Discussione:Enrico Acerbi

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L'ideatore dell' idea della trasmissione delle "febbri petecchiali" da organismi invisibili di natura proteica viventi, capaci di penetrare nell'organismo attraverso la cute o le mucose e di molteplicarvisi, riproducendo l'esantema caratteristico di ognuna delle febbri petecchiali conosciute, è di Giuseppe Alessandro GIANNINI (Parabiago 1774- Milano 1818), un amico di Enrico ACERBI, medico dell' Ospedale Maggiore di Milano, che collaboro con Luigi SACCO (1769-1836) il primo in Italia ad interessarsi al vaccino di Edward Jenner (1749-1823) già dal 1799.Sacco prelevò il pus dalle mammelle delle mucche tornate a Varese dai pascoli montani Grigionesi, e iniziò la sperimentazione e sopratutto la propagazione della vaccinazione in Lombardia. Giuseppe GIANNINI che aveva già pubblicato una "Breve memoria sul vajuolo vaccino" (1800) e che lo stesso anno aveva indirizzato al Comitato Governativo della Repubblica Cisalpina uno scritto "Sulla necessità di propagare tra noi il vajuolo vaccino" fece parte della commissione medico-chirurgica incaricata di sperimentare sul nuovo vaccino a Milano. Nel corso delle sue sperimentazione sul pus vaccino, si accorse che gli acidi minerali inattivavano la "materia vaccinale" e ne concluse che il vaccino doveva essere di natura proteica e contenere un "principio vivente" capace di riprodurre une forma lieve di varicella, la quale proteggeva il vaccinato dal contagio. In corollario ne concluse che gli acidi minerali erano capaci di inattivare i "principi viventi" che trasmettevano le malattie contagiose. Creò nel Ospedale Maggiore di Milano un servizio destinato a combattere le febbri contagiose, che comprendeva la disinfezione iniziale del nuovo paziente lavandolo dalla testa ai piedi con acidi minerali diluiti e dei suoi abiti con fumigazioni a base degli stessi acidi, l'isolamento e, nel caso di epidemia della stessa febbre petecchiale, il coortamento degli infetti (pratica già applicata in Inghilterra nella seconda metà del XVIII° secolo), la regolare pulizia della sale dei contagiati tramite lavatura dei suoli e delle superfici e la ridipingitura delle pareti con calce. Il personale infermieristico a contatto con gli infetti dovevano aver già avuto la stessa febbre petecchiale. Applicando questi principi nel 1802 Giannini riuscì a bloccare un' epidemia di tifo esantematico sparsa a Milano dai soldati Francesi di Napoleone Corso. Jenner aveva dimostrato che le ragazze addette alla mungitura delle mucche che avevano contratto il vajuolo vaccino erano diventate "immuni" contro la varicella. Il concetto di immunità era nel aria già dalla metà del settecento con la variolizzazione, ma la teoria dell' immunità non era ancora stata elaborata. Luigi SACCO era riuscito a fermare due epidemie di varicella nei villaggi di Sesto e di Giussano, distanti pochi chilometri da Milano, il che gli valse il titolo di "Direttore della vaccinazione in Lombardia". Nel 1809 si contavano già 1.500.000 vaccinati nel napoleonico Regno d'Italia (L. Sacco. Trattato di vaccinazione. Milano 1809). La sperimentazione sul vaccino Jenneriano avendo fornito nuovi argomenti solidi alla teoria del "contagium animatum" già difesa da Agostino BASSO (1773-1856), Giovanni RASORI e Francesco Enrico ACERBI, Giuseppe GIANNINI andò oltre, generalizzando il principio dell' inattivazione del contagio vivente tramite gli acidi minerali, e applicandolo non più solo alle febbri contagiose, ma a tutte le malattie infettive. Scrive nel suo trattato "Della natura delle febbri e dei metodi di curarle" (Milano 1805,1809,Paris 1810, Napoli 1817) "Ammetterem dunque per dimostrato che il principio acidificante è il decompositore di tutti i contagi; e che i mezzi di profittarne non consistono che nell' effettuare nella miglior maniera possibile il necessario contatto tra lo stesso principio e la materia contagiosa.Ciò posato, eccoci condotti all' applicazione di quei rimedii che soli possono instituire una cura diretta, radicativa della nostra febbre. Il loro scopo è di scomporre il contagio petecchiale e miliare nel corpo istesso dell'ammalato, di rompere il periodo che impiegherebbe in maturarne la naturale uscita [l'apparizione dell' esantema], e di abbreviare per conseguenza, o di prevenire in molta parte la stessa malattia. I varii conduttori del principio acidificante sono i rimedii che ci promettono, come vedremo, un tanto effetto. (Vol I, p 329). "Non ho parlato in questo capitolo che della febbre petecchiale e miliare. Ma sarem presto convinti che gli stessi principii, le stesse teorie debbon essere comuni a tutti gli altri contagi (I, p. 339). Quando un secolo più tardi Paul EHRLICH (1854-1915) sognava dell 'unico medicamento capace di eliminare tutti i germi delle malattie infettive, usò come primo contro la sifilide,il Salvarsan,un metallo acido.

Referenze: [1]Franco R. CLARA. Giuseppe Giannini (1774-1818). Le traité "Della natura delle febbri e del metodo di curarle" Milano 1805, 1809. Giannini, précurseur de la chimiothérapie des maladies infectieuses.Inauguraldissertation. Medizinische Fakultät, Universitätsspital Zürich. Juris Druck & Verlag, 1974. [2] Franco R. CLARA. Giuseppe Giannini (1774-1818) Un précurseur de la chimiothérapie des maladies infectieuses. Médecine & Hygiène (Genève) 33(1975)1869-1873 [3] Giannini, Semmelweiss and handwashing Annals of Internal Medicine 86(1977) 293