Utente:Enrica Ferrazzi/Sandbox

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OPAI[modifica | modifica wikitesto]

OPAI, opera di prevenzione antitubercolare infantile.

LE ORIGINI[modifica | modifica wikitesto]

Anno 1919 Preventorio OPAI di Olgiate Olona

L’Opai, opera di prevenzione antitubercolare infantile, ha le sue radici nella Milano di inizi ‘900, quando un gruppo di volontari, medici e non, animati da un grande ideale umanitario, in tempi di grandi difficoltà economiche e sociali, riuscirono a dare vita a un grande sogno assistenziale, strappando alla morte migliaia di bambini che correvano il rischio di contrarre la tubercolosi. Uomini e donne animati dall'idea incrollabile di "fare del bene", che tentarono con ogni mezzo a disposizione di portare avanti una battaglia sociale per tentare di sconfiggere la Tbc e contemporaneamente diffondere una coscienza antitubercolare; uomini e donne il cui contributo non fu limitato a una prestazione occasionale, ma esteso «alla collaborazione diuturna, oscura e misconosciuta, per vincere insieme innumerevoli difficoltà, nel momento in cui l’agire per questo ideale rappresentava un atto di temerarietà tra l’indifferenza e l’apatia generale. Fu opera di precursori, di agitatori, di umanitari idealisti che scesero in lotta contro il pericoloso flagello con tutte le forze del loro animo e con tutta la loro fede per convincere gli avversari, ottenere la fiducia, dagli stessi assistiti, i quali li consideravano come intrusi nelle loro case».[1]

"Prevenire per non morire": questo, in sintesi, il loro motto.

Tra questi pionieri della lotta contro la TBC dobbiamo riconoscere il ruolo fondamentale svolto da una donna, Clotilde Perelli Minetti, che insieme al marito Carlo Cavalli ebbe un’idea assolutamente rivoluzionaria: per salvare migliaia di bambini dal rischio di contrarre la tubercolosi occorreva allontanarli dalle famiglie a rischio di trasmissione della terribile malattia. Si iniziò raccogliendo pochi bambini provenienti da famiglie dove erano presenti malati di Tbc, che vennero dati a balia a sane nutrici di campagna. L’affidamento dei fanciulli alle balie comportava però problemi gestionali di non poco conto: la ricerca di un numero sufficiente di balie (resa ancor più difficile dal periodo bellico), le trattative per la consegna, la difficoltà di mantenere una sorveglianza attiva ed efficace. Si decise così di aprire un asilo dove raccogliere questi fanciulli, per poter esercitare maggiori controlli sulla loro salute: nacque l’Asilo Gigino a Biassono, che, però, ben presto si rivelò inadeguato per soddisfare tutte le richieste di assistenza.

LA “CASA DEI BAMBINI” DI OLGIATE OLONA[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1918, grazie alla generosa donazione dell’industriale milanese Piero Preda, l’Opai poté acquistare la grandiosa Villa di Olgiate Olona che era stata casa di villeggiatura di molti nobili, tra cui le famiglie Greppi e Gonzaga. "La Provvidenza questa volta, prende il nome e si concreta nella persona dell’industriale Piero Preda, salda tempra di lavoratore e di mecenate che vivendo a contatto cogli operai è a conoscenza dei tristi effetti della tubercolosi e con la semplicità e la modestia dei puri di cuore non esita ad acquistare per l’Opera di Prevenzione antitubercolare Infantile la principesca Villa Gonzaga di Olgiate Olona adagiata tra la molle verzura delle morene lombarde che l’Olona dolcemente lambe, ricca di ben cento luminosi locali che un parco secolare donatore di ombra e di frescura circonda, vetusta e cupa chiazza verde più tenero degli erbacei e delle piante fruttifere del vasto podere, dall’altro, contrasta con il grandissimo cortile sempre baciato sole. Tutto ciò che mente di igienista e di filantropo potesse sognare per istituirvi una grande colonia campestre, la Villa Gonzaga offre!"[2] L’Opera di prevenzione antitubercolare poté così disporre di una struttura maggiormente adeguata a ricevere le sempre più numerose richieste di ricovero e assistenza: nacque così la “Casa dei bambini di Olgiate Olona”, nota anche come “Istituto Lombardo dell’Opera di Prevenzione Antitubercolare Infantile”, che nel 1920 Gabriele D’Annunzio, con il suo fantasioso stile, definì “la vecchia villa lombarda dei Gonzaga che s’è candidata alla salute”: la prima istituzione a livello internazionale destinata alla prevenzione della tubercolosi in età infantile.

Clotilde e il marito si rivolsero a senatori, deputati, personalità del Commercio, dell’Industria e della Finanza, riuscendo a ottenere larghi consensi e a costituire un Comitato di patroni e patronesse che si diede subito da fare, bussando a tutte le porte, per trovare i mezzi necessari a realizzare un concreto programma di assistenza e prevenzione. Per perorare la sua causa, Clotilde Cavalli “picchiò a tutte le porte, avvicinò masse popolari, Ministri, autorità di ogni grado, civili e militari […]. Mai sazia di donarsi, fu chiamata un “vulcano” di iniziative e di generosità”. Capace di attivare reti di solidarietà, mettendo in campo forti risorse creative e sviluppando strategie manageriali, la Cavalli riuscì a sviluppare legami con personaggi chiave della politica e dell’economia, rivelatisi poi determinanti per il successo delle sue azioni. In particolare la donna riuscì a coinvolgere due personaggi strategici, che decretarono il successo dell’iniziativa: la duchessa Marianna Visconti di Modrone, dama di corte della regina Elena, che assicurò l’appoggio delle più alte cariche istituzionali e della stessa famiglia Savoia; Luigi Mangiagalli, illustre clinico, senatore, sindaco di Milano, fondatore degli Istituti clinici di perfezionamento e dell’Università degli studi di Milano, che garantì la validazione scientifica al progetto assistenziale.

I PROGRESSI[modifica | modifica wikitesto]

Grazie a generosi contributi e a numerose iniziative di raccolta fondi, si dette avvio alla costruzione di due nuovi padiglioni, intitolati a “Regina Elena” e “Edda Mussolini”, che furono inaugurati nel 1925 alla presenza del duce e del re Vittorio Emanuele III   

L’Opai riuscì nel giro di pochi anni a ospitare nella nuova sede di Olgiate Olona oltre cinquecento bambini, incrementando i servizi, offrendo la possibilità di trattenere i propri ricoverati fino ai sedici anni, così da impartire loro educazione, formazione professionale e avviamento al lavoro, attivando a Milano un ufficio per l’assistenza ai dimessi, così da avere informazioni non solo sullo stato di salute, ma anche sul benessere generale dei bambini una volta usciti dal Preventorio. Nel corso degli anni cambiarono sia le norme che regolamentavano l’ammissione dei bambini, sia le regole che disciplinavano i rapporti con genitori e parenti, basandosi su nuove regole suggerite dai crescenti progressi della medicina nonché sulle diverse esigenze organizzative dell’Opai.

Nel 1936, alla presenza del Cardinale Ildefonso Schuster, venne inaugurata all’interno del preventorio la Chiesetta dedicata ai Santi Innocenti. Proprio in occasione della inaugurazione della chiesa, l’arcivescovo benedisse anche la “Sala Alba” (dedicata alla memoria di Alba, una delle figlie dei coniugi Cavalli, prematuramente scomparsa) che Antonio Rubino, famosissimo illustratore del Corriere dei Piccoli, nel 1938 volle arricchire coi suoi splendidi disegni; tale spazio divenne il refettorio e lo spazio giochi dei bambini ricoverati in istituto.

VITA IN ISTITUTO[modifica | modifica wikitesto]

All’interno del preventorio di Olgiate Olona la vita dei bambini era attentamente disciplinata e imperniata su cinque elementi: aria, sole (elioterapia), iperalimentazione, idroterapia, attività fisica. In particolare la cucina era considerata la vera farmacia del Preventorio. «Essa difatti dispensa le medicine migliori ed i ricostituenti più efficaci per i nostri bimbi provenienti quasi tutti da famiglie assai disagiate ed in cui sovente oltre al fattore infettivo tubercolare va aggiunto l’ambiente antigienico e la carenza quantitativa e qualitativa degli alimenti. La dieta è differente per il nido, per l’asilo e per le scuole. Essa è semplice, naturale, abbondante e varia». Compatibilmente con le condizioni meteorologiche, le lezioni scolastiche erano tenute all’aperto, cosicché la natura costituisse per il bambino «il miglior libro e la migliore aula». L’istruzione era poi integrata da gite e passeggiate scolastiche, lettura dei libri della biblioteca interna al Preventorio, mentre per la ricreazione i bambini avevano a disposizione alcune sale gioco, un teatrino, il tiro a segno, un campo sportivo e una piscina all’aperto, ubicata nel podere.

Tutti i bambini che entravano in Istituto venivano dotati di un corredo che variava in relazione a età, sesso e stagione, e veniva personalizzato con un’etichetta riportante il numero identificativo del bambino, cucita all’interno dei capi. Lo stesso numero che contraddistingueva l’abbigliamento dei piccoli ospiti era riportato anche su tutte le loro dotazioni personali, quali spazzolino da denti, asciugamani, piatti, tazzine, bicchieri, così da non creare confusione.

Alcuni anni dopo, il 10 settembre 1932, due membri di Casa Savoia, Umberto e Maria Josè, giunsero a Olgiate Olona per inaugurare un nuovo padiglione del Preventorio antitubercolare infantile. In occasione della visita sovrana, venne inaugurato anche un monumento-fontana opera dello scultore Giannino Castiglioni, in memoria del primo presidente dell’Opai, Luigi Mangiagalli, scomparso nel 1928. Il monumento, tuttora presente nel parco del complesso monumentale ex Opai, è costituito da un’ampia vasca intorno alla quale si levano quattro colonne che sembrano voler reggere la volta dell’azzurro sterminato. «Fra queste colonne si ergono due gruppi: quello anteriore simboleggia il bimbo levato dalla casa malsana e sospinto con lieve gesto paterno verso le cure affettuose, sapienti e risanatrici: quello posteriore ritrae con nobiltà d’arte la coppia dogliosa del padre e della madre cui viene strappato il bimbo perché ricresca sano».

Scoppiò la Seconda guerra mondiale: i bombardamenti su Milano dell’estate 1943 determinarono la distruzione della sede amministrativa di Milano, comportando anche la perdita degli archivi, del materiale fotografico e documentale raccolto in tanti anni.

Negli anni Cinquanta le attività risultavano distribuite in quattro padiglioni, dedicati alle personalità più munifiche nella storia dell’Opai. Nel mese di maggio 1955 venne aperto un quinto padiglione, dedicato all’isolamento per le malattie infettive.

IL REGRESSO DELLA TUBERCOLOSI E L’OPERA DI PREVENZIONE E ASSISTENZA ALL’INFANZIA[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1959, in ragione del regresso della tubercolosi, il Consiglio di amministrazione dell’Opai decise di modificare la denominazione dell’Opera in «OPAI Opera Lombarda di Prevenzione e Assistenza all’Infanzia», senza che ciò comportasse variazioni negli scopi dell’Opera. L’attività assistenziale venne ampliata a vantaggio di altri soggetti, tanto che nel 1969 venne trasformato un padiglione per accogliere una «scuola elementare speciale parificata», destinata a bambini affetti dalla sindrome di Down, che manifestavano deficit mentali o difficoltà di apprendimento.

Il padiglione contumaciale, edificato per isolare i bambini con forme infettive o tenerli sotto osservazione nel primo mese successivo all’ingresso nella struttura, venne invece ristrutturato per accogliere una cinquantina di bambini definiti “subnormali”. Nel contempo l’Opai iniziò ad accogliere bambini caratteriali o in situazioni di svantaggio socio-ambientale all’interno di classi differenziali.

ANNI SETTANTA: LA CRISI[modifica | modifica wikitesto]

I costi necessari per garantire la migliore assistenza nel rispetto degli standard (rapporto docente/discenti) previsti per la scuola speciale e le classi differenziali, erano veramente elevati, e il mancato incasso di quanto dovuto dai vari enti per il mantenimento dei bambini ricoverati in Istituto determinò nel 1970 l’impossibilità per l’Opera di pagare i dipendenti e soddisfare i creditori. La situazione economica dell’Opai si fece progressivamente insostenibile e nel luglio 1972 si decise con rammarico la chiusura del preventorio. Si aprirono le trattative col Comune di Olgiate Olona, che nell’aprile 1976 acquistò il complesso.

Si chiudeva così la presenza a Olgiate Olona dell’Opai, e con essa terminava una storia ordinaria di straordinaria umanità, che aveva contribuito a salvare migliaia di bambini.

BIBLIOGRAFIA[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ AA.VV., L’inizio della lotta antitubercolare e della profilassi infantile in Milano. Trent’anni di opere benefiche compiute per la lotta contro la tubercolosi per la tutela dell’infanzia, Milano, Bertieri, 1935, p. 13.
  2. ^ Piccinini Prassitele, Allaria Giovanni Battista, La Pediatria in Italia. La pediatria italiana nella storia e nella attualità: le grandi opere fasciste a favore dell’infanzia, Roma, Ufficio stampa medica italiana, 1937.