Utente:Fulvio82/sandbox )

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La competenza comunicativa è lo spazio interno di una piramide a tre facce.

Le facce della piramide

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  1. saper fare lingua (comprendere, leggere, scrivere, dialogare ecc.)
  2. saper fare con la lingua (che include la dimensione sociale, pragmatica, culturale)
  3. sapere i linguaggi verbali e non verbali ossia la competenza linguistica ed extralinguistica.

La comunicazione avviene in contesti situazionali attraverso eventi ossia:il luogo,il tempo,l'argomento e il ruolo dei partecipanti. In ogni evento comunicativo vi sono:

  1. un testo linguistico
  2. dei messaggi extralinguistici
  3. scopi dichiarativi e non
  4. atteggiamenti psicologici
  5. una grammatica contestuale che prevede non solo gli eventi ma anche una sequenza prevista per un dato evento.
  • P. Balboni, "Didattica dell'italiano a stranieri", Roma, Bonacci, 1994
  • P. Balboni, "Tecniche didattiche per l'educazione linguistica. Italiano, lingue straniere, lingue classiche", Torino, UTET, 1998
  • P. Balboni, "Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale", Venezia, Marsilio, 1999

Rosa Pia


La Competenza comunicativa nella sordità

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Infatti la Competenza Comunicativa è quella capacità che ci permette di estrarre un certo numero di informazioni dalle frasi grazie alla comprensione di alcune parole, grazie alla capacità di interpretare il contesto in cui queste frasi sono emesse e grazie alla nostra logica e alla nostra conoscenza dei fatti del mondo.

Immaginiamo di dover indovinare il significato di una frase di una lingua che non conosciamo. Se identifichiamo le parole GATTO TOPO MANGIARE possiamo pensare che voglia dire “Il gatto vuole mangiare il topo”, ma se scopriamo che tale frase è scritta in un racconto per bambini, nulla ci impedisce di ipotizzare che possa voler dire “Il topo si è mangiato il gatto”!

La nostra Competenza Comunicativa, aiutata dalle nostre conoscenze del mondo e dalla nostra capacità di leggere i contesti e fare inferenze, ci permette dunque di orientarci, di capire alcune informazioni importanti anche senza mettere in gioco una Competenza Linguistica, ma ha dei forti limiti.


Fulvio


  1. 1. a) Oggi mangio una pizza.
   b) Domani mangio una pizza.
  1. 2. a) Le bambine mangiano.
   b) Le bambine parlano.
  1. 3. a) Martedì mangio una pizza.
   b) Il martedì mangio una pizza.
  1. 4. a) Le mangiano.
   b) Le parlano.

Leggendo queste frasi è evidente che per capire la differenza tra a) e b) nei primi due esempi è sufficiente avere Competenza Comunicativa, mentre per capire la differenza tra a) e b) negli ultimi due la Competenza Comunicativa non è sufficiente: è necessario avere Competenza Linguistica.

Cosa significa, allora, avere Competenza Linguistica? In Logogenia diciamo che la Competenza Linguistica è la capacità di percepire tutte quelle informazioni che, in una qualunque frase di una lingua, sono veicolate NON dalle parole che la compongono, ma dalla struttura della frase. È una competenza che non ha nulla a che fare con la “grammatica” che si impara a scuola e che ha chiunque sappia almeno una lingua (o dialetto), anche se analfabeta.

Marianna

In ambito linguistico

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nell'ambito dell'insegnamento linguistico, si è passati da un prevalente, se non esclusivo, interesse per la forma della lingua a un prevalente interesse per l'uso, interesse quest'ultimo che pervade, in varia misura e con diverse modalità, tutti gli approcci definiti comunicativi. L'elemento che accomuna questi approcci è l'aspirazione a far sì che l'apprendente sviluppi la competenza comunicativa. Questa include la conoscenza del sistema linguistico (cioè sapere se o in che misura qualcosa è formalmente possibile all'interno di una data lingua), ma non si limita ad essa, in quanto la competenza puramente linguistica circoscrive la descrizione a un parlante-ascoltatore ideale; che conosce perfettamente la propria linua; che non è sottoposto ai condizionamenti di ordine psicologico e sociologico nell'applicazione delle proprie conoscenze ai fini dell'esecuzione; che appartiene, infine, a una comunità linguistica omogenea. Per formare una competenza comunicativa, concorrono, quindi, altre componenenti:

  1. la conoscenza psicolinguistica (sapere se o in che misura qualcosa è fattibile in virtù dei mezzi di implementazione di cui si dispone, cioè in virtù della capacità dei parlanti di trasformare una realtà mentale (il significato) in una realtà sociale ai fini della comprensione (Zuanelli Sonino, 1981);
  2. la conoscenza socioculturale (se e in che misura qualcosa è appropriato in relazione al contesto in cui è usato e valutato);
  3. la conoscenza de facto, (sapere se e in che misura qualcosa è di fatto realizzato dalla comunità parlante quella lingua, e non soltanto possibile). La competenza comunicativa non solo richiede che il parlante abbia queste conoscenze, ma anche che sviluppi l'abilità d'usarle (Hymes, 1971).

Da questi principi teorici generali, che nascono all'interno di una teoria sociolinguistica dell'uso linguistico, senza un originario interesse per la pedagogia delle lingue, sono derivati, come si diceva, i vari approcci didattici di tipo comunicativo. Questi hanno messo l'accento su vari aspetti della comunicazione: alcuni hanno privilegiato il "che cosa è adatto dire in una certa situazione", e quindi quali sono le realizzazioni linguistiche che si ritengono più comuni o più usate per esprimere "nozioni" (ad es. spazio, tempo, quantità ecc.) e "funzioni" (ad es. chiedere e dare informazioni, presentarsi, accettare, rifiutare ecc.). Altri hanno messo l'accento sul contesto d'apprendimento: in particolare sulla relazione fra il compito cognitivo da svolgere (ad es. trovare argomentazioni convincenti affinché X faccia Y), il gruppo dei partecipanti (come i partecipanti al gruppo devono negoziare rapporti e informazioni per accordarsi su quali sono argomentazioni davvero convincenti) e gli elementi linguistici necessari per portare a termine il compito assegnato. Altri, ancora, hanno messo l'accento sullo studente come individuo, riconoscendo a ciascuno la propria specificità e quindi offrendo percorsi di apprendimento differenziati, fra i quali il singolo studente può scegliere quello più adatto alle proprie capacità, alle proprie inclinazioni e ai propri obiettivi. Caratteristica comune a tutti questi approcci è l'attenzione per lo studente più che per la struttura della lingua da insegnare. In momenti e in modi diversi ci si è occupati dei bisogni dello studente, cercando di identificare quali sono i suoi obiettivi e di quali strumenti ha bisogno per interagire linguisticamente con la cultura con cui vuole/deve essere a contatto: quali nozioni e quali funzioni linguistiche gli sono più utili per i suoi scopi, quali strategie di comunicazione deve conoscere e attivare per avere incontri soddisfacenti, quali atteggiamenti deve assumere per avvicinarsi al parlante nativo. Questi è considerato il modello per eccellenza, il punto d'arrivo, mitico e frustrante allo stesso tempo, perchè mai raggiungibile, di tutto il percorso pedagogico. L'attenzione per il soggetto apprendente ha avuto l'indiscutibile vantaggio di sviluppare una serie di studi sia sull'apprendimento (motivazione, stili d'apprendimento, memoria, preferenze rispetto a tecniche e contenuti, personalità ecc.) sia sull'uso sociale del linguaggio, cioè come l'apprendente negozia verbalmente informazioni e relazioni con gli altri partecipanti del gruppo tramite la lingua che sta imparando. Questi approcci, però, hanno evidenziato soprattutto lo "sforzo" che l'apprendente fa in direzione della lingua e della cultura d'arrivo, tralasciando le modalità di negoziazione che il parlante nativo può o potrebbe mettere in campo per facilitare l'incontro.

Antonella


Storia della competenza comunicativa

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La competenza appare il livello più alto delle conoscenze: in essa vengono combinate abilità e conoscenze, per eseguire un’attività. Si sviluppa lentamente, ma una volta formata è permanente. In un altro senso Chomsky ha introdotto negli anni Cinquanta nella sua teoria il contrasto tra competenza ed esecuzione (in inglese performance, che non è la “competenza performativa”): la competenza è il sistema di conoscenze, regole, cioè meccanismi di funzionamento che rende possibile la comprensione o produzione di frasi, anche mai sentite prima, mentre la realizzazione effettiva di tali frasi basate sulla competenza è chiamata esecuzione. Questi due concetti paiono richiamare la dicotomia saussuriana langue vs.parole, ma si tratta di una somiglianza superficiale: i concetti chomskyiani ad esempio sono concetti della psicolinguistica, si applicano al singolo parlante, all’individuo, mentre quelli saussuriani sono semiotico-linguistici che si riferiscono ad una comunità. La sociolinguistica degli anni Settanta, specialmente ad opera dell’antropologo Hymes, allargando il concetto di competenza chomskyano ha elaborato il concetto di “competenza comunicativa”, che include la competenza linguistica, quella sociolinguistica e quella pragmatica (cioè referenziale). “La competenza comunicativa è il sistema di conoscenze posseduto da un parlante per l’uso contestualmente appropriato ed efficace di una lingua.” La competenza comunicativa è in contrasto con la concezione tradizionale della linguistica che ha accentuato lo studio idealizzato e senza contesto della grammatica. Oggi gli studiosi sono d’accordo che la competenza non deve essere limitata alla capacità dell’individuo di decidere se una frase è grammaticale o agrammaticale. Il movimento linguistico che ha sottolineato l’importanza della competenza comunicativa ha avuto un forte impatto anche sulla glottodidattica e ha contributo in modo notevole alla formazione dell’approccio comunicativo.


Marianna