Discussione:Elli (incrociatore 1912)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Helli (ex Fei Hung), 2116 tons (affondato il 15 agosto 1940)

Ex incrociatore cinese "Fei Hung" ceduto dagli Stati Uniti d’America al Governo della Grecia. Il mattino del 15 agosto 1940 l’"Helli" si trovava all’ancora nella Baia di Tinos, nell’Arcipelago greco delle Cicladi (Egeo), con il gran pavese innalzato per onorare la festa della Vergine miracolosa, che ricadeva quel giorno e cui un’immagine, meta di pellegrinaggi, era venerata in un santuario di quell’isola. La presenza dell’"Helli" a Tinos era stata ritenuta pericolosa dal Ministero della Marina ellenica che, contro il parere contrario dello Stato Maggiore, aveva inutilmente insistito di inviare, in rappresentanza per le celebrazioni religiose, al posto dell’incrociatore il cacciatorpediniere "Aetos".

Alle ore 08.30 l’"Elli" fu raggiunto da uno dei tre siluri lanciati in immersione dal sommergibile italiano "Delfino" (tenente di vascello Giuseppe Aicardi), inviato in quelle acque per ricercarvi naviglio inglese per ordine del Governatore del possedimento italiano del Dodecaneso, generale Cesare Maria de Vecchi di Valcismon,  nonostante non vi fosse allora uno stato di guerra dell’Italia con la Grecia. La iniziativa di de Vecchi, che intendeva aumentare la tensione con la Grecia, era stata incoraggiata da una lettera ricevuta dall’ammiraglio Domenico Cavagnari, sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Marina italiana, che lo aveva inviatato ad attaccare le navi britanniche entrate in Egeo; un sospetto, non del tutto infondato, che esisteva allora a Roma. 

Il siluro del "Delfino" colpì l’"Helli" sul fianco destro, sotto la caldaia, provocandone l’esplosione e la fuoriuscita della nafta in fiamme. Le navi che si trovavano nelle vicinanze accorsero in aiuto. Ma ogni tentativo di salvare l’incrociatore immobilizzato e privo di alimentazione, prendendolo a rimorchio, per portarlo in zona di bassi fondali, risultò vano. L’"Helli" fu allora abbandonato dall’equipaggio alle 09.45 e affondò alle 10.15, fortunatamente con perdite esigue, dal momento che vi furono soltanto quattro morti e ventinove feriti.

La Marina ellenica recuperò alcuni frammenti di siluri che erano esplosi contro la banchina del porto, ed il loro esame dimostrò senza ombra di dubbio che si trattava di armi di fabbricazione italiana, del calibro e del tipo in uso sulle unità subacquee della Regia Marina. Tuttavia, per quanto si fosse diffusa la convinzione, pressoché unanime, che autore dell’affondamento dell’"Helli" era un sommergibile italiano, il Governo di Atene si astenne allora dal formulare accuse nei confronti dell’Italia e lo fece soltanto in novembre dopo l’inizio delle ostilità tra i due paesi. Da parte greca, nel corso dell’attacco del "Delfino" siluri furono visti dirigere contro le navi passeggeri "Else" e "Esperus". Una delle armi esplose contro un molo del porto, danneggiandolo.

Francesco Mattesini

Riferimento: Francesco Mattesini, "Corrispondenza e Direettive Tecnico-Operative di Supermarina", Ufficio Storico della Marina Militare, Volume Primo - Secondo Tomo, Roma, 2000, Documenti n. 185 - 186, pagg. 579-582.