Utente:Dana.pe/Sandbox1

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Paolo Scandaletti (Padova, 19 giugno 1936) è un giornalista e scrittore italiano.

E' direttore di Desk,[1] Rivista di cultura e ricerca della comunicazione dal 1993 e ne dirige la collana: "I Libri di Desk[2].
Ideatore partecipante al progetto del Rapporto annuale[3] sulla comunicazione in Italia Censis-Ucsi.
Progetta e guida da ventuno anni con Giuliana Variola gli incontri: "Libri e Autori" a Grado [4].
Responsabile del progetto: "Rileggiamo la Grande Guerra"[5] e ne dirige la collana di libri con Alberto Monticone[6].
Insegna dal 2010 Storia del giornalismo nei master Lumsa di Roma e Suor Orsola di Napoli.
Ha insegnato Etica della comunicazione dal 2004 al 2009 e Comunicazione politica dal 2002 al 2004 alla Luiss di Roma, Storia del giornalismo e della comunicazione sociale all’UniSOB di Napoli, dal 2002 al 2010, Teorie e tecniche della comunicazione pubblica all’Università degli Studi di Chieti-Pescara, dal 2001 al 2004, Comunicazione pubblica all’Università degli Studi di Teramo, dal 1999 al 2000, Storia e tecnica del quotidiano alla II Università di Roma, dal 1984 al 1995.

Ha fondato e diretto a Padova nel 1957 Il Setaccio[7], periodico giovanile studentesco, e la Federazione della stampa giovanile studentesca. E' caporedattore alle Edizioni Lice, Padova-Torino, dal 1960 al 1962; ha diretto le collane dei volumi La società giovanile (1961) e Il Duemila (saggi sull'attualità, 1962).
E' giornalista professionista dal 1964, capocronista a L’Avvenire d’Italia di Padova, 1963-1968; a Il Gazzettino, Venezia e Roma, dal 1968 al 1987, come inviato speciale in Italia e all’estero, editorialista, capo della redazione romana, vicedirettore; giornalista parlamentare per oltre quindici anni e direttore di Stampaveneta[8] dal 1964 al 1971.
Progetta i Convegni di Recoaro sull’informazione e l’editoria dal 1965 al 1976 ed é stato consulente della Presidenza del Consiglio nella stesura della prima legge per l’editoria (1969-1970)[9], coinvolgendo nella commissione presieduta da Antonio Bisaglia editori, giornalisti e edicolanti. Con il senatore ha pure collaborato al ministero delle partecipazioni statali, come capo ufficio stampa e, soprattutto, ne è stato il ghost writer dei più rilevanti discorsi politici. I suoi appunti e manoscritti sono depositati alla Fondazione Sturzo. (Renato Guttuso a Bisaglia)
E' stato presidente del comitato tecnico-scientifico del Centro di cultura di Palazzo Grassi a Venezia (dal 1979 al 1983) e della giuria del premio letterario/saggistica Salotto Veneto (dal 1987 al 2000).
E' stato consulente editoriale della rivista Terziaria della Confcommercio dal 1985 al 1992, ha collaborato con inchieste al Tg1, alle reti tv e radio della Rai; alla Direzione generale Rai ha diretto le Relazioni Pubbliche dal 1987 al 1997. Ha collaborato con la Rivista del Cinematografo dal 1991 al 1997.
Presidente nazionale dei giornalisti cattolici (Ucsi) dal 1993 al 1999 e dal 1996 al 1997 è stato consulente del Garante per l’editoria prof. Francesco Casavola. Dal 1998 al 2001 ha diretto Arcobaleno[10], giornale dell’Aido ed è direttore responsabile della rivista delle Clarisse d’Italia, Forma Sororum[11].
Ha fondato nel 2000 e guidato per due anni con Giuliana Variola Pordenonelegge[12], nel 2005 ha progettato e curato La Storia In Testa[13], I° Festival Internazionale della Storia a Gorizia.

Bibliografia recente

[modifica | modifica wikitesto]

Storia, cultura e ricerca della comunicazione
2012, A bocca aperta. La dubbia credibilità dei comunicatori italiani, A. Melodia, Desk-Cdg e Cariplo
2011, Dalla parte del lettore|Desk-Cdg
2010, Yes, credibility. La precaria credibilità del sistema dei media, M. Sorice, Desk-Luiss-Cdg
2008, Università e professioni dei comunicatori in Europa. Criticità, ritardi e problemi irrisolti, con M. Baldini, I Quaderni di Desk, n. 14, Luiss-Desk
2007, Le professioni dei comunicatori, con M. Baldini, I Quaderni di Desk, n.13, Luiss-Desk
2006, 33 nomi per narrare la professione giornalistica, con P. Springhetti,I Quaderni di Desk, n. 10
2005, Etica e deotologie dei comunicatori, Luiss University Press, 3 Edizioni,
2004, Storia del giornalismo e della Comunicazione, Simone, 3 edizioni
2003, Come parla il potere. Realtà e apparenze della comunicazione pubblica e politica, Sperling & Kupfer, 6 edizioni

Storia e saggistica politica
2010, Sui campi di battaglia per conoscere la storia, con A. Monticone, Gaspari
2008, Le Crocerossine nella Grande Guerra, con G. Variola, Gaspari, 2 edizioni
2008, Esercito e popolazioni nella Grande Guerra, con A. Monticone, Gaspari
2007, Le confraternite nella società di Città della Pieve dal Medioevo a oggi, Tp Edizioni
1986, Toni Bisaglia nel partito, nel governo e in parlamento, con M. Follini, P. Paramucchi, A. Zampieri, Ipag
1997, Venezia è caduta, Neri Pozza, 3 edizioni, premio Selezione Estense 1997, premio Librai e lettori della Città di Padova 1998

Biografie
2011, Una vita sul filo di lana, con Ottavio Missoni, Rizzoli, 2 edizioni
2002, Chiara d’Assisi, Bur Rcs Libri
1994, Snaidero: un uomo, un’impresa, Casamassima
1992, Come ho amato, biografia di Gaspara Stampa, Rizzoli
1989, Galileo privato, Camunia-Rizzoli, 2 edizioni; riedizione Gaspari 2009, con Prefazione di M. Hack
1981, Antonio da Padova, Rusconi, 4 edizioni; tradotto in tedesco e portoghese<br, premio Castiglioncello per la migliore biografia, consegnato da G. Spadolini; riedizione Marietti 2002
1979, Un Papa dalla Polonia, con B. Lewandowsky e B. Kruszwicz, Messaggero

Introduzioni, prefazioni e contributi
2012, "S’è fatta insieme la grande ricerca sulle professioni dei comunicatori", in D. Antiseri (a cura di), In memoria di Massimo Baldini, Rubbettino
2009, "La nascita dei giornali", in D. E. Viganò (a cura di), Dizionario della comunicazione, Carocci
2008, "Gli obiettivi del progetto Rileggiamo la Grande Guerra", in Esercito e popolazione nella grande guerra. 1918: la vittoria italiana, Gaspari

Linea Culturale

[modifica | modifica wikitesto]

'Il sistema dei media per il sistema-Paese: criticità a cantiere aperto del sistema dei media italiano.
'
Si tratta di una linea sommariamente espositiva, non compiutamente argomentata, per una sorta di decalogo delle criticità del nostro sistema dei media nel sistema-Paese, che intende la persona come valore e nella sua dimensione comunitaria-statuale e le nuove tecnologie come fattore di crisi-riconversione dei format precedenti di media-professioni-modello di business. In una democrazia moderna e compiuta, il sistema dei media per il sistema-Paese non è tanto un punto di vista nè solo un approccio scientifico ma, soprattutto, una scelta di valore. Nel sistema Paese operano il sistema politico istituzionale, il sistema sociale-economico-professionale, il sistema dei media: hanno rapporti fisiologici quando mantengono la propria identità- funzione, in autonomia; diventano invece rapporti patologici allorchè pretendono sottomissioni, fanno strumentalizzazioni, corrompono con il potere o il denaro.

1.I quotidiani (tornati alla tiratura complessiva del 1939):
- nati in Italia prevalentemente per fare lobby politiche ed economiche (Cavour, Ricasoli, Crespi, Mussolini, Fiat, Montedison, Confindustrie locali, Caltagirone, le banche e le cliniche private ecc.), occorre quindi sviluppare le testate puramente editoriali (cfr. l’esperienza inglese di The Guardian ed Economist) garantite da trustees indipendenti con persone di grande autorevolezza, guadagnano in credibilità e nei bilanci;
- le recenti leggi per l’editoria agevolano le innovazioni o consolidano le vecchie rendite?
- è indispensabile uno statuto dell’impresa editoriale che la tuteli differenziandola dalle altre? (proposta di Ermanno Bocchini, allora professore di Diritto dell’informazione alla Luiss, al convegno Luiss-Lumsa del 2000 su Informazione, valori, democrazia;
- se e quando finirà la versione su carta? Murdoch ha investito 20 milioni di dollari nella nuova tipografia del Wall Street Journal, con cronaca di New York; anche New York Times investe sulla cronaca cittadina ed ora vende gli articoli, dopo i primi venti letti gratis ( diceva l’ex direttore Bill Keller “Da anni mi occupo più di business model per tenere a galla il Times che di giornalismo”); a Berlino il gruppo Axel Springer avanza col vento in poppa (“la stampa vivrà più a lungo di quanto si pensi”, dice l’amministratore delegato Mathias Dopfner): la Bild vende 3,3 milioni di copie e la Die Welt è il più autorevole giornale tedesco, hanno 230 testate periodiche e locali specializzate; tutte ancorate ai cinque punti politico-editoriali sui quali si fonda la credibilità del grande gruppo;
- la pubblicità su carta scende vistosamente, quella sul web sale di altrettanto;
- la perdita di credibilità dell’informazione: una recente indagine dell’Ordine della Lombardia diceva che 68 persone su 100 ritengono i giornalisti non affidabili; l’Upa afferma che ciò ha raddoppiato il costo dell’investimento pubblicitario sui media; ma la Fieg non era interessata a questo tema, così confermando le ragioni per cui da noi si fanno i giornali (Missiroli, che li ha sempre assecondati con freddo realismo, diceva ai colleghi: non preoccupatevi, i nostri conti in rosso sono parti di bilanci altrimenti attivi); (la perdita di credibilità è invece confermata (ottobre 2011) dall’indagine bis su Il futuro del giornalismo svolta da Astra Ricerche, sempre per l’Ordine della Lombardia. Gli standard etico-professionali ottengono dai cittadini queste valutazioni: internet 6,7 radio 5,9 tv Rai 4,7 tv private 4,6 relazioni pubbliche 4,9 editori 4,8 e comunicazione pubblica idem. Il 53 per cento dei cittadini-lettori-utenti giudica non etico il comportamento dei giornalisti; i quali, conoscendosi ancor meglio, fanno salire a oltre l’80 la percentuale. Sono da comparare anche con i dati risultanti dal sondaggio tra gli iscritti all’Ordine/professionisti per la ricerca Ucsi-Cariplo: giornalisti e comunicatori sono sempre meno affidabili);
- solo giornalisti nell’Ordine: la professione risulta sbilanciata con 28mila professionisti e 72mila pubblicisti; quanti vivono della professione di giornalista non dovrebbero diventare tutti giornalisti? magari iscrivendo solo questi e abolendo le due categorie, fatto salvo l’elenco speciale per l’art. 21 della Costituzione? e perché non un altro elenco nel quale collocare i giornalisti-comunicatori, quelli che stanno dalla parte delle aziende e degli anti, non da quella dei lettori?
- gli italiani che usano on line crescono molto ogni anno, ma quale informazione trovano? quanto striminzita e inaffidabile? è una risposta (Eurisko) quella del 4 per cento in più di giovani fra i 14 ed i 24 anni che acquistano i giornali: meno moderni ma più completi ed affidabili?
- quanto rischio di inquinamento da fonti primarie c’è se l’80 per cento delle notizie pubblicate sui media viene preso da quelle diffuse dagli uffici stampa e dalle direzioni delle relazioni esterne, secondo legittime logiche a loro“favorevoli”?

2.Il duopolio televisivo:
- la legge che ha introdotto il digitale, agevola e garantisce davvero il pluralismo dell’offerta?
- perché non si facilitano nel concreto le emittenti locali ben radicate sul territorio?
- le due grandi tv di Rai e Mediaset si mangiano buona parte della torta pubblicitaria e lo Stato continua versare ai giornali milioni di euro, ma quale Paese raccontano? per un po’ di pluralismo dell’offerta dobbiamo esser grati a Murdoch per Tg Sky 24, a Enrico Mentana per il suo Tg e a La7 che rompono il duopolio, sono dignitose e presentabili le condizioni della Rai come servizio pubblico sotto il completo controllo del potere politico?

3.Le professioni dei comunicatori:
- l’offerta formativa dell’università è valida per competenze e qualità se Assocomunicazione a Milano ha dovuto offrire 4 master per integrare le preparazioni dei neolaureati?
- nell’offerta formativa, perché non si fondono davvero le culture accademiche con quelle professionali migliori?
perché i professionisti non strutturati nell’accademia (eppure indispensabili al funzionamento dei corsi) vengono esclusi dagli organismi di facoltà che valutano e scelgono?
- se i confini tra professione giornalistica e altre professioni della comunicazione sono sempre più labili, come estendere rispettivamente consapevolezza etica e deontologica, più trasparenti rapporti? perché non discutiamo insieme e alla presenza dei cittadini quando e come s’inquinano le fonti primarie: vedi il caso Parmalat, con i comunicati falsi, la truffa ai risparmiatori e la condanna del tribunale a Milano?
- le associazioni professionali verranno necessariamente riconosciute, ma saranno ad iscrizione obbligatoria?
- la riforma dell’Ordine dei giornalisti: meno burocrazia, più formazione.

4.Il rapporto con i cittadini-lettori-utenti:
- mancano gli organismi di ascolto e tutela:: perché non c’è il garante del lettore nelle redazioni?
- e nemmeno i presscouncil, che risolvano celermente le controversie (da noi è fallito giurì e non è mai decollato il comitato di mediaetica);
- né i fact checkers americani, verificatori di dati ed affermazioni (Der Spiegel paga 80 persone per correggere gli errori negli articoli, oltre le bozze);
- perché ministro, Authority e giornali non valorizzano l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria?
- il potere debole dell’opinione pubblica e della cittadinanza fa comodo a tutti i poteri forti; quando Cittadinanzattiva scenderà anche in questo campo, decisivo per la qualità della democrazia nel nostro Paese?

5.La comunicazione pubblica e la trasparenza della PA:
- le leggi 150/2000 e sulla trasparenza sono applicate solo da metà della Pubblica Amministrazione: che fanno ministro e Governo?
- urgono i profili professionali e il riconoscimento pieno dei comunicatori pubblici;
- nell’applicazione della legge va rigorosamente distinto il portavoce (che cura principalmente gli interessi politico-elettorali di chi guida l’ente) dal capo ufficio stampa (che si occupa delle attività istituzionali della struttura), così come va realizzato l’Urp per informare ed ascoltare i cittadini-utenti; Gerardo Mombelli, presidente di Assocomunicazione pubblica, afferma che sta scendendo sul settore un silenzio inquietante, occorre contrastare i tentativi di contrabbandare la propaganda quale unica forma possibile di comunicazione pubblica.

6.Il giornalismo d’inchiesta:
- è difficile e costoso: i giornali e le tv non lo reggono, o non lo vogliono per non disturbare?
- chi lo può fare? un gruppo di esperti giornalisti, sostenuti da una fondazione, come negli Usa ProPublica che vince il premio Pulitzer?

7.Le lobby:
- in Italia operano, eccome, ma nella penombra del Parlamento e dei Consigli regionali;
- il ddl del governo Prodi, che riguardava solo se stesso, la PA e le autorità, aveva scelto la via legislativa: proprio quella che non ha mai funzionato, come del resto tutte le proposte di legge presentate da deputati e senatori;
- da noi non c’è nulla che vieti agli ex parlamentari di diventare lobbisti il giorno dopo la fine del loro mandato: per non interrompere un’attività avviata da tempo?
- eppure, se il Parlamento ed i Consigli regionali volessero davvero portare alla luce del sole la legittima attività lobbistica, basterebbe integrassero i rispettivi regolamenti sulle materie di competenza con il tema delle lobby (secondo la proposta della presidente Irene Pivetti).

8.La professione dei giornalisti che cambia, l’assetto delle redazioni e il contratto:
- dopo Al Jazira, Sky Tg 24 e Tg La7 interattive con gli utenti: ma è ancora solo sondaggio;
- l’Agi modula la struttura sul flusso delle notizie, e il Secolo XIX con i giornalisti su carta e web; ma al Corriere della Sera su questo avviene la rottura fra direttore e redazione;
- cresce la domanda di competenze personali e le rigidità contrattuali vengono meno;
- le interviste: si fanno a chi ha davvero ha qualcosa da dire? con domande ossequienti o tese a chiarire, talvolta disturbando, e con la verifica delle risposte? quando finirà il ridicolo dei giornalisti, prevalentemente nello sport della tv, che piantano il microfono sulla bocca del malcapitato chiedendo soltanto conferma delle loro banali opinioni/affermazioni?
- gli intellettuali nei dibattiti tv: ci portiamo i colti autentici, o quelli resi noti dai settimanali del gossip e mescolati alle signore dei salotti?
- ai giovani che entrano nelle redazioni vogliamo tornare a insegnare il mestiere?
- non c’è vergogna a pagare i collaboratori con elemosine?
- le rappresentanze sindacali diventano mestieri vita natural durante? E magari sempre più miopi…

9.La comunicazione interpersonale:
- siamo sempre più connessi con cellulari ed email, primi al mondo gli italiani per consumi;
- perdiamo il piacere del silenzio, la capacità di ascoltare gli altri e il gusto del guardarci dentro;
- l’uso di leggere in modo disteso e di scrivere bene.

10.Le Authority sotto tutela politico-governativa:
- non occorre rifare il Minculpop, né ricorrere ai sistemi praticati nei paesi comunisti: in giro per il mondo vi sono ottime collaudate esperienze, veri correttivi al sistema dei media in democrazia, che si possono agevolmente importare, ricavando credibilità e quote di mercato;
- qui invece hanno competenze lievi, membri ex deputati o già dipendenti dei soggetti da controllare (ma com’è possibile così essere indipendenti e sanzionare per davvero?)
- i nostri governanti attaccano i giornali: perché non capiscono e distorcono, si occupano perfino dei comportamenti degli eletti, com’è invece normale in ogni altra parte del mondo;
- e da chi trovano sostegno i giornalisti quando fanno il loro rischioso mestiere: solo dai politici concorrenti, (salvo far lo stesso a ruoli invertiti), o anche dai cittadini beneficiari?

11.Più pubblicità ai giornali amici:
…togliendola a quelli che stanno appunto dalla parte del lettore;
- ciò è particolarmente rilevante negli enti e società dello Stato rispetto ai governi di turno…
- con la pubblicità, le società private cercano di influenzare le opinioni dei media, oltre alle vendite; in Italia, non in America;
- mistero editoriale nella tv Rai: là dove crescono gli ascolti diminuisce la pubblicità raccolta dalla Sipra.

12.Arrivano i nuovi re dei media?
- Internet si estende, moltiplica le fonti e spesso diventa babele, le voci rimbombano ed accelerano il ritmo informativo, rendendo difficile selezionare e comprendere a sufficienza: davvero si riesce così a sostituire i canali dell’informazione compiuta, completa, affidabile? che offrano notizie secondo una gerarchia di vero interesse/valore?
- i blog prendono il posto dei giornali, delle vere inchieste, degli opinion leader? o invece possono aggiungere informazioni, aprire vie, compiere verifiche, alimentare il pluralismo delle opinioni; ma a patto di sapere e denunciare i propri limiti, con l’affidabilità loro propria?
- dal confronto incalzante i quotidiani possono uscire arricchiti e riqualificati: se si orientano al servizio e all’ascolto dei cittadini-lettori-utenti, se non fanno guerriglia con l’informazione (Wikileaks), né sensazionalismo;
- se essi tornano alle fonti e alla verifica delle notizie ricevute, al rigore dell’impianto e alla precisione del racconto, agli articoli che reggano al riesame nei giorni seguenti;
- se perseguono l’imparzialità personale e redazionale come disciplina.

13.Come far passare tutto in un solo filo, la banda larga, al più presto?
- il sistema digitale è in via di esaurimento, come evidenziato dal 9° Rapporto Censis; il futuro è la banda larga, Internet ad alta velocità, tutto passerà di là: bisogni degli utenti, strategie dei big player del sistema dei media, dell’editoria, della tv, dell’industria dell’intrattenimento. come metterli d’accordo nell’interesse di tutti?
(Secondo il Rapporto, una buona parte delle responsabilità del ritardo è da ricondurre: alle carenze infrastrutturali, la banda larga tuttora escludendo dal proprio bacino di potenziali utenti coloro che non ne sono raggiunti; al mercato, che a differenza di molti altri Paesi europei, non riesce a consentire la navigazione in Internet a prezzi davvero accessibili e competitivi; alle istituzioni, che potrebbero incentivare l’utilizzo del web nel disbrigo delle pratiche amministrative; ad una certa pigrizia del pubblico italiano, che presenta da sempre una nicchia di “avanguardisti”, pronti ad esplorare e a cogliere quanto la tecnologia offre, alla quale si affianca la maggioranza fatta di individui che per scarso interesse, diffidenza o limitate competenze informatiche, decidono di fare a meno della Rete).
- se le aziende italiane vendessero on line l’1 per cento del fatturato le nostre esportazioni salirebbero dell’8 per cento.

14.Subire l’agenda setting:
- l’informazione deve nascere dalla realtà, guardare e ascoltare i cittadini, per essere autentica e pluralista, così adempiere alla funzione di servizio al Paese;
- è invece ridotta male, per quantità e qualità, da tanta politica parlata, cronaca nera, giudiziaria e sport che intasano gli spazi dedicati nei palinsesti;
- così non si fanno verifiche di dati e affermazioni, non si realizzano vere inchieste giornalistiche, non si offre una gerarchia-valore degli eventi: tutto è nel mucchio, tutto confuso e parimenti “credibile”, mistificando la vera realtà, coprendo interessi. Anarchia dell’informazione/comunicazione?

15.Media e giornalisti cattolici:
- nell’opinione pubblica non sono ben rappresentate la ricchezza e la pluralità di esperienze delle diocesi italiane; eppure sono quasi 200 i settimanali, altrettante le radio e le televisioni, decine i periodici anche ad alta tiratura; invece, è percepito soprattutto quello che esce dalla Cei, quasi fosse un centro di potere come gli altri (peraltro non avendo essa fondamento canonico);
- non è il vescovo che compila il menu del settimanale diocesano, né i vescovi a dover dire come fare l’Ordine e il sindacato: sono piuttosto competenze e responsabilità dei laici cattolici giornalisti e dell’Ucsi; recuperando una compiuta cultura delle criticità del sistema dei media in Italia e l’opinione pubblica nella Chiesa. Il cardinale Martini dialogando con Eugenio Scalfari su la Repubblica afferma: l’aspetto collegiale della Chiesa è stato troppo trascurato. Secondo me questo punto andrebbe profondamente rivisto.


Questo è un elenco delle criticità a cantiere aperto. Noi proseguiremo il cammino iniziato da tempo, contando anche sulle analisi critiche, le opinioni e le integrazioni di quanti sono interessati al tema. Meglio se a guidare il seguito saranno colleghi nel pieno delle professioni, nel nuovo giornalismo, i nuovi media e nella comunicazione sempre più rilevante ed incidente.

  1. ^ Rivista di cultura e ricerca della comunicazione. 19° anno. www.ucsi.it
  2. ^ Collana di 23 volumi
  3. ^ Ad oggi si è arrivati al 9° Rapporto
  4. ^ Rassegna di autori rilevanti giunta all 22° edizione.
  5. ^ Analisi storico-critica di integrazioni per la marina militare, crocerossine e sanità militare, museo virtuale della Grande Guerra nella stazione ferroviaria di RedipugliaSacrario militare di Redipuglia; www.rileggiamolagrandeguerra.fvg.it e www.rileggiamolagrandeguerra.org
  6. ^ Storico prevalente del Comitato Scientifico.Alberto_Monticonewww.treccani.it/enciclopedia/alberto-monticone
  7. ^ periodico giovanile studentesco nato a Padova tra il 1957 e il 1964
  8. ^ dal 1964 al 1971
  9. ^ 6 giugno 1972 n. 172
  10. ^ giornale dell'Aido, di cui Paolo Scandaletti è stato fondatore e direttore
  11. ^ Rivista delle Clarisse d'Italia di cui Paolo Scandaletti è il direttore responsabile
  12. ^ rassegna di scrittori di cui Paolo Scandaletti è stato il fondatore e il direttore per le prime due edizioni, www.pordenonelegge.it
  13. ^ Festival internazionale della storia che si tiene a Gorizia, fondato da Paolo Scandaletti e per il quale è stato direttore della 1° edizione