Bozza:Zofia Kulik

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Nome = Zofia

Cognome = Kulik

Sesso = F

LuogoNascita = Breslavia, Polonia

GiornoMeseNascita = 14 Settembre

AnnoNascita = 1974

Epoca = 1900/2000

Attività = scultrice, artista performativa e fotografa

Nazionalità = polacca

Zofia Kulik è un’artista polacca che vive e lavora a Łomianki (Varsavia), la cui arte combina critica politica con una visione femminista.

Kulik ha studiato alla Facoltà di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Varsavia dal 1965 al 1971, con un diploma che consisteva in diverse parti; tra cui una tesi teorica, successivamente intitolata Film as Sculpture, Sculpture as Film, in cui avanzava delle considerazioni sulla cultura “estesa”.

Dopo la laurea ha lavorato con Przemysław Kwiek, con il quale formò il duo artistico KwieKulik che si sciolse alla fine degli anni ‘80 e Kulik cominciò quindi a lavorare in autonomia e nel 1996 ricevette il premio Paszport Polityk.

Dal 1987, Kulik cambia la direzione dei suoi interessi: "Sono affascinata dalla forma chiusa. Vorrei essere in un museo" - dichiarò. Si è quindi orientata verso il suo concetto avanguardistico di costruzione di un archivio, un approccio rivoluzionario che affronta l'archiviazione come pratica artistica essenziale.

Iniziò a creare composizioni fotografiche in bianco e nero basate su esposizioni multiple di numerosi negativi provenienti dall'archivio di immagini che assunsero svariate forme: tappeti fotografici, colonne, cancelli, medaglie, mandala e anche composizioni incompiute/non finite come Dalla Siberia alla Cyberia.

A livello tematiche le sue opere si rifanno al rapporto uomo-donna, individuo e massa, ma anche a simboli del potere e del totalitarismo. Seguendo il continuum di segni e gesti ricorrenti, un altro punto cardine del suo lavoro è il fenomeno dei mass-media e la loro influenza sui consumatori.

Le sue composizioni si trovano in collezioni di istituzioni d’arte in Polonia e all’estero (Museo d'Arte di Łódź, Museo Nazionale di Poznań, Centro Pompidou, Tate Modern, Moderna Museet e MoMA New York, dove la sua opera The Splendor of Myself II, una serie di nove stampe ai sali d’argento realizzate nel ‘97 è entrata a far parte della collezione nel 2017).

La loro arte era fortemente politica, realizzarono innumerevoli performance e dimostrazioni artistiche e produssero molti oggetti, film e fotografie.

Il duo creò anche una galleria indipendente chiamata Studio di Attività, Documentazione e Propagazione (PDDiU) situata nel loro appartamento privato a Varsacia. Nel medesimo ambito crearono anche un archivio dell’arte polacca degli anni ‘70/’80.

Nel loro modo di lavorare vennero fortemente influenzati dal concetto di Forma aperta; ovvero quello di considerare la documentazione del processo di produzione di un’opera più importante dell’opera stessa, introdotto dal loro professore Oskar Hansen (1922-2005).

"Credevamo nella possibilità di una cooperazione agevole con altri artisti, nella possibilità di un lavoro collettivo, libero dal problema della paternità, dalle preoccupazioni per la qualità dell'opera" - Zofia Kulik

Dopo la fine della collaborazione, Zofia Kulik ha iniziato a creare fotografie di grandi dimensioni. Gli autoritratti sono stati la manifestazione di un risveglio dell'identità personale.

Proprio in un'intervista a Kulik condotta nel 2004 da Bożena Czubak, quest'ultimo osserva che l'autoritratto “è stato presente nel tuo lavoro da quando hai terminato la collaborazione con Przemysław Kwiek, quindi si potrebbe avere l’impressione che da quando hai iniziato a lavorare in modo indipendente, tu abbia iniziato a guardare più da vicino te stesso e la tua immagine”.

Kulik è d’accordo e aggiunge: “Ho anche sentito un grande bisogno di comunicare qualcosa . […] Che io sono. Io esisto".

Self-Portrait with a Skull

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Questo primo autoritratto ha segnato l’inizio di un processo – che dura fino ad oggi e probabilmente durerà – di continua autoanalisi. Ciò che osserviamo in questo processo va oltre l’affermazione “io esisto”, che era cruciale all’inizio della sua carriera da solista, per arrivare a riflessioni su “come esisto”.

Film as Sculpture, Sculpture as Film, 1971

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Nel suo diploma, Kulik ha spostato il suo interesse alla relazione dinamica spettatore-oggetto. Ha proposto una serie di considerazioni sulla scultura "estesa", chiedendosi come la scultura "nasca" attraverso l'esperienza dello spettatore.

La sua teoria parte dal presupposto che la scultura sia un processo nel tempo e proprio per questo sceglie di esporre sequenze fotografiche scattate mentre lavorava su materiali, corpi di modelle e oggetti trovati.

La mostra di laurea di Kulik all’Accademia di Belle Arti si intitolava: "Instead of sculpture” e si trattava di un’installazione di diapositive a tre canali composta da circa 450 fotografie rappresentanti la sua attività e quella di altri studenti nello studio.

L’artista considera le foto come un diario visivo e si riferisce a queste opere come “sequenze” dimostrando così il suo pensiero radicale sull’intersezione tra film e scultura, tema sul quale riflette nei suoi primi scritti teorici: “Cos’è il film? Spazio nel tempo. Cos'è la scultura? Spazio nel tempo. Qual è la differenza? Il film è scultura, ma nella forma lineare (dei fotogrammi). Questa forma è definita non dal processo di codifica ma dal processo di restituzione (riproduzione).”

All the Missiles Are One Missile

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Il titolo parafrasa quello di TS Eliot: “All the women are one woman”.

L'opera assomiglia a un tappeto ornato "orientale", ma con un aspetto caleidoscopico, che si collega anche alle immagini e ai disegni dei manoscritti miniati medievali e accenna alle cattedrali.

È divisa in due parti simmetriche che ricordano il prospetto di una chiesa le quali però differiscono per tema; infatti, il lato sinistro dell’opera è dedicato alla donna: al centro del rosone si trova il monumento: “La Madre Patria chiama!” a San Pietroburgo e di fianco vediamo una riproduzione di un dipinto di  Eva di Szyndler.

Nella parte superiore e inferiore del triangolo sono posizionati alcuni fotogrammi di programmi televisivi che mostrano ballerine, il concorso di Miss America e bambine cinesi che cantano in lode del presidente Mao.

All’uomo è dedicato il lato destro dell’opera: al centro del rosone  si trova un monumento proveniente da Magnitogorsk intitolato “Back and Front” – simbolo della potenza industriale dell’Unione Sovietica ed è anche presente anche la figura moltiplicata di un uomo nudo che regge trionfalmente un drappeggio sopra la testa

Nella parte superiore e inferiore del triangolo sono stati posizionati fotogrammi fermi di programmi televisivi che mostrano soldati di vari eserciti del mondo. Il bordo mostra i fotogrammi di un documentario sull'esecuzione mediante fucilazione.

Altri fotogrammi televisivi sono visibili nella parte superiore e inferiore dell'opera, dove le strisce grigie raffigurano un'esecuzione del 1941, tratta da un documentario intitolato La Russia che abbiamo perso, trasmesso dalla televisione di Mosca nel 1993.

The Splendor of Myself

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L'analisi di questi autoritratti ci permette di osservare i modi in cui Kulik ha affrontato la questione del successo. Questa serie offre uno spaccato di come lei si percepisce come l’eroina di una storia di emancipazione di successo.

Queste opere ci mettono di fronte alla mancanza di una storia dell’arte femminista e quindi ad un’analisi sul come essere una grande arista donna in un mondo in cui il successo viene presentato come la fase finale di una corsa ad ostacoli e in cui l’arte è fortemente patriarcale.

Delle circostanze in cui è iniziata la realizzazione della serie, Kulik scrive: “Ho realizzato la prima versione dell’opera The Splendor of Myself nel 1997 appena tornata da Venezia, dove ho presentato la mia installazione durante la Biennale, volevo dimenticare il caldo, il rumore, la responsabilità, il contatto con tante persone sconosciute. Volevo "tornare a me stessa". Ho trovato una fotografia del mio viso del 1991 e ho iniziato a comporre un costume fotografico per me stessa.”

“Tornare in me stessa” in una situazione del genere, può essere inteso in molteplici modi, di cui due sono di fondamentale importanza.

In primo luogo, voleva potersi concentrare su se stessa, ripensare alla propria posizione di artista, dopo un decennio di carriera solista culminata, in un certo senso, con la presentazione di Venezia.

In secondo luogo, voleva tornare a casa sua a Łomianki e trascorrere un po' di tempo nel suo studio lavorando da sola su ciò che voleva fare, non su ciò che le veniva richiesto.

Nella serie Kulik si presenta come una regina con chiari riferimenti al ritratto ufficiale della regina Elisabetta I e stabilendo così un senso di potere femminile.

La sontuosa veste è costituita da molte fotografie in bianco e nero e a esposizione multipla del suo modello maschile e amico artista Zbigniew Libera.

Non è un caso che vengano scelte delle fotografie di nudo femminile, ma invece un’ulteriore affermazione dell’autorità femminile.

Per quanto l’abito possa apparire maestoso, pezzi di esso, la corona e gli attributi regali sono fatti di foglie di lattuga, un cetriolo e un dente di leone - oggetti di una vita rurale e quotidiana. L’artista va quindi a creare uno scontro tra ricchi e poveri, casa e Stato.

Negli angoli superiori possiamo notare due simboli che lasciano perfettamente trasparire la visione di Kulik per quanto riguarda la politica; infatti, nell’angolo sinistro possiamo notare una falce, tratta dal simbolo della falce e del martello comunista, contrapposta dall’altra parte da una croce cattolica composta da fotografie di uomini nudi

La quinta versione è quella che introduce i maggiori cambiamenti. Kulik ha cambiato il design del suo vestito e dei suoi attributi, e le immagini degli uomini sono state sostituite da una composizione in cui tiene tra le braccia sua madre e il suo ex compagno (Kwiek).

Ciò che traspare è che non è dipende più dagli uomini, e nemmeno dalla sua famiglia, dai parenti più stretti; è piuttosto il contrario: è lei che sembra prendersi cura di loro.

"In un certo senso è facile, banale e kitsch. La sottigliezza di questo lavoro si basa sulla sua complessità. Ritengo che un grande valore del mio lavoro sia il fatto di essere un talentuoso organizzatore di strutture visive composte. A loro volta tutti i dettagli sono semplici, come in una comune canzone sull'amore, sulla morte, ecc. Tutto il mio lavoro si basa sul fatto che raccolgo e archivio permanentemente le immagini di questo mondo. La complessità di questo lavoro deriva dalla ricchezza dell'archivio che possiedo" - Zofia Kulik (1998)

Self-Portrait with a Flag (1989)

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L’artista mette spesso a confronto quest’opera e “The Splendor of Myself” dicendo che dimostrano due momenti diversi nella sua carriera: l'inizio della sua carriera da solista e il momento in cui si è sentita ricevuta " piena conferma dall’esterno per quello che faccio”. Ciò è chiaramente visibile nelle opere quando si confrontano le sue due posizioni della testa ed espressioni facciali completamente diverse. Nel caso di Self-Portrait with a Flag  la vediamo come se fosse indecisa se incontrare il nostro sguardo o distogliere lo sguardo, mentre, in The Splendor of Myself affronta apertamente, con calma, gli spettatori con fiducia in se stessi.

From Siberia to Cyberia

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È  un monumentale fotomurale espanso in sequenza orizzontale.

Per quest’opera tutto è iniziato negli anni 90, quando fotografava direttamente dal suo televisore i programmi più interessanti per poi passare alle videoregistrazioni.

Kulik ha fotografato principalmente la TV pubblica polacca, Polsat, WOT, Polonia, e la TV russa; evitando i canali occidentali.

Per quanto riguarda il caso di quest’opera i fotogrammi sono documentari, film storici e, in misura minore, documentari sulla fauna selvatica e insieme ricordano l’animazione.

Ricostruisce frammenti di narrazione da programmi televisivi che ha trovato interessanti tramite ritagli di una storia più ampia, reinseriti in una nuova entità.

I fotogrammi sono disposti in ordine cronologico a partire dal 1978 fino al 2004.

Sono disposti in pannelli che, se visti da lontano, rivelano uno schema di fotogrammi vuoti a zig-zag, accentuando il flusso delle sequenze.

Apparentemente si tratta di una "massa visiva vibrante" di piccole immagini indifferenziate, che hanno perso il loro contenuto specifico per diventare tasselli di un tappeto infinito - ma a un esame più attento è possibile vedere chiaramente ogni singola foto, rivelando una complessa rete di storie parallele.

Il murale può essere visto come un libro visivo di una realtà televisiva.

  • http://kulikzofia.pl/cv-zofii-kulik/
  • https://post.moma.org/conversation-zofia-kulik-with-david-senior/
  • https://post.moma.org/author/zofia-kulik/
  • https://www.e-flux.com/criticism/236224/zofia-kulik-s-instead-of-sculpture-sequences-1968-71
  • https://www.pismowidok.org/en/archive/2019/23-the-force-of-women/zofia-kulik.-the-splendor-of-myself
  • https://www.openstarts.units.it/server/api/core/bitstreams/670ce413-bfe5-4bb3-9de7-4633ae6f0d56/content