Paiuolo di Freud

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Il paiuolo di Freud, o pentola di Freud, è una fallacia che consiste nell'utilizzare, per dimostrare un assunto, più argomenti i quali tuttavia si contraddicono fra loro, così da invalidarsi l'un l'altro.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il nome deriva da un esempio citato da Sigmund Freud per la prima volta ne L'interpretazione dei sogni (1899) e poi, con qualche variante, ne Il motto di spirito (1905). Ne L'interpretazione dei sogni l'apologo fa parte dell'interpretazione del sogno detto della "iniezione di Irma", fatto dallo stesso autore. Freud interpreta tale sogno, fra l'altro, come un tentativo inconscio di difendersi dai propri sensi di colpa relativi alle condizioni di salute di una sua paziente. Freud osserva come tale difesa sia basata su argomenti contraddittori, e commenta:

«Tutta l'arringa - questo sogno non è altro - ricorda vivamente la difesa dell'uomo accusato dal suo vicino di avergli restituito un paiuolo in cattivo stato. In primo luogo, gliel'aveva restituito intatto; in secondo luogo, il paiuolo era già bucato al momento del prestito; in terzo luogo, non aveva mai preso in prestito un paiuolo dal vicino[1]

Freud rileva come nei sogni possano essere simultaneamente presenti idee fra loro incompatibili e contraddittorie.

Nel Motto di spirito la storiella del paiuolo bucato viene esposta in forma più estesa:

«A ha preso in prestito da B un paiuolo di rame. Quando lo restituisce B protesta perché il paiuolo ha un grosso buco che lo rende inutilizzabile. Ecco come si difende A: "In primo luogo, non ho affatto preso in prestito nessun paiuolo da B; in secondo luogo, quando B me l'ha dato il paiuolo aveva già un buco; in terzo luogo, ho restituito il paiuolo intatto". Ogni singola replica di per sé è valida, prese insieme però, si escludono a vicenda[2]

Freud osserva che è come se A avesse unito le varie parti del suo ragionamento con una "e" (congiunzione) anziché con una "o" (in funzione disgiuntiva).

L'apologo del paiuolo bucato è stato ripreso, fra gli altri, da Pier Aldo Rovatti[3] e da Slavoj Žižek[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Freud 2002a, p. 128.
  2. ^ Freud 2002b, p. 86. Il corsivo è così nel testo.
  3. ^ Rovatti 1998, pp. 13-4.
  4. ^ Zizek 2004.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]