Discussione:Contratto reale

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Scusate ma si può sapere chi scrive queste sciocchezze! Il contratto reale non è un ossequio al diritto romano nè tantomeno un fossile! E' uno strumento inteso a posticipare il perfezionamento del contratto in modo da dare la possibilità ad una delle due parti di cambiare idea senza essere vincolata.

Esempio: il comodato (prestito d'uso). Presto la mia auto ad un amico. Fino a quando non la consegno materialmente non esiste alcuna obbligazione tra me e lui. E questo per via della natura essenzialmente gratuita del contratto di comodato.

Se non siete contrari nei prossimi giorni integrerò la voce.

--Quintiliano 12:23, Giu 23, 2006

A chi non studia tiratina d'orecchie....[modifica wikitesto]

Le sciocchezze le scrivi tu! Dove mai hai letto che il contratto reale consente di cambiare idea???? Ma sei laureato in giurisprudenza? Fai una gran confusione tra contratti gratuiti e dichiarazioni non negoziali. Nell'ipotesi da te formulata, l'amico può cambiare idea in quanto l'accordo intervenuto prima della consegna non ha, secondo le nostre abitudini, valore negoziale, ma rimane confinato nell'area degli accordi solo "socialmente" vincolanti. La riprova che la tua affermazione è ingenua viene offerta da quelle ipotesi, sempre a carattere gratuito, ove la preventiva disponibilità a far godere gratuitamente dell'auto deve sicuramente essere seguita dalla consegna. Si pensi ai casi in cui il concessionario di automobili mette a disposizione gratuitamente e quale "bonus" supplementare la cd. vettura di cortesia.

I contratti reali (e la voce è carente della definizione) sono quei contratti che per il loro perfezionamento richiedono oltre al consenso anche la consegna (traditio rei). Ciò costituisce una deroga al principio generale secondo cui il contratti si perfezionano col solo consenso. Di "libertà di cambiare idea" in dottrina ed in giurisprudenza non ha mai parlato nessuno, giacchè anche uno studentello del primo anno impara subito che "il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge". (art. 1372 c.c.). La tua affermazione è, tra l'altro, tautologica perchè non spiega per quale ragione il legislatore vorrebbe consentire, nei contratti a titolo gratuito, di cambiare idea pur quando il consenso è già stato dato. Infine, se fosse la gratuità a giustificare la possibilità "di cambiare idea" dovrebbe valere anche, ad esempio, per il mandato gratuito, mentre così non è perchè si tratta di fattispecie meramente consensuale.

Posto, dunque, che è una vera corbelleria quella da te formulata per giustificare la ratio che giustifichi la presenza di questi contratti nel nostro ordinamento, la dottrina (e sto parlando della manualistica eh, non di saggi o complessi trattati) si è chiesta per quale motivo un contratto come - ad es.- il mutuo non verrebbe considerato venuto ad esistenza dal nostro legislatore per il sol fatto che il consenso del mutuante e mutuatario non fosse seguito dalla materiale consegna della somma di denaro (art. 1803). E' ovvio che una simile pretesa è anacronistica (tutta l'attività bancaria si basa su operazioni di finanziamento meramente consensuali)! Da qui la frase "fossile giuridico". Ma tale assunto è soprattutto incoerente con ciò che lo stesso legislatore ammette laddove incidenter tantum prevede la cd. promessa di mutuo (art. 1322), la quale è senza dubbio alcuno, un mutuo a carattere meramente consensuale. Dunque una corretta interpretazione sistematica consente di far slittare la consegna della somma di denaro da elemento costitutivo a mero momento esecutivo della fattispecie, col risultato che già in sede di classificazione diviene errato giudicare il mutuo quale contratto reale. L'adeguamento del mutuo alle più moderne esigenze dei traffici è però agevole grazie, appunto, alla presenza dell'art. 1822. Quali argomenti invece utilizzare per giustificare, ad esempio, contratti di depositi a carattere meramente consensuale? Tanto per sottolineare l'assurdità della tesi secondo cui la realità servirebbe "a far cambiare idea", riporto un esempio tratto dalla moderna economia. Tizio deve partire dall'aeroporto di Fiumicino ed ha necessità di lasciare l'auto presso uno dei parcheggi contigui alle aree di imbarco. Onde evitare di non riuscire a trovare posto "prenota" via internet l'area di parcheggio, provvedendo anche al pagamento di una somma per mezzo della carta di credito. Che cosa è accaduto? Secondo la tesi "del cambio d'idea", Tizio, presentatosi all'area di parcheggio e non trovando il posto libero, potrebbe sentirsi dire "Caro signore, fin quando Lei non lascia fisicamente l'auto nel parcheggio noi siamo liberi di cambiare idea..." Questo esempio mette in evidenza l'assoluta necessità di ammettere che il deposito, il comodato e così via possano oggi essere perfezionati anche solo in via consensuale. Ed è quanto la dottrina e la giurisprudenza hanno fatto proprio riconoscendo che questi contratti, configurati quali fattispecie "reali" sono obsoleti e d'intralcio in una moderna economia. Ora: non c'è nulla di male a non aver studiato a sufficienza o nel non essere aggiornati. Però prima di definire "sciocchezze" le affermazioni della più attenta dottrina (quanto riportato nella voce non ha carattere originale, ma è la sintesi dei più recenti studi), per favore facciamo un bel bagno nell'umiltà e svolgiamo le opportune verifiche. E' appena il caso di ricordare che questa voce non ha nulla di originale, ma si limita far la sintesi di ciò che può studiarsi nelle università o nei corsi di preparazione per magistratura, notariato, avvocatura. --sutor_ultra_crepidam 12:01, 30 ago 2006 (CEST)[rispondi]

Art. 1822 (non 1322)[modifica wikitesto]

L'articolo da citare in ordine alla promessa di mutuo è il 1822 c.c. Se vi curate di leggere il codice civile sono certo la smetterete di correggere la voce indicando l'art. 1322 c.c. Per la cronaca: la responsabilità dell'iniziale refuso in ordine alla citazione dell'art. 1322 è mia, ma bene hanno fatto a correggermi... ah... gli errori di battitura, che supplizio! (--sutor_ultra_crepidam 20:29, 1 gen 2007 (CET)[rispondi]

1326 e non 1376[modifica wikitesto]

Non correggete il riferimento all'art. 1326 con l'art. 1376. Quest'ultima norma è fonte del cd. "principio consensualistico" il quale NON è il principio per cui il contratto si perfeziona col consenso. Princ. cons è sinonimo di contratto ad effetti reali. Il che significa che nel nostro ordinamento il solo consenso è sufficiente alla produzione di effetti traslativi o derivativo-costitutivi. La norma, in altri termini, esclude la dissociazione tra titulus e modus com'è, invece, in altri ordinamenti.--sutor_ultra_crepidam (msg) 11:13, 22 mar 2008 (CET)[rispondi]