesa del produttore (EPR), che consiste nell’applicazione di una serie di misure volte ad assicurare che ai produttori spetti la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa rifiuto [2]. Le misure adottate possono essere legislative o non legislative e possono includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti, nonché la successiva gestione dei rifiuti e la responsabilità finanziaria per tali attività; oppure possono includere l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile.

Nuova definizione di rifiuti urbani

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La novità assoluta introdotta dalle Direttive UE è la nuova definizione di “rifiuti urbani”, che pone fine all’annosa questione dell’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani introdotta con il decreto Ronchi del 1997, il quale aveva sottoposto entrambe le tipologie di rifiuto al medesimo regime normativo e fiscale. Ai sensi della Direttiva UE 2018/851, per “rifiuti urbani” si intendono:

  • “rifiuti domestici” indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;
  • rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici [3].

La stessa Direttiva, infine, precisa che i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione.

Note esplicative

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  1. ^ Rispettivamente, Direttiva 2000/53/CE, 2006/66/CE e 2012/19/UE.
  2. ^ Direttiva 1999/31/CE.
  3. ^ Direttiva 2008/98/CE.
  4. ^ Direttiva 1994/62/CE.  

Note bibliografiche

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  1. ^ Uricchio A., I tributi ambientali e la fiscalità circolare, in Diritto e pratica tributaria, n. 5, 2017, p. 1849.
  2. ^ Ronchetti T. e Medugno M., Pacchetto Economia Circolare: al via il recepimento, in Ambiente e sviluppo, n. 4, 2020, p. 279.
  3. ^ Direttiva UE 2018/851, art. 3, comma 2-ter, lett. a) e b).
  • Muratori A., La revisione della parte quarta del d.lgs. n. 152/2006 secondo il Governo e l’Economia Circolare…, in Ambiente e sviluppo, n. 5, 2020.
  • Ronchetti T. e Medugno M., Pacchetto Economia Circolare: al via il recepimento, in Ambiente e sviluppo, n. 4, 2020.
  • Uricchio A., I tributi ambientali e la fiscalità circolare, in Diritto e pratica tributaria, n. 5, 2017.