Utente:Giovanni.giudice

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La presenza degli Italiani in Egitto

Italiani d'Egitto

[modifica | modifica wikitesto]

Questi studi storici nascono a seguito della volontà di contribuire attivamente alla costruzione di una corretta informazione storica sull'esperienza degli italiani d'Egitto, come sintesi sull’insieme del percorso sociale e storico che ha rappresentato un’esperienza singolare e ben caratterizzata, purtroppo non sempre presente negli studi contemporanei. Tra il 1800 ed il 1900, tantissimi italiani sono emigrati in paesi stranieri e in essi hanno stabilito la loro nuova residenza e la loro nuova identità culturale. Hanno portato molta italianità e si sono gradualmente integrati nel loro nuovo paese divenendone bravi cittadini. Altri hanno vissuto l’esperienza di colonizzatori, con un rientro in patria non sempre facilitato ma almeno riconosciuto e ricordato come tale. Della vita della Comunità italiana in Egitto, peculiare nel suo genere in quanto gruppo non colonizzatore né incentivato ad un’integrazione nel paese estero di residenza, si sa fino ad oggi poco o nulla. Non esistono informazioni precise sui testi di apprendimento o sui manuali scolastici, se si escludono rari accenni in riferimento a storie di taluni personaggi o vicende di altre Comunità. Il suo vissuto ed il suo contributo risultano quasi sganciati dalla complessiva ricostruzione storica e, quando recuperati, appaiono solo in modo parziale e non adeguatamente contestualizzato. Dopo le nostre generazioni è purtroppo verosimile concepire che subentri l’oblio. Da qui il bisogno di comporre un tracciato storico sul quale appoggiare le testimonianze, i ricordi e la paziente ricerca su questa Comunità numericamente rilevante e altamente operosa, tracciato che trova conferme storiche nelle vicende dei nostri genitori e dei nostri avi, nelle opere realizzate in Egitto da italiani nonché nel comportamento e nell’espressività degli egiziani metropolitani di oggi. L’esperienza da far conoscere, unica nel suo genere, è quella della formazione e maturazione in un clima cosmopolita, nel quale molte culture, molte nazionalità e molte religioni hanno convissuto pacificamente per oltre un secolo. Ciascun gruppo ha saldamente mantenuto la propria nazionalità, il proprio credo religioso, i propri valori d’origine e l’amore per la propria patria senza prevaricare in alcun modo sugli altri. In un clima siffatto, di straordinaria e quotidiana tolleranza, ogni Comunità ha offerto un modello di vita e di comportamento e le altre hanno potuto recepire e assimilare usi, costumi e valori consoni al proprio essere in funzione di un migliore avvenire comune. Questa prima conferenza intende illustrare l’escursus storico della nostra Comunità, specificare e evidenziare le basi e le fondamenta della formazione di valori e di conoscenza e, infine, spiegare il motivo per cui il rapporto con il popolo egiziano è sempre stato per noi facile e agevole.

Storia, motivazioni, cultura e opere degli italiani in Egitto dal 1860 al 1960.

[modifica | modifica wikitesto]

Presenta la Dott.ssa Stefania Sofra Laureata in Lettere Classiche, indirizzo Archeologia Orientale, presso l’Università di Roma “La Sapienza”, specializzazione post-laurea in Archeologia Orientale, sempre a “La Sapienza” con una tesi in Egittologia. Ha partecipato a campagne di scavo nel Vicino Oriente e svolto ricerche archeologiche in Egitto su “Le dinastie regali nubiane”. Al Cairo dal 1995 al 1999 ha operato in Egittologa presso la Sezione Archeologica dell’Istituto Italiano di Cultura al Cairo; docente di lingua italiana ai Corsi di Italiano per Stranieri presso l’Istituto Italiano di Cultura; docente di Lingua e Letteratura Italiana all’Istituto Don Bosco del Cairo; insegnante ai corsi di Archeologia presso il Centro Italo-egiziano per il Restauro e l’Archeologia, al Cairo. Insegnante di Egittologia presso Università private di Roma e Latina, e docente di Lingua e Letteratura Italiana, Storia e Geografia presso gli Istituti di scuola superiore.

Introduzione Oggi quest’appuntamento è dedicato agli italiani d’Egitto e al grande affetto che lega il popolo italiano alla splendida terra d’Egitto, sia per chi, come molti di voi, è nato in quella terra e vi ha trascorso la giovinezza piena di bei ricordi, sia per chi come me e molti altri presenti stasera ha invece solo studiato e conosciuto l’Egitto, fino ad innamorarsene. L’Egitto io lo definisco "un antico paese di sogno" per la capacità di trasmettere sensazioni e fascino ineguagliabili, un Paese di intriganti misteri, di seduzione e di esotismo, è un paesaggio eterno con i suoi immensi deserti ed i suoi enigmatici monumenti, un antico, millenario passato che non cambierà mai. L’Egitto riesce a stabilire un forte legame con chi lo vive e lo sente. Questo grande affetto che lega noi italiani all’Egitto non è legato solo da motivazioni turistiche: non è solo la bellezza dei monumenti che ci attrae della terra egiziana, ma da un insieme di cose, di gesti, di usi, e costumi, di modi di fare, di familiarità, di atmosfera che ha delle profonde remote radici storiche e che ci hanno unito fraternamente con il popolo egiziano, al quale siamo così simili.

Quadro storico Ricordiamo che i rapporti tra l’Italia e l’Egitto nel tempo sono sempre stati molto stretti: due paesi del mediterraneo privilegiati per la loro posizione in quanto l’Egitto rappresenta la porta di passaggio fra l’occidente e l’oriente, il crocevia di 3 continenti (Africa, Asia e Europa), mentre l’Italia occupa il centro dei paesi mediterranei avvicinando l’Europa all’Africa e all’oriente. Quindi rapporti legati da relazioni commerciali, politiche, religiose e culturali hanno unito per secoli l’Italia e l’Egitto e durano tuttora. Anche quando gli Italiani dovettero emigrare, in Egitto essi sentirono la necessità di costruire e fare qualcosa di duraturo, ecco perché ogni settore della vita egiziana reca tracce italiane: nella pietra, nell’arte, nella lingua, gli italiani hanno lasciato un’impronta profonda ed indelebile. Ma soprattutto gli italiani hanno sempre sentito l’Egitto come una seconda patria sul mare di Roma. La presenza italiana in Egitto risale all’800, quando una comunità numerosa, sull'onda delle riforme messe in atto da Mohammed Ali, creò le premesse per un'emigrazione costante e continua. Mohammed Ali (1769-1849) diede inizio al vero risorgimento della nazione egiziana, che diede le basi allo Stato moderno egiziano, in cui fu prezioso l’aiuto dato da singoli italiani. Mohammed Ali non aveva idee precise su quali riforme introdurre nel paese: era illetterato e non aveva viaggiato, ma aveva l’impulso e l’energia. Un disegno concreto gli venne offerto dal conte veneziano De Rossetti, verso cui Mohammed Ali dimostrò sempre un’affettuosa gratitudine. Nei 150 anni che vanno dal 1802 al 1952 (quando ci fu il colpo di stato militare), molti italiani si sono resi celebri per la loro attività svolta in Egitto. Gli italiani dettero a Mohammed Ali un potente aiuto: bisognava rinnovare tutto, dall’amministrazione all’esercito, dalla cultura all’economia. Dal 1821 arrivarono in Egitto gli esuli politici, in gran parte massoni, che vi trovarono tranquillo asilo e costituirono un'élite di professionisti, tecnici, militari e artisti e pian piano la colonia italiana crebbe quando Mohammed Ali trasse l’Egitto dall’anarchia e l’avviò a divenire un paese civile. In cambio l’Egitto offrì loro tranquillità e protezione, cordiale accoglienza e buone occupazioni. Infatti Mohammed Ali eliminò ogni tassa eccessiva per facilitare e aumentare la venuta degli europei in Egitto e tollerò anche che le autorità consolari interpretassero e applicassero in senso molto largo i privilegi capitolari (speciali concessioni). Il contenuto delle capitolazioni, in Egitto, era il seguente: • nessuna legge egiziana poteva essere applicata agli europei se prima non veniva ratificata dai Governi europei, • il domicilio degli europei era inviolabile dalle autorità egiziane, per cui gli europei in Egitto, per tutto quanto concerneva i loro beni e le loro persone, erano ritenuti come se risiedessero nel loro Paese, • gli europei erano esenti dalle imposte, salvo le tasse doganali, • Era garantita loro la libertà di commerciare, • Era garantita loro la libertà di praticare la propria religione. Erano questi i privilegi che godevano allora gli italiani in Egitto. In Egitto gli italiani erano sottomessi alla giurisdizione dei propri Consoli per quanto riguardava le contestazioni civili fra italiani. In materia penale, in caso di grave delitto, venivano giudicati dalla Corte d'Assise di Ancona fino alla riforma emanata dal Khedive Ibrahim e la creazione dei Tribunali Misti, quando le contestazioni civili tra italiani e stranieri furono sottomesse alla giurisdizione di questi tribunali. Importante fu la geniale idea dei veneziani quando, a causa della nuova via delle Indie, videro minacciata la potenza di Venezia e così concepirono un canale diretto tra il Mediterraneo e il Mar Rosso attraverso l’istmo di Suez, ma varie difficoltà impedirono loro di attuare questo progetto e la potenza di Venezia decadde. Dopo i veneziani fu opera di Napoleone la ripresa dell’idea e la sua realizzazione: nel 1846 si fondò la “Société d’études du canal de Suez”. Nel 1847: un ingegnere italiano, il De Negrelli, determinò il progetto, ma la “Société” scelse Ferdinand de Lesseps come progettista. Nel 1849 Mohammed Ali morì; la comunità italiana, allora, contava circa 10.000 persone e la lingua italiana veniva usata dal Governo, dal mondo degli affari, e nelle relazioni fra i Consoli stranieri. A Risorgimento concluso, molti esuli scelsero di tornare in patria, mentre altri rimasero in Egitto e ad essi si aggiunse, verso il 1860, una seconda ondata di emigranti di altre caratteristiche: ingegneri, tecnici ed operai attirati dai lavori in corso per la realizzazione del Canale di Suez. Dal 1859 al 1869 gli italiani furono impegnati in tali lavori e molti di loro, coinvolti in lavori successivi all'apertura del Canale, si stabilirono definitivamente nel paese. L’Egitto offrì loro lavoro manuale ed intellettuale, diede la possibilità di raggiungere posizioni di prim’ordine: professionisti di ogni attività, soprattutto medici e uomini d’affari, commercianti, costruttori, appaltatori: la colonia italiana d’Egitto ha sempre presentato una grande varietà nella sua composizione.

Riassumendo: nella prima parte del 1800, furono essenzialmente fattori politici a motivare l’emigrazione italiana, vennero in Egitto militari, professionisti e tecnici che, in Italia, erano stati attivi durante il Risorgimento; dopo il 1860 furono le cause economiche ad incentivare l’emigrazione, affluirono in Egitto commercianti, industriali, artigiani ed operai in cerca di lavoro.

Tra il 1860 ed il 1900 l’Italia era ancora debole economicamente e politicamente, ma in Egitto, gli italiani sostennero con successo la concorrenza delle altre nazionalità (francesi ed inglesi) che invece avviarono un’espansione capitalistica e, più tardi, militare. Ma, cosa particolarmente rilevante come prima accennato, la lingua italiana era ampiamente diffusa in tutto il paese già dall’800 e divenne la seconda lingua, la lingua diplomatica dell’Egitto e la sola usata dal governo egiziano nei rapporti internazionali. Solo nel 1876, Londra e Parigi riuscirono ad imporre un controllo anglo-francese escludendo la partecipazione italiana. Con l’invadenza francese ed inglese, gli italiani persero le loro posizioni di primato: anche la lingua italiana venne soppiantata da quella francese. Poi dal 1881 l’occupazione inglese si sostituì a quella francese anche nella lingua. Ma l’emigrazione italiana non si fermò. Nel 1897 gli italiani erano circa 24.000 e nel 1927 era di 52.000, ma la colonia più numerosa era quella greca con 76.000 persone in quell’anno. Anche allora, nessun’altra colonia straniera è stata varia e multiforme come quella italiana che ha esercitato un’azione educatrice più vasta ed efficace delle altre, anche per il carattere generoso, alieno da pregiudizi di razza e di religione. Per questo gli italiani sono stati fra gli europei quelli che meglio hanno contribuito a far entrare gli egiziani in contatto con la vita europea e anche quelli che godono presso il popolo egiziano la più rispettosa simpatia. Nel 1900 gli italiani avevano esercitavano professioni libere e si occupavano dell’insegnamento della lingua italiana. Nel 1936, dopo la morte di re Fuad, fu firmato il Trattato Anglo Egiziano con il quale si sarebbe messo fine al regime delle Capitolazioni e così dal 1948 gli italiani residenti in Egitto, furono sottomessi alla giurisdizione egiziana basata non più sul vecchio codice napoleonico, ma sulla Sharia islamica. La colonia italiana visse nelle due principali città: Alessandria e il Cairo, dove gli europei abitavano per lo più in quartieri distinti. Abbiamo dunque detto che ad una prima emigrazione politico-ideologica, al tempo dei moti risorgimentali, e che vedrà i nostri esuli impegnati a riordinare le finanze, l'esercito e l'amministrazione dei locali Khedive che si succedono, segue il rientro in patria. Nel 1900 non sono più le élites a muoversi, ma è una fiumana contadina, piccoli artigiani, cioè l'emigrazione classica di un Paese povero che cerca un posto di lavoro. Fra le due guerre raggiungerà le 40.000 unità, seconda per numero soltanto a quella greca. Ma ricordiamo che sempre la comunità italiana prosperò nella stima e nella grande considerazione degli egiziani e delle altre comunità europee. Alla vigilia della 2a Guerra Mondiale, gli italiani residenti in Egitto erano circa 55.000. Poi scoppiò il conflitto. L'Egitto era sotto la tutela dell'Inghilterra e l'Italia aveva dichiarato guerra all'Inghilterra. Un’ora dopo il governo egiziano è stato costretto dalla Gran Bretagna ad adottare un piano d'emergenza contro gli italiani residenti in Egitto, considerati dagli inglesi una possibile "quinta colonna". Il piano comprendeva: • il sequestro dei beni mobili ed immobili, • il licenziamento dai posti di lavoro, • il divieto di esercitare qualsiasi attività commerciale, • la consegna degli apparecchi radio, • l'internamento di tutti gli adulti in campi di concentramento per civili per quattro lunghissimi anni. Dal 1945 al 1958 tutto riprese nel pieno rispetto, anche se fu difficile, ma gli italiani in Egitto e coloro che erano nati lì ricominciarono a vivere serenamente nel paese. Nel 1952, dopo il colpo di stato che cambio il paese da monarchia in repubblica, iniziò il rimpatrio definitivo della comunità italiana d'Egitto i cui membri non si erano mai considerati né comportati da colonialisti con gli egiziani, ma che, al contrario, consideravano l'Egitto una loro seconda Patria. Ma la drastica politica di nazionalizzazione delle proprietà private e l’emissione delle leggi di limitazione al lavoro resero praticamente impossibile la permanenza in Egitto di chiunque non ne avesse la nazionalità. Gli italiani residenti, pertanto, si ridussero a circa 12.000 unità. Nel 1968 scenderanno a 9.000 e nel 1970 ammonteranno soltanto a 3.000. Ma la passione per il paese nativo e d'adozione è rimasta in gran parte degli "italiani d'Egitto". La loro esperienza e la loro testimonianza sono un patrimonio da salvaguardare per una corretta e proficua comprensione e convivenza tra popoli, culture e religioni diverse. Il tipo di presenza italiana del secolo scorso non tornerà più: è cambiata l'idea stessa di emigrazione. Oggi arrivano tecnici e professionisti di grandi industrie, di imprese commerciali: stanno qualche anno, poi ci sarà il ricambio, ma consisterà in una minoranza aleatoria.

Personaggi italiani in Egitto e realizzazioni. (l’elenco che segue non è completo né esaustivo, ma solo indicativo dell’alto numero e della qualità del lavoro italiano in Egitto e, sopratutto, servire da traccia per i necessari futuri approfondimenti)

Personaggi storici • Carlo De Rossetti, un conte veneziano che per 60 anni risiedette in Egitto, nell’800. Era console della Toscana e dell’Austria e fu un grande commerciante che favorì i rapporti dell’Egitto con l’occidente e cercò di promuoverne l’elevazione sociale e l’autonomia politica. Divenne il più autorevole e fidato consigliere di Mohammed Ali. • Bernardino Drovetti, (1776-1825), risiedette dal 1803 al 1829 in Egitto come console generale di Francia ed impedì l’unione tra mamelucchi e inglesi che vennero sconfitti da Mohammed Ali a Rosetta. Fu uno dei più intimi consiglieri di Mohamed Ali. • Lorenzo Masi, un livornese, organizzò il primo catasto verso il 1820, sempre per incarico di Mohammed Ali. • Carlo Meratti. Mohammed Ali introdusse il servizio postale del governo, mentre Carlo Meratti, livornese, nel 1820 introdusse il servizio postale per i privati. Fino ad allora le lettere erano affidate alle varie cancellerie consolari che le distribuivano finché Meratti aprì un ufficio ad Alessandria e poi nel 1840 anche al Cairo, a cui diede il nome di “Posta Europea”. Morto Meratti, continuò il nipote Tito Chini. L’impresa crebbe e nel 1862 il Governo egiziano soppresse il servizio postale governativo e affidò tutto alla Posta europea gestita dagli italiani (Tito Chini, Giacomo Muzzi, Vittorio Chieffi). Anche le cassette in ferro fuso vennero portate dall’Italia dove vennero fatti fare i primi francobolli con la leggenda in italiano “Poste Khediviali egiziane”, e per molti anni le cassette della posta egiziane portavano la scritta “buca per le lettere”. Nel 1865 la Posta Europea divenne un’amministrazione governativa pur conservando il suo carattere italiano, compresi la maggior parte degli impiegati. Tale servizio postale venne esteso poi nel 1878 da Licurgo Santoni al Sudan che lo diresse per circa 20 anni. • Federico Amici , bolognese, fu il direttore di un ufficio statistico del governo ed effettuò nel 1882 il primo censimento d’Egitto, poi continuato da Giuseppe Randone, Umberto Cuniberti e I.Levi. • Anche l’organizzazione sanitaria, assistenziale e ospedaliera fu opera di Italiani: Giuseppe Acerbi, console austriaco, e Antonio Colucci, e nel 1825 il primo abbozzo dell’università di medicina nella scuola di Qasr el-Aini fu italiano. • L’organizzazione della polizia egiziana fu opera del barone Solera e ancora oggi l’uniforme della polizia ricorda quella dei nostri carabinieri di allora. • La situazione finanziaria venne affidata al grande economista Antonio Scialoia che attuò le riforme finanziarie salvando l’Egitto da una grave crisi. • La prima università egiziana sorse nel 1908 per iniziativa del re Fuad: l’avvocato Ugo Lesena bey fu il suo consigliere e organizzatore del progetto; le facoltà principali erano quella letteraria e giudiziaria. Vi insegnarono Ignazio Guidi, Nallino, Gerardo Melloni. Va ricordato che la rinascita dell’Egitto si deve all’istituzione nel 1875 dei “Tribunali della Riforma” che hanno assicurato all’Egitto la giustizia, fondamento dello Stato. “el-adl asàs el- mulk”, come si legge sui palazzi di giustizia in Egitto.

Scienza, arte e letteratura • Giuseppe Botti arrivò ad Alessandria nel 1889 per dirigere le scuole italiane, ma realizzò, invece, il museo greco-romano ad Alessandria nel 1892, scoprì l’ipogeo di Kom el Sciogafa ed altri scavi. Dopo di lui, nel 1904 Evaristo Breccia prese la direzione del museo e degli scavi: e dopo il Breccia il posto fu di Achille Adriani. • Il Museo delle Antichità del Cairo nel 1901 fu ultimato dall'Impresa Garozzo-Zaffarani. • La prima pubblicazione nel 1822 uscì dalla tipografia di Bulacco, al Cairo ed era un dizionario italiano-arabo di un prete arabista, don Raffaele Zakkur. La stamperia era affidata ai seguenti italiani: Eugenio Mori bey, Placido Saia, Michele De Paoli e Serafino Limongelli. • Nella tipografia di Bulacco apprese il mestiere Mosé Castelli, nato nel 1816 a Firenze, uno dei primi tipografi specializzati in libri islamici. La tipografia di Mosé Castelli, nel quartiere di Faggalah, era denominata "Matba'at Kastilli" o "al-Kastilliyyah”.. Dopo la morte di Mosé Castelli, l'attività tipografica fu continuata dal figlio Leone Castelli che la cedette nel 1902 a Luigi Vasai il quale, intorno al 1914, la cedette a sua volta a degli egiziani, che dopo un certo periodo, però, la chiusero. • Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, nacque ad Alessandria d'Egitto nel 1876; scrisse "Il Fascino dell'Egitto". • Nelson Morpurgo, avvocato e poeta futurista. • Giuseppe Ungaretti (1888-1970), grande poeta dell'ermetismo, nacque ad Alessandria e conservò per tutta la vita un ricordo struggente dell'Egitto. • Enrico Pea (1881-1958), poeta e romanziere, arrivò ad Alessandria quindicenne e divenne amico di Ungaretti. Ambientò molti suoi romanzi in Egitto. • Il Maestro Ettore Cordone che fondò il Liceo Musicale Giuseppe Verdi. • Fausta Cialente, cagliaritana, ad Alessandria subito dopo il matrimonio e scrisse tre romanzi ambientati nella città, tra cui "Ballata Levantina". • Dalida, il cui vero cognome era Gigliotti, cantante italiana nata al Cairo, non dimenticò mai la sua città natale, ma non seppe superare, se non tragicamente, il suo senso di sradicamento. • L’indimenticabile Anna Magnani nata in Alessandria. • L’egittologia fu uno degli interessi principale di tanti archeologi, ricordiamo i nostri più celebri archeologi di quel periodo: G.B. Belzoni (1778-1823), G.B. Caviglia, B. Drovetti, G. Segato, A. Ricci e I. Rosellini, Ernesto Schiapparelli che divenne poi il direttore del Museo di Torino. • Per la presenza in Egitto di esuli italiani che formavano una grande comunità nel 1855 venne pubblicato il primo giornale italiano in Egitto, "Lo Spettatore Egiziano" per iniziativa del Castelnuovo e dell’avvocato G. Leoncavallo, una sorta di Gazzetta Ufficiale del governo.

Architetti, Costruttori, Ingegneri Quasi in ogni costruzione in Egitto troviamo l’ingegno e la manodopera italiana grazie ad architetti, artisti e artigiani italiani. All'inizio del ‘900, su 37 imprese di costruzioni, 11 erano italiane, poiché la comunità italiana era in grado di garantire dall'imbianchino al decoratore, dal falegname allo scalpellino. I greci dominarono la ristorazione e l’abbigliamento, i siriani il commercio, i francesi e gli svizzeri la finanza ed i servizi, gli inglesi l’organizzazione statale, gli italiani monopolizzano l'urbanistica. Si può tranquillamente affermare che gli egiziani abbiano fatto il loro tirocinio alla scuola dei lavoratori italiani dai quali hanno appreso i metodi, i segreti, i progressi, il gusto dell’arte nella pietra, nel legno, nel cemento e nel ferro. • La famiglia Almagià, realizzatori di importanti opere riguardanti, tra altre, il porto di Alessandria, il porto est ed il canale di Suez. • Giovanni, Giuseppe e Carlo Bianchi. • Leonardo Bottari. • Filippo Cartareggia. • Ambrogio e Gustavo Cassese. • Giuseppe Del Puente. • Diego De Martino. • Emanuele Dentamaro, che realizzò, fra l’altro, la famosa “corniche” di Alessandria. • Giuseppe Mazza. • Gesù Archimede Messina. • Archimede Petraia. • Ruggero De Martino. • Ugo Roccheggiani. • Ugo Rossetto. • Raffaele Strangoli. • Andrea Vescia. • Domenico Giuseppe D’Alba. • Luigi De Negrelli, trentino, progettista del Canale di Suez. • Francesco Mancini, ingegnere romano, fu l’autore del primo Piano Regolatore di Alessandria. • Pietro Avoscani, architetto livornese, realizzò il Teatro dell'Opera su disegno dell'architetto udinese Scala. • Ciro Pantanelli, architetto senese, diventò architetto della Real Casa d'Egitto. • Augusto Cesari di Ancona, fu architetto privato del Khedive; le sue opere in Egitto sono: - il restauro del Palazzo Vicereale di Sciubra, residenza preferita di Mohammed Ali (1826), - il Museo Egiziano di Bulacco, - il piccolo Palazzo Reale di Ismailia, - la Scuola di Medicina di Kasr el-Aini. • Alfonso Maniscalco Bey, architetto capo dei Lavori Pubblici, progettò : - la Biblioteca Nazionale, - il Museo d'Arte Araba in stile arabo, - il Palazzo di Giustizia di Alessandria. • Achille Patricolo, architetto. • Carlo Virgilio Silvagni, ingegnere romano, completò nel 1906 la Moschea e il Mausoleo Kediviale El-Rifai, vicino la moschea Sultan Hassan, poi decorata all'esterno con marmo italiano, legno di cedro e ornamenti in avorio, all'interno i soffitti in legno furono decorati con motivi geometrici di ispirazione islamica da Elio Prinzivalli con il padre Enrico, quest'ultimo specializzato nelle decorazioni floreali, il cosiddetto "barocco ottomano". La moschea è il Pantheon del Cairo con i cenotafi di tutti i Sultani, del Kedive Ismail Il Magnifico, di sua figlia, del re Fuad I e di re Faruk. Recentemente è stata ospitata la tomba dell'ex Scià di Persia. • Letterio ed Enrico Prinzivalli, specialisti dell'arte islamica, decorarono i Palazzi Reale e la Moschea El Rifai. • Antonio Lasciac Bey, architetto, progettò molti edifici del Cairo e di Alessandria innestando motivi liberty e suggestioni orientali; fu architetto capo dei palazzi khediviali e ricevette la carica onorifica di bey. Le sue opere: - in Alessandria appartamenti in via Sherif, i primi di Alessandria che comprendessero tutti i conforts moderni, - in Alessandria la Villa Laurens nel quartiere di Ramleh, oggi sede di una scuola elementare, - al Cairo il palazzo Suarez, - al Cairo la residenza del principe Said Halim (1897-1901), attuale scuola in via Champollion. • Ernesto Verrucci Bey, architetto dei Palazzi Reali, progettò il Palazzo Reale di Montazah e ristrutturò gli altri Palazzi Reali . Tra le sue opere più significative: - il Teatro in stile orientale, nel giardino dell’Esbekieh del Cairo, - il monumento in onore d’Ismail Pascià, ad Alessandria, dono della Comunità italiana d’Egitto a re Fuad I in ricordo della sua visita ufficiale a Roma nel 1927. • Clemente Busiri-Vici (1887- Roma1965), architetto romano, in Egitto realizza, per incarico dei "Fasci Italiani all'Estero", le seguenti importanti opere: - nel 1929 le "Regie Scuole Littorie" a Sciatby (Alessandria): costruite dal 1931 al 1934, - nel 1930 le "Scuole Italiane Ventotto Ottobre" di Sciubra (Cairo), - nel 1936 la "Casa d'Italia" a Porto Said, - pianta delle "Regie Scuole Littorie di Sciatby (Alessandria). • Mario Rossi (1897-1961), architetto romano, fu responsabile della progettazione di tutte le moschee d'Egitto. In Egitto è tutt'ora considerato un maestro e le sue realizzazioni vengono studiate nelle scuole arabe di architettura e molto imitate dai giovani architetti egiziani. Le sue opere: - progetto della Villa Tewfik (oggi sede dell'Istituto Orientale di Musica, in via Ramses), - la grandiosa moschea di Abu el-Abbas el Mursi di Alessandria. Egli rispetta sempre l'ordine dei Mamelucchi, degli Ottomani e persino i portali neo-mamelucchi riccamente decorati, in particolare: - la moschea al-Kaed Ibrahim, a Ramleh (Alessandria), considerata il suo capolavoro, - la moschea di via Brasile a Zamalek (Cairo), - l'edificio "Gabalaya House" a Zamalek (Cairo), - la moschea di Porto-Said, - la moschea di Shatby (Alessandria), - numerosi monumenti funerari nei cimiteri islamici del Cairo, - il monumento ai Caduti in guerra nel cimitero latino del Cairo. • Paolo Caccia Dominioni ingegnere, autore del Sacrario Militare Italiano di el-Alamein. Realizza: - la sede dell'Ambasciata italiana del Cairo (a Garden City), - il Padiglione chirurgico dell'Ospedale italiano Umberto I° del Cairo (nel 1930), - l'adattamento e sistemazione della nuova Scuola tecnico-commerciale in uno stabile preesistente di via Champollion al Cairo. Parteciperà con valore alla grande battaglia di El-Alamein. Tornato in Italia, entra a far parte della Resistenza; ritorna in Africa nel 1949 e inizia un'opera ciclopica durata 14 anni per recuperare le salme dei caduti, ordinarle, dare loro un nome quando possibile e infine, portarle nel Sacrario che lui stesso progetta. • Paolillo e Buratti decoratori specializzati nello stile arabo-islamico, lasciarono prove ammirevoli della loro arte. • Giacomo e Salvatore Sgandurra, specializzati nei restauri. • Giuseppe Parvis, intagliatore, fece rinascere lo stile arabo del mobilio nel suo laboratorio del Muski aperto nel 1867. • Il Museo delle Antichità del Cairo nel 1901, anno della sua ultimazione da parte dell'Impresa Garozzo-Zaffarani.

Imprenditori • Nicola Altobello, che impiantò nel 1854 una fabbrica per la costruzione di carrozze reali. • Vincenzo Bertocchini, che aprì nel 1899 una delle prime distillerie in Egitto. • Carlo Buzzino, che realizzò una delle più importanti fonderie in Egitto, a Bulacco al Cairo, nel 1920; morì nel 1941 nei campi di concentramento. • Vittorio Giannotti, che gestì un’importante raffineria petrolifera in Alessandria. • Giovanni Polvara, che impiantò una grande maglieria in Alessandria.

Le opere dei Salesiani negli Istituti Don Bosco in Egitto (1896-2003), un contributo di cultura e di formazione professionale

[modifica | modifica wikitesto]

Sono oltre cento anni da quando i primi salesiani arrivarono ad Alessandria d’Egitto nel 1896 in concomitanza con l’emigrazione sempre più consistente di italiani. Nel 1996 l’Istituto ha celebrato con grande solennità questa ricorrenza perché è un secolo di storia, non per il solo istituto, ma anche per la città e forse per lo stesso Egitto. È la storia di tanti salesiani che hanno saputo offrire ai giovani l’ideale umano, religioso, pedagogico del loro fondatore don Bosco, teso a formare buoni “credenti” e onesti cittadini, attraverso quel sistema fondato sulla ragione, sulla religione, sull’amorevolezza. Ma questo centenario ha risvegliato in migliaia di cooperatori, allievi, ex allievi, tanti ricordi della loro giovinezza, trascorsi in un clima di lavoro, di impegno, di sacrificio, di preghiera, di gioco, di gioia, di fraternità. L’Istituto ha sempre serbato una caratteristica di “plurinazionalità”, accogliendo giovani, fino agli anni ’60 soprattutto italiani, senza marcare la distinzione di nazionalità, razza, cultura, religione. In quanto scuola professionale si è sempre distinto per aver accolto e preparato tanti giovani bisognosi ai quali era difficoltosa la frequenza di altre scuole. L’opera dei Salesiani è tesa soprattutto verso i giovani più bisognosi. Seguire lo sviluppo dell’Istituto di Alessandria non è proprio facile, perché è stata una vita densa e vivace, con cambiamenti e adattamenti richiesti dal ritmo frenetico del progresso e della novità. Si inizia nel 1897-98 con studenti delle elementari e artigiani, con laboratori di sarti, calzolai, meccanici, falegnami, fabbri (professionalità molto ricercate allora): in tutto una sessantina di ragazzi. Nel 1899/900 risulta iscritto alla quarta elementare Giuseppe Ungaretti, il padre dell’ermetismo, morto a Milano nel 1970, che conseguì la licenza elementare nell’anno 1900/1901, con una votazione piuttosto alta. Fu poi un continuo crescendo per l’Istituto. Negli anni 1910-20 gli allievi raggiungono il numero di 350 con 220 interni. L’oratorio è pieno di attività: scouts, squadre di atletica e di scherma, filodrammatica, ginnastica, teatri, operette. Negli anni ’40-50 gli allievi superano i 550 con scuole elementari, tecniche, liceo scientifico, artigiani. Nel 1950 viene organizzato un raduno di 12 gruppi scouts, con la partecipazione di 500 iscritti. Negli anni ’60 si delinea meglio la fisionomia dell’istituto: 500 allievi, scuole elementari, medie, artigiani divisi in scuola di avviamento e scuole professionali-tecniche. Un momento particolare merita di essere ricordato. Durante il periodo bellico 1940-45 gli istituti salesiani di Alessandria e del Cairo, rimasero l’unica istituzione scolastica italiana aperta in Egitto che raccolse i figli degli internati, mentre gli adulti furono rinchiusi in campi di concentramento, compresi i salesiani. Negli anni ’70 avviene una nuova chiarificazione dell’opera, insieme a quella del Cairo. La scuola si specifica come professionale per l’Industria e l’Artigianato, essa segue un ordinamento scolastico simile a quello di un analogo Istituto italiano, pur avendo integrato alcune materie dell’ordinamento locale (es. religione, lingua araba, cultura egiziana), secondo il protocollo italo-egiziano del 1970. Attualmente, l’Istituto di Alessandria comprende scuola materna, elementare e media; scuole professionali o istituto professionale legalmente riconosciute; centro di formazione professionale con numerosi corsi non formali; l’oratorio che continua una tradizione gloriosa; un circolo di ex allievi; varie cappellanie da curare. Sono circa 450 i giovani che seguono con regolarità il ciclo di studi, e sono numerosi quelli che seguono aggiornamenti e specializzazioni di breve durata. Per essere molto sintetici, possiamo dire che la popolazione scolastica si divide a metà tra mussulmani e cristiani. La scuola è conosciuta sul contesto locale per i due indirizzi professionali di meccanico e elettricista. Tali indirizzi si articolano in varie classi a livello superiore, al termine dei quali agli studenti viene rilasciato un apposito diploma di qualifica professionale. La preparazione ricevuta viene riconosciuta valida dalle industrie locali, che richiedono la prestazione di questi diplomati, avendo appunto fiducia nella formazione impartita. Nei tre anni di scuola superiore ai giovani vengono date lezioni in parte anche in lingua italiana per dare così adito ad una possibilità di ricerca di lavoro. Questi corsi offrono inoltre l’opportunità di proseguire gli studi presso altri istituti locali e anche l’accesso alle Università egiziane. Il corpo insegnante comprende anche due docenti di ruolo inviati dal Ministero degli Esteri italiano, oltre naturalmente a docenti sia italiani che egiziani. Grazie a contributi ministeriali dell’Unione Europea e a proficui contatti con imprese italiane, la scuola di Alessandria dispone di apparecchiature di avanguardia come avremo modo di dire in seguito illustrando l’altra opera salesiana del Cairo. In realtà al Cairo i salesiani sono impegnati in due opere; una scuola, sul tipo di quella di Alessandria, e un’altra di minore grandezza e senza strutture e finalità scolastiche. Iniziamo proprio da quest’ultima. Quest’opera del Cairo, Zeitun, è stata aperta non tanti anni fa, nel 1988. L’attività esterna principale è quella dell’oratorio – centro giovanile. Vi è una piccola comunità di accoglienza vocazionale e per studenti. I salesiani gestiscono una chiesa pubblica e diverse cappellanie alle quali prestano servizio. Quest’opera è inserita tra le case della gente. L’oratorio è molto frequentato. Ci sono parecchi ragazzi egiziani e anche tantissimi ragazzi sudanesi (si parla di oltre 2 milioni di sudanesi immigrati in Egitto). È già questa una bella sfida di integrazione e di accoglienza reciproca. I ragazzi, sia egiziani che sudanesi, sono in gran parte cristiani di vari riti (copto, armeno, latino). Non sono molti i ragazzi mussulmani che frequentano, e questo per vari motivi, mentre nella scuola tecnica e professionale sia del Cairo che di Alessandria sono quasi la metà, l’opera si trova in un quartiere a nord molto popoloso, con tantissima gente che va e viene, che vende e compra, che cerca di sopravvivere, che si dà da fare… Un mio amico italiano, che si trova lì a imparare l’arabo, mi scrive che i ragazzi dell’oratorio fanno a gara per insegnargli le parole, sono molto cordiali e rispettosi, alcuni sono molto poveri. Soprattutto i sudanesi sono poveri e spesso i salesiani li aiutano, anche con quel poco che è possibile fare. Il venerdì e la domenica offrono loro una merenda abbondante che per molti è l’unico pasto della giornata, e questo a 100-150 egiziani e 250-300 sudanesi. A noi ricorda la “pagnottella” negli anni immediatamente dopo la guerra. Ho potuto leggere la programmazione annuale di questo oratorio, da cui si nota un encomiabile sforzo di organizzazione dell’attività, di definizione delle mansioni e del ritmo della vita religiosa e di impegno. L’oratorio è aperto tutti i pomeriggi per le attività ricreative, di gruppo, di catechesi, di conferenze, di riunioni e anche di danza. L’altra grande opera al Cairo, Rod el Farag, ha un andamento per sviluppo e fisionomia simile a quello di Alessandria. È stato fondato nel 1926. il 4 novembre fu posta la prima pietra presente il generale Cadorna. Dal 1926 al 1945, all’iniziale corso elementare progressivamente si aggiunsero la scuola media, le scuole commerciali e per ragionieri, il liceo scientifico, tutti cicli destinati prevalentemente ai figli di italiani, allora assai numerosi al Cairo. Accanto a questi cicli fu quasi subito avviata la sezione tecnico-professionale aperta indistintamente a tutti. L’inaugurazione della scuola professionale di meccanica risale al 1931, nel 1940 è aperta la scuola professionale di elettrotecnica. Nel 1947 sono legalmente riconosciuti la scuola elementare, la scuola media e il liceo scientifico per i figli di italiani residenti in Egitto. Dal 1947 al 1970 assistiamo ad una fase di transizione. Quasi tutte le famiglie italiane, la cui presenza sino ad allora era risultata, in seno alla società egiziana, di notevole rilievo e significato, lasciamo l’Egitto. Scomparsa subito la scuola per ragionieri, gradualmente chiudono le Commerciali, il Liceo, le elementari e infine le medie. La scuola di avviamento e la scuola tecnica industriale biennale per meccanici e elettrotecnici, che pure erano state legalmente riconosciute, vengono tolte dall’ordinamento scolastico italiano. Ha inizio un lungo cammino di chiarificazione di una nuova identità, che finalmente prende forma, come era accaduto per Alessandria, con il solenne Protocollo firmato tra il governo italiano e quello egiziano il 28 marzo 1970, con il quale viene creato l’Istituto Tecnico Industriale Italiano e l’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato. Attualmente, l’opera salesiana del Cairo comprende quindi l’Istituto tecnico industriale legalmente riconosciuto sia dall’Italia. sia dall’Egitto, le Scuole professionali legalmente riconosciute, un centro di formazione professionale con diversi corsi non formali, un oratorio-centro giovanile, analogo agli altri due analizzati, e cappellanie alle quali i salesiani prestano servizio. La finalità comune in Egitto delle opere salesiane è quella di formare, secondo l’insegnamento di don Bosco, “buoni credenti e onesti cittadini”. Il POF (Piano dell’offerta formativa) della scuola specifica che nel contesto in cui l’istituto è inserito i “buoni cristiani” della formulazione di don Bosco, diventano appunto i “buoni credenti”, ma la sostanza rimane: religiosità e onestà sono le basi del progetto educativo salesiano. E per religiosità, nell’ambiente sociale in cui opera l’istituto del Cairo, va intesa “quella che è rispettosa delle coscienze degli allievi e delle loro famiglie, nonché della società circostante”. L’istruzione e la formazione sono finalizzate dal punto di vista educativo alla crescita globale dei giovani, soprattutto dei ceti popolari, come persone: quindi “armonica sintesi degli aspetti culturali, professionali, civili, religiosi, ricreativi”: possiamo affermare che in questo consiste il contributo maggiore che i salesiani attualmente offrono alla società egiziana, in un clima di reciproco rispetto e collaborazione. L’organizzazione della scuola prevede, oltre corsi brevi di formazione professionale, come abbiamo detto, due ordini di studio: -l’Istituto Tecnico Industriale, della durata di cinque anni, con specializzazione in elettrotecnica e in automazione meccanica: attualmente è composto da 190 studenti distribuiti in 10 classi; -l’Istituto Professionale Industriale, della durata di tre anni, dopo i quali i ragazzi ottengono la qualifica di “operatore meccanico” e di “operatore elettrico”: attualmente è composto di 337 studenti divisi in 12 classi. C’è da notare che le lingue insegnate comprendono l’arabo, l’italiano e l’inglese. Circa il 40% degli studenti è mussulmano e il 60% cristiano-copto. Sei insegnanti appartengono ai ruoli del Ministero degli Affari Esteri, mentre il personale docente è diviso tra insegnanti salesiani e insegnanti locali o insegnanti italiani. Le continue e rapide trasformazioni oggi in atto, compreso l’ambito formativo scolastico, impongono un costante aggiornamento o formazione nel settore scolastico e nelle strutture e attrezzature. In questa ottica le due scuole del Cairo e di Alessandria stanno promovendo, per il corrente anno accademico, una serie di iniziative e corsi a tutto campo, che coinvolgono i docenti delle due scuole. Una data di grande rilievo e significato è data quella del 20 marzo 2003, primo giorno di guerra in Iraq, ma anche, per una fortuita coincidenza, solenne cerimonia all’istituto salesiano don Bosco del Cairo in occasione dell’inaugurazione di tre nuovi reparti, finanziati dal Governo Federale della Germania, tramite la Misereor di Aachen, con la seguente motivazione drammaticamente attuale: “Strumenti di riconciliazione e di pace nel Medio Oriente mediante l’innovazione tecnologica e la promozione sociale”. Si tratta di una sala con messa a punto di un Sistema a Controllo Numerico con Tornio, Fresatrice e Robot di asservimento; di una sala multimediale attrezzate per videoconferenze e proiezioni didattiche; di un laboratorio linguistico tra i più moderni e avanzati. Erano presenti alla cerimonia il Ministro egiziano della Pubblica Istruzione, gli ambasciatori d’Italia, dott. Sica, e di Germania, il rappresentante della Misereor, il Console d’Italia, dott.ssa Favi, personalità egiziane della scuola e dell’industria, amici ed ex allievi. Mi piace terminare queste note informative sull’impegno dei salesiani in Egitto con le parole, pronunciate dal direttore dell’Opera del Cairo in occasione dell’inaugurazione dei tre nuovi reparti. Dopo aver ringraziato il governo italiano, che con questa operazione ha fatto un investimento più che positivo per il buon nome d’Italia e per la sua cultura, afferma che purtroppo i giorni che stiamo vivendo non corrispondono alle nostre attese e ci portano a riflettere su una realtà che dovrebbe essere migliore. Da una parte gioiamo per gli aspetti positivi che caratterizzano il nostro tempo, compreso il progresso tecnico, ma dall’altra parte siamo colpiti dall’egoismo e dalla prepotenza. “E dire che la pace e la concordia, il benessere e lo sviluppo sarebbero possibili per tutti e godibili da ciascuno se fossimo animati da maggiore solidarietà”.

Attività degli scout italiani in Egitto, il loro contributo ad El Alamein

[modifica | modifica wikitesto]

L’argomento che tratto stasera riguarda gli scout cattolici italiani in Egitto e la loro azione ad El Alamein. Esso non si lega all’aspetto lavorativo degli italiani in Egitto, bensì a quello formativo di molti giovani nati e cresciuti in Egitto. Aspetto formativo caratterizzato da forti valori morali e educativi originati nell’ambito delle nostre famiglie e delle scuole, siano esse gestite dai Salesiani o da altri enti scolastici allora presenti.

Don Odello Prima di entrare nell’argomento desidero ricordare brevemente la figura di don Odello, un sacerdote salesiano di origine piemontese, recatosi da giovane in Egitto presso l’istituto Don Bosco del Cairo per insegnare storia e letteratura nella scuola liceale. Durante la guerra fu internato assieme ad altri italiani d’Egitto, per quattro anni nei campi, di el Fayed e non appena liberato, seguendo la vocazione salesiana di educare i giovani e insegnare loro sani principi di vita, fondò l’associazione scoutistica cattolica italiana (ASCI ) al Cairo, in Alessandria e Porto Said.

Attività degli scout

Tutti sappiamo che l’attività degli scout prevede, oltre alla maggior conoscenza e rispetto verso la natura, anche l’irrobustimento dei valori morali del ragazzo. Ed è di quest’aspetto che voglio parlare. Tramite l’associazione, don Odello cercò di inculcare in molti giovani scout anche l’amore di patria facendoci vedere di prima mano il sacrificio di migliaia di uomini caduti nella seconda guerra mondiale. Vennero organizzati vari pellegrinaggi ad El Alamein, ma l’attività scoutistica non si limitava a semplici cerimonie o riti religiosi, prevedevano un’attiva partecipazione di molti giovani nel riordino e sistemazione dei tumuli, raccolta di cimeli, manutenzione dei viali e recinti, ecc. sotto la guida del conte Paolo Caccia Dominioni e del suo ex attendente Renato Chiodini, unici superstiti del loro battaglione che con grande abnegazione e sacrificio e umiliazioni erano riusciti in precedenza (attorno agli anni 45-50) a delimitare un cimitero composto da circa 9/10 mila croci di legno. Soprattutto durante le escursioni verso i diversi punti della lunga battaglia, il ritrovamento di piastrine di riconoscimento corrose che segnalavamo alle Amministrazioni italiane di origine; non un solo Comune, piccolo o grande che fosse, rispose mai alle nostre segnalazioni per eventuali conferme. Ricordate la rubrica “Chi l’ha visto” sulla Domenica del Corriere? Chissà quanti avrebbero potuto essere identificati. Noi ragazzi agili, più per curiosità che per necessità, ci calavamo anche nelle torrette squarciate all’interno dei carri e abbiamo delle scritte sulla parete interna della torretta. Due in particolare mi sono rimaste in mente: una diceva “mamma vado e torno”. Un’altra, vicino ad un graffito raffigurante una salitella che portava ad una casetta di campagna, c’era scritto: ”Questa è casa mia”.

Breve storia del cimitero militare italiano di El Alamein

In una seconda fase, attorno agli anni 50, il cimitero venne sommariamente recintato, al centro un vialetto largo poco più di due metri che dalla litoranea si dirigeva verso il mare e divideva i caduti in due ali, a destra gli italiani e a sinistra i tedeschi. Va ricordato che il Conte Paolo Caccia Dominioni si dedicò a raccogliere le spoglie dei caduti di tutte le nazionalità e non soltanto degli italiani. All’ingresso del cimitero, a pochi metri dalla litoranea, venne edificato un primo padiglione commemorativo. Dentro al padiglione, sulla sinistra, c’era la ”simbolica “ tomba del generale Rommel e sulla destra, su una sagoma in cemento, riproducente un carro armato stilizzato, c’era la torretta, unica rimasta, dell’ultimo carro armato che difese fino alla fine la famosa quota 33. Quota 33 era la collinetta più alta della zona con completa visione della piana circostante. Su questa collinetta venne eretta una torretta bianca, non molto alta ma veramente elegante e che per molto tempo fu il simbolo di questo campo di battaglia. Il conte Caccia Dominioni, ingegnere e architetto, durante tanti anni aveva sognato di lasciare un monumento più duraturo e perenne e progettò un torrione sorretto dalle urne e dalle lapidi degli stessi caduti. Mi disse che sarebbe stata alta 33 metri come la quota e sarebbe stata visibile da oltre 100 Km. di distanza. In conclusione non posso esimermi dal ricordare due celebri frasi, che permangono come elementi di profonda riflessione, ma che allora colpirono noi scout in maniera particolare: “ Mancò la fortuna, non il valore“ scritta da coloro che furono costretti a ritirarsi e la citazione del generale Rommel “Il soldato tedesco ha stupito il mondo; il soldato italiano ha stupito il soldato tedesco“. Sono convinto che tutti gli italiani ed, in particolare, gli italiani d’Egitto, sono grati al governo Egiziano per aver dato l’occasione di coltivare questa cara memoria storica, sulla sua terra.

Estratto da uno scritto di Marcello Pansera del 27/02/2003

Aggiungo una mia riflessione: ritenevamo che tale esperienza fosse da monito per gli anni a venire, purtroppo la realtà ci ha presentato altre guerre ed avvenimenti tragici che si sarebbero potuti evitare.

Perché in Egitto? Ragioni di una scelta nell’emigrazione italiana del 1800-inizi 900

[modifica | modifica wikitesto]

Stando alle cifre, sicuramente gli emigrati in Egitto non raggiunsero mai il numero delle comunità Italiane oltre oceano, tuttavia fu un'emigrazione dai connotati molto particolari che meriterebbe maggior attenzione nel panorama storico del fenomeno migratorio Italiano. Il primo censimento del Regno d'Italia del 1861 accertò la presenza all'estero di numerose colonie italiane. All'epoca, il termine "colonia" non aveva ancora il significato che avrebbe avuto in seguito, ma stava semplicemente ad indicare una comunità di italiani residenti al di fuori dei confini nazionali. Appariva da tale censimento che 12.000 italiani vivevano in Alessandria d'Egitto. Non si può dire che queste persone fossero "emigrati" in quanto si trattava di esuli da questo o quello stato pre-unitario, ricercati politici, dissidenti che avevano trovato nell'Egitto un rifugio sicuro. Intraprendenti, generalmente di buona cultura e buone capacità organizzative, si distinsero subito in un paese che si preparava a grandi cambiamenti. Ad essi si aggiungevano ricercatori, studiosi, artisti e letterati affascinati dalla riscoperta dell'Egitto che la Campagna Napoleonica aveva riportato in Europa. Questi dunque i primi italiani approdati in Egitto ed inconsapevolmente sarebbero stati il tramite che avrebbe legato i due paesi di là dal Mediterraneo. Nel suo programma di modernizzazione, Mohammed Ali trovò quindi logico ed opportuno affidare la realizzazione dei suoi progetti agli italiani, che tra l'altro non si dimostravano politicamente pericolosi come avrebbero potuto essere se appartenenti ad altre nazioni. Con l'Unità, molti esuli rientrarono in Italia, ma rimasero in contatto con coloro che avevano deciso di restare in Egitto e contemporaneamente diffusero in Patria, insieme alle loro esperienze, le notizie sul paese che li aveva ospitati. Il 1861, dopo la prima euforia seguita all'Unità, portava alla ribalta problemi di non facile soluzione. Il Sud, ex Regno delle Due Sicilie, pagava a caro prezzo il suo ingresso nel Regno d'Italia, vedendosi improvvisamente destabilizzato economicamente. La messa in vendita delle proprietà demaniali, la coscrizione obbligatoria, il fallimento delle piccole imprese non più competitive, accrescevano pericolosamente miseria e malcontento. Nelle campagne intanto dilagava il brigantaggio, la cui repressione scatenava ancor più l'avversione verso il Regno appena costituito. Nelle altre regioni, al Centro e al Nord, la situazione economica non era certo migliore. La tassa sul macinato del 1869 strangolava contadini e piccoli proprietari, mentre l'abbattimento di barriere doganali interne ed esterne catapultarono il Paese sul mercato internazionale mettendo a nudo, nel contempo, tutta la sua inadeguatezza e fragilità economica. Iniziava allora la grande emigrazione. Dalle regioni del Nord, come Liguria e Piemonte e poi in seguito Veneto e Lombardia, fu dapprima principalmente un'emigrazione stagionale o temporanea mentre dal Sud fu subito definitiva. Emigrare, ma dove? Le informazioni erano scarse e frammentarie. Si partiva per gli Stati Uniti senza sapere quale lavoro si sarebbe trovato o per l'Argentina ed il Brasile non avendo altra prospettiva che il lavoro nelle piantagioni, dopo che le già misere finanze degli emigranti erano state prosciugate fino all'ultimo soldo da reclutatori senza scrupoli. Questi operavano per conto di proprietari terrieri d'oltre oceano o imprenditori stranieri e girando nelle aree più povere raccontavano di ingenti fortune in paesi lontani, promettevano assistenza nel paese ospitante e in tal modo spedivano migliaia di poveri individui, i quali invece una volta all'estero venivano abbandonati in balìa dei datori di lavoro. Fu solo con la prima legge sull'emigrazione del 1888, che si incominciò a regolamentare tale attività, senza tuttavia arrivare a tutelare i diritti degli emigranti una volta sbarcati. L'Egitto non rientrava negli interessi dei reclutatori e non veniva perciò da essi pubblicizzato. Quindi tra le possibili destinazioni, scegliere proprio questa, poteva apparire in contro-tendenza, ma aveva in sé delle motivazioni logiche e lasciava invece intravedere un futuro solido e prospero. In quel periodo l'Egitto era in pieno sviluppo, architetti e costruttori italiani, tra cui Avoscani, Pantanelli, Marciano progettavano e costruivano palazzi e edifici di notevole importanza, avvalendosi di tecnici, maestranze, operai chiamati dall'Italia. Anche la progettazione del Canale di Suez e la sua realizzazione, di cui de Negrelli ebbe la direzione dei lavori avevano richiesto tecnici e manodopera in gran parte italiana. Un altro importante settore dell'economia egiziana si stava espandendo in quegli anni: l'esportazione del cotone. Nel 1865 la Borsa del Cotone di Minet el Bassal, il cui edificio era stato progettato dall'architetto Avoscani, apriva le sue prime transazioni in un momento in cui cresceva la domanda di cotone egiziano a compensare la mancata produzione americana, causa la Guerra Civile. E sia nella Borsa che nelle ditte esportatrici di cotone, trovarono impiego anche numerosi italiani. Queste notizie giungevano in Italia attraverso lettere e carteggi o tramite le stesse imprese italiane cui erano affidati i lavori e in una sorta di passaparola, si scambiavano le notizie coinvolgendo parenti e compaesani. Servizio sanitario, posta, polizia, catasto istituiti ed organizzati da Italiani continuavano a richiamare personale dall'Italia. Trovavano lavoro operai, artigiani, tecnici, professionisti, impiegati, artisti e mentre la paga giornaliera di un manovale del Sud d’Italia, tra il 1880 e 1890, era di 1 lira, in Egitto era il triplo o il quadruplo, con un costo della vita inferiore. Partivano quindi interi nuclei famigliari o gruppi di parenti, consapevoli di lasciare per sempre il loro paese. Il viaggio, relativamente breve se paragonato a quello per le Americhe, era ugualmente avventuroso su brigantini e piroscafi a vapore che partivano da Genova, Trieste, Napoli, Brindisi, Messina e persino da Pizzo Calabro due volte alla settimana. Ma oltre a motivazioni economiche c'erano anche altre considerazioni che portavano a preferire l'Egitto ad altri paesi. In primo luogo non era un paese xenofobo e gli italiani non ebbero l'avversione e l'odio che i loro connazionali subivano negli Stati Uniti, o in Francia dove basti ricordare quello che fu definito l'eccidio delle Aigues Mortes del 1893, o i soprusi in Brasile, dove essi erano considerati i nuovi schiavi. Il Paese garantiva il regime delle Capitolazioni ed in tal modo i cittadini Italiani, come gli altri cittadini stranieri, venivano tutelati in tutti i loro diritti, erano liberi di svolgere commerci, erano soggetti alla giurisdizione dei propri consoli, avevano libertà di praticare la loro religione. Questo istituto giuridico, che risaliva al tempo delle Repubbliche Marinare e consolidato poi durante l'Impero Ottomano, ebbe un’importanza fondamentale sia per lo sviluppo del Paese che per la vita degli Italiani che vi si erano stabiliti. Nel 1882 dopo il bombardamento di Alessandria, iniziava l'occupazione inglese, in quel momento la comunità italiana era di 18.000 persone, la maggioranza delle quali proprio in Alessandria. Con l'arrivo degli inglesi, la lingua italiana smise d’essere lingua ufficiale delle amministrazioni e gli italiani persero molti degli impieghi pubblici, tuttavia gli arrivi di emigranti continuarono, in numero sempre crescente. La comunità italiana era operosa in molte attività e continuava a mantenere buoni rapporti sia col governo locale, che con le altre comunità straniere. L'Egitto, ancora impegnato in grandi opere di costruzioni che vedevano ancora Italiani in prima fila, si stava avviando ad essere un paese moderno. Alessandria, città cosmopolita, vivace e raffinata, in cui il buon andamento dell'economia diffondeva un certo benessere, offriva molteplici possibilità di lavoro. Risale a questo periodo la massiccia richiesta da parte di famiglie agiate di cuoche, bambinaie e balie, queste ultime fatte giungere principalmente dalla Calabria. Nella relazione che il barone Filippo Marincola presentò alla Camera di Commercio e delle Arti di Catanzaro, l'8 giugno 1895, sulle condizioni economiche, sociali e commerciali della provincia di Catanzaro, si apprende quanto numerose fossero le partenze per Alessandria d'Egitto e quanto dilagante fosse la richiesta di balie specialmente dal Lametino. Al volgere del secolo, ai primi del '900, l'emigrazione in Egitto avrebbe avuto altri connotati ed altri numeri, ma sarebbe proseguita ancora in maniera considerevole. Persisteva quindi il legame tra Italia ed Egitto. Gli italiani si erano subito ambientati nel nuovo Paese, forse perché ne avevano compreso il carattere, la mentalità ed i costumi. Avevano insegnato ed imparato molto, erano vissuti tra persone di culture diverse, avevano compreso e condiviso pur sentendosi e rimanendo sempre italiani ed avevano contribuito positivamente allo sviluppo dell'Egitto. E concludo dicendo che, pur avendo lasciato il Paese quando avevo sette anni, ma essendo un’italiana d’Egitto di quarta generazione, a me l’Egitto è rimasto nel cuore.