Diana (avviso): differenze tra le versioni

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Il '''Diana''' è stato un [[aviso|avviso]] veloce della [[Regia Marina]].
Il '''Diana''' è stato un [[aviso|avviso]] veloce della [[Regia Marina]].

Versione delle 18:05, 22 feb 2011

Diana
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Il Diana è stato un avviso veloce della Regia Marina.

Storia

Impostato nei cantieri di Fiume come panfilo di Benito Mussolini, allo scoppio della guerra era ancora in costruzione e fu completato come avviso veloce[1][2].

Fu adibito a vari usi, tra cui principalmente missioni di trasporto veloce di truppe e materiali sulle rotte della Libia e dell’Egeo[3][2].

Poco dopo la sua entrata in servizio fu inviato a Rodi con un carico di alcune centinaia di tonnellate di grano destinate a nutrire i locali reparti del Regio Esercito e la popolazione civile, a corto di viveri: l’unità fu festeggiata come salvatrice e violatrice di blocco ed il suo comandante fu insignito della Medaglia d’argento al valor militare da parte del governatore del Dodecaneso[4].

Il 1° novembre 1940, verso le nove del mattino, mentre manovrava nel porto di Fiume (verosimilmente durante le prove in mare), il Diana accidentalmente speronò il rimorchiatore Quarnero, affondandolo[5].

Per la sua linea piuttosto inusuale fu talvolta scambiato da sommergibili italiani per un’unità nemica ed attaccato, fortunatamente senza risultato[2].

Il Diana fu impiegato come nave appoggio durante la fallita incursione della X Flottiglia MAS contro Malta[6]. In tale occasione il Diana, modificato per trasportare barchini esplosivi tipo MTM ed altri motoscafi modificati, salpò da Augusta alle 18.15 del 25 luglio – al comando del capitano di corvetta Mario Di Mauro[7][8] –, con a bordo 9 barchini esplosivi MTM ed un altro motoscafo modificato, tipo MTSM, e rimorchiando un motoscafo da trasporto tipo MTL (destinato al trasporto di due siluri a lenta corsa)[6]. Uno degli SLC e due MTM avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni, permettendo così ai rimanenti MTM ed all’altro SLC di penetrare nella rada della Valletta e di minare le navi lì ormeggiate[6]. Insieme al Diana navigavano anche i MAS 451 e 452[6]. Il Diana, come era previsto nei piani, si portò sino ad un punto C, ad una ventina di miglia dalla Valletta, giungendovi alle 22.45; in un quarto d’ora mise a mare i barchini ed alle 23 invertì la rotta per portarsi al largo di Capo Passero, dove iniziò a stazionare in attesa dell’eventuale ritorno delle altre unità[6]. L’attacco fu un totale fallimento: gli incursori furono rilevati dai radar e presi sotto un tiro incrociato mentre attaccavano; tutti i barchini e gli SLC andarono distrutti o catturati, così come l’MTL ed i due MAS, sorpresi e mitragliati da aerei britannici mentre si allontanavano[6]. Tra gli incursori e gli equipaggi dei MAS e motoscafi d’appoggio, una cinquantina di uomini, solo undici riuscirono a scampare alla morte od alla cattura: s’imbarcarono sull’MTSM che raggiunse il Diana[6]. Raccolti i pochi superstiti, l’avviso diresse per rientrare alla base[6].

Alle 11.25 del 29 giugno 1942, mentre era in navigazione alla volta di Tobruk con a bordo, oltre all’equipaggio, 4 ufficiali e 293 tra sottufficiali (in maggioranza) e marinai del CREM (si trattava del personale del Comando Marina di cui era prevista la ricostituzione a Tobruk, città di recente riconquistata dalle forze dell’Asse[9][10]) il Diana fu avvistato dal sommergibile britannico Thrasher, ad otto miglia di distanza, in posizione 33°21’ N e 23°20’ E[2]. Alle 11.44 il Thrasher lanciò sei siluri da circa 550 metri di distanza: colpito da due o quatto siluri (il sommergibile inglese rivendicò infatti non meno di quattro armi a segno), il Diana s’inabissò rapidamente nel punto 33°30’ N e 23°30’ E (75 miglia a nord del Golfo di Bomba, in Cirenaica[9]), trascinando con sé i tre quarti degli uomini a bordo[2]. Alcune motosiluranti di scorta, dopo aver infruttuosamente attaccato il Thrasher, prestarono i primi soccorsi[2].

Più tardi, tra il 29 ed il 30 giugno, giunse sul posto la nave ospedale Arno, che si occupò, seppure in condizioni di mare mosso, del recupero di tutti i superstiti: 119 uomini[9]. Le perdite umane ammontarono a 336 tra morti e dispersi[9][2].

Note

  1. ^ http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/almanacco/Pagine/ABCD/diana.aspx
  2. ^ a b c d e f g http://forum.axishistory.com/viewtopic.php?f=75&t=157741
  3. ^ http://www.culturanavale.it/documentazione.php?id=182
  4. ^ Aldo Cocchia, Convogli. Un marinaio in guerra 1940-1942, p. 174
  5. ^ Rolando Notarangelo, Gian Paolo Pagano, Navi mercantili perdute, p. 395
  6. ^ a b c d e f g h Giorgio Giorgerini, Attacco dal mare. Storia dei mezzi d’assalto della Marina italiana, pp. 111-154-155-157-158-160-163
  7. ^ http://associazioneitalia.blogspot.com/2008/12/la-decima-mas-e-teseo-tesei-contro.html
  8. ^ http://www.corpidelite.net/DecimaOperazione.html
  9. ^ a b c d Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia, Erminio Bagnasco, Le navi ospedale italiane 1935-1945, p. 44
  10. ^ Aldo Cocchia, Convogli. Un marinaio in guerra 1940-1942, pp. 258-259
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