Discussione:Ananke (divinità)
In merito a se sia più appropriato mettere Ananke tra la categoria "dèi greci" o "personificazione di concetti", io propenderei per la seconda (o al più per tutte due): Ananke non ha un culto proprio, non ha templi, non ha sacerdoti, viene invocata perlopiù come figura retorica nella letteratura greca o romana, nonché nella cosmogonia orfica. Molte delle entità primigenie delle teogonie sono in maggioranza personificazioni di concetti o di elementi fisici, senza un culto autonomo, a volte mai più citate altrove (vedi Esiodo). Se si deve considerare Anankè come dea, allora occorrerebbe fare lo stesso ad esempio con i 9/10 dei figli di Nyx. Riguardo alle fonti, un buon punto di partenza sono le citazioni in fondo a: http://www.theoi.com/Protogenos/Ananke.html --Skydrake (msg) 18:44, 12 mag 2014 (CEST)
- Scusami hai letto cosa è un dio greco nella voce Religione greca? Lì sono riportate delle importanti fonti seconde: leggi qui, e anche a seguire qui sotto. Con queste chiavi devi leggere le importanti fonti prime che segnali.
«WHAT IS A GREEK GOD? The title of this chapter poses a fundamental question that demands an answer. Different answers are conceivable, and which one we get depends on whom we ask. If we could go back in time and put the question to an ordinary Greek from the classical period, he might tell us that ‘I know one when I see one’, thus relying on his own inner certainty and experience of seeing gods in dreams or waking visions. In fact, ‘seeing the gods’ is one of the most ubiquitously attested forms of divine–human interaction in antiquity.1 Yet if we asked another, more cautious, Greek, he might play it safe and say with Homer: ‘Gods are dangerous when they manifest themselves clearly’ (χαλεποὶ δὲ θεοὶ ϕαίνεσθαι ἐναϱγεῖς, Iliad 20.131).2 In fact, a remarkable answer to our question has survived from the third century AD. It can be found in a hexametrical oracle of the Klarian Apollo inscribed on an altar carved into one of the walls of the city of Oinoanda in northern Lycia3: αὐτοϕυής, ἀδίδακτος, ἀμήτωϱ, ἀστυϕέλικτος, οὔνομα μὴ χωϱῶν, πολυώνυμος, ἐν πυϱὶ ναίων, τοῦτο θεός· μικϱὰ δὲ θεοῦ μέϱις ἄγγελοι ἡμεῖς. ‘Self- engendered, untaught, without mother, unshakeable, admitting of no name, with many names, dwelling in fire – this is god. We are but a small portion of god, (his) messengers.’ This pagan oracle offers an elaborate theological answer to the question, fi rst raised by Pindar, ‘What is god?’ (fr. 140d Snell/Maehler τί θεός;). The neuter pronoun in the phrase τοῦτο θεός reflects a concern with precise definition as well as a tendency to replace the concept of a personal god with a more abstract notion of divinity.4 The god envisaged here is an unnamed transcendent deity who is identified with the ethereal fi re. Aloof and mysterious, he is described in hymnic style with a series of praise words inspired by negative theology and culminating in a pair of opposites that simultaneously emphasize the god’s ineffability and the abundance of his names.5 By asking ‘What is god?’ rather than ‘Who is (a) god?’, the oracle looks beyond the individual gods and off ers a more universal, Platonizing definition of divinity. Despite their elevated tone, the epithets that characterize the highest god are conventional and have parallels in Orphic hymns, magical papyri and several other theological oracles.6 Apollo, the putative source of these hexameters, explains the gods of popular belief, himself included, collectively as emanations of the supreme being and as his ‘messengers’ (angeloi), a term that had a familiar ring for Jews and Christians alike.7 To describe these ‘angels’ as ‘a small portion of god’ is not as far- fetched as it sounds. Some seven centuries before the Oinoanda oracle Diogenes of Apollonia used an almost identical phrase to characterize the affinity of the human mind to the divine.8 By the imperial period, the notion that humans are ‘a portion of god’ had become a commonplace in philosophical circles.»
Su Ananke:
«Dea greca che personifica la necessità [...] Secondo la cosmogonia orfica Ananke generò da Chronos [...]»
E' innanzitutto una dea greca, il fatto che non abbia culto non è, né per lei, né per numerosi altri, dirimente. Il fatto che corrisponda a "personificazione di concetti" è una opinione che non trova riscontro nelle fonti. La potenza dell'amore è raccolta nella divinità di Afrodite, così la potenza del Fato in quella di Ananke, la potenza della furia in battaglia è raccolta nella divinità di Ares, non sono "concetti" ma "eventi" che si raccolgono (personificano) non in "persone" ma in "potenze" come spiegato con fonti seconde nella voce Religione greca e qui sopra. --Xinstalker (studiamo le fonti e scriviamo le voci!) (msg) 19:19, 12 mag 2014 (CEST)
Se ancora non ti ho convinto dimmelo che continuo con altre fonti seconde... Ciao! --Xinstalker (studiamo le fonti e scriviamo le voci!) (msg) 19:24, 12 mag 2014 (CEST)
«Ananke Goddess of destiny. Greek. Considered to be a universal presence. Depicted holding a spindle.»
«Greek goddess of fate. As the personification of ineluctable necessity, of inevitability, she is even set above the gods. In Orphic teaching she is incorporeal but universally present. On occasion she fuses with the figure of → Adrásteia. In her capacity as ‘she who guides the worlds’, she is portrayed holding a spindle.»
interessante Grimal:
«in popular tradition, Ananke became a goddess of death, but in the works of the poets, particularly the tragedians, she remained the incarnation of the ultimate Force which even the gods must obey.»
--Xinstalker (studiamo le fonti e scriviamo le voci!) (msg) 19:32, 12 mag 2014 (CEST)
Chiarito cosa sia un "dio" greco, ovvero potenza che si manifesta nell'evento, evento quindi "potente" ovvero "sacro", di questo noi abbiamo i termini coevi e coerenti. Quindi il mondo degli antichi è un mondo che noi indicheremmo come "incantato". Sul culto di queste potenze se vuoi possiamo approfondire.
"Persona" è un termine utilizzato, in modo simile (non uguale!) a come lo utilizziamo noi, solo a partire dallo stoico Panezio, meglio sviluppato dai teologi cristiani.
"Concetto" è molto più evolutivo. L'origine è in Parmenide nella sua necessità di separare l'apparenza dalla realtà, ma non è ancora il "concetto" per come lo intendiamo noi, nemmeno l'Idea/Forma di Platone lo è; inizia a prendere forma con Aristotele. Ma l'accezione comune che ne abbiamo (l'intelligere insieme al sentire) è di origine cartesiana.--Xinstalker (msg) 07:27, 13 mag 2014 (CEST)
- Specie l'ultima parte é molto interessante. La definizione dell'altare di Oinoanda la trovo fuorviante, ma le definizioni successive che hai esposto sono più chiare. Sul fatto che sia una dea non avrei da obiettare, sul fatto che sia definibile come personificazione di concetti però, se non bisogna considerarla tale, allora nell'apposita categoria di Google ci sono altre divinità da depennare.--Skydrake (msg) 14:29, 14 mag 2014 (CEST)
- Già era quello che mi appropinquavo a fare... infatti mi hai beccato su Ananke... :) (firmati! :) --Xinstalker (il saccente) (msg) 11:49, 13 mag 2014 (CEST)