Schei: differenze tra le versioni
di solito infatti si pronuncia con fare mesto e modesto |
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Il termine è sopravvissuto sino all'epoca contemporanea. Il singolare, inoltre, indica per estensione qualcosa di piccole dimensioni, analogo all'italiano "soldo di cacio" (''picoło fa un scheo'', "piccolo come un soldo di cacio"), o anche una breve lunghezza, come un centimetro (''spòsteło de vinti schei'', "spostalo di 20 cm"). Si usa il gergale ''esar sensa schei'' per l' "essere senza soldi", mentre ''averghe quatro schei'' (avere "quattro soldi" - cioè non averne - in [[Lingua italiana|italiano]]) nel Veneto significa, con un eufemismo ed in senso ironico, averne molti. |
Il termine è sopravvissuto sino all'epoca contemporanea. Il singolare, inoltre, indica per estensione qualcosa di piccole dimensioni, analogo all'italiano "soldo di cacio" (''picoło fa un scheo'', "piccolo come un soldo di cacio"), o anche una breve lunghezza, come un centimetro (''spòsteło de vinti schei'', "spostalo di 20 cm"). Si usa il gergale ''esar sensa schei'' per l' "essere senza soldi", mentre ''averghe quatro schei'' (avere "quattro soldi" - cioè non averne - in [[Lingua italiana|italiano]]) nel Veneto significa, con un eufemismo ed in senso ironico, averne molti. |
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La parola ''franco'', è stata usata per indicare una somma di denaro, associata più alle vecchie lire che all'euro, ma ancora in uso. Per cui ''trenta franchi'' erano trenta lire; ''<nowiki>'</nowiki>na carta da mìłe (franchi)'' era una banconota da mille lire, ma rimane che ''averghe un franco'' significa ancora oggi "avere dei soldi". Il termine deriva da un'altra moneta austriaca, che riportava l'abbreviazione ''Franc.'', indicante il nome dell'imperatore [[Francesco Giuseppe I d'Asburgo|Francesco Giuseppe]]. |
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==Note== |
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Versione delle 18:08, 23 dic 2016
Schèi è un termine veneto con il quale viene indicato in generale il denaro.
La probabile etimologia del termine è piuttosto singolare. Ai tempi del regno Lombardo-Veneto (1815-1866), quando il Veneto si trovava sotto l'egemonia austriaca, erano in circolazione alcune monete su cui era riportata la scritta scheid.munz, abbreviazione del tedesco Scheidemünze cioè "moneta divisionale". Questa veniva pronunciata popolarmente come schei, leggendo come in italiano la parola (la vera pronuncia in tedesco sarebbe "sciaid.munz"), da cui poi derivò anche il singolare scheo per indicare la singola moneta.[1]
Il termine è sopravvissuto sino all'epoca contemporanea. Il singolare, inoltre, indica per estensione qualcosa di piccole dimensioni, analogo all'italiano "soldo di cacio" (picoło fa un scheo, "piccolo come un soldo di cacio"), o anche una breve lunghezza, come un centimetro (spòsteło de vinti schei, "spostalo di 20 cm"). Si usa il gergale esar sensa schei per l' "essere senza soldi", mentre averghe quatro schei (avere "quattro soldi" - cioè non averne - in italiano) nel Veneto significa, con un eufemismo ed in senso ironico, averne molti.
La parola franco, è stata usata per indicare una somma di denaro, associata più alle vecchie lire che all'euro, ma ancora in uso. Per cui trenta franchi erano trenta lire; 'na carta da mìłe (franchi) era una banconota da mille lire, ma rimane che averghe un franco significa ancora oggi "avere dei soldi". Il termine deriva da un'altra moneta austriaca, che riportava l'abbreviazione Franc., indicante il nome dell'imperatore Francesco Giuseppe.