Jīva: differenze tra le versioni

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'''Jīva''' ([[lingua sanscrita|sanscrito]] जीव) è un termine sanscrito di genere maschile o neutro, che indica l'essere vivente individuale. Tale termine compare per la prima volta nella letteratura vedica nel ''Chandogya Upanisad'' (6° prapathaka, 3 khanda), uno degli [[Upanisad]] più antichi (VII sec. a.e.v.): «Delle creature tre sono i modi di nascere: da un uovo (anda-ja), dal grembo materno (jiva-ja), da un germoglio». In questo significato ''jiva'' viene inteso come l'essere vivente nato vivo ovvero la coscienza empirica e la sua struttura biologica. Con questo significato tale termine compare successivamente negli [[agama-nikaya]] del primo [[Buddhismo]] (IV sec. a.e.v.) dove viene menzionato dal [[Buddha Shakyamuni]] tra gli inesprimibili. Così nel ''Digha Nikaya'' (1,157 e 188) il Buddha Shakyamuni considera tra gli inesprimibili la risposta alla domanda se il principio vitale/coscienza (''jiva'') sia identico al corpo o meno. Nello stesso periodo in ambito [[jainista]] il termine inizia ad acquisire un diverso e più articolato significato legato ad una sostanza spirituale (''jiva'') che si differenzia da una sostanza inanimata (''ajiva'') che con altre 5 "verità fondamentali" (''asrava'', ''bandha'', ''samvara'', ''nirjara'' e ''moksa'') corrisponde alla dottrina jainista elencata nel ''Tattvarthadhigamasutra'' (1,4). Questa evoluzione terminologica nel [[Jainismo]] si ripercuoterà nella riflessione tardo vedica, intorno al II sec. a.e.v., della ''[[Bhagavadgita]]'' <ref>[http://bhagavadgitaasitis.com/7/5/en1 Bhagavad Gita 7.5] "Questa non è che la mia natura inferiore. Ma sappi che ve n'è un'altra, la mia natura superiore. Essa costituisce l'insieme delle anime individuali (''jiva'') dalla quali questo mondo è retto, o Arjuna." </ref>. Nel periodo post-vedico dei ''[[Purana]]'' (intorno al V sec. e.v.) esso incontra un altro termine "tecnico" della riflessione vedica, l'[[atman]], e lo incrocia nel ''jivatman'' (anima individuale) che si distingue dal ''paramatman'' (anima cosmica). Più tardi, in ambito [[vaisnava]] acquisisce il significato di essenza immortale dell'essere vivente (umano, animale, etc.) che sopravvive dopo la morte fisica <ref> [http://brahmasamhita.com/5/21/en1 Brahma Samhita 5.21] "The same jiva is eternal and is for eternity and without a beginning" </ref>.
'''Jīva''' ([[lingua sanscrita|sanscrito]] जीव) è un termine sanscrito di genere maschile o neutro, che indica l'essere vivente individuale. Tale termine compare per la prima volta nella letteratura vedica nel ''Chandogya Upanisad'' (6° prapathaka, 3 khanda), una delle [[Upanisad]] più antiche (VII sec. a.e.v.): «Delle creature tre sono i modi di nascere: da un uovo (anda-ja), dal grembo materno (jiva-ja), da un germoglio». In questo significato ''jiva'' viene inteso come l'essere vivente nato vivo ovvero la coscienza empirica e la sua struttura biologica. Con questo significato tale termine compare successivamente negli [[agama-nikaya]] del primo [[Buddhismo]] (IV sec. a.e.v.) dove viene menzionato dal [[Buddha Shakyamuni]] tra gli inesprimibili. Così nel ''Digha Nikaya'' (1,157 e 188) il Buddha Shakyamuni considera tra gli inesprimibili la risposta alla domanda se il principio vitale/coscienza (''jiva'') sia identico al corpo o meno. Nello stesso periodo in ambito [[jainista]] il termine inizia ad acquisire un diverso e più articolato significato legato ad una sostanza spirituale (''jiva'') che si differenzia da una sostanza inanimata (''ajiva'') che con altre 5 "verità fondamentali" (''asrava'', ''bandha'', ''samvara'', ''nirjara'' e ''moksa'') corrisponde alla dottrina jainista elencata nel ''Tattvarthadhigamasutra'' (1,4). Questa evoluzione terminologica nel [[Jainismo]] si ripercuoterà nella riflessione tardo vedica, intorno al II sec. a.e.v., della ''[[Bhagavadgita]]'' <ref>[http://bhagavadgitaasitis.com/7/5/en1 Bhagavad Gita 7.5] "Questa non è che la mia natura inferiore. Ma sappi che ve n'è un'altra, la mia natura superiore. Essa costituisce l'insieme delle anime individuali (''jiva'') dalla quali questo mondo è retto, o Arjuna." </ref>. Nel periodo post-vedico dei ''[[Purana]]'' (intorno al V sec. e.v.) esso incontra un altro termine "tecnico" della riflessione vedica, l'[[atman]], e lo incrocia nel ''jivatman'' (anima individuale) che si distingue dal ''paramatman'' (anima cosmica). Più tardi, in ambito [[vaisnava]] acquisisce il significato di essenza immortale dell'essere vivente (umano, animale, etc.) che sopravvive dopo la morte fisica <ref> [http://brahmasamhita.com/5/21/en1 Brahma Samhita 5.21] "The same jiva is eternal and is for eternity and without a beginning" </ref>.


In alcune teologie [[induiste]], anche contemporanee, indica un concetto molto simile a quello di [[Ātman]], il Sé, l'essenza, ed a quello di [[anima]]. Ma a differenza dell'Ātman, la jīva è l'io specifico, individuale e soggettivo.
In alcune teologie [[induiste]], anche contemporanee, indica un concetto molto simile a quello di [[Ātman]], il Sé, l'essenza, ed a quello di [[anima]]. Ma a differenza dell'Ātman, la jīva è l'io specifico, individuale e soggettivo.

Versione delle 17:01, 11 apr 2008

Jīva (sanscrito जीव) è un termine sanscrito di genere maschile o neutro, che indica l'essere vivente individuale. Tale termine compare per la prima volta nella letteratura vedica nel Chandogya Upanisad (6° prapathaka, 3 khanda), una delle Upanisad più antiche (VII sec. a.e.v.): «Delle creature tre sono i modi di nascere: da un uovo (anda-ja), dal grembo materno (jiva-ja), da un germoglio». In questo significato jiva viene inteso come l'essere vivente nato vivo ovvero la coscienza empirica e la sua struttura biologica. Con questo significato tale termine compare successivamente negli agama-nikaya del primo Buddhismo (IV sec. a.e.v.) dove viene menzionato dal Buddha Shakyamuni tra gli inesprimibili. Così nel Digha Nikaya (1,157 e 188) il Buddha Shakyamuni considera tra gli inesprimibili la risposta alla domanda se il principio vitale/coscienza (jiva) sia identico al corpo o meno. Nello stesso periodo in ambito jainista il termine inizia ad acquisire un diverso e più articolato significato legato ad una sostanza spirituale (jiva) che si differenzia da una sostanza inanimata (ajiva) che con altre 5 "verità fondamentali" (asrava, bandha, samvara, nirjara e moksa) corrisponde alla dottrina jainista elencata nel Tattvarthadhigamasutra (1,4). Questa evoluzione terminologica nel Jainismo si ripercuoterà nella riflessione tardo vedica, intorno al II sec. a.e.v., della Bhagavadgita [1]. Nel periodo post-vedico dei Purana (intorno al V sec. e.v.) esso incontra un altro termine "tecnico" della riflessione vedica, l'atman, e lo incrocia nel jivatman (anima individuale) che si distingue dal paramatman (anima cosmica). Più tardi, in ambito vaisnava acquisisce il significato di essenza immortale dell'essere vivente (umano, animale, etc.) che sopravvive dopo la morte fisica [2].

In alcune teologie induiste, anche contemporanee, indica un concetto molto simile a quello di Ātman, il Sé, l'essenza, ed a quello di anima. Ma a differenza dell'Ātman, la jīva è l'io specifico, individuale e soggettivo.


Note

  1. ^ Bhagavad Gita 7.5 "Questa non è che la mia natura inferiore. Ma sappi che ve n'è un'altra, la mia natura superiore. Essa costituisce l'insieme delle anime individuali (jiva) dalla quali questo mondo è retto, o Arjuna."
  2. ^ Brahma Samhita 5.21 "The same jiva is eternal and is for eternity and without a beginning"

Voci correlate

Collegamenti esterni