Discussione:Lupo (torpediniera)

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ALCUNE PRECISAZIONI SULL’AFFONDAMENTO DELLA TORPEDINIERA “LUPO”.


Sull’affondamento della torpediniera LUPO dispongo, in copia fotostatica, di uno schematico racconto, di pochissime righe, inviato all’Ufficio Storico M.M. dall’Ammiragliato britannico, in cui si afferma:

“Il Capitano di Vascello (D) 14 [capitano di vascello A.L. Poland] sul JERVIS, insieme con il JANUS, il JAVELIN e il KELVIN [cacciatorpediniere] lasciò Malta nel pomeriggio del 2 Dicembre 1942 per intercettare un convoglio segnalato dall’aviazione in prossimità del Banco di Kerkenach. Alle 1900 del 2 Dicembre gli aerei della Fleet Air Arm attaccarono un convoglio di tre navi mercantili in lat. 34°45’ Nord e long. 11°45’ Est e segnalarono di aver affondato due piroscafi e di aver danneggiato il terzo. I piroscafi erano probabilmente il VELOCE, il MINERVA e il PALMAIOLA. Alle 0048 del 3 Dicembre il Capitano di Vascello (D) 14 segnalò di aver affondato una Torpediniera nemica in lat. 34°31’ Nord e long. 11°39’ Est. Secondo la versione italiana si trattava evidentemente del LUPO, il quale si trovava insieme con le navi sopradette.”

Gli aerei di Malta della F.A.A. che attaccarono il convoglio presso Kerkenach erano 3 Albacore del Royal Naval Air Squadron (RNAS) e 2 Albacore dell’821° Squadron. Gli aerei decollarono da Malta alle 05.42 ed attaccarono il convoglio alle 07.30 e gli equipaggi riferirono di aver affondato due navi e danneggiata la terza. (Kenneth Poolman, Bight Strike from Malta, 830° Squadron RN and Rommel’s Convoy, Londra 1980, p. 180)

Nel libro di G.G. Connell, Mediterranean Maelstrom, HMS Jervis and the 14th Flotilla (Londra, 1987, p. 178), l’azione contro il convoglio della torpediniera Lupo è descritto come segue:

“On the night of the 3rd/4th Jervis led Javelin, Nubian e Kelvin towards the Gulf of Gabes where aircraft from Malta had sighted and attacked, with torpedoes, a convoy of three supply ships and two escorts. At midnight the four destroyers in line ahead could see tracer AA fire being directed upwards and the glow of ha ship on fire. The 14th DF using their radar advantage over the Italians who had none, came silently at speed and undetected upon the scene, closing to under 2000 yards when Jervis opened fire and simultaneously exposed her 40 inch searchlight onto her target, the escort destroyer Lupo. The first salvo demolished the small warship’s bridge and the second plunged into the victim’s engine room. The enemy escort was caught helpless, engaged in picking up survivors from her convoy. None of three 3.9” guns was manned, only her AA armament. Captain Poland led his ships in a half circle round the doomed ship held in the relentless, blinding, unblinking, merciless beam of his searchlight and each of the flotilla poured a terrible holocaust of 4.7” broadsides into the helpless ship, pounding it into grotesque destruction – 24 guns of 4.7” calibre versus an unmanned battery of three 3.9” – before the flotilla disappeared into the night, returning to Malta”.


Francesco MATTESINI


Roma, 15 settembre 2012

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LA DISTRUZIONE DEL CONVOGLIO TEDESCO "MARITZA" E L'AFFONDAMENTO DELLA CORAZZATA BRITANNICA "BARHAM".

Mentre tra Londra e Alessandria si svolgevano le discussioni che dovevano portare a pianificare nuove e più pesanti missioni contro i convogli dell’Asse, iniziate con la distruzione del convoglio “Beta2 (“Duisburg”) nelle prime ore del 9 novembre 1941 a sud delle coste della Calabria, giunse al Comandante della Mediterranean Fleet, ammiraglio Andrew Browne Cunningham una importante la segnalazione. Essa contemplava che un importante convoglio, costituito dai due piroscafi germanici Maritza e Procida, e la cui preparazione era tenuta sotto sorveglianza da vari giorni dalla fonte crittografica Ultra, dirigeva su Bengasi trasportando un carico di carburanti imbarcato in Grecia. Come, infatti, è stato ampiamente riportato dal compianto amico, Prof. Alberto Santoni, le intercettazioni crittografiche Ultra, nei riguardi dei due piroscafi, erano iniziate fin dal 2 novembre, quando era stato comunicato dall’O.I.C. (Operational Intelligence Centre dell’Ammiragliato britannico):

“PROCIDA e MARITZA, che arriveranno al Pireo all’incirca il 9 novembre, proseguiranno per Bengasi con circa 1.500 tonnellate di benzina avio e altri urgenti carichi”.

Quindi nei giorni seguenti le due navi da trasporto tedesche furono tenute sotto costante sorveglianza crittografica dalla sede di Bletchey Park (a nord di Londra), seguendo il loro spostamento da Napoli a Taranto, e quindi al Pireo, dove rimasero circa una settimana per fare il carico e in attesa che il porto di Bengasi, pieno di relitti e di capacità limitata, fosse pronte ad accoglierle alla banchina.

Finalmente il 23 novembre Ultra fu in grado di annunciare:

“Cisterne [sic] PROCIDA e MARITZA scortate dal FRECCIA lasceranno il Pireo alle 07.00 del 24 per Bengasi”.

In realtà, ha corretto il Prof. Santoni nel suo libro “Il vero traditore” , l’orario delle ore 07.00 del 24 novembre era quello che si riferiva al cambio di scorta tra due torpediniere (Lupo e Cassiopea) e il cacciatorpediniere Freccia. Questo fatto sta a dimostrare le difficoltà riscontrate nell’opera di decrittazione dal pur abilissimo personale crittografico di Bletchey Park, che tuttavia, il giorno 24, fu ancora in grado di precisare:

PROCIDA e MARITZA hanno lasciato il Pireo alle 14.00 del 23 per Bengasi. Scortate da due torpediniere fino al canale di Kithera [Cerigo – N.d.A.] e poi dal cacciatorpediniere FRECCIA. Debbono giungere a Bengasi alle 12.00 del 25.

E opportuno notare quale fosse il contenuto modesto di siluranti che veniva assegnato alla scorta dell’importante convoglio.

Il Comandante in Capo della Mediterranean Fleet, pianificando l’operazione “M.E. 5”, che consisteva nel far operare la Forza K di Malta con un nuovo gruppo navale, della flotta di Alessandria, denominato Forza B, decise di intercettare il convoglio tedesco a sud del parallelo 33°30’N, e ne informò il Comandante della Marina a Malta, vice ammiraglio Wilbran Ford.

Le due forze navali britanniche dovevano, all’occasione, attaccare i convogli nemici e le unità di scorta di superficie che fossero stati segnalati nel Mediterraneo centrale. La Forza K doveva operare a nord del parallelo 33°30’N e la Forza B a sud di quella latitudine geografica. Quando il 23 novembre si era verificata la segnalazione Ultra che due convogli nemici erano in mare diretti a Bengasi, la Forza K, che al comando del capitano di vascello William Gladstone Agnew disponeva degli incrociatori Aurora (sua nave comando) e Penelope e dei cacciatorpediniere Lance e Lively, per ordine impartito dal vice ammiraglio Ford lasciò Malta con l’oscurità, alle ore 23.30. Quindi procedette alla velocità di 25 nodi per la posizione lat. 33°40’N, long. 21°41’E, corrispondente a 130 miglia a nord-est di Bengasi.

La Forza B, costituita dai 5 incrociatori leggeri Ajax (contrammiraglio Bernard Rawlings), Neptune, Najad, Euryalus e Galatea, e dai quattro cacciatorpediniere di squadra Hotspur, Kandahar, Kimberley e Kingston, salpò da Alessandria alle ore 04.00 del 24, e precedette ad alta velocità lungo le coste della Cirenaica per raggiungere la congiungente Pireo–Bengasi. Quindi, a partire dalle 07.40 del 25, le navi della formazione dovevano dividersi per effettuare una ricerca a rastrello verso nord, e per l’estensione di 6 miglia, sulle rotte dei convogli dell’Asse che passavano in quella zona di mare.

Dopo che la ricerca delle navi nemiche si fosse conclusa, la Forza K sarebbe tornare a Malta per rifornirsi. La Forza B doveva invece restare fino alle 14.00 del 25 nella zona in cui operava, che era ritenuta alquanto pericolosa per la presenza degli aerei tedeschi, e quindi rientrare ad Alessandria.

Nel contempo l’ammiraglio Cunningam decise di appoggiare il movimento degli incrociatori nel Mediterraneo centrale uscendo da Alessandria con il grosso della sua flotta. Alle 16.00 del 24 novembre, egli prese il mare con le sue tre corazzate del 1° Squadrone da Battaglia Queen Elizabeth, Barham, e Valiant, per scortare le quali era riuscito con gran fatica, per i molteplici compiti assegnati alle unità sottili della Mediterranean Fleet, a mettere insieme otto cacciatorpediniere: Napier, Nizam, Griffin, Kipling, Hasty, Decoy, Jervis e Jackal.

In tal modo venne a trovarsi in mare, per operare contro il convoglio “Maritza”, un complesso navale britannico di 3 corazzate, 7 incrociatori e 14 cacciatorpediniere. Ogni partenza di convogli dal Pireo si verificava nella giurisdizione del Comando Navale tedesco del sudovest (Marinegruppenkommando Süd), alle cui dipendenze era il Comando Gruppo Navale Italiano dell’Egeo (Marisudest) che, al comando del capitano di vascello Pecori Giraldi, forniva le scorte navali, avendo a disposizione una squadriglia di quattro cacciatorpediniere e due squadriglie di altrettante torpediniere. Conseguentemente, partecipandovi unità italiane e dovendo dare ai trasporti navali una condotta unitaria, le disposizioni per il convoglio “Maritza” erano state concordate anche con Supermarina.

Il convoglio, che il 14 novembre era salpato da Taranto per andare al Pireo a imbarcare il carico, comprendente anche autoblindo tedesche. La partenza per Bengasi, prevista per il 17, era stata poi rimandata in attesa che il porto di Bengasi, di dimensioni piuttosto limitate e pieno di relitti, che aumentavano continuamente per i danni causati dalle incursioni delle R.A.F., fosse stato in grado di accogliere i due piroscafi.

L’ordine di operazioni stabiliva che la rotta per Bengasi, da assumere dopo l’uscita dall’Egeo attraverso il Canale di Cerigotto, fosse di ampiezza molto larga per tenersi a distanza dagli aeroporti di Malta e da quelli dell’Egitto. La scorta e la vigilanza aerea doveva essere fornita nei giorni 23 e 24 novembre dai velivoli del X Fliegerkorps, per poi assicurare, con velivoli da caccia e antisom, la protezione dei piroscafi durante l’arrivo a Bengasi. Supermarina, da parte sua, provvide a dislocare in agguato a levante di Malta i sommergibili Settembrini, Delfino, Trichego e Squalo, che furono i primi a dare l’allarme sulla presenza in mare della Forza K.

Poco prima dell’alba del 24 il Settembrini (capitano di corvetta Mario Resio) percepì agli idrofoni la presenza di una forza di unità navali in rotta verso levante, e lo segnalò a Supermarina, trasmettendone la posizione a miglia 105 per 125° da Malta e i dati di moto con Rv. 135 e velocità imprecisata. Il sommergibile dette l’allarme permettendo a Supermarina di dirottare, nei porti della Morea, due navi mercantili che si trovavano, frazionate e con debole scorta, in rotta per Bengasi. Si trattava della motonave ausiliaria Adriatico che, partita da Reggio Calabria, fu inviata ad Argostoli, e la cisterna Berbera, salpata da Brindisi con la torpediniera Pegaso, che fu dirottata su Navarino. Inoltre il cacciatorpediniere Strale che scortava piroscafo Bosforo ricevette l’ordine di andare a Suda.

Furono invece fatti proseguire, perché si ritenne che per le distanze e le posizioni di velocità non corressero alcun pericolo, la motonave Città di Tunisi, partita da Suda scortata dal cacciatorpediniere Malocello, e l’incrociatore Cadorna che stava rientrando da Bengasi, dopo avervi scaricato soldati tedeschi.

Purtroppo l’ordine di dirottamento non fu ricevuto dal cacciatorpediniere Strale (comandante Stefano Palmas) che, come detto, scortava il piroscafo Bosforo, partito da Bengasi e diretto a Brindisi, e dalla torpediniera Lupo, che esercitava le funzioni di nave comando del convoglio “Maritza”.

Pertanto entrambe le formazioni mantennero inalterata la loro rotta verso il porto di destinazione. Per il Bosforo e lo Strale il mancato dirottamento non ebbe conseguenze, poiché le due navi arrivarono regolarmente a Brindisi. Non fu invece lo stesso per il convoglio “Maritza”, che non aveva ricevuto l’ordine di andare a Suda per un grave disservizio nell’ascolto radio da parte della Lupo, e per la mancata richiesta di ricevuto da parte di Supermarina, forse in parte giustificabile con l’esigenza del silenzio radio perché, trasmettendo, la torpediniera avrebbe permesso al nemico di individuarne la posizione.

Alle 09.50 del 24 la Forza K fu individuata da un idrovolante Cant Z. 506 della Ricognizione Marittima, che trasmise i seguenti dati di avvistamento: due incrociatori con rotta 135° e velocità elevata. Successivamente arrivò la segnalazione di un aereo da trasporto, che ritenne di riconoscere le unità nemiche – nella stessa posizione e con la stessa rotta trasmessa dall’idrovolante della Marina – per una nave portaerei e una nave da battaglia, che procedevano verso nord–est. Secondo i britannici la Forza K fu tenuta sotto osservazione nel corso della mattinata da diversi aerei che apparvero alla vista delle vedette e sugli dei schermi dei radar fino alle ore 14.00. Le trasmissioni di avvistamento dei velivoli dell’Asse furono chiaramente percepite ed anche interpretate.

Nel frattempo, alle 10.40, un velivolo da ricognizione della RAF segnalò la posizione di due navi mercantili e di due cacciatorpediniere di scorta in lat. 35°40’N, 22°22’E, con rotta 239° e velocità di 5 nodi, mentre invece il convoglio “Maritza”, perché di quello si trattava, procedeva a 9 nodi e mezzo. Ciò nonostante l’errore di velocità non ebbe nessuna conseguenza per la riuscita dell’intercettazione della Forza K. Questa diresse incontro al convoglio, e alle ore 13.10 raggiunse la direttrice Pireo – Bengasi e cambio rotta per nord-nord-est (029°), con le navi distese in linea di fronte, spaziate in modo da coprire una fascia di 10 miglia a cavallo della rotta e disposte da desta nell’ordine Lively (capitano di corvetta W.F.E. Hussey), Penelope (capitano di vascello A.D. Nicholl), Lance (capitano di corvetta W.F.E. Hussey), Aurora (capitano di vascello W.G. Agnew).

Nelle tre ore seguenti numerosi velivoli tedeschi, in gran parte del tipo He. 111, furono segnalati dalle unità della Forza K; ma, poiché non si verificò nessun attacco, fu ritenuto che gli aerei effettuassero servizio di trasporto tra la Grecia e Bengasi. Di questo avvistamento non sono riuscito a rintracciare alcuna conferma.

Poco dopo, alle 15.26, il Lively e il Penelope individuarono fumo per nord (005°), e lo segnalarono. La Forza K cambiò rotta per 330° e aumentò la velocità. Due velivoli tedeschi Ju. 88 del 4° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (IV./LG.1), reparto del X Fliegerkorps da pochi giorni assegnato alla protezione dei convogli in Egeo, si trovavano di scorta sopra il convoglio, e alle 15.40, inquadrati dal fuoco contraereo delle unità britanniche effettuarono un attacco in picchiata sull’Aurora e sul Penelope, sganciando le bombe che fallirono gli incrociatori cadendo in mare. In precedenza il cacciatorpediniere Lively aveva erroneamente ritenuto di essere stato attaccato da velivoli italiani S. 79.

In quel momento, secondo la versione italiana, il convoglio “Maritza”, partito dal Pireo alle 14.00 del 23 novembre, si trovava a 110 miglia per 245° dall’Isola di Cerigotto quando, senza che gli aerei di scorta lo avessero segnalato, furono avvistati verso sud due incrociatori leggeri, riconosciuti esattamente della classe “Arethusa”, e due cacciatorpediniere della classe “Javelin”, che invece erano del tipo “Laforey”. L’avvicinamento delle unità britanniche era stato segnalato da Supermarina, e quindi il convoglio avrebbe potuto facilmente salvarsi; ma, come abbiamo detto, la torpediniera Lupo (capitano di fregata Francesco Mimbelli), che fungeva da nave comando, non aveva ricevuto il messaggio e, invece di dirottare i piroscafi a Suda, come ordinato da Roma, aveva proseguito per Bengasi.

La stessa Lupo, coadiuvata dalla Cassiopea (capitano di corvetta De Gaetano), cercò di coprire il convoglio alzando una cortina di fumo. Alle 15.47, l’incrociatore di testa della formazione britannica, il Penelope, aprì il fuoco dalla distanza di 19.000 metri sulla Lupo, e poi lo concentrò sul Maritza. L’incrociatore non erano in condizione ideale per portare in punteria tutti i cannoni e l’ufficiale del tiro, tenente di vascello J.S. Miller, dovette ordinare di iniziare a sparare soltanto con le due torri prodiere. In pochi minuti la distanza di tiro dei pezzi da 152 mm dell’incrociatore scese a 16.000 metri, e il piroscafo tedesco fu colpito. Alle 16.03, portatosi a 14.000 metri dalle unità nemiche, anche la Lupo fu in grado di aprire il fuoco con i suoi tre pezzi da 100 mm, mentre la Cassiopea intervenne più tardi perché, essendo impegnata a coprire i piroscafi con cortine di fumo, aprì il fuoco quando ne ebbe la possibilità.

In un’azione che si sviluppò nell’arco di 45 minuti, le torpediniere italiane si spinsero fino ad una distanza di 7.500 – 8.000 metri dalle navi inglesi, sparando un totale di 304 proietti da 100 mm., è dichiararono, con notevole ottimismo, di aver colpito tre navi nemiche. In effetti, l’unico danno per la Forza K fu rappresentato dalla scheggia di un proietto che, cadendo vicino al Penelope (capitano di vascello A.D. Nicholl), raggiunse lo scafo dell’incrociatore sopra la linea di galleggiamento.

Alle 16.35 le due navi mercantili tedesche erano in fiamme, i superstiti furono visti dalle navi britanniche calarsi in mare, e poco dopo, alle 16.30, il Maritza saltò in aria, e il Procida fece la stessa fine dieci minuti più tardi. Le due torpediniere italiane, approfittando della presenza di un denso piovasco, si ritirarono verso nord. La Forza K non s’impegnò nell’inseguirle perché i cacciatorpediniere avevano consumato molta nafta; quindi, alle 16.30 riprese la rotta per rientrare a Malta, procedendo in linea di fila alla velocità di 28 nodi, allo scopo di rifornirsi ed essere nel tempo più breve pronta a svolgere un’altra missione. Arrivò a destinazione alle 07.30 del 25 novembre.

Il capitano di fregata Mimbelli affermò nella sua relazione che il tiro delle torpediniere, considerando le difficoltà causate dalle accostate per sottrarsi al fuoco nemico, per la visibilità ridotta dalle cortine di fumo e l’impossibilità, per la Lupo, di misurare le distanze, aveva “avuto un andamento abbastanza soddisfacente” per “l’ottimo sotto ogni riguardo comportamento dei pezzi e del munizionamento: neanche un colpo è fallito”.

Sul ritardo dell’avvistamento della Forza K da parte degli aerei tedeschi il capitano di vascello Pecori Girardi scrisse che il Comando del X Fliegerkorps aveva attribuito l’anomalia “al tempo cattivo con nuvole basse”, che impedì di avvistare in tempio l’avvicinamento della Forza K. Quanto al mancato intervento della Luftwaffe contro le navi inglesi, che poteva determinarsi in seguito al segnale di avvistamento lanciato dal Lupo, esso fu giustificato dal fatto “che in quei giorni tutti i bombardieri disponibili erano stati inviati in Libia”. Ciò è assolutamente vero dal momento che, escludendo il IV./LG.1 che era impegnato nelle scorte navali, i bombardieri Ju. 88 del I. e II./LG.1 erano stati inviati in Cirenaica, a Benina, dove già si trovava il III./LG.1, per sostenere i contrattacchi delle forze italo tedesche contro l’avanzante 8a Armata britannica.

L’ammiraglio Heberhard Weichold, Comandante della Marina Tedesca in Italia, con lettera B. Nr. AS Gkdos 7885 dell’8 dicembre 1941, portò a conoscenza di Supermarine le lamentele espresse dall’Ammiraglio Egeo che, giustamente, attribuì le perdite dei due importanti piroscafi germanici “ad un mancato servizio di comunicazione”.

Su richiesta avanzata dallo stesso Weichold, Supermarina promosse un’inchiesta dalla quale risultò che i marconigrammi in partenza per il dirottamento dei vari convogli in mare, ordinati dal contrammiraglio Carlo Pinna – quel giorno in servizio nel salone operativo dell’organo operativo dell’Alto Comando navale – e autorizzati dal Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Luigi Sansonetti, erano stati ritrasmessi all’aria, con caratteristica d’urgenza PAPA e con dicitura specificante “senza richiesta di ricevuto”, una sola volta. E quindi non erano stati ripetuti, come invece affermò di avere ordinato l’ammiraglio Pinna all’ufficiale di servizio alle trasmissioni, capitano di corvetta Umberto Brighetto. Quell’unica trasmissione era pertanto sfuggita alle stazioni riceventi delle navi comando dei due convogli, il cacciatorpediniere Strale e la torpediniera Lupo, e per quest’ultima nave l’anomalia ebbe effetti tragici.

Comunque l’inchiesta che ne seguì nell’ambito di Supermarina mosse appunto all’ammiraglio Pinna, con la motivazione ché, “data l’importanza dei messaggi da trasmettere”, l’ammiraglio “avrebbe dovuto interessare l’ufficiale di servizio alle comunicazioni al salone operativo perché fosse seguita la procedura più adatta per assicurare la ricezione degli ordini contenuti nei messaggi stessi”. E ciò implicava la “richiesta di ricevuto”, da trasmettere allo Strale e alla Lupo, che invece lo stesso Pinna aveva considerato non essere necessaria.

Quindi si trattò di una brutta storia, che aveva portato alla perdita dei due piroscafi tedeschi, e sulla quale Supermarina richiamò l’attenzione agli ammiragli e agli ufficiali di servizio al Salone Operativo, rendendoli partecipi “sulla delicatezza del servizio comunicazioni, specie in particolari circostanze”. Inoltre, fu rimproverato al comandante della torpediniera Lupo di non essersi attenuto alle disposizioni vigenti in materia dei collegamenti d’ascolto radio, poiché il messaggio trasmessogli non avrebbe dovuto sfuggire all’attenzione del suo servizio di comunicazioni.

Infine, mentre gli italiani continuavano ancora ad avere cieca fiducia sui loro metodi di cifratura e diramazione radio trasmessi con le macchine cifranti Enigma e C.38, considerando i loro codici impenetrabili, i tedeschi avevano ben compreso qual’era la causa principale che portava a tante perdite navali. Nel Diario di Guerra della Seekriegsleitung, alla data del 29 novembre 1941, è inequivocabilmente scritto:

"L’attacco dell’AURORA e del PENELOPE al MARITZA e al PROCIDA il 24 novembre ha avuto luogo a seguito di decrittazione radiotelegrafica".

Mentre le unità della Forza K dirigevano per rientrare a Malta, quelle della Forza B aveva continuato a pendolare lungo le coste della Cirenaica, procedendo con rotta verso nord, fino a raggiungere, alle 07.45 del 25, il limite della propria area di ricerca. Anche dopo la distruzione del convoglio “Maritza”, la Forza B rimase nell’area sgombra dalla presenza dell’aviazione tedesca fino alle 14.00 del 25. A tale ora, invertendo la rotta per rientrare ad Alessandria, riceve l’ordine di esplorare la costa africana, ma non effettuò alcun incontro.

La perdita del Maritza e del Procida, come segnalò l’O.K.W, il Comando Supremo tedesco, e come poté confermare ai comandi britannici la fonte Ultra, rese critico il rifornimento di combustibile ai reparti della Luftwaffe dislocati in Cirenaica. Tuttavia, come vedremo, il conto fu ampiamente ripagato, per un disastro che si abbatté sulla Mediterranean Fleet.

Nel corso della giornata del 25 novembre le tre navi da battaglia dell’ammiraglio Cunningham furono tenute sotto costante osservazione dai ricognitori dell’Asse, mentre transitavano a circa 70-100 miglia dagli aeroporti italo tedeschi della Cirenaica; ma nell’occasione non si verificò alcun attacco.

Alle 16.25, trovandosi in lat. 32°29’N, long. 26°27’E, corrispondente a 60 miglia a nord-est di Sollum, la corazzata Barham, portante l’insegna del vice ammiraglio Henry Pridham-Wippell comandante del 1° Squadrone da battaglia della Mediterranean Fleet, fu colpita in rapida successione sul fianco, tra il fumaiolo e le torri prodiere, da tre dei quattro siluri lanciati in immersione dal sommergibile tedesco U-331. Questo U-boote, trovandosi a quota periscopica aveva avvistato le corazzate alle ore 15.00 circa, ed il suo comandante, tenente di vascello Hans-Dietrich von Tiesenhausen , manovrando con grande perizia ed audacia, era riuscito ad attraversare lo schermo dei cacciatorpediniere di scorta per lanciare i siluri, ad intervalli regolari, da una distanza apprezzata di 375 metri.

In quel momento le tre corazzate procedevano con rotta 290° alla velocità di 17 nodi, mantenendosi in linea di fila, con la Queen Elizabeth che era seguita dalla Barham e dalla Valiant, mentre gli otto cacciatorpediniere di scorta navigavano zigzagando in posizione di schermo.

Dopo il lancio con i tubi di prora, l’U-331 perse momentaneamente l’assetto di bilanciamento venendo in superficie, pericolosamente vicino (alla distanza di circa 140 metri) di prora a sinistra della corazzata Valiant, che seguiva immediatamente di poppa la Barham. Tuttavia la Valiant non ebbe il tempo di manovrare per speronare il sommergibile né poté abbassare sufficientemente i cannoni, compresi i micidiali complessi multipli a otto canne pom-pom da 40 mm, per colpirlo prima che l’U-boote potesse riguadagnare il controllo ed immergersi. I cacciatorpediniere Nizam, Jervis e Jackal s’impegnarono nella caccia al sommergibile ma senza successo.

Nel frattempo la Barham si era inclinata molto a sinistra e in un intervallo di quattro minuti continuò a sbandare fino a trovarsi coricata su un fianco, per poi saltare in aria con terrificante esplosione.

La rapidità dell’affondamento causò un gran numero di vittime. Con la corazzata scesero nell’abisso il comandante, capitano di vascello Geoffrey Clement Cooke, 55 ufficiali e 812 sottufficiali e comuni. I superstiti, recuperati dai cacciatorpediniere Nizam e Hotspur furono 450 tra i quali il vice ammiraglio Pridham-Wippell.

L’affondamento della Barham fu conosciuto a Roma e a Berlino soltanto due mesi più tardi, perché il comandante del sommergibili U-331 ritenne, erroneamente, di aver soltanto danneggiato una nave da battaglia. Quando poi fu appresa, da fonte radio britannica, la perdita della Barham annunciata nel gennaio 1942 dall’Ammiragliato britannico, il tenente di vascello von Tiesenhausen, fu insignito con la Ritterkriez, la croce di cavaliere di prima classe dell'ordine della croce di ferro, mentre tutti i membri del suo equipaggio ricevettero decorazioni al valore. Inoltre, il 2 aprile 1942, in una cerimonia a La Spezia, von Tiesenhausen ricevette da parte italiana la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Sull’attività dei sommergibili tedeschi, che nello spazio di pochi giorni avevano affondato la portaerei Ark Royala (l’11 novembre a est di Gibilterra) e poi la Barham, lo storico britannico generale Playfair scrisse:

“L’arrivo dei sommergibili tedeschi fu altrettanto disastroso per i britannici quanto l’arrivo della Forza K lo era stato per gli italiani”.

Francesco Mattesini

Roma, 21 novembre 2015

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Per saperne di più vedi in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare la grossa ed esaustiva monografia di Francesco Mattesini, “Le operazioni aeronavali nel Mediterraneo e la crisi dei convogli libici nella 2a e 3a Decade di Novembre 1941”, Parte prima, Settembre 2000, p. 37 – 165, Parte 2a, Dicembre 2000, p. 11 – 124.

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