Maggini Dumas

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Maggini Dumas
Tenore Dumas
Informazioni storiche
LiutaioGiovanni Paolo Maggini
CittàBrescia
Anno1600 ca.
Caratteristiche
Strumentoviola
Fondodue pezzi, doppia filettatura
Tavola armonicadue pezzi, venatura stretta e marcata che si allarga verso i bordi, doppia filettatura
Vernicemarrone dorato intenso
Misure
LunghezzaFondo: 42,5 cm
LarghezzaSuperiore: 20,3 cm
Centrale: 13,2 cm
Inferiore: 24,6 cm

La Maggini Dumas, o Tenore Dumas, è una viola costruita intorno al 1600 da Giovanni Paolo Maggini a Brescia. Prende il nome dai fratelli Dumas, nobili musicisti dilettanti che hanno posseduto lo strumento.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

La Dumas è uno degli esemplari più significativi della produzione di viole di Maggini. È conservata in buone condizioni e non è stata ridimensionata, anche se il riccio è ritenuto non originale da alcuni critici, tra cui gli Hill. La viola è stata realizzata come parte di un quartetto (insieme a un violino, un violoncello e un contrabbasso) per i fratelli Dumas, amici di Beethoven e proprietari di un castello nei dintorni di Lione[1]. Lo strumento si inserisce nel secondo periodo della produzione di Maggini, ha una bombatura accentuata che parte direttamente dalla filettatura (che è doppia), la vernice è ben conservata, di colore marrone dorato ricca di riflessi. Le ƒƒ sono collocate proporzionalmente più in alto rispetto ai violini, sono corte e larghe, con gli occhielli superiori più ampi. I legni impiegati sono di eccellente qualità, il fondo è realizzato in due pezzi. La catena è stata sostituita in epoca moderna, così come alcuni zocchetti[2].

La Dumas è considerata l'apice della produzione di viole di Maggini e la sua qualità non è inferiore alla migliore produzione dei più grandi liutai dell'epoca e precedenti. Per alcuni aspetti tecnici, può essere considerata uno strumento "avanti" rispetto al suo tempo e anticipa alcune caratteristiche del modello long Strad[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Huggins, p. 59.
  2. ^ Huggins, pp. 64-66.
  3. ^ Huggins, p. 66.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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