Utente:Chiara ttt/Sandbox

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Esplorazione del Sistema Solare[modifica | modifica wikitesto]

La ricerca di vita nel Sistema Solare è legata alle somiglianze delle condizioni ambientali dei corpi che lo abitano con ambienti terrestri in cui è certa la proliferazione di vita.

Il pianeta Mercurio non riesce a trattenere l’atmosfera, condizione indispensabile per la vita sulla Terra, perché è troppo piccolo e caldo a causa della sua vicinanza con il Sole. Venere, al contrario, ha un’atmosfera, ma questa è composta da una percentuale troppo elevata di CO2; infatti su Venere non è presente acqua allo stato liquido che ha il ruolo di catalizzatore nella reazione che permette la fissazione dell’anidride carbonica dall'atmosfera alle rocce. La CO2 in quantità elevate è un problema perché essa è trasparente alla radiazione proveniente dal Sole ma riflette i raggi infrarossi emessi dalla superficie del pianeta, producendo un effetto serra e un conseguente innalzamento della temperatura superficiale del pianeta che arriva a circa 460°C; si ritiene che questa temperatura sia troppo elevata per ospitare vita simile a quella terrestre[1].

I corpi più interessanti per la ricerca di vita nel sistema solare sono:

  • Marte, perché si pensa che in passato fosse presente acqua allo stato liquido;
  • Europa, che probabilmente nasconde un oceano di acqua liquida sotto la spessa crosta ghiacciata;
  • Titano, interessante per la presenza di un’atmosfera costituita da azoto per il 95%.

L’interesse per questi corpi planetari ha portato alla progettazione di diverse missioni spaziali il cui scopo è quello di comprendere l’ambiente attuale, la sua evoluzione e la possibilità dello sviluppo di vita nel presente o in passato.

Esplorazione di Marte[modifica | modifica wikitesto]

Marte è un pianeta che ha sempre suscitato interesse perché ha alcune analogie con la Terra, come la formazione e l’evoluzione, ma è interessante soprattutto dal punto di vista dell’astrobiologia, a causa della probabile esistenza di oceani sulla superficie in passato e della presenza attuale di acqua sotto alla superficie. Inoltre, è il pianeta più facilmente raggiungibile. Per questi motivi sono state progettate e svolte molte missioni.

Dal punto di vista dell’astrobiologia la prima missione importante è stata la Viking; i lander Viking 1 e Viking 2 erano infatti entrambi equipaggiati con strumenti per svolgere esperimenti legati alla ricerca della vita. I risultati dei diversi esperimenti sono però di ambigua interpretazione[2].

Successivamente, dal 2006, grazie alla camera ad alta risoluzione HiRISE a bordo della Mars Reconnaissance Orbiter, sono state ottenute delle immagini con risoluzione di 30cm/pixel, che hanno osservato dei crateri da impatto appena formati contenenti ghiaccio, il quale è sublimato per effetti stagionali durante le osservazioni successive; lo strumento SHARAD, ha permesso la rivelazione di ghiaccio di acqua a una profondità di 40m.

Gli obiettivi della missione ExoMars 2016 legati alla ricerca astrobiologica sono cercare tracce di vita presente e passata dallo studio dei gas che compongono l’atmosfera con gli strumenti NOMAD e ACS, come metano e idrocarburi, e realizzare una mappatura della distribuzione di acqua appena al di sotto della superficie con lo strumento FREND.

Oltre allo studio di immagini del pianeta rosso, si punta ad analizzare le componenti della superficie e ancora di più quello che c’è al di sotto. Infatti, esperimenti condotti sulla Terra che hanno riprodotto l’ambiente marziano, hanno scoperto che la radiazione presente sulla superficie del pianeta è troppo elevata per permettere la presenza di vita, ma uno strato di qualche centimetro di polvere è sufficiente a schermare la radiazione. 

Con la futura missione ExoMars 2020 un rover atterrerà sulla superficie di Marte e sarà in grado di estrarre e analizzare campioni di terreno fino a 2 metri di profondità[3].

Inoltre, oggi sono di grande interesse l’esplorazione dei tunnel presenti su Marte, che hanno un’origine vulcanica o carsica[4]. Lo strumento HiRISE è in grado di identificare le entrate dei tunnel, da cui se ne può stimare la profondità minima grazie allo studio delle ombre.

L’esplorazione di questi ambienti è molto importante dal punto di vista scientifico, ma è anche molto difficile tecnologicamente realizzarlo con dei robot per problemi di comunicazione[5]. Per questo motivo si fa sempre più avanti l’idea di mandare astronauti sul pianeta rosso, come dimostrano i progetti CAVES[6] e PANGAEA[7] dell’ESA.

Esplorazione dei satelliti di Giove e Saturno[modifica | modifica wikitesto]

A causa della grande distanza, non sono state realizzate molte missioni per la scoperta di Giove e Saturno e delle rispettive lune.

Le prime immagini di Giove e Saturno sono state catturate dalle sonde Pioneer e Voyager, che hanno realizzato incontri ravvicinati con i pianeti gassosi durante il loro viaggio verso le zone più esterne del sistema solare.

La prima sonda dedicata all'esplorazione di Giove e dei suoi satelliti principali è stata Galileo, lanciata nel 1989 e giunta in orbita attorno a Giove nel 1995. Le scoperte importanti per l’astrobiologia riguardano i satelliti principali di Giove: Ganimede, Europa e Callisto. Essi sono dei corpi ghiacciati che molto probabilmente nascondono un oceano di acqua liquida sotto lo spesso strato di ghiaccio; se ci fossero delle fonti di calore, come per esempio i black smokers terrestri, non sarebbe da escludere la presenza di vita. La sonda Galileo ha osservato, tra le altre cose, le curiose caratteristiche superficiali di Europa, ricoperta di fessure. Queste si formano frequentemente a causa dell’interazione mareale con il gigante gassoso Giove, ed è possibile constatare che le fratture più scure sono le più recenti e che da esse fuoriesce il materiale sottostante alla crosta ghiacciata. La missione JUICE, il cui lancio è previsto nel 2022, avrà il compito di studiare in modo più approfondito tutto il sistema gioviano e, in particolare, di catturare immagini più dettagliate dei satelliti di Giove compiendo per la prima volta orbite attorno ad essi.

L’unica missione volta all'esplorazione di Saturno e dei suoi satelliti è stata la Cassini Huygens, iniziata nel 1997 e arrivata a destinazione nel 2004. Il lander Huygens, atterrato su Titano, ha effettuato un’analisi dell’atmosfera del satellite e ha individuato la presenza di idrocarburi, firma di una possibile presenza di vita. Titano è infatti l'unico satellite del Sistema Solare ad avere una atmosfera sviluppata, e ha la caratteristica di essere riducente, come quella che si pensava, erroneamente, avesse la Terra primordiale. Numerosi esperimenti, condotti inizialmente per comprendere l’origine della vita sulla Terra, come l’esperimento di Miller, hanno evidenziato come, in un'atmosfera simile a quella di Titano, ed in presenza di radiazione ultravioletta, si possano sviluppare molecole complesse e polimeri come la tolina. Il metano è l’elemento maggiormente coinvolto nelle reazioni chimiche che avvengono nell'atmosfera e producono idrocarburi; queste reazioni sono irreversibili, quindi è necessario ipotizzare una fonte di metano e una ciclo a idrocarburi, che potrebbe essere l’analogo del ciclo idrico terrestre. Inizialmente si è pensato alla presenza di oceani di metano sulla superficie di Titano. Effettivamente, dalle misurazioni svolte, la temperatura e la pressione superficiali sono adatte alla presenza di metano allo stato liquido. Le prime immagini ottenute dalla sonda Huygens mostrano però delle regioni aride e dei corsi fluviali prosciugati. Successivamente sono state raccolte due prove importanti della presenza di liquidi sulla superficie di titano. Nel 2008 lo strumento VIMS individua nella regione denominata Ontario Lacus la presenza di etano, metano e in minor quantità di altri idrocarburi che, formatisi nell'atmosfera per fotodissociazione, devono essere precipitati sotto forma di pioggia sulla superficie ed essere quindi nello stato liquido. La seconda prova è stata raccolta nel 2009, quando è stata osservata una riflessione speculare, possibile solo se la superficie che riflette è costituita da elementi nello stato liquido. Le regioni contenente liquidi sono troppo ridotte per permettere il riciclo del metano nell'atmosfera, per questo motivo si pensa che altro metano possa provenire dall'interno del satellite dove è rimasto intrappolato in clatrati durante la formazione di Titano oppure formato per serpentinizzazione. Il metano potrebbe essere rilasciato nell'atmosfera dai criovulcani.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ William Ruddiman, Earth's Climate Past and Future.
  2. ^ Galletta, Giuseppe., Astrobiologia : le frontiere della vita : la ricerca scientifica di organismi extraterrestri, Hoepli, 2005, ISBN 8820334240, OCLC 799491761. URL consultato il 23 gennaio 2019.
  3. ^ (EN) ExoMars Mission (2020), su exploration.esa.int. URL consultato il 23 gennaio 2019.
  4. ^ Richard J. Léveillé e Saugata Datta, Lava tubes and basaltic caves as astrobiological targets on Earth and Mars: A review, in Planetary and Space Science, vol. 58, n. 4, 2010-03, pp. 592–598, DOI:10.1016/j.pss.2009.06.004. URL consultato il 24 gennaio 2019.
  5. ^ Julie Castillo-Rogez, Joseph Lazio e Abigail Fraeman, Mars Cave Exploration Concept for Science and Human Exploration, vol. 42, 1º luglio 2018, pp. B4.2–22–18. URL consultato il 24 gennaio 2019.
  6. ^ (EN) esa, What is CAVES?, su European Space Agency. URL consultato il 23 gennaio 2019.
  7. ^ (EN) esa, What is Pangaea?, su European Space Agency. URL consultato il 23 gennaio 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]