Discussioni utente:Russo Gianpaolo/Sandbox

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Nell'AT il termine decima (ma‛ăśêr) descrive almeno due tipologie di offerte diverse: quella quantitativa, pari a “un decimo” di prodotto, presente per la prima volta in Ez. 45:11-14, e quella più particolare di decima, con la quale ci si riferisce all’offerta cultuale ricordata in Am. 4:4 ; Deut. 12:6-11; 12:17; 14:23-28; 26:12; Num. 18:21-24 ecc. Nel primo caso, Dio, per bocca del sacerdote Ezechiele esiliato in Babilonia (VI sec. a. C)come tanti altri che una volta avevano ufficiato nel Tempio di Gerusalemme,fissa le quantità delle offerte per il culto in modo preciso: “L’efa e il bat saranno della medesima misura così che il bat e l’efa contengano un decimo del comer..” Ez. 45:11. La classe sacerdotale che si era sviluppata durante l’esilio in Babilonia, con lo scopo di recuperare il potere perduto in seguito alla deportazione, si struttura secondo una gerarchia molto rigida e fissa pertanto regole per il culto altrettanto rigorose. La caratterizzazione quantitativa della decima, da offerta cultuale a tributo per il tempio, risale proprio a questa iniziativa del sacerdozio in ascesa. Nel Deuteronomio 14: 23-28 in epoca preesilica, la decima da consumarsi davanti al Signore nel luogo da Egli indicato, consiste in frutti e altri prodotti dei campi. Nei casi di eccessiva lontananza, con lo scopo di evitare il problema del trasporto, la decima può essere convertita in denaro da impiegare per comprarsi quanto si desidera consumare con la propria famiglia presso il tempio. In questo caso, le caratteristiche principali dell’offerta consistono in libertà e spontaneità: la possibilità lasciata all'israelita di vendere al suo paese i prodotti del campo per poi comprare con il ricavato quanto egli desidera, lascia chiaramente intendere che la decima non equivale a una quantità specifica come invece si configurerà successivamente. Il medesimo clima prandiale viene descritto ancora in Genesi 14: 20 e in alcune fonti ugaritiche extra bibliche (‘nt I :9; 2 Aqht VI : 30s; 125 I : 40s),[1] laddove il verbo ‘šr “imbandire” si può porre in collegamento con il verbo ebraico ‘šr. Nel testo specifico (2 Aqht VI: 25-33), la dea Anat, invaghita delle armi del giovane Aqhat, si mostra disposta a donargli in cambio la vita eterna. Con lo scopo di persuadere Aqhat ad accettare la sua offerta, la dea chiama in causa Baal. Quest’ultimo, nel concedere la vita eterna al suo servo, imbandisce un banchetto. Contesti simili si ritrovano nella descrizione evangelica del Dio-servitore (Lc 12:37) laddove il senso del verbo (διαχονέω), servire si chiarisce e si completa proprio grazie all'accostamento al verbo imbandire.

  1. ^ Norberto Airoldi, in Biblica, vol. 55,Roma 1974.