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scoprono che nell'amore può esserci un'intera civiltà, un'intera nazione da scoprire. è l'amore dell'idea di lui o di lei. p.241
scoprono che nell'amore può esserci un'intera civiltà, un'intera nazione da scoprire. è l'amore dell'idea di lui o di lei. p.241

kip fortunato in quanto cresciuto fra gli altri come un estraneo, che sa quindi cambiare i suoi affetti, sostituire le perdite. p. 290

kip chiama almasy zio p. 302


== Temi ==
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Il paziente inglese, dopo aver svelato la natura del suo incidente, scherzando con l'artificiere sikh dirà ad Hana: "Kip e io siamo due bastardi internazionali. Nati in un posto, abbiamo scelto di vivere altrove. E per tutta la vita ci sforziamo di ritornare in patria o di andarcene via."<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 191}}</ref>
Il paziente inglese, dopo aver svelato la natura del suo incidente, scherzando con l'artificiere sikh dirà ad Hana: "Kip e io siamo due bastardi internazionali. Nati in un posto, abbiamo scelto di vivere altrove. E per tutta la vita ci sforziamo di ritornare in patria o di andarcene via."<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 191}}</ref>


La condizione nomade, amplificata dalla frequente evocazione del deserto<ref>Secondo Lerzan Gültekin, che definisce il libro una "metafiction storiografica", il deserto, la cui superficie cambia continuamente sotto l'effetto degli agenti atmosferici, sarebbe la metafora della transitorietà e delle "inaffidabili identità nazionali" dei protagonisti del romanzo, frammentate e varie a causa delle loro esperienze personali traumatiche. Cfr.: Lerzan Gültekin, ''Identity Crisis in Michael Ondaatje's The English Patient'', University of Ankara.</ref>, che con la villa costituisce lo sfondo delle vicende narrate nel romanzo, si accompagna alla messa in discussione dei concetti tradizionali di nazione, identità e razza<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pradeep Kaur and Jap Preet Kaur Bhangu|anno=2013|titolo=Negotiating identity and history: Michael Ondaatje's in The Skin of Leon and The English Patient|rivista=International Journal of English and Literature (IJEL)|volume=3|numero=4|pp=11-18|lingua=inglese|url=http://www.academia.edu/4541141/Negotiating_Identity_and_History_Michael_Ondaatje_s_In_The_Skin_Of_A_Lion_and_the_English_Patient}}</ref>. La condizione di anonimato e di invisibilità<ref>Gordon Gamlin ha rilevato l'attenzione nell'opera di Ondaatje per i gruppi sociali subalterni, come le donne e gli immigrati, e il desiderio di ripensare attraverso le loro vite il passato storico e la cronologia ufficiale. Cfr. Gamlin, Gordon. (1992). Michael Ondaatje's In the Skin of a Lion and The Oral Narrative'', Canadian Literature,'' 135, 68-77</ref> caratterizza alcuni dei personaggi e ne mette in luce la loro quasi assente dimensione sociale. Kip è una sorta di "ibrido", un sikh che si è unito all'esercito britannico, un nativo colonizzato, un uomo dell'Asia che "ha adottato padri inglesi, che ha seguito i loro codici come un figlio obbediente".<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 233}}</ref> E' arrivato in Inghilterra a 21 anni, senza conoscere nessuno, sradicato dalla sua famiglia nel Punjab<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 203}}</ref>. Dopo la morte del suo mentore Lord Suffolk, l'invisibilità diventa il suo modo di stare al mondo, la sua "vocazione", così come la sua arma di difesa: "In Inghilterra era stato semplicemente ignorato nelle varie caserme, e aveva preferito col preferirlo". Egli era "membro anonimo di un'altra razza, di un mondo invisibile"<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 213}}</ref>. Mentre all'inizio viene descritto come un soldato ligio alla sua missione, che - al contrario del fratello che rifiuta di arruolarsi nell'esercito e finisce in carcere come "agitatore politico" - sembra avere assimilato la cultura inglese (esempio divisa o pronuncia inglese delle parole), pur nella consapevolezza della sua diversità razziale, dopo l'evento delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, muterà la sua visione del mondo, a partire dal rapporto con gli abitanti della villa. La crudeltà e la slealtà espressa nel bombardamento di una civiltà non-bianca conclude la sua passiva accettazione della civiltà occidentale (p. 54 Furuholm) e lo porta ad affermare la sua appartenenza etnica ("Non avrebbero mai lasciato cadere una tale bomba su una nazione bianca" https://www.theguardian.com/books/booksblog/2011/mar/04/booker-club-english-patient-ondaatje), in una prospettiva post-coloniale.(p. 50 Adhikari). Kip si ricorda la sua famiglia e riprende il suo vero nome, Kirpal Singh. Gli amici di prima diventano indistinti colonizzatori (p. 5 Gultekin), e l'approdo a questa nuova identità lo farà decidere per il ritorno a casa, in India. Secondo Furuholm, la comunità nella villa si dissolve quando Kirpal si ritira dal rapporti che ha con gli altri personaggi (p. 56 Furuholm)
La condizione nomade, amplificata dalla frequente evocazione del deserto<ref>Secondo Lerzan Gültekin, che definisce il libro una "metafiction storiografica", il deserto, la cui superficie cambia continuamente sotto l'effetto degli agenti atmosferici, sarebbe la metafora della transitorietà e delle "inaffidabili identità nazionali" dei protagonisti del romanzo, frammentate e varie a causa delle loro esperienze personali traumatiche. Cfr.: Lerzan Gültekin, ''Identity Crisis in Michael Ondaatje's The English Patient'', University of Ankara.</ref>, che con la villa costituisce lo sfondo delle vicende narrate nel romanzo, si accompagna alla messa in discussione dei concetti tradizionali di nazione, identità e razza<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pradeep Kaur and Jap Preet Kaur Bhangu|anno=2013|titolo=Negotiating identity and history: Michael Ondaatje's in The Skin of Leon and The English Patient|rivista=International Journal of English and Literature (IJEL)|volume=3|numero=4|pp=11-18|lingua=inglese|url=http://www.academia.edu/4541141/Negotiating_Identity_and_History_Michael_Ondaatje_s_In_The_Skin_Of_A_Lion_and_the_English_Patient}}</ref>. La condizione di anonimato e di invisibilità<ref>Gordon Gamlin ha rilevato l'attenzione nell'opera di Ondaatje per i gruppi sociali subalterni, come le donne e gli immigrati, e il desiderio di ripensare attraverso le loro vite il passato storico e la cronologia ufficiale. Cfr. Gamlin, Gordon. (1992). Michael Ondaatje's In the Skin of a Lion and The Oral Narrative'', Canadian Literature,'' 135, 68-77</ref> caratterizza alcuni dei personaggi e ne mette in luce la loro quasi assente dimensione sociale. Kip è una sorta di "ibrido", un sikh che si è unito all'esercito britannico, un nativo colonizzato, un uomo dell'Asia che "ha adottato padri inglesi, che ha seguito i loro codici come un figlio obbediente".<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 233}}</ref> E' arrivato in Inghilterra a 21 anni, senza conoscere nessuno, sradicato dalla sua famiglia nel Punjab<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 203}}</ref>. Dopo la morte del suo mentore Lord Suffolk, l'invisibilità diventa il suo modo di stare al mondo, la sua "vocazione", così come la sua arma di difesa: "In Inghilterra era stato semplicemente ignorato nelle varie caserme, e aveva preferito col preferirlo". Egli era "membro anonimo di un'altra razza, di un mondo invisibile"<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 213}}</ref>. Mentre all'inizio viene descritto come un soldato ligio alla sua missione, che - al contrario del fratello che rifiuta di arruolarsi nell'esercito e finisce in carcere come "agitatore politico" - ha assimilato gli usi e le consuetudini della cultura inglese (esempio divisa o pronuncia inglese delle parole), pur nella consapevolezza della sua diversità razziale, dopo l'evento delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, vedrà tutto sotto una luce diversa, a partire dagli amici residenti nella villa, che assumeranno le sembianze del "nuovo nemico".<ref>{{Cita|Ondaatje|p. 303}}</ref> La crudeltà e la slealtà espressa nel bombardamento di una civiltà non-bianca <ref>Provocherà diverse reazioni negli Stati Uniti all'uscita del libro il pensiero che Ondaatje fa esprimere a Caravaggio: "Sa che il giovane soldato ha ragione. Loro non avrebbero mai lanciato una bomba come quella su una nazione bianca". Cfr. Ondaatje, p. 305.</ref>conclude la sua passiva accettazione della civiltà occidentale (p. 54 Furuholm) e lo porta ad affermare la sua appartenenza e alterità etnica ("Non avrebbero mai lasciato cadere una tale bomba su una nazione bianca" https://www.theguardian.com/books/booksblog/2011/mar/04/booker-club-english-patient-ondaatje), in una prospettiva post-coloniale.(p. 50 Adhikari). Kip si ricorda della sua famiglia, riprende il suo vero nome, Kirpal Singh, e decide il ritorno a casa, in India.
Gli amici di prima diventano indistinti colonizzatori (p. 5 Gultekin), e l'approdo a questa nuova identità lo farà decidere per il ritorno a casa, in India. Secondo Furuholm, la comunità nella villa si dissolve quando Kirpal si ritira dal rapporti che ha con gli altri personaggi (p. 56 Furuholm)


Hana vive una condizione di nomade all'interno della villa: il paziente ha una sua precisa collocazione fisica, viene accudito con regolarità; Hana è in continua ricerca di un posto in cui trovare riposo e guarigione, vaga fra le stanze, il giardino<ref>Sulla simbologia del giardino ne ''Il paziente inglese'', cfr. Friedman, Rachel D. "Deserts and Gardens: Herodotus and The English Patient", ''Arion: A Journal of Humanities and the Classics'' 15.3 (2008): 47-84 e Nina C. Bache, ''Space inThe English Patient'', MA thesis (Oslo: University of Oslo, 2004), p.32.</ref> e la tenda di Kip, e si nutre del bisogno della relazione infermiera-paziente, padre-figlia per alleviare i traumi che la guerra le ha inferto<ref name=":13" /><ref>La diversa prospettiva con cui ogni personaggio interpreta la sua relazione con gli altri è espressa, nel caso di Hana e il paziente, dalla confessione che quest'ultimo rivolge a Caravaggio, di aver voluto aiutare la ragazza in crisi, inquieta e incapace di comunicare, chiedendole di leggere qualcosa per lui. Cfr. Ondaatje, p. 271.</ref>. (p.22 Furuholm) Anche Hana, dopo aver fatto i conti con la guerra e le sue vittime, decide di ritornare a casa dalla matrigna.
Hana vive una condizione di nomade all'interno della villa: il paziente ha una sua precisa collocazione fisica, viene accudito con regolarità; Hana è in continua ricerca di un posto in cui trovare riposo e guarigione, vaga fra le stanze, il giardino<ref>Sulla simbologia del giardino ne ''Il paziente inglese'', cfr. Friedman, Rachel D. "Deserts and Gardens: Herodotus and The English Patient", ''Arion: A Journal of Humanities and the Classics'' 15.3 (2008): 47-84 e Nina C. Bache, ''Space inThe English Patient'', MA thesis (Oslo: University of Oslo, 2004), p.32.</ref> e la tenda di Kip, e si nutre del bisogno della relazione infermiera-paziente, padre-figlia per alleviare i traumi che la guerra le ha inferto<ref name=":13" /><ref>La diversa prospettiva con cui ogni personaggio interpreta la sua relazione con gli altri è espressa, nel caso di Hana e il paziente, dalla confessione che quest'ultimo rivolge a Caravaggio, di aver voluto aiutare la ragazza in crisi, inquieta e incapace di comunicare, chiedendole di leggere qualcosa per lui. Cfr. Ondaatje, p. 271.</ref>. (p.22 Furuholm) Anche Hana, dopo aver fatto i conti con la guerra e le sue vittime, decide di ritornare a casa dalla matrigna.

Versione delle 18:09, 16 gen 2017

ma ora che non esiste quasi più un mondo intorno a loro, sono costretti a rifugiarsi in se stessi. p. 50

"e' un momento strano la fine della guerra. Già, un periodo di adattamento" p. 64

caravahgio - hana moglie p. 50 car vuole prendersi cura di hana p. 71

l'ultima guerra medievale si combattè in italia nel 1943 e nel 1944 p. 79

kip "a volte sembra contento in compagnia di questo piccolo gruppo di persone nella villa, è una sorta di stella vagante ai margini delle loro orbite" p. 85

"ora stavano spogliandosi della pelle. Potevano imitare soltanto ciò che erano. Non avevano altra difesa che cercare la verità negli altri" p. 129

erodoto: p. 131, 265

caravaggio zio geloso p. 134

scoprono che nell'amore può esserci un'intera civiltà, un'intera nazione da scoprire. è l'amore dell'idea di lui o di lei. p.241

kip fortunato in quanto cresciuto fra gli altri come un estraneo, che sa quindi cambiare i suoi affetti, sostituire le perdite. p. 290

kip chiama almasy zio p. 302

Temi

Fra i temi principali vi sono il rapporto fra storia e memoria[1], identità e appartenenza[2]; la guerra, il colonialismo e il concetto di nazione, lo sradicamento.

La villa, come il deserto, rappresenta un microcosmo, un rifugio, una sorta di Eden in cui valgono solo le relazioni personali.(p. 4 Gultekin). La guerra ha inferto ad ognuno dei quattro personaggi profonde ferite (Hana ha perso il padre, l'uomo amato e il figlio; Caravaggio, a seguito dell'amputazione delle dita, non potrà più svolgere con la stessa abilità il suo mestiere di ladro, "vive in un momento di buio, non ha più fiducia"[3]; Kip ha perso il suo mentore e altri commilitoni nell'esplosione di un ordigno; Almasy non è riuscito a portare in salvo la donna amata e ha perso la propria identità). Nella villa tutti sembrano ignorare le proprie origini nazionali e razziali; insieme interagiscono, stabilendo relazioni simili a quelle di una famiglia (padre, fratello, zio). E' una piccola comunità "terapeutica", in cui l'uno dipende dall'altro per la guarigione e la riconciliazione (p. 29 Furholm). Quando si scopre la vera identità di Almasy, nessuno lo giudica per aver essersi messo al servizio dei tedeschi. Per Han e per Kip egli è un "fratello". (p. 49 Adhikari). Non si guarda al passato, ma al futuro. (p. 35 Furuholm)

I quattro personaggi del romanzo, lontani dalla loro terra di origine e poco interessati a farvi ritorno, vivono una condizione di crisi interiore e di "spaesamento", umano e geografico. Di quest'ultimo Caravaggio sembra il più lucido interprete: "Il guaio di noi tutti è che ci troviamo dove non dovremmo. Che cosa ci facciamo in Africa o in Italia? Che cosa ci fa Kip qui, a disinnescare bombe negli orti, per Dio? Perchè combatte guerre per gli inglesi? (...) Dovremmo andarcene via tutti".[4]

Il paziente inglese, dopo aver svelato la natura del suo incidente, scherzando con l'artificiere sikh dirà ad Hana: "Kip e io siamo due bastardi internazionali. Nati in un posto, abbiamo scelto di vivere altrove. E per tutta la vita ci sforziamo di ritornare in patria o di andarcene via."[5]

La condizione nomade, amplificata dalla frequente evocazione del deserto[6], che con la villa costituisce lo sfondo delle vicende narrate nel romanzo, si accompagna alla messa in discussione dei concetti tradizionali di nazione, identità e razza[7]. La condizione di anonimato e di invisibilità[8] caratterizza alcuni dei personaggi e ne mette in luce la loro quasi assente dimensione sociale. Kip è una sorta di "ibrido", un sikh che si è unito all'esercito britannico, un nativo colonizzato, un uomo dell'Asia che "ha adottato padri inglesi, che ha seguito i loro codici come un figlio obbediente".[9] E' arrivato in Inghilterra a 21 anni, senza conoscere nessuno, sradicato dalla sua famiglia nel Punjab[10]. Dopo la morte del suo mentore Lord Suffolk, l'invisibilità diventa il suo modo di stare al mondo, la sua "vocazione", così come la sua arma di difesa: "In Inghilterra era stato semplicemente ignorato nelle varie caserme, e aveva preferito col preferirlo". Egli era "membro anonimo di un'altra razza, di un mondo invisibile"[11]. Mentre all'inizio viene descritto come un soldato ligio alla sua missione, che - al contrario del fratello che rifiuta di arruolarsi nell'esercito e finisce in carcere come "agitatore politico" - ha assimilato gli usi e le consuetudini della cultura inglese (esempio divisa o pronuncia inglese delle parole), pur nella consapevolezza della sua diversità razziale, dopo l'evento delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, vedrà tutto sotto una luce diversa, a partire dagli amici residenti nella villa, che assumeranno le sembianze del "nuovo nemico".[12] La crudeltà e la slealtà espressa nel bombardamento di una civiltà non-bianca [13]conclude la sua passiva accettazione della civiltà occidentale (p. 54 Furuholm) e lo porta ad affermare la sua appartenenza e alterità etnica ("Non avrebbero mai lasciato cadere una tale bomba su una nazione bianca" https://www.theguardian.com/books/booksblog/2011/mar/04/booker-club-english-patient-ondaatje), in una prospettiva post-coloniale.(p. 50 Adhikari). Kip si ricorda della sua famiglia, riprende il suo vero nome, Kirpal Singh, e decide il ritorno a casa, in India.

Gli amici di prima diventano indistinti colonizzatori (p. 5 Gultekin), e l'approdo a questa nuova identità lo farà decidere per il ritorno a casa, in India. Secondo Furuholm, la comunità nella villa si dissolve quando Kirpal si ritira dal rapporti che ha con gli altri personaggi (p. 56 Furuholm)

Hana vive una condizione di nomade all'interno della villa: il paziente ha una sua precisa collocazione fisica, viene accudito con regolarità; Hana è in continua ricerca di un posto in cui trovare riposo e guarigione, vaga fra le stanze, il giardino[14] e la tenda di Kip, e si nutre del bisogno della relazione infermiera-paziente, padre-figlia per alleviare i traumi che la guerra le ha inferto[2][15]. (p.22 Furuholm) Anche Hana, dopo aver fatto i conti con la guerra e le sue vittime, decide di ritornare a casa dalla matrigna.

Rachel D. Friedman osserva che il ristabilimento della identità indiana di Kip 'sembra annullare il resto del movimento post-coloniale del romanzo verso un contro-nazionalismo e un modello di identità non basati sulla categoria letale della nazione. L'unità nella villa, poi, sembra diventare annullata dal ristabilimento della nazionale la coscienza nella comunità. il senso di appartenenza alla comunità di Kirpal ha iniziato a cambiare quando ha sentito dei bombardamenti e lo shock che lo ha spinto a confrontarsi con il paziente e riprendere il suo vero nome. (p. 57)

Caravaggio arriva alla villa ferito nel corpo e nello spirito. Perdendo i pollici ha perso anche una parte della sua identità di ladro, che gli permetteva di muoversi con abilità, come un' "ombra". Ma durante la guerra aveva svolto anche il lavoro di spia, capace di districarsi in camuffamenti e simulazioni, abile nel creare "identità doppie"[16]. La morfina, di cui diventa dipendente, lo aiuta a sopportare la sua menomazione, ma al tempo stesso lo imprigiona dentro il tempo della guerra. Almasy con il suo racconto rivela il suo legame indissolubile e non superabile con il passato; Caravaggio comprende invece che per lui diventa necessario andarsene dalla villa, uscire dal "suo" deserto connotato da un' "architettura di morfina", ritornare alla normalità[17]. (p.26 Furuholm) Era uno dei coloro che hanno la furia o la tristezza di un solo essere descritto da qualcun altro. Un terrore di strade, una casa-builder, un pittore, un thief- eppure era invisibile a tutti intorno a lui "(Ondaatje 1997, p.199).

Il paziente inglese è, a partire dalla sua stessa condizione psicofisica, un uomo irriconoscibile, "senza faccia, tutti i segni di identità cancellati dal fuoco" [18]. Il suo vero nome, Almasy, viene confermato verso la fine del libro, al cap. 9. Il suo punto di riferimento è una copia di Le Storie di Erodoto, che ha però progressivamente modificato incollando ritagli di giornali e mappe geografiche. E' un uomo senza patria, che ha trascorso molto tempo nell'esplorazione del deserto, e che, attraverso il deserto, vuole cancellare il proprio nome, "non appartenere a nessuno, a nessuna nazione".[19] Nel deserto si mette al servizio prima degli inglesi e poi dei tedeschi, senza sensi di colpa nè turbamenti interiori, manifestando la sua indifferenza per i diversi schieramenti in campo durante la guerra. Nell'esprimere la sua ammirazione per l'assenza del concetto di nazione da parte delle tribù nomadi, mette a nudo tutta la sua avversione nei confronti delle conseguenze nefaste del nazionalismo: "Incontravamo fiumi di tribù desertiche, gli esseri umani più belli che abbia visto in vita mia. Eravamo tedeschi, inglesi, ungheresi, africani, nomi che per loro non avevano alcun significato. A poco a poco siamo diventati gente senza nazione, sono giunto a odiare le nazioni. Siamo deformati dalle nazioni-stato. Madox è morto proprio a causa delle nazioni” [20]

Il deserto non può essere "rivendicato o posseduto"[21], è un luogo di libertà in cui le identità nazionali scompaiono.[22]

Note

  1. ^ (EN) Adhikari, Madhumalati, History and Story: Unconventional History in Michael Ondaatje's "The English Patient" and James A. Michener's "Tales of the South Pacific, in History and Theory, vol. 41, n. 4, pp. 43-55.
  2. ^ a b Furuholm, Malin, Belonging in Michael Ondaatje's The English Patient, University of Oslo, 2012, OCLC 809261856.
  3. ^ Ondaatje, p. 71
  4. ^ Ondaatje, p. 134
  5. ^ Ondaatje, p. 191
  6. ^ Secondo Lerzan Gültekin, che definisce il libro una "metafiction storiografica", il deserto, la cui superficie cambia continuamente sotto l'effetto degli agenti atmosferici, sarebbe la metafora della transitorietà e delle "inaffidabili identità nazionali" dei protagonisti del romanzo, frammentate e varie a causa delle loro esperienze personali traumatiche. Cfr.: Lerzan Gültekin, Identity Crisis in Michael Ondaatje's The English Patient, University of Ankara.
  7. ^ (EN) Pradeep Kaur and Jap Preet Kaur Bhangu, Negotiating identity and history: Michael Ondaatje's in The Skin of Leon and The English Patient, in International Journal of English and Literature (IJEL), vol. 3, n. 4, 2013, pp. 11-18.
  8. ^ Gordon Gamlin ha rilevato l'attenzione nell'opera di Ondaatje per i gruppi sociali subalterni, come le donne e gli immigrati, e il desiderio di ripensare attraverso le loro vite il passato storico e la cronologia ufficiale. Cfr. Gamlin, Gordon. (1992). Michael Ondaatje's In the Skin of a Lion and The Oral Narrative, Canadian Literature, 135, 68-77
  9. ^ Ondaatje, p. 233
  10. ^ Ondaatje, p. 203
  11. ^ Ondaatje, p. 213
  12. ^ Ondaatje, p. 303
  13. ^ Provocherà diverse reazioni negli Stati Uniti all'uscita del libro il pensiero che Ondaatje fa esprimere a Caravaggio: "Sa che il giovane soldato ha ragione. Loro non avrebbero mai lanciato una bomba come quella su una nazione bianca". Cfr. Ondaatje, p. 305.
  14. ^ Sulla simbologia del giardino ne Il paziente inglese, cfr. Friedman, Rachel D. "Deserts and Gardens: Herodotus and The English Patient", Arion: A Journal of Humanities and the Classics 15.3 (2008): 47-84 e Nina C. Bache, Space inThe English Patient, MA thesis (Oslo: University of Oslo, 2004), p.32.
  15. ^ La diversa prospettiva con cui ogni personaggio interpreta la sua relazione con gli altri è espressa, nel caso di Hana e il paziente, dalla confessione che quest'ultimo rivolge a Caravaggio, di aver voluto aiutare la ragazza in crisi, inquieta e incapace di comunicare, chiedendole di leggere qualcosa per lui. Cfr. Ondaatje, p. 271.
  16. ^ Ondaatje, p. 272
  17. ^ Ondaatje, p. 270
  18. ^ Ondaatje, p. 58
  19. ^ Ondaatje, p. 152
  20. ^ Ondaatje, p. 152
  21. ^ ivi
  22. ^ (EN) Lerzan Gültekin, Identity Crisis in Michael Ondaatje's The English Patient (PDF), University of Ankara.