Utente:G.tuozzo/La gabbia di vetro

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La Gabbia di Vetro. Prigionieri dell'automazione
Titolo originaleThe Glass Cage. Automation and us
AutoreNicholas Carr
1ª ed. originale2014
1ª ed. italiana2015
Generesaggio
Sottogenereinformatica
Lingua originaleinglese

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

L'analisi dell'automazione tecnocentrica e delle sue conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Il punto di partenza per le riflessioni di Nicholas Carr è di natura metodologica: l'automazione è indagata dal punto di vista delle sue conseguenze sull'umanità. Il progresso della macchina e dell'automazione ha ingenuamente considerato la "tecnologia come panacea dell'economia" e si è costruita sull'utopico sogno di liberare l'uomo dal lavoro mediante "la schiavitù della macchina". Tuttavia tra le attività più appaganti dell'uomo, sebbene egli lo neghi continuamente, c'è il lavoro (si tratta del "paradosso del lavoro" descritto dallo psicologo Mihaly Csikszentmihali) [1] . Nell'attività lavorativa è più facile trovare la soddisfazione perché ci troviamo ad affrontare sfide che ci spingono all'impegno e alla concentrazione. L'automazione si caratterizza, dunque, come il mal riposto desiderio di liberarci dall'impegno e dalla fatica. Le scelte che facciamo nel tenere delle attività per noi e nel delegarle ad una macchina non sono di natura meramente economica o pratica ma riguardano l'essere umano e la sua destinazione nella società , "sono scelte etiche" [2] . Dall'analisi delle conseguenze dell'automazione sui piloti di aerei e sul sistema di trasporto aereo in genere Carr trae importanti considerazioni: l'automazione non cambia il modo di lavorare quanto il lavoratore stesso. Compiacimento dell'automazione (automation complacency) e condizionamento da automazione (automation bias) sono i due atteggiamenti indotti che vengono presi in esame e che costringono l'operatore di fronte ad un sistema automatico a trasformarsi da attore in osservatore. Con il compiacimento dell'automazione, il soggetto si riposa su un infondato senso di sicurezza; nel momento in cui il computer sbaglia, si è disorientati e incapaci di agire. Dal compiacimento dell'automazione deriva quasi necessariamente il condizionamento: quando un sistema restituisce dei risultati in output, fossero pure sbagliati o fuorvianti, ci si crede. "Più è elaborato il sistema informatico, più inizi a pensare che corregga i tuoi errori [...] [3] . "La fiducia nel software è così forte che si scartano tutte le altre possibili fonti informative, compresi i propri sensi" [4]. Il passaggio da attori ad osservatori nel contesto di una certa azione può avere effetti disastrosi sull'apprendimento. L'effetto generazione (generation effect), scoperto negli anni '70 da pedagoghi e psicologi cognitivi come Norman Slamecka, è un fenomeno secondo il quale apprendiamo molto di più cercando di generare qualcosa nella nostra mente che semplicememnte leggendolo. Affidandoci a sistemi automatici che ci forniscono le risposte cancelliamo ogni forma di apprendimento derivante dall'effetto generazione. "Al posto dell'effetto generazione, l'automazione al computer ci da il contrario: un "effetto degenerazione" [5]. Il sistema automatico sembra frapporsi tra noi e il mondo, impedendo quel flusso continuo tra problema e soluzione, e relegandoci nella pigrizia e nell'inconsapevolezza. Dal sistema di trasporto aereo Carr passa alla sanità, alla finanza, al lavoro nell'industria, ai sistemi di navigazione satellitare, ai sistemi di progettazione per architetti trovando continue conferme: l'automazione, cercando di superare l'intrinseca difficoltà connaturata al rapporto che intercorre tra uomo e mondo e cercando di eliminare ogni nostro attrito con la vita crea strumenti degeneri, che strumentalizzano l'uomo, riducendolo al ruolo marginale di "sorvegliante", osservatore inerme di processi a lui totalmente estranei. Non è un caso che uno dei principi guida di tutti i software odierni sia l' "usabilità" ossia quella capacità di compiere una data operazione senza "sforzare" l'utilizzatore. L'automazione ci restituisce, dunque, un'esistenza "priva di frizioni", sopprime il nostro rapporto con il mondo esterno, togliendo lo stimolo all'azione del pensiero. L'automazione, nata come strumento per un fine, ci fa raggiungere i fini escludendoci dai mezzi per il loro ottenimento.

Una nuova automazione "umanista"[modifica | modifica wikitesto]

E' necessario conservare i benefici dell'automazione riportando i sistemi automatici al rango di strumenti. L'obiettivo di Carr è un ripensamento radicale dell'automazione in chiave umanista. L'approccio fondamentale per una "human-centered automation" era stato individuato già da Norbert Wiener: "la macchina deve essere ergonomica, deve cioè adattarsi a colui che la utilizza" . L'automazione che Carr critica è quella centrata sulla tecnologia, animata da una sfiducia nelle capacità umane, che, desiderando di raggiungere i massimi livelli di efficienza, velocità e profitto, ha totalmente trascurato l'aspetto ergonomico e la fondamentale interazione uomo-macchina causando i più grandi fallimenti progettuali. L'automazione antropocentrica diventa, negli aspetti più pratici, un'automazione "adattiva" nella quale il sistema è programmato per rivolgere costantemente l'attenzione a chi lo utilizza. Il sistema svolge principalmente funzioni di analisi lasciando la decisione all'operatore; tuttavia, il rapporto tra sistema e operatore è profondamente collaborativo ed inclusivo: macchine ed utilizzatori si scambiano costantemente compiti avendo come fine un miglior risultato prestazionale. Un'automazione di questo tipo non è più alienante ed escludente ma, essendo meno invadente, libera lo spazio della decisione, della creatività e dell'immaginazione. La parte finale del saggio è dedicata a Robert Frost, poeta dello sforzo e della fatica. Secondo la poetica di Frost, il lavoro, il "fare", ci avvicinano al mondo, ci fanno conoscere molto di più della sola contemplazione, il lavoro apre alla conoscenza e si realizza attraverso lo strumento della tecnica. "Talvolta" - scrive Maurice Merleau-Ponty - "il significato perseguito non può essere raggiunto con i mezzi naturali del corpo; il corpo deve allora costruirsi uno strumento, e proietta attorno a sé un mondo culturale". [6]. Purtroppo le tecnologie digitali dell'automazione ci allontanano dal mondo e dagli strumenti con cui l'abbiamo costruito rinchiudendoci in una "gabbia di vetro" esclusi dalla "resistenza dell'ambiente" [7] fonte di ogni crescita e progresso. Questo è il senso profondo di un'automazione umana per gli uomini, che stia sotto la categoria di strumento, medium fondamentale del rapporto tra uomo e mondo, il cui fine è sempre la connessione relazionale nella quale si realizza la conoscenza umana. Questo modello di automazione adattiva e umanista richiede tuttavia la fatica dell'apprendistato, l'incertezza e le difficoltà dell'interazione, quel sacrificio di rendimento e velocità che mal si accorda con il paradigma della nostra società inevitabilmente orientato verso un'automazione tecnocentrica, i cui principi di efficienza, velocità e semplificazione dirigono le azioni di produttori e consumatori sempre verso i prodotti che diano risultati più facilmente, con il minimo sforzo e nel minor tempo possibile. Di fronte a questa radicalità, un'automazione antropocentrica diventa difficile se non utopica, tuttavia "per garantirci un futuro benessere sociale, potremmo dover mettere limiti all'automazione" [8].

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p. 294

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.28
  2. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.33
  3. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.85
  4. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.86
  5. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.97
  6. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.241. M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 202.
  7. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.243.
  8. ^ Nicholas G. Carr, La Gabbia di Vetro. Progionieri dell'automazione, Raffaello Cortina Editore, 2015, p.252.