Utente:D6avide/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La civiltà[1]bizantina è l’insieme delle manifestazioni materiali, sociali e spirituali proprie dell’impero bizantino, in un arco cronologico che convenzionalmente va dal IV al XV secolo d.C.

Secondo lo storico inglese Arnold J. Toynbee, come scrive nel dodicesimo volume del suo "A Study of History", la civiltà cristiana ortodossa, o bizantina, nell'Europa sudorientale e in Russia è una delle cinque civiltà ancora vitali nel secolo XX. Su questa linea si pone anche lo studioso rumeno Nicolae Iorga, nel suo saggio Byzance après Byzance. [1]

La civiltà bizantina, dunque, non solo abbraccia anche territori che non sempre (o mai) fecero parte dell’impero, ma non sarebbe finita neppure nel 1453, con la conquista ottomana di Costantinopoli: essa avrebbe continuato ad esistere nei secoli successivi come espressione religiosa e culturale di altri stati.

Cyril Mango condivide la prospettiva per cui la civiltà bizantina include tutto il mondo del cristianesimo ortodosso, ma preferisce porne la fine “intorno al 1800”, quando l’illuminismo e il nazionalismo posero fine alla visione del mondo propria della civiltà bizantina.[2]

Nascita del termine bizantino[modifica | modifica wikitesto]

Mentre l'impero d'Occidente declinò durante il V secolo, il più ricco e maggiormente difendibile impero d'Oriente continuò ad esistere per oltre un millennio, mantenendo al proprio centro, quale cuore pulsante, l'antica colonia greca di Bisanzio, rifondata da Costantino nel 324 d.C. col nome di Costantinopoli. Per tutta la sua durata questo impero si definì "Romano" e i suoi abitanti si chiamaron "Romani" (in greco Rhomaioi, pronunciato "Romei"). L'uso dell'aggettivo "bizantino" per indicare l'impero romano d'Oriente e i suoi abitanti è una creazione della storiografia occidentale del secolo XVI[3] [1], poi adottata da Du Cange (1610-1688) [fonte non citata] e resa popolare dagli storici illuministi, che disprezzavano l'Impero.[4] Il motivo per cui Du Cange e gli illuministi decisero di dare ai Romani d'Oriente il nome di Bizantini, secondo Clifton R. Cox, sarebbe questo:

«Ducange scrisse sotto l'influenza della cultura rinascimentale. Gli storici che lavoravano nell'alveo rinascimentale pensavano alla storia ordinandola in tre fasi:

la fase classica dell'antichità greca e romana, periodo di gloria terminato con la caduta di Roma; la fase medievale, periodo d'oscurità e di declino; la fase moderna, periodo di riabilitazione nel quale rifioriscono le antiche virtù. Inseriti in questo schema ideologico di pensiero, Ducange e i suoi contemporanei non potevano accettare che i bizantini fossero greci o romani, visto che, sotteso ai termini greci e romani, c'era il glorioso periodo classico terminato con la caduta di Roma. In aggiunta a ciò si sovrappose il pregiudizio religioso: la cattolica Francia guardava alle Chiese Ortodosse d'Oriente come a quelle maggiormente scismatiche ed eretiche".»[4]

Al tempo dell'esistenza dell'Impero bizantino, molte popolazioni continuarono a chiamarlo «romano» (ad esempio i Persiani, gli Arabi e i Turchi) mentre le popolazioni dell'occidente latino, soprattutto dopo l'800 (incoronazione di Carlo Magno), lo definivano «Impero greco», per la sua ellenicità.

Comunque sia, come ben spiega l'Ostrogorsky, almeno nei suoi primi tre secoli di vita, l'Impero bizantino era veramente romano:

«Invece, nel suo primo periodo [324-610], l'Impero bizantino era ancora effettivamente un impero romano e tutta la sua vita era fittamente contesta di elementi romani. Questo periodo, che si può chiamare sia il primo periodo bizantino, sia il tardo periodo dell'Impero romano, appartiene alla storia bizantina non meno che alla storia romana. I primi tre secoli della storia bizantina - o gli ultimi tre secoli della storia romana - sono una tipica età di transizione che conduce dall'Impero romano all'Impero bizantino medioevale, in cui le forme di vita dell'antica Roma man mano si estinguono e cedono il posto alle nuove forme di vita dell'età bizantina.»

(Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, p. 27.)

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Periodo proto-bizantino (330-641)[modifica | modifica wikitesto]

Questo periodo viene fatto convenzionalmente iniziare nel 330, con la rifondazione di Costantinopoli ad opera di Costantino, anche se fu solo nel 395 che l'Impero d'Oriente si separò definitivamente da quello d'Occidente. Warren Treadgold fa invece iniziare la storia bizantina nel 284, anno dell'ascesa di Diocleziano con cui ebbe inizio il processo di separazione tra occidente e oriente romani.

Nel primo periodo bizantino Bisanzio è ancora uno stato tardo-romano, suddiviso come l'Impero d'Occidente in prefetture del pretorio, diocesi e province, fondato sul diritto romano, con l'esercito organizzato in modo simile all'Impero d'Occidente (anche se nel sesto secolo in Oriente scompaiono quasi del tutto le legioni) e come lingua ufficiale il latino. Tuttavia vi sono anche delle differenze: già ai tempi di Giustiniano nelle province più vicine alla capitale (Anatolia e Grecia) pochissimi capivano il latino (nonostante fosse lingua ufficiale) e parlavano invece il greco, lingua nativa e non imposta dai Romani; il latino era usato come madre lingua solo in alcune zone dei Balcani (Giustiniano proveniva proprio dalle zone latinofone) e nelle province occidentali riconquistate da Giustiniano (Africa, Italia e Spagna meridionale). Inoltre, all'epoca di Giustiniano, la mentalità e i costumi bizantini quasi nulla avevano di romano; le influenze orientalistiche, e la religione cristiana, avevano infatti impresso all'Impero tendenze nuove, da quando gli Imperatori avevano deciso di interferire negli affari di Chiesa, tentando di porsi al di sopra del Papa (cesaropapismo). In questo modo l'Impero d'Oriente si trasformò ben presto in una teocrazia e l'Imperatore aveva assunto un carattere sacro.[4]


Sotto il regno di Giustiniano I (527-565), l'esercito bizantino, condotto da talentuosi generali come Belisario e Narsete, riconquistò l'Italia e l'Illiria strappandole agli Ostrogoti, il Nord Africa sottratto ai Vandali, e la Spagna meridionale tolta ai Visigoti. Il Mar Mediterraneo ritornava così ad essere il mare nostrum dei Romani, e l'Impero ritornava in possesso della sua antica capitale, Roma. Le conquiste di Giustiniano si riveleranno tuttavia effimere: nel 568 i Longobardi invasero l'Italia e la occuparono in gran parte, mentre la Spagna bizantina dovette subire gli assalti dei Visigoti, che nel 624 riuscirono a occuparla tutta; solo l'Africa rimase tutto sommato pacifica. Gli Imperatori d'Oriente, pur non potendo pensare all'Occidente, vista la minaccia avara nei Balcani e quella persiana in Oriente, non lo dimenticarono: lo provò la riforma degli esarcati di Maurizio (582-602), che abolì le prefetture d'Italia e d'Africa, sostituite con vicereami (gli esarcati appunto) retti da un esarca, che era la massima autorità civile e militare dell'esarcato; in questo modo rese i territori in Occidente in grado di autodifendersi dai Longobardi. Sempre Maurizio, nel 597, stabilì che alla sua morte si sarebbe ricostituito l'Impero d'Occidente, governato dal figlio minore Tiberio, mentre l'Impero d'Oriente sarebbe andato al primogenito Teodosio. Tuttavia la morte violenta di Maurizio, ucciso dall'usurpatore Foca (602-610), mandò a monte i suoi piani. Foca si rese ben presto impopolare e venne alla fine ucciso da Eraclio, figlio dell'esarca d'Africa, che divenne imperatore. Con lui, noto per le sue grandi vittorie contro i Persiani, la trasformazione dell'Impero romano in Impero bizantino giunse a termine.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Byzance après Byzance – BOOK LOVER, su booklover.eu. URL consultato l'8 aprile 2019.
  2. ^ Editori Laterza :: La civiltà bizantina, su www.laterza.it. URL consultato l'8 aprile 2019.
  3. ^ Mario Gallina, Potere e società a Bisanzio. Dalla fondazione di Costantinopoli al 1204, su persee.fr, Einaudi, 1995, p. 328. URL consultato il 29 aprile 2019.
  4. ^ a b Mango, Cyril., La civiltà bizantina, GLF editori Laterza, 2009, p. 10, ISBN 9788842091721, OCLC 929690470.


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]