Utente:Aurora Mattiace/Sandbox
CAPITOLO I “L’isola di Robinson”
“Ho sempre cercato l’sola di Robinson. Da ragazzo, fin dove giunge il mio ricordo. Un’impresa che mi ha impegnato più di quanto non pensassi, determinante direi.”
Oltre a questo naufragio l’autore ne cita altri tra cui il suo primo sull’isola Della Maddalena, l’isola di San Mommé e l’isola della Ciociaria.
(pagina 5,10,11)
Un tema ricorrente nel primo capitolo è la solitudine dello scrittore. “Nell’isola della Maddalena ero sempre solo o quasi, nei miei giochi almeno” (pagina 6)
“E io ero solo e nessuno mi vedeva”
“A un Robinson sta bene la solitudine dove non lo vedono che il solo è Dio”(pagina 8)
“Fu così che diventai scrittore e Robinson inventore cioè di una mia vita il luogo deserto” (pagina 14)
“L’infanzia è oscura” (pagina 9)
Con questa frase Carlo Alianello introduce uno dei tanti temi preseti in questo libro cioè: l’infanzia.
Tra i tanti eventi che hanno segnato la sua infanzia abbiamo: L’abbandono all’età di due anni con il seguente approdo sull’isola della Maddalena.
“E’ forse un ricordo di quando lasciammo Roma, approdammo alla Maddalena e si saliva al Forte?”
“Ma allora avevo soltanto due anni” (pagina 9)
“Mi ricordo ancora qualche notte, quando mi svegliavo di soprassalto, bambino, e mi giungeva, lontano, vicino, quel grido lungo, strascicato, inconfondibile, ma tanto rassicurante”
“Mi sentivo difeso e consolato” (pagina 16)
Oltre al ricevimento ufficiale e al ballo al Circolo della Marina al quale potevano andare solo gli adulti, esistevano anche le feste per i ragazzi alle quali l’autore partecipava come: Il Giovedì Grasso, La Pentolaccia, La Festa Dello Statuto e L’onomastico Del Re.
Alianello era cristiano e anticonformista: “La materia direi di cattolico non transigente, e dai secondi il senso e il piglio dell’anticonformista” (pagina 19)
CAPITOLO VII “Lucania, Terra Degli Uomini Soli”
In questo capitolo viene descritto il paesaggio in cui l’autore ha trascorso parte della sua vita: Tito, un paesello della Basilicata da cui proveniva la famiglia di “galantuomini” della madre. (pagina 117)
“Tito giace una valle pianeggiante fra tremuli pioppi e, appena fuor delle ultime case, sorgono le prime grandi piante, alberi altri, corposi, querce, pini e castagni”.
Il paese presenta acqua limpidissime, calde ovvero gelide, ferruginose, solfuree, bianche, gialle, d’oro o rossicce. (pagina 117)
“Alti monti, alti sassi, greti di fiumare, asciutte e bianche l‘estate, violente e gonfie d’acque spumeggianti l’inverno” (pagina 118)
Il poeta descrive il carattere tipico dell’uomo lucano: “arrendevole e paziente come il giunco, aspro e tenace come il sasso delle sue rupi” (pagina 118)
Segue la descrizione di parte del carattere di egli stesso.
“Da quella terra riporto, e solo per virtù di sangue, i difetti e qualche pregio: una durezza e una mollezza stranamente mescolate e fuse, un senso vivo dell’arcaico, uno spirito pronto al misticismo e insieme al senso, un bisogno di necessità e di chiarezza, una diffidenza istintiva dell’uomo e d’ogni possibile precipizio”. (pagina 118-119)
Ciò che lo colpisce di quella terra è lo status, la mente, il progressivo decadere dei piccoli proprietari terrieri, dei professionisti, dei cosiddetti intellettuali. (pagina 121)
L’estate titese veniva paragonata all’inverno, che l’autore non trascorreva nel paese, bensì a Roma. Dunque era a lui sconosciuta “l’alta neve, le foreste squallide, l’ululato dei lupi e l’urlo del vento” tipico degli inverni del sud. (pagina 121)
Il ricordo del poeta rivolto al paesello di Tito, gli sfiorava la mente nel momento in cui leggeva o sentiva parlare qualche noto scrittore o grosso giornalista originario del profondo sud” (pagina 124)
CAPITOLO XI “L'isola ritrovata”
Come nel primo capitolo anche in questo viene ripreso il tema della religione, Carlo Alianello parla della Settimana Santa e dell’incontro con Dio.
“E oggi che scrivo è il lunedì della Settimana Santa. Un tempo seguivo quei bellissimi riti
che si celebravano e ancora si celebrano giorno per giorno nelle più belle e antiche basiliche remane”
(pagina 189)
“Il giovedì, un giovedì, il giorno dei Sepolcri, o meglio quello dell'ultima Cena, un giovedì d'Aprile, io ho incontrato il Signore.” (pagina 190)
“qualcuno ti cammina accanto, ma non più lui, […] l’amico che avevi al fianco. E neppure sei solo. […] Ma c'è Uno che parla: di te con te.“
(pagina 191)
“La pace è andata a farsi benedire”
(pagina 196)
“Ora la gente crede talvolta a Dio, ancora per un poco nei limiti di quella che chiama scienza, ma la Dio vero associano i loro idoli”
(pagina 196)
Da queste frasi si percepisce la solitudine provata da Carlo Alianello.
“Roma veglia. Anche io non dormo: forse ho ritrovato la mia vocazione militare”
“Ogni volta che impugno la penna, o meglio che batto i tasti della macchina da scrivere, mi sembra d’aver imbracciata l’arma di prescrizione che micidiale non è nè rumorosa”
“S’è fatta notte. E io son qui, sullo spalto, attendendo che passi la Ronda e mi trovi ben desto, all’erta. E guardo intanto a Te, solo compagno della mia solitudine.”
“Stanotte mi par d’aver ritrovato la mia isola.”
(pagina 198)