Utente:Exedre/Sandbox-PR-2019

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La (molte volte annunciata ma mai realizzata) morte del Partito radicale[modifica | modifica wikitesto]

Pur essendo uno dei partiti politici più longevi della Repubblica italiana, il Partito radicale è sicuramente quello di cui è stato celebrato il funerale il maggior numero di volte sulla stampa. Morte e vita dell'organizzazione hanno giocato un ruolo importante nella storia del partito. In molte occasioni è stato preannunciato lo scioglimento del partito se non si fossero raggiunte determinate condizioni (di solito il raggiungimento di un certo numero di iscritti). Altrettante volte, va registrato, le condizioni sono sempre state raggiunte. Ciò nonostante la retorica della morte dell'organizzazione ha praticamente sempre connotato la vita di questo partito non solo perché in molte occasioni ha veramente rischiato la chiusura, e perché la stampa ha soffiato sulla brace delle polemiche inscenate dalle rumorose minoranze di volta in volta abbandonavano il partito, ma piuttosto perché questo tipo di argomentazione ben si connetteva al principale strumento della lotta politica radicale: il digiuno. Sebbene il digiuno radicale (e gandhiano in genere) non prevedesse mai il raggiungimento di uno stadio critico per la vita, a differenza di quanto avveniva in altre esperienze politiche in cui invece fosse esplicitamente incluso un esito fatale, era fin troppo facile, specie in un paese cattolico come l'Italia, giocare su questa leva comunicativa che, in modo sempre alquanto spregiudicato, Pannella non ha mai mancato di adottare.

Dal punto di vista funzionale era atteso che il Partito radicale, in un certo senso, morisse ad ogni Congresso, in quanto le determinazioni assembleari potevano segnare profonde discontinuità nell'orientamento delle lotte politiche del partito. e in questi casi si avesse anche un ricambio pressocché completo della classe dirigente chiamata a mettere in atto queste nuove lotte. In questi casi era naturale che le minoranze del partito, eventualmente entrate in Congresso come rappresentative della lotta politica principale indicata dalla precedente mozione (e possibilmente anche di discreto successo nella società), ne uscivano non solo perdenti, possibilmente escluse dagli organi esecutivi o intermedi, ma soprattutto completamente spiazzate dalla decisione di adottare una nuova battaglia abbandonando completamente la precedente. Da questo punto di vista, in un certo senso, veramente per questi il Partito moriva con quella decisione che avrebbe imposto l'orientamento delle poche risorse del partito disponibili sulla nuova piuttosto che sulla vecchia battaglia. D'altro canto la prassi del Partito prevedeva esplicitamente la tenuta del congresso nel mese di Novembre in modo da definire con chiarezza il quadro dell'impegno nell'anno successivo e raccogliere con serenità la decisione da parte dei radicali di aderire, e quindi pagare l'esosa tessera radicale, o non aderire per quell'anno al partito.

Non raramente però le minoranze insoddisfatte, talvolta contenenti anche esponenti di primo rilievo del partito, esprimevano in modo molto vigoroso che, con l'adozione della nuova mozione, il Partito sarebbe diventato irriconoscibile e pertanto da considerare ormai fallito e morto.

Il più noto esempio di questa dinamica si ritrova nella famosa decisione, assunta nel biennio '88-'89, di abbandonare l'agone elettorale, quando una parte importante del partito, in particolare alcuni dirigenti di primo rilievo, abbandoneranno polemicamente l'organizzazione per altre formazioni politiche o per ritirarsi a vita privata. La stampa, come sempre più interessata agli aspetti folcloristici delle polemiche (e, secondo i radicali, in quanto «stampa di regime» vogliosa di nascondere la forza delle proposte politiche antagoniste del Partito radicale), dette molto spazio alle ragioni dei fuoriusciti che tentarono di ritagliarsi un proprio spazio politico come radicali (senza poi effettivamente riuscirci) grazie al supporto della stampa (e i militanti del Partito radicale avrebbero detto del «regime»).

Una dinamica simile (e simili polemiche) è avvenuta dopo la morte di Marco Pannella quando da un lato, sotto la guida di Maurizio Turco e Rita Bernardini, il Partito radicale ha cercato di riconquistare una propria identità politica, e anche una legalità statutaria, dall'altro i Radicali Italiani, guidati da Marco Cappato e sotto l'egida di Emma Bonino, hanno invece provato a ristabilire (con risultati abbastanza magri) una presenta politica dichiaratamente radicale nelle liste elettorali italiane, aderendo poi un progetto politico più vasto, basato su una forte rivendicazione dell'europeismo filo-atlantico, denominato +Europa.