Progetto:Cattolicesimo/vivaio/9

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Sant'Efrem[modifica wikitesto]

  • tradotto da St. Ephraem
  • da sistemare in Sant'Efrem
  • è il Sant'Efrem diacono e dottore della chiesa? Andrebbe anche disambiguato, forse ci sono altri sant'Efrem.

Nato a Nisibis, a quel tempo sotto il dominio romano, nei primi anni del quarto secolo, morì nel giugno del 373. Non si conosce il nome di suo padre, ma era un pagano e sacerdote della dea Abnil o Abizal. Efrem fu istruito ai misteri cristiani da San Giacomo, il famoso vescovo di Nisibis, e fu battezzato all’età di otto (o ventotto) anni. Da allora divenne molto intimo col santo vescovo, che si serviva degli uffici di Efrem per rinnovare la vita morale dei cittadini di Nisibis, specialmente durante gli assedi del 338, 346 e 350. Uno dei suoi biografi riferisce che in un’occasione egli maledisse dalle mura della città l’armata persiana, al che una nuvola di mosche e zanzare si piazzò sull’esercito di Sapor II e lo costrinse ad indietreggiare. L’avventurosa campagna di Giuliano l’Apostata, che per qualche tempo minacciò la Persia, finì, come si sa, in un disastro, e al suo successore, Gioviano, bastò salvare dall’annientamento i pochi resti della grande armata che il suo predecessore aveva guidato oltre l’Eufrate. E ancora, per finire, l’imperatore dovette firmare un trattato assai sfavorevole, per i cui termini Roma perdette le province orientali conquistate alla fine del terzo secolo; fra le città restituite alla Persia c’era Nisibis (363). Per sfuggire alla crudele persecuzione che allora infuriò in Persia, la maggior parte della popolazione cristiana abbandonò Nisibis in massa. Efrem partì col suo popolo e si stabilì prima a Beit-Garbaya, poi ad Amid e infine ad Edessa, capitale di Osrhoene, dove passò gli ultimi dieci anni della sua vita, eremita notevole per il suo severo ascetismo. Tuttavia egli si interessò a tutto ciò che concerneva da vicino la popolazione di Edessa. Parecchi antichi scrittori dicono che era diacono; così che egli poteva essere autorizzato a predicare in pubblico. In questo periodo alcune sette eretiche erano attive ad Edessa: Efrem combatté energicamente con tutte, in particolare con i discepoli dell’illustre filosofo Gardesano. A questo periodo appartiene quasi tutta la sua opera letteraria; a parte alcune poesie composte a Nisibis, il resto dei suoi sermoni, inni, trattati esegetici, risalgono al suo soggiorno ad Edessa. Non è improbabile che Efrem sia uno dei capi fondatori della teologica “Scuola dei Persiani”, così chiamata perché i suoi primi studenti e maestri furono cristiani persiani, rifugiati del 363. Alla sua morte Efrem fu sepolto senza pompa nel cimitero “degli stranieri”. I monaci armeni del monastero di San Sergio ad Edessa ne reclamarono il corpo.

I fatti precedentemente detti rappresentano tutto quello che è storicamente certo riguardo alla carriera di Efrem (vedi BOUVY “Le fonti storiche della vita di S. Efrem” nella “Rivista agostiniana”, 1903, 155-61). Tutti i dettagli aggiunti più tardi dai biografi siriani sono, nel migliore dei casi, di dubbio valore. A questa categoria appartengono non solo i tratti leggendari ed a volte puerili tanto cari agli scrittori orientali, ma anche altri apparentemente attendibili, come un supposto viaggio in Egitto con un soggiorno di otto anni, durante il quale egli disse di aver confutato pubblicamente alcuni portavoce dell’eretico Ario. Le relazioni fra Sant’Efrem e San Basilio sono raccontate da autori effettivamente affidabili, come San Gregorio di Nyssa (lo pseudo?) e Sozomeno, secondo cui l’eremita di Edessa, attratto dalla grande reputazione di San Basilio, decise di fargli visita a Cesarea. Fu accolto calorosamente e fu ordinato diacono da San Basilio; quattro anni dopo egli rifiutò sia il sacerdozio, sia l’episcopato che San Basilio gli offriva mediante delegati mandati a questo scopo ad Edessa. Sebbene sembri che Efrem conoscesse pochissimo il greco, questo incontro con San Basilio non è improbabile; alcuni buoni critici, comunque, ritengono la prova insufficiente e perciò la rifiutano. La vita di Sant’Efrem , perciò, offre non pochi oscuri problemi; solo il contorno generale della sua carriera ci è noto. È certo, comunque, che mentre visse egli fu molto influente fra i cristiani siriani di Edessa e che la sua memoria fu venerata da tutti, Ortodossi, Monofisiti e Nestoriani. Essi lo chiamavano “sole dei siriani”, “colonna della chiesa”, “arpa dello Spirito Santo”. Ancora più straordinario è l’omaggio che gli tributarono i Greci , che raramente menzionavano scrittori siriani. Fra le opere di S. Gregorio di Nyssa (P. G. XLVI, 819) c’è un sermone (benché non riconosciuto da alcuni) che è un vero e proprio panegirico di Sant’Efrem. Venti anni dopo la morte di quest’ultimo, San Gerolamo lo menziona come segue nel suo catalogo di cristiani illustri: “Efrem, Diacono della chiesa di Edessa, scrisse molte opere [opuscola] in siriano, e diventò così famoso che i suoi scritti sono letti pubblicamente in alcune chiese dopo le Sacre Scritture. Io ho letto in greco un suo volume sullo Spirito Santo; sebbene fosse solo una traduzione, vi ho riconosciuto il genio sublime dell’uomo” (De viris illustr., c. cxv). Anche Theodoret di Cyrus elogiava il suo genio poetico e la sua conoscenza teologica (Hist. Eccl., IV, xxvi). Sozomeno pretende che Efrem abbia scritto 3.000.000 versi e dà il nome di alcuni dei suoi discepoli, alcuni dei quali rimasero ortodossi, mentre altri caddero nell’eresia (Hist. Eccl., III, xvi). Dalle Chiese siriana e bizantina la fama di Sant’Efrem si allargò fra tutti i cristiani. Il Martirologio romano lo menziona l’1 febbraio. Nei loro menologi e sinassi, Greci e Russi, Giacobiti, Caldei, Copti e Armeni onorano il santo diacono di Edessa.

Le opere di questo santo sono così numerose ed importanti che è impossibile trattarle in dettaglio. Basta considerarle brevemente: (1) il testo e le principali versioni ed edizioni dei suoi scritti; (2) i suoi scritti esegetici; (3) le sue opere poetiche.

Testi e principali versioni ed edizioni[modifica wikitesto]

Il siriano originale degli scritti di Efrem è mantenuto in molti manoscritti, uno dei quali risale al quinto secolo. Attraverso molte trascrizioni, comunque, i suoi scritti, in particolare quelli usati nelle varie liturgie, hanno subito non poche interpolazioni. Inoltre molte delle sue opere esegetiche si sono deteriorate, o almeno non si trovano più nelle biblioteche dell’Oriente. Numerose versioni, comunque, ci consolano della perdita degli originali. Sant’Efrem viveva ancora, o almeno era morto da poco, quando fu cominciata la traduzione delle sue opere in greco. Gli scrittori armeni sembrano aver intrapreso la traduzione dei suoi commentari biblici. I Mechitaristi hanno pubblicato in parte questi commentari e ritengono la versione armena molto antica (quinto secolo). I Monofisiti, è ben noto, erano abituati tradurre o adattare le opere siriache. Gli scritti di Efrem furono infine tradotte in arabo ed etiopico (traduzioni fino ad oggi non pubblicate). Nel medio evo alcune delle sue opere minori furono tradotte dal greco in lingua slava e latina. Alla fine da queste versioni furono fatti adattamenti degli scritti ascetici di S. Efrem in francese, tedesco, italiano ed inglese. La prima edizione stampata (in latino) si basava su una traduzione dal greco fatta da Ambrogio Traversari (S. Ambrogio di Camaldoli), e pubblicata dalla stamperia di Bartolomeo Guldenbeek di Sultz, nel 1475. Un’edizione molto migliore fu eseguita da Gerardo Vossius (159-1619), il dotto prevosto di Tongres, per richiesta di Gregorio XIII. Nel 1709 Edoardo Thwaites pubblicò, dai manoscritti della Biblioteca Boldeiana, il testo greco, fino a quel momento conosciuto solo per frammenti. L’originale siriano rimase sconosciuto in Europa fino al fruttuoso viaggio in oriente (1706-17) dei maroniti Gabriele Eva, Elia, e in particolare Giuseppe Simeone Assemani (1716-17), che si concluse con la scoperta di una preziosa raccolta di manoscritti nel monastero nitriano (Egitto) di Nostra Signora. Questi manoscritti trovarono subito la loro strada nella Biblioteca vaticana. Nella prima metà del diciannovesimo secolo il British Museum fu notevolmente arricchito da simili fortunate scoperte di Lord Prudhol (1828), Curzon (1832) e Tattam (1839, 1841). Tutte le edizioni recenti degli scritti siriani originali di Efrem sono basate su questi manoscritti. Nella Biblioteca nazionale (Parigi) e Bodleiana (Oxford) ci sono alcuni frammenti siriani di minore importanza. Giuseppe Simeone Assemani si affrettò a fare il miglior uso possibile dei suoi nuovi manoscritti e propose subito a Clemente XII un’edizione completa delle opere di Efrem nell’originale siriano e nella versione greca, con una nuova versione latina dell’intero materiale. Da parte sua egli prese l’edizione del testo greco. Il testo siriano fu affidato al gesuita Pietro Mobarak (Benedetto), in quanto Maronita. Dopo la morte di Mobarak, i suoi lavori furono continuati da Stefano Evodio Assemani. Alla fine questa monumentale edizione dell’opera di Efrem fu pubblicata a Roma (1732-46) in sei volumi in folio. Fu completata dai lavori di Overbeck (Oxford, 1865) e Bickell (Carmina nisibena, 1866), mentre altri studiosi pubblicarono frammenti ritrovati (Zingerle, P. Martin, Rubens Duval). Una splendida edizione (Mechlin, 1882-1902) degli inni e sermoni di S. Efrem si deve a Monsignor T. J. Lamy. Comunque, un’edizione completa della vasta opera del grande dottore siriano deve essere ancora prodotta.

Opere esegetiche[modifica wikitesto]

Efrem scrisse commentari sulle intere Scritture, sia l’Antico che il Nuovo Testamento, ma molte delle sue opere sono andate perdute. Esiste ancora in siriano il suo commentario sulla Genesi e un’ampia parte dell’Esodo: per gli altri libri dell’Antico testamento abbiamo una sintesi siriana, tramandata dal monaco siriano Severo (851-61). I commentari su Ruth, Esdra, Nehemia, Ester, i Salmi, i Proverbi, il Cantico dei cantici e l’Ecclesiaste sono perduti. Di questi commentari del Nuovo Testamento è sopravvissuta solo una versione armena. Il canone scritturale di Efrem somiglia moltissimo al nostro. Sembra incerto che egli accettasse gli scritti deuterocanonici; almeno nessuno di questi commentari è arrivato fino a noi. D’altra parte accettava come canonica l’apocrifa Terza epistola ai Corinti, e scrisse un commentario su di essa. Il testo scritturale usato da Efrem è il siriano Peshito, lievemente differente, comunque, dal testo stampato di quella antichissima versione. Il Nuovo testamento era noto a lui ed a tutti i siriani, sia orientali che occidentali, prima del tempo di Rabulas, nel “Diatessaron” armonizzato di Taziano; è anche questo testo che serve come base di questo commentario. Il suo testo degli Atti degli Apostoli sembra essere stato strettamente collegato a quello chiamato “Occidentale”. (J. R. Harris, "Fragments of the Commentary of Ephrem Syrus upon the Diatessaron", London, 1905; J. H. Hill, "A Dissertation on the Gospel Commentary of St. Ephraem the Syrian", Edinburgh, 1896; F. C. Burkitt, "St Ephraim's Quotations from the Gospel, Corrected and Arranged", in "Texts and Studies", Cambridge, 1901, VII, 2). L’esegesi di Efrem è quella degli scrittori siriani in generale, sia ellenizzati che non, ed è strettamente collegato a quella di Aphraates, essendo, come l’ultimo, abbastanza rispettosa della tradizione ebraica e spesso basata su di essa. Come esegeta Efrem è sobrio, mostra una preferenza per il senso letterale, è discreto nell’uso dell’allegoria; in poche parole, inclina fortemente alla Scuola Antiochena, e ci richiama in particolare Theodoret. Egli ammette nella Scrittura solo pochi passaggi messianici nel senso letterale, molti di più, comunque, profetici di Cristo nel senso tipologico, che qui deve essere attentamente distinto dal senso allegorico. Non è improbabile che la maggior parte dei suoi commentari fosse scritta per la scuola cristiana persiana (Schola Persarum) di Nisibis; come si è visto prima, egli fu uno dei suoi fondatori e anche uno dei suoi più distinti professori.

Opere poetiche[modifica wikitesto]

La maggior parte dei sermoni e delle esortazioni sono in versi, sebbene si siano conservati alcuni sermoni in prosa. Tolti i suoi scritti esegetici, il resto delle sue opere si può dividere in omelie ed inni. Le omelie (in siriano memrê, cioè discorsi) sono scritte in settenari, spesso divisi in due parti di tre e quattro sillabe rispettivamente. Egli vi celebra la festa di Nostro Signore e dei santi; a volte interpreta un racconto scritturale o tratta un tema spirituale o edificante. In Oriente le Lezioni per i servizi ecclesiastici (UFFICIO DIVINO; BREVIARIO) erano spesso tratte dalle omelie di Epraim. Gli inni (in siriano madrashê, cioè istruzioni) offrono una grande varietà sia di stile che di ritmo. Erano scritti per il servizio corale delle suore, ed erano destinati ad essere da loro cantati; da qui la divisione in strofe, poiché gli ultimi versi di ogni strofa venivano ripetuti in una sorta di ritornello. Questo ritornello è indicato all’inizio di ogni inno, alla stregua di un’antifona; c’è anche un’indicazione della chiave musicale in cui l’inno deve essere cantato. Il seguente può servire come esempio. È preso da un inno per l’Epifania (ed. Lamy, I, p. 4).

Air: Behold the month. Refrain: Glory to Thee from Thy flock on the day of Thy manifestation. Strophe: He has renewed the heavens, because the foolish ones had adored all the stars | He has renewed the earth which had lost its vigour through Adam | A new creation was made by His spittle | And He Who is all-powerful made straight both bodies and minds Refrain: Glory to Thee etc.

Aria: Guarda il mese. Ritornello: Gloria a Te dal tuo gregge nel giorno della tua manifestazione. Strofa: Egli ha rinnovato i cieli, perché i pazzi avevano adorato tutte le stelle | Egli ha rinnovato la terra che aveva perduto il suo vigore a causa di Adamo | Una nuova creazione è stata fatta dalla sua saliva | ed Egli che è l’Onnipotente ha fatto retti sia il corpo che la mente. Ritornello: Gloria a Te ecc.

Mons. Lamyu, il colto editore degli inni, notò settantacinque differenti ritmi ed arie. Alcuni inni sono acrostici, cioè, a volte, ogni strofa comincia con una lettera dell’alfabeto, come nel caso di parecchi pezzi metrici della Bibbia (ebraici), o, ancora la prima lettera di un numero di versi o strofe forma una data parola. In quest’ultimo modo Efrem firmò parecchi dei suoi inni. Nella poesia siriana Sant’Efrem è un pioniere di genio, maestro spesso imitato, ma mai uguagliato. Egli non è, tuttavia, l’inventore della poesia siriana, questo onore sembra appartenere al sopracitato eretico Gardesano di Edessa. Lo stesso Efrem ci dice che nelle vicinanze di Nisibis ed Edessa le poesie di questo gnostico e di suo figlio Harmonius contribuirono efficacemente al successo dei loro falsi insegnamenti. In effetti, se Efrem entrò nello stesso campo, fu con la speranza di sconfiggere l’eresia con le stesse armi perfezionate da lui stesso. Il lettore occidentale degli inni di Efrem è portato a meravigliarsi per l’entusiasmo dei suoi ammiratori dell’antica chiesa siriana. Il suo “lirismo” non è affatto quello che noi intendiamo con questo termine. La sua poesia ci sembra prolissa, noiosa, incolore, mancante di note personali, ed in generale priva di fascino. Per essere giusti, tuttavia, bisogna ricordare che le sue poesie sono conosciute dalla maggior parte dei lettori solo in traduzioni, da cui, ovviamente, il ritmo originale è scomparso ed in particolare il fascino e la maggior parte degli aspetti della sua poesia che potrebbero colpire di più. Questi inni, inoltre, non erano scritti per la lettura privata, ma si prevedeva che fossero cantati da cori alternati. Noi dobbiamo solo paragonare i salmi latini come vengono cantati dal coro di un monastero benedettino con la loro lettura privata da parte di un sacerdote che recita il Breviario. Né bisogna dimenticare che il gusto letterario non è in tutti i luoghi e in tutti i tempi lo stesso. Noi siamo influenzati dal pensiero greco più profondamente di quanto pensiamo o di quanto ci piace ammettere. In letteratura ammiriamo maggiormente le qualità di lucidità e sobrietà e la varietà di azione. Gli Orientali, d’altra parte, non si stancano mai delle ripetizioni senza fine dello stesso pensiero in forme leggermente diverse; essi sono deliziati dalle graziose sfumature verbali, dal molteplice gioco di ritmo e accento, rima e assonanza, dagli acrostici. A questo proposito non è necessario ricordare al lettore le ben note peculiarità della poesia araba.

Come detto sopra, non esiste l’edizione completa delle opere di Sant’Efrem; né c’è una soddisfacente vita del grande dottore. È stata citata l’edizione Assemani delle sue opere: Opera omnia quae extant graece syriace latine in sex tomos distributa (Roma, 1732-46). Questa è considerata imperfetta dal punto di vista testuale, mentre la traduzione latina è piuttosto una parafrasi. OVERBECK, S. Ephraemi Syri opera selecta (Oxford, 1865); BICKELL, Carmina Nisibena (Leipzig, 1866); LAMY, Hymni et Sermones (Mechlin, 1882-86 and 1902). Tra le traduzioni basta menzionare quella armena edita dai MECHITARISTI (Venezia, 1856, 1893). Vedi anche BICKELL, Conspectus rei Syrorum literariae (Munster, 1871); WRIGHT, A Short History of Syriac Literature (Londra, 1894); Zingerle in Kirchenlex., s. v. Ephraem; specialmente BARDENHEWER, Patrology, tr. SHAHAN (Freiburg im Br., 1908), 387-93, eccellente apprezzamento ed ampia bibliografia; RODIGER-NESTLE in Realencyk. F. prof. Theol. und Kirche, s. v. Ephram; DUVAL, Hist. de la litt. Syriaque (3d. ed., Parigi, 1906); IDEM, Histoire d' Edesse, 150-61; LAMY, Prolegomena to Vols. I and II of the Hymni et Sermones.

(EN) St. Ephraem, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913.