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TIBULLO I, 3 vv.19-56 (DAL LATINO)

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Testo latino e traduzione

O quotiens ingressus iter mihi tristia dixi
Offensum in porta signa dedisse pedem!
Audeat invito ne quis discedere Amore,
Aut sciat egressum se prohibente deo.
Quid tua nunc Isis mihi, Delia, quid mihi prosunt
Illa tua totiens aera repulsa manu,
Quidve, pie dum sacra colis, pureque lavari
Te—memini—et puro secubuisse toro?
Nunc, dea, nunc succurre mihi—nam posse mederi
Picta docet templis multa tabella tuis—,
Ut mea votivas persolvens Delia voces
Ante sacras lino tecta fores sedeat
Bisque die resoluta comas tibi dicere laudes
Insignis turba debeat in Pharia.
At mihi contingat patrios celebrare Penates
Reddereque antiquo menstrua tura Lari.
Quam bene Saturno vivebant rege, priusquam
Tellus in longas est patefacta vias!
Nondum caeruleas pinus contempserat undas,
Effusum ventis praebueratque sinum,
Nec vagus ignotis repetens conpendia terris
Presserat externa navita merce ratem.
Illo non validus subiit iuga tempore taurus,
Non domito frenos ore momordit equus,
Non domus ulla fores habuit, non fixus in agris,
Qui regeret certis finibus arva, lapis.
Ipsae mella dabant quercus, ultroque ferebant
Obvia securis ubera lactis oves.
Non acies, non ira fuit, non bella, nec ensem
Inmiti saevus duxerat arte faber.
Nunc Iove sub domino caedes et vulnera semper,
50Nunc mare, nunc leti mille repente viae.
Parce, pater. timidum non me periuria terrent,
Non dicta in sanctos inpia verba deos.
Quodsi fatales iam nunc explevimus annos,
Fac lapis inscriptis stet super ossa notis:
‘Hic iacet inmiti consumptus morte Tibullus,
Messallam terra dum sequiturque mari.’

 

O quante volte, una volta entrato, mi dissi che il piede
diede segni di malaugurio, inciampando sulla porta![1]
Nessuno osi andarsene se Amore se ne ha a male,
oppure sappia che è scappato con il dio contrario.
A cosa, Delia, a cosa mi vale ora la tua Iside,
o quei tuoi sistri che scuotevi con la mano,
a cosa vale ora il tuo lavarsi - io ricordo, - con acqua pura, mentre praticavi, pia,
il rito, e il tuo rimanere assopita da sola, in un letto casto?
Ora, dea!, ora vienimi in soccorso, - lo mostrano
i dipinti dei tuoi templi che tu mi puoi curare, -
cosicché la mia Delia, sciogliendo le parole votive,
sieda, vestita di lino, davanti alle [tue] porte sacre,

  1. ^ Era considerato segno di malaugurio.

Differenza tra i vari "hn"

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Parole che si somigliano/greco

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Declinazione pronome relativo ὅς ἥ ὅ

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Singolare
Maschile Femminile Neutro
Nom. ὅς
Gen. οὗ ἧς οὗ
Dat.
Acc. ὅν ἥν
Plurale
Maschile Femminile Neutro
Nom. οἵ αἵ
Gen. ὧν ὧν ὧν
Dat. οἷς αἷς οἷς
Acc. οὕς ἅς
Duale
Maschile Femminile Neutro
Nom./Acc.
Gen./Dat. οἷν αἷν οἷν

Declinazione articolo ὁ, ἡ, τό

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Singolare
Maschile Femminile Neutro
Nom. τό
Gen. τοῦ τῆς τοῦ
Dat. τῷ τῇ τῷ
Acc. τόν τήν τό
Plurale
Maschile Femminile Neutro
Nom. οἱ αἱ τά
Gen. τῶν τῶν τῶν
Dat. τοῖς ταῖς τοῖς
Acc. τούς τάς τά
Duale
Maschile Femminile Neutro
Nom./Acc. τώ τώ (τά) τώ
Gen./Dat. τοῖν τοῖν (ταῖν) τοῖν

ἡ, ἥ ed ἤ

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  • =nom. fem. sing. dell'articolo (ὁ, ἡ, τό)
Maschile Femminile Neutro
Nom. τό
Gen. τοῦ τῆς τοῦ
Dat. τῷ τῇ τῷ
Acc. τόν τήν τό
  • =nom. fem. sing. del pronome relativo ὅς ἥ ὅ
Maschile Femminile Neutro
Nom. ὅς
Gen. οὗ ἧς οὗ
Dat.
Acc. ὅν ἥν
  • =particella comparativa

«Ἀνδρειότοτερος τοῦ Πάριδος / ἤ Πάρις»

A questo punto, il filosofo chiarisce la sua idea di filosofia esposta sotto forma di enciclopedia.

La filosofia esposta sotto forma di enciclopedia non deve tener conto delle particolarizzazioni dei momenti che la compongono (i quali non possono nemmeno essere contati), bensì delle caratteristiche principali di quelle particolarizzazioni. «Il tutto della filosofia costituisce perciò veramente una scienza; ma può essere anche considerato come un complesso di più scienze particolari», sostiene Hegel.
Tuttavia, si distingue dalle altre enciclopedie innanzitutto per questo:

(DE)

«Enzyklopädie dadurch, daß diese etwa ein Aggregat der Wissenschaften sein soll, welche zufälliger und empirischerweise aufgenommen und worunter auch solche sind, die nur den Namen von Wissenschaften tra gen, sonst aber selbst eine bloße Sammlung von Kenntnissen sind. Die Einheit, in welche in solchem Aggregate die Wissenschaften zusammen- gebracht werden, ist, weil sie äußerlich aufgenommen sind, gleichfals eine äußerliche, - eine Ordnung. Diese muß aus demselben Grunde, zu dem da auch die Materialien zufälliger Natur sind, ein Versuch bleiben, und immer unpassende Seiten zeigen.»

(IT)

«[...] un'ordinaria enciclopedia è come un aggregato di scienze, prese in modo accidentale ed empirico, e tra le quali ve ne ha perfino di quelle che di scienza han solo il nome e consistono in una semplice raccolta di conoscenze. L'unità, nella quale le scienze sono messe insieme in tale aggregato, è - poiché esse son considerate estrinsecamente, - un'unità estrinseca, un semplice ordinamento. Per la medesima ragione, e tanto più perché i materiali sono di natura accidentale, quell'ordinamento non può non restare un tentativo e mostrar sempre lati manchevoli.»

Cioè: a causa del loro ordine accidentale, le enciclopedie diverse da quella filosofica devono giocoforza essere manchevoli sotto diversi aspetti; un'enciclopedia filosofica, invece, deve rappresentare una sintesi, tenendo da un lato conto dei punti principali dei circoli che la compongono, dall'altro essere comprendere tutti i circoli.
Dopodiché, l'enciclopedia filosofica rifiuta (1.) le scienze «positive» e (2.) le scienze parzialmente positive, ossia quelle che «hanno a loro fondamento il semplice arbotrio». Hegel, tuttavia, chiarisce meglio la questione asserendo che vi sono diversi livelli di «positività» delle scienze:

1. «il loro primo principio, che è in sé razionale, trapassa nell'accidentale pel fatto che esse debbono calare l'universale nella individualità empirica e nella realtà» («ihr an sich rationeller Anfang geht in das Zufällige dadurch über, daß sie das Allge meine in die empirische Einzelheit und Wirklichkeit herunterzuführen haben»): abbiamo innanzitutto un movimento universale-particolare in cui l'Idea si particolarizza nell'accidentale; prendono parte a questo movimento, ad esempio, la storia, la storia naturale, la medicina, la scienza del diritto etc.;
2. «queste scienze sono anche positive in quanto non riconoscono le loro determinazioni come finite, né mostrano il passaggio di esse e di tutta la loro sfera ad un'altra superiore, ma le ammettono per valevoli senz'altro» («Solche Wissenschaften sind auch insofern positiv, als sie ihre Bestim mungen nicht für endlich erkennen, noch den Übergang derselben und ihrer ganzen Sphäre in eine höhere aufzeigen, sondern sie für schlechthin geltend annehmen»): il particolare si assolutizza nella propria finitezza;
3. «a questa finitezza della forma, come la prima è la finitezza della materia, si collega quella del principio conoscitivo, che è in parte il raziocinio, in parte il sentimento, la fede, l'autorità di altri, in generale l'autorità dell'intuizione interna od esterna» («Mit dieser Endlichkeit der Form, wie die erste die Endlichkeit des Stoffes ist, hängt die des Erkenntnisgründes zusam men, welcher teils das Räsonnement, teils Gefühl, Glauben, Autorit Anderer, überhaupt die Autorität der innern oder äußern Anschauung ist»): noi non siamo limitati solo dalla finitezza dell'oggetto, ma anche dalla finitezza della nostra conoscenza di esso, per una serie di fattori; «questo tipo di empiria,» sostiene Hegel, «mediante la contrapposizione e molteplicità dei fenomeni raccolti insieme, avviene la rimozione delle circostanze esteriori e accidentali delle condizioni, e in tal modo si dischiude la via all'Universale.» («Es gehört zu solcher Empirie, daß durch die Entgegensetzung und Mannigfaltigkeit der zusammengestellten Erscheinungen die äußer lichen, zufälligen Umstände der Bedingungen sich aufheben, wodurd dann das Allgemeine vor den Sinn tritt.»): può darsi che, a causa di quella che il filosofo chiama «un'intuizione profonda», lo scienziato pervenga alla conoscenza del proprio oggetto secondo «la logica interna del concetto» - id est, perviene all'universale. Infatti:
(DE)

«Eine sinnige Experimental Physik, Geschichte usf. wird auf diese Weise die rationelle Wissenschaf der Natur und der menschlichen Begebenheiten und Taten in einem äv Berlichen, den Begriff abspiegelnden Bilde darstellen.»

(IT)

«Una fisica sperimentale, una storia ecc., che siano condotte con penetrazione di pensiero, rappresenteranno, a questo modo, la scienza razionale della natura e delle vicende e fatti umani in un'immagine esteriore, in cui si rispecchia il concetto.»

Quindi la filosofia? L'intero paragrafo è estremamente interessante, per cui è riportato integralmente in seguito, per chi intendesse approfondire:

§17
Für den Anfang, den die Philosophie zu machen hat, schein sie im allgemeinen ebenso mit einer subjektiven Voraussetzung wie die andern Wissenschaften zu beginnen, nämlich einen be sondern Gegenstand, wie anderwärts Raum, Zahl usf., so hier das Denken zum Gegenstande des Denkens machen zu müssen. Al lein es ist dies der freie Akt des Denkens sich auf den Standpunk zu stellen, wo es für sich selber ist und sich hiemit seinen Gege stand selbst erzeugt und gibt. Femer muß der Standpunkt, wel cher so als unmittelbarer erscheint, innerhalb der Wissenschaf sich zum Resultate, und zwar zu ihrem letzten machen, in we chem sie ihren Anfang wieder erreicht und in sich zurückkeh Auf diese Weise zeigt sich die Philosophie als ein in sich zurück gehender Kreis, der keinen Anfang im Sinne anderer Wissen schaften hat, so daß der Anfang nur eine Beziehung auf das Sub jekt, als welches sich entschließen will zu philosophieren, nick aber auf die Wissenschaft als solche hat. - Oder was dasselbe ist, der Begriff der Wissenschaft und somit der erste, - und weil e der erste ist enthält er die Trennung, daß das Denken Gegen stand für ein (gleichsam äußerliches) philosophierendes Subjck ist, muß von der Wissenschaft selbst erfaßt werden. Dies ist sogar ihr einziger Zweck, Tun und Ziel, zum Begriffe ihres Be griffes, und so zu ihrer Rückkehr und Befriedigung zugelangen.
Circa il cominciamento che la filosofia deve fare, sembra che anch'essa in generale, come le altre scienze, prenda le mosse da un presupposto soggettivo, cioè che debba prendere ad oggetto del pensiero un oggetto particolare: altre, lo spazio, il numero e via dicendo; essa, il pensiero. Ma in ciò appunto consiste il libero atto del pensiero, nel collocarsi nel punto nel quale è per sé stesso e quindi produce e dà a sé stesso il suo oggetto. Inoltre, il punto di vista che appare qui come immediato deve diventare, dentro la scienza, risultato, e propriamente risultato ultimo, nel quale essa attinge di nuovo il suo cominciamento e ritorno in sé. In questo modo la filosofia si mostra come un circolo ritornante in sé, il quale non ha alcun cominciamento nel senso di altre scienze; cosicché il cominciamento è solo in relazione col soggetto, come quello che si vuole risolvere a filosofare, non già con la scienza come tale. - O, ciò ch'è lo stesso, il concetto della scienza, e cioè, il primo, - e perché è il primo contiene la separazione che rende il pensiero oggetto per un soggetto (parimente esteriore), che si mette a filosofare, deve esser compreso dalla scienza stessa. Questo è appunto il suo unico fine, la sua opera e la sua mira: giungere al concetto del suo concetto, e così al ritorno in sé ed al completo appagamento.


Bisogna innanzitutto ricordarsi che per Hegel la filosofia è «la scienza del pensiero», nel senso che ha il pensiero come inizio, come mezzo e come fine. Perciò, mentre per le altre scienze, per cominciare, ci si concentra su un presupposto soggettivo qualsiasi, per la filosofia questo significa porre come oggetto del proprio pensare il pensiero stesso, che deve essere sia l'oggetto che il fine. Ne consegue che la filosofia non ha un inizio come tutte le altre scienze, bensì comincia dove inizia il pensare al pensare.

18 - la partizione della sua opera

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Nell'ultimo paragrafo dell'Introduzione, Hegel preannuncia come sarà divisa la sua opera: essa seguirà lo svolgersi dell'idea, che si presenta dapprima in sé, poi fuoriesce da sé e infine ritorna a sé partendo da dove era arrivata una volta fuoriuscita, così:

I. La Logica, la scienza dell'Idea in sé e per sé;
II. La Filosofia della Natura, come la scienza dell'Idea nel suo alienarsi da sé;
III. La Filosofia dello Spirito, come la scienza dell'Idea, che dal suo alienamento ritorna in sé.

Hegel tiene a specificare che quelle appena elencate non sono delle categorie, ma momenti di passaggio, nel senso che c'è una fase iniziale, una intermedia e una finale, e nessuna delle tre è immobile.

«Il modo di rappresentare, che è proprio della divisione, ha perciò questo d'inesatto, che pone le singole parti o scienze l'una accanto all'altra, quasiché esse fossero immobili e sostanzialmente diverse, come tante specie.»

Prima parte: scienza della logica

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(DE)

«Die Logik ist die Wissenschaft der reinen Idee, das ist, der Idee im abstrakten Elemente des Denkens.»

(IT)

«La logica è la scienza della idea pura, cioè dell'Idea nell'elemento astratto del pensiero.»

Questa definizione, spiega Hegel, risulta «dalla veduta complessiva del tutto e dopo di essa». Infatti, bisogna fare attenzione, perché la logica non è la scienza di un pensiero astratto, ma del pensiero che si sviluppa nelle sue determinazioni peculiari che lui stesso si autogenera.
La Logica, poi, può essere vista in due modi:

  • come la scienza più difficile, perché i concetti che la caratterizzano sono, nel senso più assoluto, astratti;
  • come la scienza più facile, perché sono comunque concetti fondamentali e noti (Hegel cita essere, niente, ecc., determinatezza, grandezza, ecc., in sé, per sé, uno, molti, ecc.).

Tuttavia, la loro notorietà è anch'essa fonte di difficoltà, perché molte volte si tratta anche di scoprirle «in modo affatto diverso, e anzi perfino opposto a quello in cui son note.»
Infine, Hegel si chiede se effettivamente la Logica sia utile, e la sua risposta è sì: da un lato aiuta il soggetto ad esercitare il pensiero, dall'altro la Logica è Verità pura, perciò essa è certamente anche utile:

(DE)

«Insofern aber de Logische die absolute Form der Wahrheit und noch mehr als dies and die reine Wahrheit selbst ist, ist es ganz etwas anderes als bloß etwas Nützliches. Aber wie das Vortrefflichste, das Freiste und Selbständig auch das Nützlichste ist, so kann auch das Logische so gefaßt werden Sein Nutzen ist dann noch anders anzuschlagen, als bloß die formel Übung des Denkens zu sein.»

(IT)

«Ma, in quanto la logica è la forma assoluta della verità e, più ancora, è la stessa pura verità, essa è affatto diversa da un qualcosa semplicemente utile. Di certo, ciò ch'è il più eccellente, più libero e più indipendente è, insieme, quel che vi ha di più utile, e perciò la logica può essere anche considerata come utile: utilità, che è in tal caso da misurare a una stregua ben diversa da quella del semplice esercizio formale del pensiero,»

§20 - Sensibilità, rappresentazione e pensiero

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In questo corposo paragrafo, Hegel comincia ad analizzare il pensiero «nel suo aspetto più prossimo», ossia come «attività o facoltà spirituale accanto ad altre, alla sensibilità, alla intuizione, alla fantasia, ecc., all'appetizione, al volere, ecc.». Qui Hegel dà delle definizioni piuttosto chiare e lineari:

(DE)

«Das Produkt desselben, die Be stimmtheit oder Form des Gedankens, ist das Allgemeine, Ab strakte überhaupt.
Das Denken als die Tätigkeit, ist somit de tätige Allgemeine, und zwar das sich betätigende, indem die Te das Hervorgebrachte, eben das Allgemeine ist.
Das Denken als Subjekt vorgestellt ist Denkendes, und der einfache Ausdruck de existierenden Subiekts als Denkenden ist Ich.»

(IT)

«Il prodotto di questa attività, il carattere o forma del pensiero, è l'universale, l'astratto in genere.
Il pensiero come attività è perciò l'universale attivo, e propriamente quello che fa sé stesso, giacché il fatto, il prodotto, è appunto l'universale.
. Il pensiero, rappresentato come soggetto, è il pensante; e la semplice espressione del soggetto esistente come pensante è l'Io.»

Queste affermazioni, spiega Hegel, non hanno carattere soggettivo, ma universale: tuttavia non è ancora possibile dimostrarli. Il filosofo, dunque, rinvia la giustificazione di tali assiomi a capitoli successivi, introducendo il concetto di facta. Queste le sue parole:

«Le proposizioni, esposte qui e nei paragrafi seguenti, non sono già da accogliere come affermazioni, e come le mie opinioni intorno al pensiero; ma, poiché in questa maniera preliminare nessuna deduzione o prova può aver luogo, esse debbono valere come fakta, nel senso che nella coscienza di ognuno, se egli ha pensieri e li fa oggetto di considerazione, si trova empiricamente che vi è incluso il carattere dell'universalità, e così anche gli altri consecutivi. S'intende bene che, per osservare i fatti della propria coscienza e delle proprie rappresentazioni, è presupposta una certa cultura dell'attenzione e dell'astrazione.»

Di fatto, Hegel assume empiricamente la valenza universale di quei concetti facendo leva sulla sensibilità di ciascuno di noi.

Si tratta adesso della differenza fra Sensibilità (Sinnlichem), Rappresentazione (Vorstellung) e Pensiero (Gedanken zur Sprache).

Si è soliti cominciare la descrizione del sensibile mettendo in risalto il suo carattere di esteriorità rispetto al soggetto, dal momento che questi individua il sensibile tramite gli omonimi sensi. Dire questo, tuttavia, non significa niente: ci dà informazioni solo sul mezzo (i sensi) e non sull'oggetto (il sensibile). L'elemento caratteristico del sensibile è invece la sua individualità, che è anche ciò che fondamentalmente lo differenzia dal Pensiero. Dice Hegel:

«Per quel che concerne il sensibile, si suol addurre dapprima, come spiegazione di esso, la sua origine esterna, i sensi o gli organi dei sensi. Ma nominare lo strumento non dà alcuna determinazione di ciò che con esso vien appreso. La differenza del sensibile dal pensiero è da riporre nella individualità, che è il carattere del sensibile.»

Ora: Hegel definisce il Singolare un'Esteriorità reciproca:

«Der Unterschied des Sinnlichen vom Gedanken ist darein zu setzen, daß die Bestimmung von jenem die Einzelheit ist, und indem das Einzelne (ganz abstrakt das Atome) auch im Zusammenhange steht, so ist das Sinnliche ein Außereinander, dessen nähere abstrakte Formen das Neben- und das Nacheinander sind.»

Questo significa che gli elementi sensibili, nelle loro singolarità non universali, sono esteriori gli uni rispetto agli altri - "divisi tra loro", per intendersi.

La rappresentazione
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Sostiene Hegel:

«Il rappresentare ha questa materia sensibile per suo contenuto; ma l'ha con la determinazione del mio (che quel contenuto è in me), e della universalità, del riferimento a sé, della semplicità. Oltre quella sensibile, la rappresentazione ha per contenuto anche la materia che proviene dal pensiero consapevole, come le rappresentazioni dei fatti giuridici, morali, religiosi, ed anche di quelli del pensiero stesso; e non si presenta facile la distinzione tra siffatte rappresentazioni e i pensieri di tal contenuto.»

Cosa significa tutto ciò? Procediamo per passi.
Oggetto della rappresentazione sono il sensibile e il materiale prodotto dal pensiero dell'autocoscienza, cioè i concetti che nascono dall'incontro di più coscienze, come nella società (Hegel cita il diritto, l'etica, la religione etc.).
Il sensibile è universale per due motivi: 1. perché è entro Me, 2. perché è in relazione a-sé, e cioè è semplice.
Il materiale prodotto dal pensiero dell'autocoscienza è universale per altri due motivi: 1. perché è pensiero, 2. perché è entro Me, e dunque rappresentazione.
Tuttavia, queste rappresentazioni si trovano ugualmente isolate e singolarizzate. Secondo Hegel, infatti, per quanto le idee vengano applicate concretamente lungo la storia secondo una visione che vede l'umanità in continuo progresso, esse, nella sfera della rappresentazione, restano isolate e, pertanto, semplici.
Ora, queste rappresentazioni possono comportarsi in due modi:

  • rimanere fine a sé stesse, ad esempio «Dio è dio», «il diritto è diritto»;
  • oppure, «in una forma più coltivata», si connettono queste rappresentazioni con altri predicati: «Dio è creatore del mondo, è onniscente, è onnipotente» etc.

In quest'ultimo caso, secondo Hegel, si associano delle determinazioni che tuttavia rimangono reciprocamente esteriori nella stessa misura del sensibile.

La differenza fra rappresentazione e intelletto
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Quando avviene questo, la rappresentazione coincide con l'intelletto. Ma qual è la differenza fra le due? Dunque:

  • l'intelletto crea relazioni necessarie fra le determinazioni isolate della rappresentazione;
  • la rappresentazione invece, dice Hegel, «lascia le determinazioni nebeneinander («giustapposte»), «collegate da un mero Auch («Anche»)»: in buona sostanza, le sue relazioni non sono necessarie.

Citazioni in template Wiki Maffei

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«La logica è la scienza della idea pura, cioè dell'Idea nell'elemento astratto del pensiero.»

«Il prodotto di questa attività, il carattere o forma del pensiero, è l'universale, l'astratto in genere.
Il pensiero come attività è perciò l'universale attivo, e propriamente quello che fa sé stesso, giacché il fatto, il prodotto, è appunto l'universale.
. Il pensiero, rappresentato come soggetto, è il pensante; e la semplice espressione del soggetto esistente come pensante è l'Io.»

}

  • definizione della derivata:
Esempio

Calcola il rapporto incrementale di


<math>f(c) = 3(-1)^2 + 2 = 5

  • abito cristallino: forma esterna che assume il minerale man mano che cresce.
  • reticolo cristallino: disposizione interna delle specie chimiche del minerale.
  • cella elementare: la più piccola struttura elementare che compone il reticolo cristallino, conservandone in sé la composizione chimica e la struttura cristallina.
  • nodi del reticolo cristallino: vertici della cella elementare.

Hermeneumata Pseudodositheana

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Gli Hermeneumata Pseudodositheana sono dei manuali d'istruzione che i pedagoghi antichi usavano per insegnare il latino a chi parlasse greco e viceversa.

Gli hermeneumata

Discorso decisivo

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Riassunto particolareggiato

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Il filosofo chiarifica sin dall'inizio l'oggetto della sua indagine:

(AR)

«فإن الغرض من هذا القول أن نفحص، على جهة النظر الشرعي، هل النظر في الفلسفة وعلوم المنطق مباح بالشرع، أم محظور، أم مأمور به، إما على جهة الندب، وإما على جهة الوجوب؟»

(IT)

«L'obiettivo di questo trattato è esaminare, dal punto di vista dello studio della Legge, se lo studio della filosofia e della logica sia permesso dalla Legge, o vietato, o comandato, sia per via della raccomandazione che come obbligatorio.»

Se la filosofia, sostiene Averroè (§7-9), non è che «lo studio degli esseri esistenti e la riflessione su di essi come prodotti del Creatore» (إن كان فعل الفلسفة ليس شيئاً أكثر من النظر في الموجودات، واعتبارها من جهة دلالتها على الصانع) allora più tale conoscenza è approfondita, più approfondita sarà la conoscenza del Creatore stesso. Dunque:

(AR)

«وكأن الشرع قد ندب إلى اعتبار الموجودات، وحث على ذلك. فبين أن ما يدل عليه هذا الاسم إما واجب بالشرع، وإما مندوب اليه.»

(IT)

«Se la Legge ha incoraggiato e sollecitato la riflessione sugli esseri, allora è chiaro che ciò che questo nome indica [la filosofia] è o obbligatorio o raccomandato dalla Legge.»

In altre parole, se la filosofia è lo studio teologico del mondo, ed è la stessa shariʿa, la legge islamica, ad incoraggiare tale studio, allora la shariʿa incoraggia lo studio della filosofia.

Il fatto che la norma religiosa stimoli un'indagine intellettuale è testimoniato ad una serie di versetti nei testi sacri che il filosofo cita testualmente, ad esempio: «Ma non guardano dunque gli uomini al cammello, come fu creato, e al cielo, come fu innalzato?» (Corano, LXXXVIII, 17-18)