Utente:Carragius/Sandbox2

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Capitolo per Wikibooks Il movimento del Sessantotto ha inizio nel '66 attraverso l'occupazione della facoltà di sociologia dell'Università di Trieste, dove la protesta, iniziata a gennaio e ripresa ad ottobre, terminò solo con l'Alluvione di Firenze, che mise in ginocchio l'Italia centro-settentrionale. Sempre nel '66 suscitò scandalo la pubblicazione, sul giornale studentesco "La Zanzara", di un articolo riguardante la posizione della donna nella società e la loro libertà sessuale, su cui dovevano essere educate fin dalle scuole medie. I redattori della Zanzara e il preside furono incriminati e processati, ma il presidente del tribunale decise di assolvere tutti. La rivolta scoppiò principalmente nel mondo universitario, dove regnavano una serie di contraddizioni portate dal cambiamento dall'Università d'Elitè all'"Università di massa", in quanto il numero di iscritti era salito da 212.000 del 1956-1957 a 425.000 del '66. Un'altra critica importante era quella riguardante i docenti, che erano dei "baroni" e che non avevano alcun rapporto umano con gli alunni, tanto che spesso si fermavano solo per le lezioni e ignoravano la necessità di seminari o esperienze dirette legate al mondo del lavoro. In questo senso la scelta del governo di aprire al "facilismo", per cui l'esame di stato non costituiva una vera prova selettiva e si aumentavano i problemi organizzativi delle università, causò l'inizio di una serie di rivolte e occupazioni, tanto che nell'Università di Trento non si sostennero le lezioni in tutto il '67, poichè le aule erano sempre occupate. La goccia che fece traboccare il vaso fu il raddoppiamento delle tasse nell'Università Cattolica del Sacro Cuore e lo spostamento della sede del Politecnico di Torino, per cui le sedi vennero occupate e i principali esponenti della lotta furono Mario Capanna e Luciano Pero. Il rettore dell'università romana arrivò ad invocare l'intervento della forza pubblica, ma a Roma la lotta era già esplosa, tanto che l'1 marzo 1968 ebbe vita uno scontro durissimo con 228 fermi, 10 arresti e centinaia di feriti; lo scontro non fu giudicato in maniera univoca, infatti Pier Paolo Pasolini scrisse: "A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe e voi, cari, benché dalla parte della ragione, eravate i ricchi; mentre i poliziotti, che erano dalla parte del torto, erano i poveri". I professori soffrivano in particolar modo questa situazione, tanto che Paolo Portoghesi, presidente di architettura del Politecnico di Milano, decise per gli esami collettivi e per il 27 come voto minimo. Il 27 aprile 1968 fu attaccata anche la sede de "Il Corriere della Sera" da un gruppo di giovani; quest'occupazione fu commentata da Eugenio Scalfari su "L'Espresso" che affermò: " Ammesso che sia mai esistita, la società ad una dimensione sta dunque facendo naufragio. Chi ama la libertà ricca e piena non può che rallegrarsene e trarne felici presagi per l'avvenire". Il capo del Movimento Studentesco era Mario Capanna, che proclamò una dittatura in "servizio d'ordine", i cui membri, chiamati "katanghesi", erano armati di chiave inglese. Nel 1968 tutte le università erano state occupate, esclusa la Bocconi, e anche artisti come Giò Pomodoro ed Ernesto Treccani parteciparono alla protesta occupando per 15 giorni il "Palazzo della Triennale".


Gli scioperi passati alla storia come quelli del sessantotto sono fra i più importanti da un punto di vista storico dell'età successiva al fascismo. Movimenti di tale entità richiamano il biennio rosso. La prima grande differenza? L'aggregazione alle proteste anche degli studenti: la richiesta di un piano formativo più articolato e strutturato e di ampliare il diritto allo studio anche alle classi sociali meno abbienti. È una delle prime volte in cui si delinea uno spirito di appartenenza studentesca, fino ad allora quasi sconosciuto. Le rivolte, in realtà, iniziarono in Italia nel 1966 quando sul giornale scolastico del Liceo Giuseppe Parini di Milano, venne pubblicato un articolo sulla sessualità e sul ruolo della donna nella società. Gli autori volevano sensibilizzare sull'importanza dell'insegnamento dell'educazione sessuale anche alle scuole medie, mettendo momentaneamente da parte la religione, per valorizzare il lato scientifico di quello che è un evento nella vita di tutti. L'articolo, fuori le mura del liceo, fu fortemente criticato al punto da portare gli autori nelle aule di tribunale. Il giudice non diede importanza al caso, invitò ognuno a tornare alla vita di tutti i giorni e ad evitare argomenti scabrosi. Anche l'ambiente universitario si mobilitò particolarmente. L'università era diventato un ambiente eccessivamente d'elité : gli iscritti all'università prima del sessantotto erano circa 200.000 e raddoppiarono poco dopo le proteste. Inoltre il sistema universitario abbandonava, dopo il conseguimento della laurea, gli ex-studenti, non aiutandoli adeguatamente ad introdursi nell'arduo mondo del lavoro. Nel 1917 iniziarono le rivolte universitarie in tutta Italia, dalla statale di Pisa alla Cattolica di Milano. Nell'università di Trento non si riuscì a tenere alcun corso: gli studenti occuparono l'istituto più volte. La gocce che fecero traboccare il vaso furono i provvedimenti dell'università cattolica di Milano di raddoppiare le tasse e dell'università di Torino di decentrare la sede. Entrambe le università subito una lunga occupazione studentesca. Il successivo corteo tenutosi a Milano sotto lo stretto controllo della polizia armata diete effettivamente il via agli scioperi ed alle proteste più agguerrite. Alcuni docenti e rettori subirono intimidazioni e minacce. Il rettore di architettura al politecnico di Milano consentì l'autovalutazione ed il 27 come voto minimo di promozione. Successivamente gli studenti occuparono anche le sedi di alcuni giornali, iniziando dal Corriere della sera. Il direttore, Eugenio Scalfari, accettò la presenza dei giovani e lodò il loro attivismo con un articolo sul giornale "L'espresso".