Visualizza wikitesto di Diaspora giapponese

[[File:Map of the Japanese Diaspora in the World.svg|miniatura|300x300px|Mappa della Diaspora giapponese.]]
[[File:Kobe Emigration Center.jpg|thumb|Giapponesi presso un centro per l'emigrazione di [[Kōbe]], 1956]]

La '''diaspora giapponese''' è la [[migrazione umana|migrazione]] volontaria o forzata del [[giapponesi|popolo giapponese]] verso l'estero, verificatasi in diversi periodi della [[Storia del Giappone|storia]]. La prima emigrazione dal [[Giappone]] si verificò già durante il XII secolo verso le [[Filippine]], ma non divenne un fenomeno di massa almeno fino al [[periodo Meiji]], quando i giapponesi iniziarono a spostarsi verso il [[Nord America|Nord]] e il [[Sud America]] in cerca di nuove opportunità di lavoro. Si verificò anche una significativa migrazione verso i territori d'oltremare dell'[[Impero giapponese|Impero]] durante il periodo coloniale; tuttavia, la maggior parte degli emigrati fece ritorno in patria dopo la fine della [[Guerra del Pacifico (1941-1945)|guerra del Pacifico]], a seguito della [[resa del Giappone]].

Al mondo vi sono approssimativamente 3,8 milioni<ref name="jadesas">{{Cita web |url=http://www.jadesas.or.jp/en/aboutnikkei/index.html |titolo=Who are "Nikkei & Japanese Abroad"? |accesso=3 febbraio 2019 |lingua=en |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131201063237/http://www.jadesas.or.jp/en/aboutnikkei/index.html |dataarchivio=1º dicembre 2013 |urlmorto=sì }}</ref> di '''''nikkei''''', termine con cui vengono identificati gli emigrati giapponesi in terre straniere e i loro [[Discendenza|discendenti]]. Gran parte di essi risiede in [[Brasile]], più precisamente negli stati di [[San Paolo (stato)|San Paolo]] e [[Paraná (stato)|Paraná]], mentre negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] essi sono maggiormente concentrati nelle [[Hawaii]], in [[California]] e nello [[Washington (Stato)|stato di Washington]]. Un piccolo gruppo di cittadini di origine nipponica vive anche in [[Canada]], in [[Europa]] e in [[Oceania]]. A queste comunità di più remoto insediamento si aggiungono circa un milione di cittadini giapponesi residenti all'estero, in numerosi paesi.

== Terminologia ==
{{Vedi anche|Issei}}
''Nikkei'' o ''nikkei-jin'' ({{nihongo2|日系}} o {{nihongo2|日系人}}) è il termine usato per riferirsi agli emigrati giapponesi in terre straniere e ai loro discendenti che, emigrando dal Giappone, hanno creato all'interno delle società che li hanno accolti delle comunità caratterizzate da uno stile di vita e degli usi e costumi unici. Il termine può stare a indicare anche coloro che sono in parte di origine giapponese e che condividono le usanze dei giapponesi nativi, o agli emigrati e ai loro discendenti che tornano in Giappone, i quali spesso vivono in comunità separate e non si identificano nel resto della popolazione giapponese.<ref>{{cita|L.R. Hirabayashi, J.A. Hirabayashi e Kikumura-Yano, 2002|p. 19}}.</ref>

Poiché i giapponesi vedono nella propria omogeneità culturale e razziale un valore importante,<ref>{{cita|Yoshino, 1997|pp. 199-211}}.</ref> i primi emigrati e la loro discendenza godono di diversa considerazione da parte dell'opinione pubblica.<ref>{{cita|Merler e Niihara, 2011|p. 35}}.</ref> La comunità ''nikkei'' è storicamente divisa in {{nihongo|[[Generazione|generazioni]]|世|sei}}, con una marcata differenza tra [[issei]] (ovvero coloro nati in Giappone e poi emigrati), ''[[nisei]]'' (i discendenti di seconda generazione nati all'estero), ''sansei'' (terza generazione), ''yonsei'' (quarta) e ''gosei'' (quinta);<ref>{{cita|Lesser, 2007|p. 84}}.</ref> le prime tre generazioni riflettono quindi atteggiamenti nettamente differenti in fatto di autorità, genere, legame alla terra di origine, credo religioso e altri aspetti sociali rispetto alle generazione successive.<ref>{{cita|McLellan, 1999|pp. 36, 59}}.</ref>

== In Asia ==
A causa della [[Sakoku|politica autarchica]] instaurata dallo [[shogunato Tokugawa]] nel XVII secolo, secondo la quale a nessuno straniero era permesso sbarcare in Giappone e a nessun cittadino giapponese era permesso abbandonare il paese, il Giappone rimase relativamente isolato fino a metà del XIX secolo. Le uniche eccezioni erano rappresentate dai [[Cina|cinesi]] e dagli [[Paesi Bassi|olandesi]], con cui vennero mantenuti minimi rapporti commerciali. In precedenza i giapponesi si erano spinti, sempre per motivi legati al commercio, non oltre le vicine coste del Sud-est asiatico e della [[Cina]], dando vita in alcuni casi a delle [[Japantown|comunità autonome]].<ref>{{cita web|url=http://www.janm.org/projects/inrp/english/sc_befu.htm|titolo=Nikkei in the Context of Globalizing Japan|autore=Harumi Befu|lingua=en|accesso=28 agosto 2016|dataarchivio=17 gennaio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130117124012/http://www.janm.org/projects/inrp/english/sc_befu.htm|urlmorto=sì}}</ref>
[[File:Japantowns.jpg|thumb|upright=1.3|Mappa delle rotte commerciali giapponesi (in viola), delle enclavi (in rosso) e delle Japantown (in verde) nel Sud-est asiatico durante i secoli XVI e XVII]]

=== Primi spostamenti: le colonie portoghesi e il Sud-est asiatico ===
I [[Portogallo|portoghesi]] furono una delle prime popolazioni con cui i giapponesi vennero a contatto, e durante il XVI secolo il [[Schiavitù in Giappone|commercio di schiavi]] tra i due paesi era pratica consolidata.<ref>{{cita news|cognome=Hoffman|nome=Michael|data=26 maggio 2013|titolo=The rarely, if ever, told story of Japanese sold as slaves by Portuguese traders|url=http://www.japantimes.co.jp/culture/2013/05/26/books/the-rarely-if-ever-told-story-of-japanese-sold-as-slaves-by-portuguese-traders/|pubblicazione=[[The Japan Times]]|accesso=27 agosto 2016|lingua=en|dataarchivio=5 maggio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190505094146/https://www.japantimes.co.jp/culture/2013/05/26/books/the-rarely-if-ever-told-story-of-japanese-sold-as-slaves-by-portuguese-traders/|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{cita news|data=10 maggio 2007|titolo=Europeans had Japanese slaves, in case you didn't know&nbsp;...|url=http://www.japanprobe.com/2007/05/10/europeans-had-japanese-slaves-in-case-you-didnt-know/|pubblicazione=Japan Probe|accesso=27 agosto 2016|lingua=en|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304030813/http://www.japanprobe.com/2007/05/10/europeans-had-japanese-slaves-in-case-you-didnt-know/|dataarchivio=4 marzo 2016|urlmorto=sì}}</ref> I portoghesi acquistavano regolarmente schiavi dal Giappone, i quali venivano poi rivenduti alle colonie portoghesi in Asia (su tutte [[Macao]]<ref>{{cita|Appiah e Gates, 2005|p. 479}}.</ref>), oltre al Portogallo stesso. Poiché la maggior parte delle schiave finivano per diventare [[Prostituzione|prostitute]] o [[Concubinato|concubine]], nel 1571 [[Sebastiano I del Portogallo|Sebastiano I]], temendo che tale situazione finisse per aver un effetto negativo sul [[proselitismo]] cattolico in Giappone, ne proibì la pratica.<ref>{{cita|Nelson, 2004|p. 463}}.</ref> Si dovette tuttavia attendere fino al 1595 affinché venisse approvata una legge che la vietasse in modo ufficiale.<ref>{{cita|Dias, 2007|p. 71}}.</ref>

[[File:Japanese people in the Philippines.jpg|thumb|left|verticale|Giapponesi nelle Filippine in una rappresentazione del XVI secolo]]
Le prime migrazioni volontarie verso il resto dell'Asia risalgono invece al XII secolo, quando un gruppo di marinai giapponesi si insediò nelle [[Filippine]].<ref>{{cita|Minahan, 2014|p. 59}}.</ref> In [[Thailandia]] le autorità siamesi concessero ai giapponesi un appezzamento di terra nella periferia meridionale del reame di [[Ayutthaya]], il quale arrivò ad ospitare nel XVI secolo tra i 1000 e i 1500 emigrati.<ref>{{cita|Denoon, 2001|p. 154}}.</ref> Un secolo più tardi diversi giapponesi lavorarono nelle [[Indie orientali olandesi]] (l'odierna [[Indonesia]]) come mercenari a servizio della [[Compagnia delle Indie Orientali olandesi|Compagnia delle Indie]].<ref>{{cita web|url=http://old.thejakartapost.com/community/japan1.asp|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080413223548/http://old.thejakartapost.com/community/japan1.asp|titolo=Shining Japan: From mercenaries and sex workers to entrepreneurs|autore=Damar Harsanto|pubblicazione=[[The Jakarta Post]]|lingua=en|accesso=28 agosto 2016|dataarchivio=13 aprile 2008|data=14 aprile 2008}}</ref> Un'ondata migratoria più imponente si verificò nel 1614, quando centinaia di giapponesi cattolici fuggirono dalla persecuzione religiosa imposta dal [[bakufu]] e si stabilirono nelle Filippine, dove era già presente una numerosa comunità di loro connazionali ormai assimilata alla popolazione locale.<ref>{{cita|Klein, 2008|p. 3}}; {{cita|Leupp, 2003|pp. 52-53}}.</ref>

=== L'apertura del Giappone e il periodo coloniale ===
Posto fine al suo auto-isolamento, il Giappone adottò una nuova forma di governo in sostituzione del sistema Tokugawa, comportando radicali cambiamenti politici e sociali e l'apertura del paese al mondo esterno durante il [[periodo Meiji]]. Lo stesso bakufu iniziò a emettere documenti di viaggio e permessi per gli spostamenti all'estero a partire dal 1867.<ref>Per maggiori informazioni sulla storia dei documenti di viaggio e dei passaporti nel Giappone moderno, vedi {{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/ms/da/page25e_000016.html|titolo= Let's ask questions to the Diplomatic Archives! Historical Diplomatic Holdings: Q&A|data=23 aprile 2015|accesso=28 agosto 2016}}</ref>

Prima del 1885, comunque, pochi giapponesi emigravano dal Giappone, in parte perché il nuovo governo Meiji era riluttante a consentire l'emigrazione, in parte perché quest'ultimo non aveva il potere politico per proteggere adeguatamente i propri emigranti, e perché riteneva che la presenza all'estero di giapponesi occupati in lavori non qualificati avrebbe pregiudicato le chance di rivedere i [[trattati ineguali]]. Una notevole eccezione a questa tendenza fu rappresentata da un gruppo di 153 lavoratori a contratto che, senza passaporti né documenti ufficiali, emigrarono verso [[Hawaii]] e [[Guam]] nel 1868. Essi sono ricordati come {{nihongo|''gan'nen-mono''|元年者||lett. "persone del primo anno"}}, perché lasciarono il Giappone nel primo anno del periodo Meiji. Nel 1885 il governo iniziò a sponsorizzare in modo ufficiale i programmi di emigrazione in modo da alleviare la pressione dovuta alla sovrappopolazione e agli effetti delle riforme finanziarie di [[Matsukata Masayoshi]] nelle zone rurali. Nei successivi dieci anni, il governo rimase strettamente coinvolto nella selezione e nella preparazione al viaggio degli emigranti. Le autorità giapponesi erano fermamente intenzionate a far sì che i propri connazionali risultassero ben educati durante il soggiorno all'estero, al fine di dimostrare all'Occidente che il Giappone fosse una società dignitosa, meritevole di rispetto. Entro la metà del 1890 le imprese in materia di immigrazione, non sponsorizzate dal governo, dominavano il processo di reclutamento degli emigranti, ma l'ideologia introdotta dal governo continuò a influenzare i piani di emigrazione per molti anni.<ref>{{cita|Adachi, 2006|pp. 52-68}}.</ref>

La necessità di materie prime, causata dalla rapida industrializzazione del paese, aveva portato il governo giapponese a focalizzare l'attenzione sui ricchi giacimenti minerari del [[Sud-est asiatico]], in particolare sulle miniere di [[ferro]] della [[Malesia britannica]] (parte dell'odierna [[Malaysia]]). Per la fine del periodo Meiji la popolazione giapponese nella regione si aggirava sui 4.000 abitanti, anche se, all'inizio del XX secolo, gran parte di questa fosse costituita da prostitute, residenti principalmente a [[Singapore]]. Il boom della gomma portò inoltre molti giapponesi a lavorare nelle piantagioni di [[caucciù]] sparse nella penisola.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://iibfdergi.cu.edu.tr/1998.pdf|titolo=Ties That Bind: Japan-Malaysian Economic Relations in Historical Perspective|autore=Mehmet Sami Denker|rivista=İktisadi ve idari bilimler fakültesi dergisi|editore=Università di Çukurova|data=1998|volume=8|numero=1|pp=1-15|lingua=en|accesso=6 febbraio 2019}}</ref>
In Thailandia, la causa dell'immigrazione fu perorata sia dal governo giapponese sia da quello locale, allo scopo di attrarre contadini abili a sfruttare le vaste aree incolte del paese.<ref>{{Cita news |url=http://eresources.nlb.gov.sg/newspapers/Digitised/Article/straitstimes18940403-1.2.31 |titolo=Japanese in Siam. |pubblicazione=[[The Straits Times]]|data=3 aprile 1894 |accesso=6 febbraio 2019|p=3|lingua=en}}</ref> Non si registrarono tuttavia migrazioni su larga scala, e nel 1896 a [[Bangkok]] il numero di giapponesi emigrati rimaneva compreso tra le 30 e le 50 unità.<ref>{{cita|Swan, 1986|p. 13}}.</ref> Successivamente il Giappone iniziò a inviare in Thailandia esperti nel campo del diritto, dell'istruzione e della [[sericoltura]], in modo da contribuire alla sua modernizzazione;<ref name="thailandia">{{cita web|url=https://www.mofa.go.jp/region/asia-paci/thailand/data.html|titolo=Japan-Thailand Relations (Basic Data)|data=14 luglio 2016|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> nel 1913 i giapponesi in Thailandia erano 219.<ref>{{Cita libro|url=https://archive.org/stream/bangkoksiamdirec1914bank#page/201/mode/2up|titolo=Directory for Bangkok and Siam|editore=Bangkok Times Press|data=1914|accesso=6 febbraio 2019|p=201|lingua=en}}</ref>

[[File:Davao Japantown in 1930s.JPG|thumb|La Japantown di Davao negli anni trenta]]
Nel 1898 le Indie olandesi contavano tra la popolazione 614 giapponesi,<ref>{{cita|S. Shiraishi e T. Shiraishi, 1993|p. 8}}.</ref> i quali divennero più di 6.000 durante gli anni trenta del XX secolo.<ref>{{cita web|url=http://wwwsoc.nii.ac.jp/aacs/pdf/article/5_2.pdf|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120319144845/http://wwwsoc.nii.ac.jp/aacs/pdf/article/5_2.pdf|titolo=エスニックコミュニティの成立と発展 一大洗町における定住インドネシア人共同体の事例一|titolotradotto=Nascita e sviluppo di una comunità. Il caso della comunità indonesiana di Ōarai|rivista=Chiiki Bunka Kenkyū|autore=Yutaka Fukihara|numero=5|data=2007|p=27|accesso=31 agosto 2016|dataarchivio=19 marzo 2012|lingua=ja|urlmorto=sì}}</ref> Dopo la fine del [[Occupazione giapponese delle Indie orientali olandesi|periodo occupazionista]], circa 3.000 soldati dell'[[esercito imperiale giapponese]] scelsero di rimanere in Indonesia e combattere al fianco della gente del luogo contro i coloni olandesi nella [[guerra d'indipendenza indonesiana]]; circa un terzo di questi rimase ucciso, mentre un altro terzo si stabilì definitivamente in Indonesia dopo la fine dei combattimenti.<ref>{{cita web|url=http://sankei.jp.msn.com/culture/imperial/080119/imp0801191209001-n1.htm|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080124171131/http://sankei.jp.msn.com/culture/imperial/080119/imp0801191209001-n1.htm|titolo=秋篠宮ご夫妻、英雄墓地に献花 ジャカルタ|pubblicazione=[[Sankei Shinbun]]|data=19 gennaio 2008|accesso=31 agosto 2016|dataarchivio=24 gennaio 2008|lingua=ja|urlmorto=sì}}</ref> A [[Davao]], nelle Filippine, si trasferirono numerosi operai giapponesi che trovarono lavoro nei campi e nelle piantagioni di [[Musa textilis|àbaca]], dando vita a una fiorente comunità che nel XX secolo arrivò ad ospitare un [[santuario shintoista]], una scuola e un consolato giapponese.<ref>{{cita web|url=http://www.pacificcitizen.org/content/2007/national/apr20-lin-davaokuo.htm|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080222185058/http://www.pacificcitizen.org/content/2007/national/apr20-lin-davaokuo.htm|titolo=A Little Tokyo Rooted in the Philippines|pubblicazione=Pacific Citizen|autore=Lynda Lin|data=20 aprile 2007|accesso=29 agosto 2016|dataarchivio=22 febbraio 2008|lingua=en}}</ref>

[[File:Poster to recruit immigrant to Manchukuo.png|thumb|left|verticale|Poster distribuito dal governo giapponese per attrarre immigrati in Manchukuò]]
[[File:Move4.jpg|thumb|Immigrati giapponesi a Taiwan]]
Ci fu inoltre un significativo flusso migratorio verso i territori d'oltremare controllati dell'[[Impero del Giappone]] durante il periodo coloniale giapponese, nella fattispecie [[Corea sotto il dominio giapponese|Corea]], [[Taiwan sotto il dominio giapponese|Taiwan]], [[Manciukuò]] e [[Prefettura di Karafuto|Karafuto]]. Rispetto agli emigrati nelle Americhe, i giapponesi che sceglievano di trasferirsi nelle colonie asiatiche potevano aspettarsi di trovare un livello sociale più alto e un lavoro meglio retribuito al loro arrivo.<ref>{{cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060619173835/http://times.hankooki.com/lpage/opinion/200603/kt2006032318091354130.htm|url=http://times.hankooki.com/lpage/opinion/200603/kt2006032318091354130.htm|titolo=The Dawn of Modern Korea - Settling Down|pubblicazione=[[The Korea Times]]|autore=Andrei Lankov|data=23 marzo 2006|accesso=29 agosto 2016|dataarchivio=19 giugno 2006|lingua=en|urlmorto=no}}</ref> Nel 1938 vi erano 309.000 giapponesi a Taiwan,<ref>{{cita pubblicazione|autore=A. J. Grajdanzev |url=https://www.jstor.org/stable/2752241|titolo=Formosa (Taiwan) Under Japanese Rule |rivista=Pacific Affairs|editore=University of British Columbia|volume=15|numero=3|data=1942|pp=311-324|lingua=en|abstract=x|doi=10.2307/2752241|accesso=29 agosto 2016}}</ref> e sul finire della seconda guerra mondiale oltre 850.000 giapponesi in Corea<ref>{{cita pubblicazione|autore=Kim Eung-ryul|url=http://www.usc.edu/dept/LAS/CMTS/MonoPaper3-13.html|titolo=The Life Instability of Intermarried Japanese Women in Korea|editore=The Center for Multiethnic and Transnational Studies|lingua=en|accesso=29 agosto 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/19991013000846/http://www.usc.edu/dept/LAS/CMTS/MonoPaper3-13.html|dataarchivio=13 ottobre 1999|urlmorto=sì}}</ref> e più di 2 milioni in Cina,<ref>{{cita web|url=http://www.chinadaily.com.cn/china/2006-06/26/content_625490.htm|titolo=Killing of Chinese in Japan concerned|pubblicazione=[[China Daily]]|data=26 giugno 2006|accesso=29 agosto 2016|citazione=By the end of World War II, there were more than 2 million Japanese emigrants in China, most of whom were farmers in the northeast, according to researchers.|lingua=en}}</ref> la maggior parte di loro agricoltori in Manciukuò, dove era previsto un piano per portare a 5 milioni i coloni giapponesi.<ref>{{cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081223062821/http://www.japanfocus.org/products/details/1715|url=http://www.japanfocus.org/products/details/1715|titolo=The New Imperialism and the Post-Colonial Developmental State: Manchukuo in comparative perspective|pubblicazione=The Asia-Pacific Journal|autore=Prasenjit Duara|accesso=29 agosto 2016|dataarchivio=23 dicembre 2008|citazione=The Japanese had a plan to bring in five million Japanese settlers into Manchukuo, but the rural settler population never exceeded 250,000. In the mid-1930s, the total Japanese population was under 600, 000.|lingua=en|urlmorto=sì}}</ref> Prima dell'[[Guerra sovietico-giapponese (1945)|offensiva sovietica]] dei primi di agosto del 1945, nel Karafuto (Sud di [[Sachalin]]) vivevano circa 400.000 persone, la maggior parte di origine giapponese o coreana.<ref>{{cita|Paichadze e Seaton, 2015|p. 92}}.</ref> La perdita delle [[isole Curili]], tuttavia, comportò l'espulsione di 17.000 giapponesi, la maggior parte dalle isole meridionali.<ref>{{cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20010429211632/http://www.american.edu/TED/ice/kurile.htm|url=https://www.american.edu/TED/ice/kurile.htm|titolo=The Kurile Islands Dispute|data=1997|accesso=30 agosto 2016|dataarchivio=29 aprile 2001|lingua=en|urlmorto=no}}</ref>

=== Dopo la seconda guerra mondiale ===
Durante e dopo la seconda guerra mondiale la maggior parte dei giapponesi all'estero fu fatto rimpatriare in Giappone: oltre 6 milioni di cittadini giapponesi furono espulsi dalle colonie asiatiche e dalle città interessate dai combattimenti.<ref>{{cita|Watt, 2010|p. 1}}.</ref> Solo pochi rimasero all'estero, spesso involontariamente, come nel caso degli [[orfani giapponesi in Cina|orfani in Cina]] o dei [[prigionieri di guerra]] catturati dall'[[Armata Rossa]] e condannati ai lavori forzati in [[Siberia]].<ref name="nkorea">{{cita web|urlarchivio=https://archive.is/20061113081334/http://www.mosnews.com/news/2005/04/01/japanesedied.shtml|url=http://www.mosnews.com/news/2005/04/01/japanesedied.shtml|titolo=Russia Acknowledges Sending Japanese Prisoners of War to North Korea|data=4 gennaio 2005|accesso=30 agosto 2016|dataarchivio=13 novembre 2006|lingua=en}}</ref> Durante gli anni cinquanta e sessanta, si stima che 6.000 giapponesi si trasferirono in compagnia dei coniugi [[Coreani in Giappone|Zainichi]] in [[Corea del Nord]], mentre altri 27.000 prigionieri di guerra furono inviati lì dall'[[Unione Sovietica]].<ref name="nkorea"/><ref>{{cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070927012134/http://www.nautilus.org/fora/security/07022MorrisSuzuki.html|url=http://www.nautilus.org/fora/security/07022MorrisSuzuki.html|titolo=The Forgotten Victims of the North Korean Crisis|autore= Tessa Morris-Suzuki|data=13 marzo 2007|accesso=30 agosto 2016|dataarchivio=27 settembre 2007|lingua=en}}</ref> Sempre negli anni sessanta il numero degli emigranti giapponesi e coreani in Corea del Nord calò bruscamente dopo che nel Paese del Sol Levante si sparse la voce delle cattive condizioni economiche, della discriminazione sociale e della repressione politica che entrambe le popolazioni erano costrette ad affrontare.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.jpri.org/publications/critiques/critique_IV_10.html|titolo=The Dilemma of North Korea's Japanese Wives|autore=Kim Yong-mok|rivista=Japan Policy Research Institute Critique|volume=IV|numero=10|data=1997|accesso=30 agosto 2016|lingua=en|dataarchivio=27 settembre 2006|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060927105907/http://www.jpri.org/publications/critiques/critique_IV_10.html|urlmorto=sì}}</ref>

Come il Giappone iniziò a risollevarsi dalla situazione disastrosa del secondo dopoguerra e ad accrescere i propri investimenti all'estero, la quota di popolazione espatriata crebbe di conseguenza: a [[Hong Kong]], tra il 1981 e 1999, il numero di residenti giapponesi triplicò salendo da 7.802 a 23.480.<ref>{{cita|Goodman, Peach, Takenaka e White, 2009|p. 132}}.</ref> La restituzione di Hong Kong alla Cina nel 1997, tuttavia, spinse molte delle aziende giapponesi attive nel territorio a trasferire le loro operazioni nella Cina continentale,<ref>{{cita|Wong, 1999|p. 182}}.</ref> con un conseguente declino della popolazione giapponese residente. Durante gli anni duemila i cittadini giapponesi residenti in Cina aumentarono approssimativamente di tre volte passando da 46.000 a 127.000, in proporzione alla crescita del volume degli scambi tra i due paesi.<ref>{{cita web|url=https://edition.cnn.com/2010/BUSINESS/11/11/obama.twin.sisters.japan/index.html|titolo=Twin Tale: Rising China, Japan's setting sun|pubblicazione=[[CNN]]|autore=Kyung Lah|accesso=31 agosto 2016|data=12 novembre 2010|lingua=en}}</ref> Gli [[Emigrazione giapponese in Cina|emigrati giapponesi in Cina]] sono concentrati soprattutto nell'area di [[Gubei]] a [[Shanghai]].<ref>{{cita web|url=https://travel.cnn.com/tokyo/life/japanese-expats-in-shanghai-784796/|titolo=Japanese making Shanghai their home|pubblicazione=[[CNN]]|accesso=31 agosto 2016|data=10 dicembre 2010|lingua=en}}</ref>

Gli anni dieci del XXI secolo hanno visto crescere la [[Emigrazione giapponese in India|comunità giapponese in India]], per lo più costituita da ingegneri espatriati e dirigenti di aziende giapponesi quali [[Toyota]], [[Honda]], [[Fujitsu]], [[Komatsu Limited|Komatsu]] e [[Hitachi (azienda)|Hitachi]].<ref>{{cita web|url=http://www.deccanherald.com/content/426667/more-japanese-companies-root-facilities.html|titolo=More Japanese companies root for facilities in Bangalore|autore=Ravi Menon|pubblicazione=[[Deccan Herald]]|accesso=31 agosto 2016|data=20 agosto 2014|lingua=en}}</ref> Filippine, Thailandia, Singapore e Malaysia, come in passato, continuano a ospitare alcune delle più importanti comunità giapponesi in Asia, mentre una comunità più piccola risiede in [[Pakistan]].<ref name="ministero"/>

== In America ==
[[File:Affiche émigration JP au BR-déb. XXe s..jpg|thumb|upright=0.9|Poster di propaganda giapponese in favore dell'emigrazione in Sud America]]
Le migrazioni verso gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e il [[Canada]] iniziarono in numero significativo in seguito ai cambiamenti politici, culturali e sociali susseguenti la [[restaurazione Meiji]] del 1868. Le restrizioni sui viaggi all'estero furono attenuate una volta che il Giappone stabilì [[Relazioni internazionali del Giappone|relazioni diplomatiche]] con le nazioni occidentali. Già dal 1866 il governo giapponese permetteva agli studenti giapponesi di recarsi negli Stati Uniti per motivo di studio.<ref name="tamura">{{cita|Tamura, 1993|p. XXXVII}}.</ref> Dal 1884 anche i rappresentanti della classe operaia iniziarono a emigrare all'estero,<ref name="tamura"/> in particolare verso il [[Sud America]], spinti dalla prospettiva di un lavoro sicuro ed esortati dal governo che vedeva nell'emigrazione l'unica soluzione possibile al problema della repentina sovrappopolazione del paese.<ref name="allam">{{Cita news |autore=Magdi Allam |url=http://www.repubblica.it/online/la_vita_degli_altri/28gen/28gen/28gen.html |titolo=La sottile discriminazione dei "brasiliani" giapponesi |pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]] |data=28 gennaio 2003 |accesso=10 febbraio 2018}}</ref>

Le prime migrazioni verso il Sud America iniziarono alla fine dell'Ottocento in [[Messico]] (1897) e in [[Perù]] (1899), proseguendo per tutto il resto della prima metà del XX secolo in [[Cile]] (1903), [[Argentina]] (1908), [[Brasile]] (1908), [[Colombia]] (1929) e [[Paraguay]] (1936).<ref name="iacobelli">{{cita|Iacobelli, 2017|pp. 15-16}}.</ref> Prima della seconda guerra mondiale in 780.000 abbandonarono l'arcipelago, seguiti subito dopo da altri 260.000.<ref name="allam"/> Nella seconda metà del XX secolo non si verificarono nuovi importanti flussi migratori,<ref>{{cita|Maidment e Mackerras, 1998|p. 80}}.</ref> ma il fenomeno si arrestò del tutto soltanto nel 1993.<ref name="allam"/>

=== Canada e Stati Uniti ===
[[File:Passengers arriving in Vancouver.jpg|thumb|left|Emigrati giapponesi sbarcano a Vancouver, 1907]]

La prima ondata di immigrati dal Giappone giunse in [[Canada]] sul finire del XIX secolo, composta in maggioranza da pescatori delle prefetture di [[Prefettura di Wakayama|Wakayama]] e [[Prefettura di Shiga|Shiga]]. Stabilitisi per lo più nelle cittadine portuali dell'[[isola di Vancouver]] e in altre zone costiere della [[Columbia Britannica]], contribuirono allo sviluppo dell'industria conserviera ittica, lavorando inoltre nel settore della pesca e nell'industria del legname. Attirati dalla grande richiesta di manodopera a basso costo, negli anni successivi altri giapponesi seguirono le orme dei loro predecessori, cosicché nel primo decennio del XX secolo la [[Emigrazione giapponese in Canada|comunità giapponese in Canada]] contava più di 18.000 residenti.<ref name="izumi">{{cita web|url=http://encyclopedia.densho.org/Japanese%20Canadian%20exclusion%20and%20incarceration/|titolo=Japanese Canadian exclusion and incarceration|autore=Masumi Izumi|accesso=2 settembre 2016|lingua=en}}</ref>

Inizialmente gli immigrati giapponesi e i loro discendenti dovettero convivere con l'intolleranza dei locali, che mal sopportavano il modo in cui i giapponesi si fossero insediati diffusamente nel settore della pesca, dell'agricoltura e dell'industria, superando in efficienza i canadesi e minacciando in questo modo la loro egemonia sul mercato.<ref>{{cita|La Violette, 1948|pp. 4-18}}.</ref> La situazione migliorò leggermente durante gli anni della prima guerra mondiale, quando i nipponici incominciarono a esser visti non più come un corpo estraneo grazie all'alleanza con l'[[Impero britannico]]. Dopo la guerra, tuttavia, gli immigrati giapponesi videro nuovamente montare l'indignazione pubblica nei loro confronti, in quanto rei di aver rubato il posto di lavoro ai soldati canadesi partiti per il fronte, venendo percepiti, più che mai, come una minaccia per i lavoratori bianchi.<ref>{{cita|Young, 1938|p. 13}}.</ref> Negli anni trenta, il governo canadese decise di revocare e non concedere più licenze di pesca agli immigrati giapponesi, che così dovettero ripiegare su altri settori, andando a concorrere ancor di più con i canadesi e alimentando ulteriormente le tensioni.<ref>{{cita|Young, 1938|p. 123}}.</ref>
[[File:Seattle - Japantown 1909 01.jpg|thumb|Quartiere giapponese di [[Seattle]], 1909]]

Negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] il passaggio della [[Chinese Exclusion Act|legge sull'esclusione dei cinesi]] del 1882 fece crescere la richiesta di manodopera giapponese, in modo da colmare il vuoto lasciato dagli immigrati dalla Cina. Le Hawaii, in particolare, divennero una delle principali destinazioni per gli immigrati provenienti dal Giappone, e furono profondamente trasformate dalla [[Giapponesi delle Hawaii|presenza giapponese]].<ref>{{cita web|url=https://www.loc.gov/teachers/classroommaterials/presentationsandactivities/presentations/immigration/japanese2.html|capitolo=Hawaii: Life in a Plantation Society|titolo=Immigration...Japanese|editore=[[Biblioteca del Congresso]]|accesso=3 settembre 2016|lingua=en}}</ref> Tuttavia, come i giapponesi incominciarono a insediarsi anche in altre zone del paese, il risentimento per il loro successo nel settore agricolo in combinazione con la retorica del "[[pericolo giallo]]" in voga in quegli anni portò alla nascita di un [[sentimento antigiapponese]] simile a quello che dovettero affrontare i cinesi.<ref name="anderson">{{cita web|url=http://encyclopedia.densho.org/Anti-Japanese%20exclusion%20movement/|titolo=Anti-Japanese exclusion movement|autore=Emily Anderson|accesso=3 settembre 2016|lingua=en}}</ref> Nel 1907 un [[Accordo informale tra Giappone e Stati Uniti d'America|accordo informale tra il governo giapponese e quello statunitense]] pose fine all'immigrazione giapponese negli Stati Uniti, permettendo comunque l'arrivo di figli e mogli dal Giappone (perlopiù "spose in fotografia"),<ref>{{cita web|url=http://encyclopedia.densho.org/Gentlemen%27s_Agreement/|titolo=Gentlemen's Agreement|autore=Shiho Imai|accesso=3 settembre 2016|lingua=en}}</ref> almeno fino all'approvazione della [[legge sull'immigrazione del 1924]], quando le restrizioni in materia di immigrazione furono ulteriormente inasprite.<ref name="anderson"/>
[[File:JapaneseAmericansChildrenPledgingAllegiance1942-2.jpg|thumb|Giovani nippo-americani [[Pledge of Allegiance|giurano fedeltà alla bandiera statunitense]] prima dell'internamento, aprile 1942]]

Durante la seconda guerra mondiale, come conseguenza dell'[[attacco di Pearl Harbor]] e dell'entrata in guerra del Giappone, tutte le persone di origine giapponese furono [[Internamento dei giapponesi negli Stati Uniti|internate in campi di prigionia]] e costrette a svendere i loro possedimenti.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://search.proquest.com/openview/025cf307f9697f484ea615724d9c42f5/1?pq-origsite=gscholar|titolo=The Japanese-Canadian redress settlement and its implications for "race relations"|autore=Audrey Kobayashi|rivista=Canadian Ethnic Studies|volume=4|numero=1|data=1992|accesso=2 settembre 2016|lingua=en|abstract=x}}</ref><ref>{{cita web|url=https://www.loc.gov/teachers/classroommaterials/presentationsandactivities/presentations/immigration/japanese4.html|capitolo=Behind the Wire|titolo=Immigration...Japanese|editore=[[Biblioteca del Congresso]]|accesso=11 settembre 2016|lingua=en}}</ref> Dopo il conflitto i nippo-americani dovettero faticare non poco per ricostruire ciò che restava della loro comunità,<ref name="rebuild">{{cita web|url=https://www.loc.gov/teachers/classroommaterials/presentationsandactivities/presentations/immigration/japanese5.html|capitolo=Rebuilding a Community|titolo=Immigration...Japanese|editore=[[Biblioteca del Congresso]]|accesso=4 gennaio 2017|lingua=en}}</ref> mentre molti nippo-canadesi furono obbligati a trasferirsi in altre regioni del Canada o a fare ritorno in Giappone.<ref name="izumi"/>

In età contemporanea la [[Nippo-americani|comunità nippo-americana]] è composta da oltre un milione di individui, e molti immigrati di seconda generazione hanno conquistato posizioni di spicco nei più svariati settori, dalla politica alle arti.<ref name="rebuild"/> Allo stesso modo, i nippo-canadesi si sono stabiliti principalmente nelle regioni della Columbia Britannica, in [[Alberta]] e in [[Ontario]] e hanno contribuito a tutti gli aspetti della società canadese.<ref name="encicanada"/>

=== Messico ===
[[File:Japanese immigrants in Sonora.jpg|thumb|Immigrati giapponesi impiegati come lavoratori alle miniere di [[Sonora (stato)|Sonora]], anni 1910]]

Le restrizioni imposte dal governo statunitense spinsero un numero sempre maggiore di giapponesi a scegliere come meta l'[[America Latina]].<ref name="iacobelli"/> Il primo paese a essere interessato da un'importante ondata migratoria fu il [[Messico]], con i primi trentacinque giapponesi giunti nel [[Chiapas]] nel 1897 sotto gli auspici del visconte [[Enomoto Takeaki]] e dopo il benestare del presidente messicano [[Porfirio Díaz]].<ref name="nishikawa">{{Cita web |url=http://www.uabc.mx/historicas/Revista/Vol-I/Numero%201-8/Contenido/La%20inmigracion.htm|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070321190833/http://www.uabc.mx/historicas/Revista/Vol-I/Numero%25201-8/Contenido/La%2520inmigracion.htm |autore=Antonieta Kiyoko Nishikawa Aceves|titolo=La inmigración japonesa a Ensenada durante la primera mitad del siglo XX |editore= Universidad Autónoma de Baja California |accesso=11 febbraio 2018|dataarchivio=21 marzo 2007|lingua=es}}</ref> L'interesse delle autorità giapponesi era rivolto soprattutto al commercio di caffè e per questo i primi coloni erano impiegati principalmente nelle piantagioni. Le difficili condizioni economiche costrinsero tuttavia molti migranti a fare a meno dell'assistenza del governo e ripiegare su altre professioni.<ref name="terui">{{cita pubblicazione|autore=Megumi Terui|titolo=Migrantes japoneses en México: la trayectoria de investigación de Ota Mishima|url=http://confines.mty.itesm.mx/articulos2/TeruiM.pdf|rivista=Confines|editore=Instituto Tecnológico y de Estudios Superiores de Monterrey|data=2005|lingua=es|accesso=11 febbraio 2018|dataarchivio=6 marzo 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090306134152/http://confines.mty.itesm.mx/articulos2/TeruiM.pdf|urlmorto=sì}}</ref> La colonia originaria finì per disperdersi anche se rimase una piccola comunità giapponese ad [[Acacoyagua]].<ref>{{cita conferenza|autore=Emma Mendoza Martínez|titolo=Migración okinawense al sur de Veracruz, México, principios del siglo XX|url=http://ceaa.colmex.mx/aladaa/memoria_xiii_congreso_internacional/images/mendoza_emma.pdf|conferenza=XIII Congreso Internacional de ALADAA|editore=Asociación Latinoamericana de Estudios de Asia y África|lingua=es|accesso=11 febbraio 2018|dataarchivio=16 marzo 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140316195524/http://ceaa.colmex.mx/aladaa/memoria_xiii_congreso_internacional/images/mendoza_emma.pdf|urlmorto=sì}}</ref>

La maggior parte dei giapponesi che emigrò in Messico nella prima metà del XX secolo trovò lavoro nelle miniere, nei campi di canna da zucchero e successivamente nel settore edile, man mano che crebbe la domanda di lavoratori specializzati.<ref name="terui"/> A differenza di ciò che avvenne negli Stati Uniti e in altri paesi dell'America Latina, gli immigrati giapponesi in Messico non furono oggetto di discriminazioni: la loro presenza venne infatti vista come parte dello sviluppo del paese piuttosto che come una minaccia, grazie anche al contributo in campi come la medicina e l'ingegneria. Nel 1940 si contavano 1.550 nazionali giapponesi residenti nel paese, sebbene altre stime parlino di 6.000 individui.<ref name="paddie">{{cita pubblicazione|autore=Francis Peddie|titolo=Una Presencia Incómoda: La Colonia Japonesa de México Durante la Segunda Guerra Mundial|url=http://www.ejournal.unam.mx/ehm/ehm32/EHM000003203.pdf|rivista=Estudio de Historia Moderna y Contemporánea de México|editore=[[Università nazionale autonoma del Messico]]|pp=73-101|data=2006|lingua=es|accesso=11 febbraio 2018|issn=0185-2620|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304083708/http://www.ejournal.unam.mx/ehm/ehm32/EHM000003203.pdf|dataarchivio=4 marzo 2016|urlmorto=sì}}</ref> Le principali comunità si trovavano nelle città di [[Ensenada]], [[Rosarito]] e [[Mexicali]].<ref name="nishikawa"/>

L'immigrazione giapponese in Messico calò drasticamente durante la seconda guerra mondiale, e coloro che già risiedevano nel paese dovettero subire l'onta della ricollocazione forzata dopo che il Messico interruppe ogni relazione diplomatica con il Giappone.<ref name="terui"/> Molti dovettero abbandonare la zona costiera della [[Bassa California]] per rifugiarsi nelle città interne di [[Puebla de Zaragoza]], [[Guadalajara (Messico)|Guadalajara]], [[Cuernavaca]] e [[Città del Messico]], mentre altri furono internati nei campi del [[Guanajuato]] e del [[Querétaro]]. Dopo la guerra la maggior parte di essi poté fare ritorno e riprendere possesso delle loro proprietà, anche se alcuni decisero di rifarsi una vita nelle nuove città.<ref name="paddie"/>

Il flusso migratorio tra i due paesi riprese dopo la fine del conflitto. Dal 1951 fino al 1978 l'immigrazione fu agevolata dal [[Miracolo economico giapponese|periodo di forte crescita economica]] che interessò il Giappone in quegli anni, che portò il paese nipponico a investire pesantemente all'estero.<ref name="terui"/> Sebbene le prime migrazioni verso il Messico iniziarono già sul finire del XIX secolo, esse non raggiunsero mai i numeri dell'immigrazione in Brasile o negli Stati Uniti.<ref name="paddie"/> Nel 2005 si contavano circa 35.000 individui di origine giapponese in Messico.<ref name="fernandez">{{cita web|autore=Francisco Lizcano Fernández|url=http://www.redalyc.org/pdf/105/10503808.pdf|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131022220348/http://www.redalyc.org/pdf/105/10503808.pdf|formato=pdf|titolo=Composición Étnica de las Tres Áreas Culturales del Continente Americano al Comienzo del Siglo XXI|rivista=Revista Convergencia|editore=Universidad Autónoma del Estado de México|volume=12|numero=38|data=2005|accesso=7 settembre 2016|p=201|dataarchivio=22 ottobre 2013|lingua=es}}</ref>

=== Brasile e Perù ===
[[File:Kasato Maru Postal Card.jpg|thumb|La ''[[Kasato Maru]]'', che portò i primi immigrati giapponesi in Brasile nel 1908]]

Nel 1907 il governo giapponese e quello brasiliano firmarono un accordo che permise ai giapponesi di emigrare in [[Brasile]] per lavorare nelle numerose piantagioni di [[Coffea|caffè]] del paese,<ref>{{Cita web |url=http://www.itu.com.br/colunistas/artigo.asp?cod_conteudo=15869 |titolo=A Imigração Japonesa em Itu |autore=Anicleide Zequini |autore2= Aline Antunes Zanatta|sito=itu.com.br |data=10 novembre 2008 |lingua=pt |accesso=5 gennaio 2017}}</ref> ma fu solo dopo il 1924 che il governo giapponese intervenne in modo attivo, attuando una strategia nazionale di controllo e gestione delle migrazioni dei suoi cittadini.<ref name="orizzonti">{{Cita web |url=http://www.orizzontinternazionali.org/2012/06/22/amici-oltreoceano-esperienze-migratorie-confronto/#_ftn1 |titolo=Amici oltreoceano: esperienze migratorie a confronto. I giapponesi in Perù e in Brasile e il loro ritorno |autore=Chiara Galvani|data=22 giugno 2012 |accesso=10 febbraio 2018}}</ref>
[[File:01 puerto cerro azul y sakura maru full.jpg|thumb|left|L'arrivo della ''Sakura Maru'' nel porto di [[Cerro Azul (Perù)|Cerro Azul]], che portò i primi immigrati giapponesi in Perù nel 1899]]

Nonostante le aspettative del governo, che vedeva nella comunità nippo-brasiliana e nella sua discendenza una possibile chiave di volta nei rapporti tra i due paesi, la prima generazione di ''nikkei'' mantenne a lungo un atteggiamento di chiusura verso il paese adottivo, non riuscendo a integrarsi a pieno con la popolazione locale. I primi migranti erano partiti dal Giappone con l'idea di trattenersi in Brasile solo il tempo strettamente necessario e, una volta arricchitisi, ritornare in patria.<ref>{{Cita web|url=http://www.saopaulo.sp.gov.br/imigracaojaponesa/historia.php|titolo=A Linha do Tempo da Imigração Japonesa|lingua=pt|accesso=11 gennaio 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161231203754/http://saopaulo.sp.gov.br/imigracaojaponesa/historia.php/|dataarchivio=31 dicembre 2016|urlmorto=sì}}</ref> Anche in [[Perù]], dove si era stabilita una piccola comunità già a partire dal 1899, gli immigrati giapponesi dovettero affrontare una situazione simile a quella brasiliana, venendo percepiti dai locali come un gruppo etnico chiuso e per questo inadatto all'assimilazione nella società peruviana.<ref name="orizzonti"/>


Maggiori differenze tra le due comunità emersero all'inizio della seconda guerra mondiale. In Perù i ''nikkei'' continuavano a sentirsi un corpo estraneo, con un senso di inadeguatezza paradossalmente amplificato dell'elezione come presidente nel 1990 di un immigrato giapponese di seconda generazione, [[Alberto Fujimori]]. Molti nippo-peruviani scelsero persino di non votare per lui, temendo gravi ripercussioni in caso di fallimento della sua politica. La comunità nippo-peruviana negli anni ebbe un impatto culturale significativo sul paese, soprattutto in ambito politico, commerciale<ref>{{Cita news|url=http://www.atimes.com/japan-econ/AJ16Dh01.html|titolo='Home' is where the heartbreak is for Japanese-Peruvians|pubblicazione=Asia Times|data=16 ottobre 1999|autore=Abraham Lama|accesso=23 febbraio 2018|lingua=en|dataarchivio=6 gennaio 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100106194749/http://atimes.com/japan-econ/AJ16Dh01.html|urlmorto=sì}}</ref> e culinario,<ref name="Takenaka">{{cita pubblicazione|autore=Ayumi Takenaka|titolo=Immigrant integration through food: Nikkei cuisine in Peru|rivista=Contemporary Japan|data=2017|volume=29|doi=10.1080/18692729.2017.1351022|numero=2|url=http://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/18692729.2017.1351022|lingua=en|abstract=x|accesso=24 settembre 2018}}</ref> raggiungendo anche una migliore condizione economica e sociale, senza però mai sentirsi veramente parte dalla società ospitante.<ref name="orizzonti"/>

In Brasile gli immigrati giapponesi seppero invece integrarsi sempre più all'interno del paese, anche grazie a una sorta di assimilazione obbligata imposta dalla dittatura di [[Getúlio Vargas]] (1930-1945), che portò alla chiusura di scuole e giornali giapponesi e costrinse quindi i ''nikkei'' a una rapida integrazione.<ref name="orizzonti"/>
Secondo il [[Ministero degli affari esteri (Giappone)|Ministero degli esteri giapponese]], nel 2017 in Brasile vivevano 2 milioni di [[nippo-brasiliani]],<ref name="jpnbra"/> in gran parte residenti nel quartiere [[Liberdade (San Paolo)|Liberdade]] di [[San Paolo (Brasile)|San Paolo]]<ref>{{cita|Lesser, 2007|p. 3}}.</ref> e nello stato di [[Paraná (stato)|Paranà]].<ref>{{Cita news|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080624140253/http://madeinjapan.uol.com.br/2008/06/21/ibge-traca-perfil-dos-imigrantes|url=http://madeinjapan.uol.com.br/2008/06/21/ibge-traca-perfil-dos-imigrantes|titolo=IBGE traça perfil dos imigrantes|pubblicazione=Made in Japan|data=21 giugno 2008|accesso=5 febbraio 2019|dataarchivio=24 giugno 2008|lingua=pt}}</ref>
[[File:Japanese Workers in Coffee Plantation.jpg|thumb|Immigrati giapponesi lavorano nelle piantagioni di caffè brasiliane, 1930 circa]]

=== Comunità minori dell'America Latina ===
L'emigrazione giapponese verso i paesi latino-americani oltre a Messico, Brasile e Perù nella prima metà del XX secolo fu principalmente il risultato di una trasmigrazione da queste nazioni maggiori, e solo in minima parte conseguenza di una diretta migrazione dal Giappone.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|p. 86}}.</ref>

La mancanza di lavoro frenò sensibilmente l'[[nippo-cileni|immigrazione giapponese in Cile]], e nonostante gli sforzi del governo giapponese, solo 194 immigrati giunsero nel paese tra il 1908 e il 1925. I primi 126 immigrati erano arrivati nel 1903 per lavorare come minatori, ma la forte reticenza locale all'immigrazione straniera costrinse molti giapponesi a cercare fortuna nei paesi vicini.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 48, 104}}.</ref> Nel 1940 in [[Cile]] risiedevano 948 persone di origine giapponese; molte di queste divennero proprietare di piccoli negozi, caffetterie o lavanderie, altre trovarono lavoro come barbieri, floricoltori o carpentieri. Il livello di vita degli emigrati giapponesi in Cile risultava essere il più basso tra i paesi dell'America Latina, e gran parte della comunità nippo-cilena risiedeva nei quartieri poveri di [[Valparaíso]], [[San Antonio (Cile)|San Antonio]] e [[Santiago del Cile|Santiago]].<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 104-105}}.</ref>
[[File:Immigration from Ryukyus to Bolivia.JPG|thumb|Immigrati okinawani in Bolivia, 1956]]

In [[Bolivia]], come in Cile, l'immigrazione fu frenata dalla scarsità di lavoro a basso costo, la cui richiesta era già ampiamente soddisfatta dalla presenza degli immigrati [[india]]ni e dalla comunità ''[[Meticcio|mestizo]]''. Sebbene alcune piccole migrazioni si fossero verificate già a partire dal 1908, il numero di immigrati giapponesi non raggiunse cifre ragguardevoli almeno fino alla seconda guerra mondiale. Il clima di forte instabilità politica venutosi a creare in seguito alla [[guerra del Chaco]] (1932-1935) contribuì anch'esso a scoraggiare sensibilmente la presenza giapponese in Bolivia, giacché l'immigrazione straniera non era considerata una priorità dal governo locale. Alla fine degli anni trenta la [[Nippo-boliviani|comunità nippo-boliviana]] contava circa 600 persone, distribuite perlopiù nelle città di [[Santa Cruz de la Sierra|Santa Cruz]], [[La Paz]], [[Oruro]], [[Potosí]] e [[Riberalta]], dove dal 1906 risiedeva una piccola comunità di okinawani.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 95-101}}.</ref>
[[File:Café El japonés en Boedo.jpg|thumb|Una caffetteria giapponese di [[Boedo]] ([[Buenos Aires]]), 1940 circa]]

In [[Argentina]] la prima importante ondata migratoria si verificò all'indomani della chiusura delle frontiere in Nord America. Nel 1908 160 giapponesi si stabilirono nella [[provincia di Jujuy]], dove nel 1914 lavoravano più di 200 immigrati nella piantagioni di canna da zucchero. Durante i primi anni della prima guerra mondiale gran parte dei giapponesi arrivò in Argentina dal Brasile o dal Perù, spesso illegalmente. Molti [[nippo-argentini]] si stabilirono nelle città di [[Buenos Aires]], [[Rosario (Argentina)|Rosario]] e [[Córdoba (Argentina)|Córdoba]], trovando lavoro nel settore agricolo e manifatturiero, così come nella piccola imprenditoria come proprietari di bar o caffetterie.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 88-89}}.</ref>
A differenza di altri paesi latino-americani, l'Argentina non impose sostanziali restrizioni sull'immigrazione straniera, e negli anni trenta il numero di immigrati giapponesi si aggirava tra i 5.000 e i 7.000.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|p. 95}}.</ref> Nel secondo dopoguerra molti immigrati giapponesi decisero di rimanere in Argentina, con un'importante seconda ondata migratoria che si verificò negli anni cinquanta.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 146-147}}.</ref> Nel 2016 la comunità nippo-argentina era composta da circa 65.000 individui, e costituiva la terza comunità più grande dell'America Latina<ref>{{Cita news |url=http://www.telam.com.ar/notas/201611/171079-japon-visita-oficial-primer-ministro-nipon-shinzo-abe-casa-de-gobierno.html |titolo=Argentina inicia una nueva etapa en su relación con Japón|pubblicazione=[[Télam]]|lingua=es|data=21 novembre 2016 |accesso=3 febbraio 2019}}</ref> dopo Brasile e Perù.
[[File:Japoneses en Colombia.jpg|thumb|left|Un gruppo di immigrati giapponesi a [[Palmira (Colombia)|Palmira]], in Colombia]]

Sebbene non ai livelli dei loro connazionali in Cile, anche i primi immigrati giunti in [[Colombia]] dovettero affrontare grandi difficoltà. Se in Brasile le piantagioni di caffè avevano avuto un ruolo determinante nell'affermazione dei giapponesi nel paese, in Colombia la decisione dei grandi proprietari terrieri di non puntare sulla manodopera straniera per aumentare la propria produttività impedì loro di affermarsi immediatamente nel settore agricolo. I primi coloni giunsero a [[Corinto (Colombia)|Corinto]] nel 1929 per lavorare nelle piantagioni di [[fagioli]] sotto la supervisione di una compagnia agricola locale. Dopo un inizio incoraggiante, il crollo dei prezzi dei fagioli di fine anni trenta costrinse molti di essi ad abbondare la comunità e a mettersi in proprio. Oggetto di vessazione e discriminazione durante gli anni della seconda guerra mondiale, solo dopo la fine del conflitto i [[Nippo-colombiani|giapponesi in Colombia]] riuscirono a emergere e a inserirsi nella società ospitante, ottenendo discreto successo in campo lavorativo e integrandosi alla popolazione locale grazie ai numerosi matrimoni misti con i nativi.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 105-107}}.</ref>

[[File:Inmjap py2.jpg|thumb|left|[[Matsuri|Festival tradizionale giapponese]] a [[Itauguá]], Paraguay]]
Nonostante l'abbondanza di terre coltivabili e la mancanza di manodopera, il [[Paraguay]] faticò ad attrarre immigrati per quasi tutta la prima metà del XX secolo, a causa delle numerose guerre civili che attanagliavano il paese in quegli anni. I primi coloni giapponesi arrivarono soltanto nel 1936 creando una piccola comunità a [[La Colmena]], cittadina poco distante dalla capitale [[Asunción]]. In seguito a un accordo trilaterale tra il governo giapponese, brasiliano e paraguayano, i giapponesi vennero accolti in Paraguay per lavorare come agricoltori o braccianti, sebbene essi furono utilizzati anche per la costruzione di strade, viadotti e piccole strutture industriali. L'abbandono di molti di questi progetti, e l'impossibilità di attuare un piano agricolo simile a quello adottato in Brasile per via di marcate differenze climatiche e topografiche, contribuì ad alimentare un crescente senso di alienazione tra i [[nippo-paraguayani|giapponesi in Paraguay]]. A questo si aggiunse la volontà di questi ultimi di mantenere ben saldi i legami culturali con il Giappone, attraverso l'edificazione di scuole e santuari e l'istituzione di festival religiosi, le cui celebrazioni vennero osservate almeno fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 101-103}}.</ref> Durante la guerra, a seguito dell'interruzione delle relazioni tra le due nazioni, gli immigrati giapponesi furono trattati alla stregua di stranieri in un paese ostile, e la colonia di La Colmena fu riconvertita in territorio di asilo giapponese.<ref>{{Cita web|url=http://www.rengoukai.org.py/es/la-sociedad-nikkei/historia.html|titolo=Historia de la Inmigración Japonesa al Paraguay|accesso=3 febbraio 2019|lingua=es|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190213040944/http://www.rengoukai.org.py/es/la-sociedad-nikkei/historia.html|dataarchivio=13 febbraio 2019|urlmorto=sì}}</ref> Dopo la fine del conflitto Giappone e Paraguay riallacciarono i rapporti, con la conseguente ripresa dei flussi migratori tra i due paesi.<ref>{{Cita news |lingua=es |url=http://www.abc.com.py/edicion-impresa/politica/origen-de-la-inmigracion-japonesa-en-el-paraguay-149038.html |titolo=Origen de la inmigración japonesa en el Paraguay|pubblicazione=[[ABC Color]] |data=20 agosto 2010 |accesso=3 febbraio 2019}}</ref>

Sotto l'influenza degli Stati Uniti quasi tutte le piccole repubbliche centroamericane scelsero di limitare l'ingresso dei giapponesi nei propri confini, cosicché negli anni trenta si contavano sole poche dozzine di immigrati giapponesi in Centro America. Solo [[Panama]] rappresentava un'eccezione, in quanto meta obbligata di coloro che intendevano raggiungere il Perù. A [[Cuba]] la concorrenza nel settore agricolo delle grandi aziende statunitensi e degli immigrati cinesi e spagnoli offrì pochi spiragli di crescita alla comunità giapponese dell'isola, che seppe comunque ritagliarsi il proprio spazio nel tessuto economico nazionale. I primi coloni arrivarono a Cuba dal Messico durante gli anni della [[rivoluzione messicana]] (1910-1916), mentre una migrazione più massiccia si verificò alla fine degli anni trenta, quando 610 giapponesi giunsero sull'isola direttamente dal Giappone.<ref>{{cita|Masterson e Funada-Classen, 2004|pp. 107-110}}.</ref> Tra il 1956 e il 1961 fu presente anche una piccola comunità giapponese nella [[Repubblica Dominicana]], come parte di un programma avviato dall'allora leader dominicano [[Rafael Leónidas Trujillo|Rafael Trujillo]]. Le proteste contro le estreme condizioni di vita sommate alla promesse non mantenute dal governo locale convinse il governo giapponese a rivedere gli accordi presi interrompendo le migrazioni patrocinate dallo Stato.<ref>{{Cita pubblicazione|titolo=The Odyssey of Japanese Colonists in the Dominican Republic|autore=Oscar H. Horst|autore2=Katsuhiro Asagiri|rivista=Geographical Review|volume=90|data=luglio 2000|pp=335-358|doi=10.2307/3250857|numero=3|editore=American Geographical Society|jstor=3250857|lingua=en}}</ref><ref>{{cita|Azuma, 2002|pp. 32-48}}.</ref>

== In Europa ==
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento le migrazioni dal Giappone all'[[Europa]] rappresentavano un fenomeno trascurabile, soprattutto se confrontato con i livelli raggiunti in America e nel resto dell'Asia. In quel lasso di tempo il numero dei migranti nel Vecchio Continente si aggirava sulle poche decine di migliaia, e i maggiori interessati erano per lo più studenti inviati dal governo all'estero a proprie spese.<ref>{{cita|Ichihashi, 1931|pp. 635-636}}.</ref>

Nei primi anni del XX secolo in [[Regno Unito]] si contavano poco più di 500 emigrati giapponesi.<ref>{{cita|Itoh, 2001|p. 2}}.</ref> Come il volume degli affari tra i due paesi crebbe, anche la comunità giapponese raggiunse numeri importanti, con 1.871 persone residenti in terra britannica nel 1935. Sebbene la maggior parte vivesse a [[Londra]], anche le città portuali di [[Glasgow]], [[Newcastle upon Tyne]], [[Middlesbrough]], [[Cardiff]], [[Liverpool]] e [[Swansea]] arrivarono a ospitare un buon numero di studenti, pescatori e piccoli imprenditori provenienti dal Giappone.<ref name="conte-helm68">{{cita|Conte-Helm, 2013|p. 68}}.</ref> Durante la seconda guerra mondiale, alcuni di essi decisero di lasciare il paese per far ritorno in patria, ma in seguito agli [[Battaglia di Hong Kong|avvenimenti di Hong Kong]] del 1941 i più furono arrestati e internati nei campi dell'[[isola di Man]].<ref>{{cita|Itoh, 2001|p. 168}}.</ref> La comunità giapponese in Regno Unito conobbe nuova vita negli anni settanta e ottanta grazie agli investimenti giapponesi nei settori manifatturiero e automobilistico locali. Nel 1994 il numero di emigrati giapponesi si attestava sui 54.415, di cui 38.000 residenti a Londra.<ref name="conte-helm68"/>

Nel 2004 quella inglese rappresentava la più nutrita comunità di espatriati giapponesi in Europa, seguita dai [[Emigrazione giapponese in Francia|giapponesi in Francia]] (circa 35.000 persone) e dai [[Emigrazione giapponese in Germania|giapponesi in Germania]] (30.000).<ref>{{cita|Cwiertka, 2006|p. 190}}.</ref> Fin dal periodo Meiji la [[Francia]] era vista come la culla dello sviluppo e della cultura occidentale, sicché i primi giapponesi che vi si stabilirono furono spinti perlopiù da motivi di natura intellettuale piuttosto che da motivi economici.<ref>{{cita|Yatabe, 2001|p. 30}}.</ref> All'inizio del XX secolo, il [[giapponismo]] svolse un ruolo importante nella percezione francese degli immigrati giapponesi: essi erano visti come i rappresentanti di una cultura artistica ma vacua, esotica, auto-assorbita e apolitica. L'ascesa del [[militarismo giapponese]] in Asia, che portò alla seconda guerra mondiale, finì tuttavia per intaccare quest'immagine, alimentando il clima di sospetto dei francesi nei confronti dei giapponesi e degli asiatici in generale.<ref>{{cita|Slaymaker, 2003|p. 187}}.</ref> Negli anni novanta e duemila la presenza giapponese in Francia era vista quasi con indifferenza, al contrario del flusso molto più controverso di migranti proveniente dal [[Nord Africa]].<ref>{{cita|Yatabe, 2001|p. 31}}.</ref>

[[File:Düsseldorf-Stadtmitte Japanischer Supermarkt.JPG|thumb|left|Un supermercato giapponese a Düsseldorf, in Germania]]
In [[Germania]], la più grande concentrazione di emigrati giapponesi si trova nella città di [[Düsseldorf]],<ref>{{Cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20091119100139/http://www.dus.emb-japan.go.jp/profile/deutsch/kulturbuero/japaner_in_ddorf_2009-05.htm|titolo=Japanisches Generalkonsulat Düsseldorf|url=http://www.dus.emb-japan.go.jp/profile/deutsch/kulturbuero/japaner_in_ddorf_2009-05.htm|data=27 maggio 2009|dataarchivio=19 novembre 2009|accesso=2 febbraio 2019|lingua=de}}</ref> ma durante gli anni trenta [[Berlino]] arrivò a ospitare il 20% della popolazione giapponese in Europa. Nel 1936 i giapponesi furono nominati "ariani onorari" dai [[Germania nazista|nazisti]], e al momento dell'attacco di Pearl Harbor circa 300 giapponesi vivevano a Berlino. Nello stesso periodo poco meno di 200 giapponesi tra donne e bambini lasciarono la Germania per fare ritorno in patria, partendo dal [[porto di Amburgo]].<ref>{{cita|Kudo, 2012|p. 31}}.</ref>
[[File:VladivostokKimonoWoman.jpg|thumb|Una donna giapponese cammina tra le strade di Vladivostok, anni 1910]]

Uno sparuto numero di giapponesi risiede in [[Russia]], la maggior parte stabilitavisi nel tempo in cui i due paesi condividevano i territori di Sachalin e delle isole Curili. Durante il periodo Edo la comunità giapponese era concentrata nella Russia orientale, ed era formata perlopiù da naufraghi a cui era fatto divieto tornare in Giappone.<ref name="Kobayashi">{{Cita pubblicazione|autore=Tadashi Kobayashi|titolo=Japanese Language Education in Russia|url=http://www.erina.or.jp/en/Opinion/2001/Russia/kobayashi2.htm|data=2002|editore=Economic Research Institute for Northeast Asia|rivista=Opinion Papers|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722121116/http://www.erina.or.jp/en/Opinion/2001/Russia/kobayashi2.htm|dataarchivio=22 luglio 2011|lingua=en|accesso=3 febbraio 2019}}</ref> Con l'apertura del paese all'Occidente, [[Vladivostok]] divenne il fulcro della comunità giapponese in Russia,<ref name="Saveliev">{{cita pubblicazione|autore=Igor R. Saveliev|autore2=Yuri S. Pestushko|titolo=Dangerous Rapprochement: Russia and Japan in the First World War, 1914-1916|rivista=Acta Slavica Iaponica|volume=18|data=2001|accesso=3 febbraio 2019|pp=29-33|url=http://src-h.slav.hokudai.ac.jp/publictn/acta/18/igor-yuri.pdf|lingua=en}}</ref> arrivando a ospitare 392 persone nel 1890.<ref>{{cita|Minichiello, 1998|pp. 47-49}}.</ref>
Il fenomeno dell'emigrazione giapponese in Russia rimase tuttavia circoscritto rispetto alle più numerose comunità cinesi e coreane; un censimento governativo del [[territorio del Litorale]] riferito al 1897 stimava il numero di giapponesi a 2.291, contro i 42.823 cinesi e i 26.100 coreani.<ref name="Saveliev"/> Dopo gli avvenimenti della seconda guerra mondiale e la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi, un certo numero di giapponesi si trasferì in Russia per scopi commerciali, educativi o diplomatici. Secondo il Ministero degli esteri del Giappone, nel 2017 in Russia vivevano 2.696 persone di nazionalità giapponese.<ref name="ministero">{{cita|Ministero degli affari esteri del Giappone, 2017|pp. 32-33 (tabella 2.7.1)}}.</ref>

== In Oceania ==
=== Australia ===
[[File:StateLibQld 1 171423 Japanese workers on Hambledon Sugar Plantation, Cairns, ca. 1896.jpg|thumb|Lavoratori giapponesi nelle piantagioni di canna da zucchero del Queensland, in Australia, 1896 circa]]
La politica isolazionista del Giappone limitò l'emigrazione giapponese in [[Australia]] fino all'inizio del XIX secolo. I primi migranti giunti nel paese tra gli anni 1880 e 1890 trovarono lavoro principalmente come [[Raccolta di perle in Australia|raccoglitori di perle]] nei mari dell'Australia settentrionale. Il resto lavorava nell'industria della canna da zucchero nel [[Queensland]] o era impiegato nel settore dei servizi. Nel 1891, appena 30 immigrati giapponesi si erano stabiliti a [[Victoria (Australia)|Victoria]].<ref name="victoria">{{Cita web|titolo=History of immigration from Japan|url=https://museumsvictoria.com.au/origins/history.aspx?pid=33|accesso=4 febbraio 2019|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181211130753/https://museumsvictoria.com.au/origins/history.aspx?pid=33|dataarchivio=11 dicembre 2018|lingua=en}}</ref>

Nel 1901 il passaggio della [[Legge sulla restrizione dell'immigrazione del 1901|legge sulla restrizione dell'immigrazione]] impedì a tutti gli immigrati non europei, compresi i giapponesi, di sbarcare in Australia. Permessi temporanei permisero tuttavia ad alcuni migranti giapponesi di raggiungere il paese in via eccezionale, e nel 1904 questi furono esentati dal test di dettato quando presentarono domanda per il soggiorno a lungo termine. I problemi riguardanti l'immigrazione di cittadini giapponesi in Australia peggiorarono tuttavia con l'inizio della seconda guerra mondiale: la popolazione giapponese fu quasi interamente internata e molti furono costretti a lasciare il paese una volta che il conflitto ebbe termine; nella sola Victoria, la popolazione composta da emigrati giapponesi scese da 273 a 96 persone tra il 1933 e il 1947.<ref name="victoria"/><ref>{{Cita pubblicazione|autore=John Brian Armstrong|titolo=Aspects of Japanese Immigration to Queensland before 1900|url=https://espace.library.uq.edu.au/data/UQ_246307/Qld_heritage_v2_no9_1973_p3_p9.pdf?Expires=1549355183&Signature=HW2uEu2NLHjtYQL3a0M-uImbJjWnYg2ZJDZHoKj7rsZLqbhrpFbk111z7u~Wt~ucBdcWSq2zAbReA0hEJcxLXi9tITjQ2KRu1WIpBYjH4j7R0j-vPJWpcRPohu-HL9zIhBTpqNVyJq4AXqfcpmKa8bakqEXr9MPYLYde3VysDv3iXaN80cJNk64xUZqiSqmE9a9KfjOiagrIvYGV3YVWKlxNbpEhNpu0WL4Fx78Y2tBItLyJuWh4GCYUbZtdKznYQv9q5vj7IskYG3VzspQVJOSsloB9TRYI-qk3POr9Vbr8RPpVsYi-kBiyh7c~Glwb6b7KJFNQBF~8ubBpGFXPKQ__&Key-Pair-Id=APKAJKNBJ4MJBJNC6NLQ|data=1973|editore=Oxley Memorial Library Advisory Committee for the Library Board of Queensland|rivista=Queensland Heritage|città=Brisbane|issn=0033-6157|lingua=en|accesso=3 febbraio 2019}}</ref>

A partire dal 1949 le restrizioni sull'immigrazioni furono attenuate, e durante i successivi cinque anni si registrò l'arrivo di oltre 500 [[Sposa di guerra|spose di guerra]] giapponesi, mogli dei soldati australiani di stanza nel [[Occupazione del Giappone|Giappone occupato]]. La fine della [[politica dell'Australia bianca]] nel 1973 comportò altresì l'apertura del paese all'arrivo di imprenditori, studenti e turisti dal Giappone.<ref name="victoria"/><ref>{{Cita pubblicazione|data=1992|titolo=Recent Trends in Japanese Migration to Australia and the Characteristics of Recent Japanese Immigrants Settling in Australia|accesso=8 febbraio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061001223621/http://www.faess.jcu.edu.au/saas/downloads/JimCoughlan/31-92jap.htm|url=http://www.faess.jcu.edu.au/saas/downloads/JimCoughlan/31-92jap.htm|autore=Deborah McNamara|autore2=James E. Coughlan|dataarchivio=1º ottobre 2006|lingua=en|editore=James Cook University}}</ref>
[[File:Tinian in the Japanese Period.JPG|thumb|[[Tinian]] durante il periodo coloniale giapponese]]

=== Micronesia ===
Nella prima metà del XX secolo si assistette a un'importante ondata migratoria verso le regioni della [[Micronesia]]. In seguito agli avvenimenti della [[prima guerra mondiale]] il Giappone aveva infatti acquisito i possedimenti tedeschi nelle [[Isole Marianne]], [[Isole Caroline|Caroline]], [[Isole Marshall|Marshall]] e [[Palau (stato)|Palau]], secondo i termini del [[Mandato del Pacifico meridionale]]; nel 1941 gli immigrati giapponesi, [[okinawa]]ni, coreani e taiwanesi arrivarono a superare gli isolani in un rapporto di circa due a uno: 90.072 a fronte di 51.089 nativi.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Ti Ngo|url=https://cross-currents.berkeley.edu/sites/default/files/e-journal/articles/ngo.pdf|titolo=Mapping Economic Development: The South Seas Government and Sugar Production in Japan’s South Pacific Mandate, 1919–1941|rivista=Cross-Currents: East Asian History and Culture Review|numero=2|data=2012|p=16|lingua=en|accesso=30 agosto 2016|dataarchivio=24 novembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201124114934/https://cross-currents.berkeley.edu/sites/default/files/e-journal/articles/ngo.pdf|urlmorto=sì}}</ref> Nello stesso anno [[Saipan]] aveva una popolazione di più di 30.000 persone, di cui 25.000 di nazionalità giapponese.<ref>{{cita web|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20021021002316/http://home.att.net/~sallyann2/saipan-battle.html|url=http://home.att.net/~sallyann2/saipan-battle.html|titolo=A Go: Another Battle for Saipan|autore=Maurice Wilson|accesso=30 agosto 2016|dataarchivio=21 ottobre 2002|lingua=en|urlmorto=sì}}</ref> Altri scelsero di trasferirsi nelle [[Kiribati]]<ref>{{cita|McQuarrie, 2000|p. 7}}.</ref> o nell'isola di [[Nauru]],<ref>{{cita|Crocombe, 2007|p. 46}}.</ref> trovando lavoro come operai o nelle aziende locali.

Dopo il 1945, la maggior parte dei coloni giapponesi fu rimpatriata in Giappone, ma ai loro discendenti fu permesso di rimanere. Questi di solito si identificano come micronesiani piuttosto che come giapponesi,<ref>{{cita|Kiste e Marshall, 1999|p. 206}}.</ref> e costituiscono una considerevole minoranza in ciascuna delle popolazioni della regione.

== Migrazione di ritorno in Giappone ==
{{vedi anche|Dekasegi}}
Durante gli anni ottanta, per adempiere alla mancanza di manodopera causata dalla repentina [[Miracolo economico giapponese|crescita economica della nazione]], il governo giapponese propose di richiamare in patria i cittadini di origine giapponese emigrati in America Latina, offrendo loro un posto di lavoro e garantendo un facile reinserimento professionale in Giappone.<ref name="orizzonti"/> Mentre il governo e le aziende private hanno sottolineato l'importanza dell'[[internazionalizzazione]], le persone che hanno vissuto al di fuori del Giappone per un lungo periodo si trovano spesso di fronte a problemi di [[Razzismo in Giappone|discriminazione]] al loro ritorno perché spesso non vengono più considerate pienamente giapponesi. Verso la fine degli anni ottanta, la questione, in particolare il [[Ijime|bullismo]] dei bambini rimpatriati nelle scuole, era diventata un grosso problema pubblico sia in Giappone sia nelle comunità giapponesi all'estero.<ref name="allam"/><ref name="migrazione">{{cita libro|url=http://countrystudies.us/japan/53.htm|capitolo=Migration|titolo=Japan: A country study|autore=Ronald E. Dolan|autore2= Robert L. Worden|editore=[[Biblioteca del Congresso]]|data=1992|città=Washington D.C.|accesso=24 agosto 2016|lingua=en}}</ref>

A causa della [[grande recessione]], numerose persone di cittadinanza brasiliana o di altri paesi latino-americani persero il loro posto di lavoro nelle industrie, nelle imprese multinazionali e nel settore dei servizi.<ref>{{Cita news|lingua=en |autore=Roland Buerk |url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/8025089.stm |titolo=From Brazil to Japan and back again |pubblicazione=[[BBC News]] |data=1º maggio 2009 |accesso=13 febbraio 2019}}</ref> In risposta a tale situazione, il governo giapponese offriva 300.000 yen agli emigrati dall'America Latina per tornare al loro paese di origine, con l'obiettivo dichiarato di alleviare la crescente disoccupazione del paese. Altri 200.000 yen venivano offerti a ogni membro della famiglia in più che lasciava il paese.<ref>{{Cita news |lingua=en |nome=Joellen |cognome=Perry |url=https://www.wsj.com/articles/SB124087660297361511 |titolo=The Czech Republic Pays for Immigrants to Go Home |pubblicazione=[[Wall Street Journal]] |data=28 aprile 2009 |accesso=9 febbraio 2019}}</ref> Gli emigranti che accettavano questa offerta non erano tuttavia autorizzati a tornare in Giappone con gli stessi privilegi di quando erano arrivati.<ref name="arudou">{{Cita news |lingua=en |autore=Debito Arudō |url=https://www.japantimes.co.jp/community/2009/04/07/issues/golden-parachutes-mark-failure-of-race-based-policy/ |titolo='Golden parachutes' mark failure of race-based policy |pubblicazione=[[The Japan Times]] |data=7 aprile 2009 |accesso=9 febbraio 2019}}</ref> [[Debito Arudō]], editorialista del ''[[Japan Times]]'', denunciò tale politica come "razzista", in quanto solo gli stranieri di origine giapponese benificiavano di un contributo in denaro in cambio del rimpatrio nei loro paesi d'origine.<ref name="arudou"/> Alcuni commentatori accusarono il governo di sfruttamento, poiché alla maggior parte dei ''nikkei'' erano stati offerti degli incentivi per tornare in Giappone negli anni novanta, salvo poi affidare loro i lavori più umili e chiedere loro di tornare a casa una volta emerso il problema della disoccupazione.<ref name="arudou"/><ref>{{Cita news |lingua=en |nome=Coco |cognome=Masters |url=http://content.time.com/time/world/article/0,8599,1892469,00.html |titolo=Japan to Immigrants: Thanks, But You Can Go Home Now |pubblicazione=[[Time]] |data=20 aprile 2009 |accesso=9 febbraio 2019}}</ref> Allo stesso tempo, il fenomeno della migrazione di ritorno in Giappone, insieme a quello del rimpatrio nei paesi d'origine, diede vita a una complessa situazione in cui la stessa giustapposizione di terra natia e paese ospitante diventa incerta, instabile e mutevole.<ref>{{Cita pubblicazione |titolo=Living under more than one sun: The Nikkei Diaspora in the Americas |rivista=Contemporary Japan |volume=29 |numero=2 |pp=193-213|doi=10.1080/18692729.2017.1351045 |autore= Wolfram Manzenreiter|lingua=en|data=2017|accesso=12 gennaio 2020}}</ref> Ciò ha portato a nuove forme di "migrazione circolare", nel modo in cui i ''nikkei'' di prima e seconda generazione viaggiano avanti e indietro tra il Giappone e i loro paesi d'origine.<ref>{{Cita pubblicazione |titolo=Intergenerational circular migration and differences in identity building of Nikkei Peruvians|rivista=Contemporary Japan |autore= Ana Sueyoshi|volume=29 |numero=2 |pp=230-245|doi=10.1080/18692729.2017.1351047|lingua=en|data=2017|abstract=x|accesso=12 gennaio 2020}}</ref> Secondo i dati del governo riferiti al 2017, sono 240.000 i ''nikkei'' che vivono e lavorano in Giappone.<ref>{{Cita web |url=https://www.japan.go.jp/tomodachi/2017/autumn-winter2017/japanese_emigrants.html |titolo=Japanese Emigrants and Their Descendants |lingua=en |accesso=9 febbraio 2019|data=2017}}</ref>

== Dati demografici ==
{| class="wikitable" style="width:55%;float:left;text-align:left;"
|+ Principali comunità ''nikkei'' nel mondo<ref group="Nota">Vengono mostrate solo le comunità di almeno {{formatnum:5000}} individui.<br /> Il simbolo * sta a indicare che la popolazione dei giapponesi naturalizzati e dei loro discendenti è sconosciuta. Viene mostrato solo il numero dei residenti permanenti con nazionalità giapponese, ad eccezione degli Stati Uniti, dove le origini etniche sono registrate indipendentemente dalla nazionalità.</ref>
! Nazione
! Popolazione
! Comunità
|-
|{{BRA}}<ref name="jpnbra">{{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/region/latin/brazil/data.html|titolo=Japan-Brazil Relations (Basic Data)|data=4 gennaio 2019|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:2000000}} || [[nippo-brasiliani]] <small>([[:categoria:Nippo-brasiliani|categoria]])</small>
|-
|{{USA}}<ref>{{cita web|url=http://factfinder.census.gov/faces/tableservices/jsf/pages/productview.xhtml?pid=DEC_10_SF1_QTP8&prodType=table|titolo=Race Reporting for the Asian Population by Selected Categories: 2010|data=2010|accesso=7 settembre 2016|lingua=en|urlarchivio=https://archive.is/20200212214009/http://factfinder.census.gov/faces/tableservices/jsf/pages/productview.xhtml?pid=DEC_10_SF1_QTP8&prodType=table|dataarchivio=12 febbraio 2020}}</ref> || align="center"|{{formatnum:1304286}} || [[nippo-americani]] <small>([[:categoria:Nippo-americani|categoria]])</small>
|-
|{{PHL}}<ref>{{Cita web|url=http://www.ethnicgroupsphilippines.com/people/ethnic-groups-in-the-philippines/japanese-filipinos/|titolo=Japanese Filipinos|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en|dataarchivio=7 dicembre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20171207214922/http://www.ethnicgroupsphilippines.com/people/ethnic-groups-in-the-philippines/japanese-filipinos/|urlmorto=sì}}</ref> || align="center"|{{formatnum:200000}} || [[nippo-filippini]] <small>([[:categoria:Nippo-filippini|categoria]])</small>
|-
|{{CHN}}<ref name="ministero"/> || align="center"|{{formatnum:124162}}*|| [[giapponesi in Cina]] <small>([[:categoria:Sino-giapponesi|categoria]])</small>
|-
|{{CAN}}<ref name="encicanada">{{cita web|url=https://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/japanese-canadians|titolo=Japanese Canadians|pubblicazione=[[Enciclopedia canadese]]|autore=Ann Sunahara|autore2=Mona Oikawa|autore3=Eli Yarhi|data=21 gennaio 2011|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:109740}} || [[nippo-canadesi]] <small>([[:categoria:Nippo-canadesi|categoria]])</small>
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|-
|{{THA}}<ref name="thailandia"/> || align="center"|{{formatnum:70337}}* || [[nippo-thailandesi]] <small>([[:categoria:Nippo-thailandesi|categoria]])</small>
|-
|{{ARG}}<ref>{{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/region/latin/argentine/data.html|titolo=Japan-Argentine Relations (Basic Data)|data=19 dicembre 2018|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:65000}} || [[nippo-argentini]] <small>([[:categoria:Nippo-argentini|categoria]])</small>
|-
|{{UK}}<ref>{{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/region/europe/uk/data.html|titolo=Japan-United Kingdom Relations (Basic Data)|data=31 ottobre 2017|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:64969}}* || [[giapponesi nel Regno Unito]] <small>([[:categoria:anglo-giapponesi|categoria]])</small>
|-
|{{KOR}}<ref>{{cita web|url=http://www.dmcnews.kr/xe/5189|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130722005457/http://www.dmcnews.kr/xe/5189|titolo=국내 체류외국인 140만명으로 다문화사회 진입 가속화|data=6 gennaio 2012|accesso=7 settembre 2016|pubblicazione=DMC News|dataarchivio=22 luglio 2013|lingua=ko|urlmorto=sì}}</ref> || align="center"|{{formatnum:58169}} || [[giapponesi in Corea del Sud]] <small>([[:categoria:Nippo-coreani|categoria]])</small>
|-
|{{AUS}}<ref>{{cita web|url=https://www.immi.gov.au/media/publications/statistics/comm-summ/textversion/japan.htm|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140213065852/https://www.immi.gov.au/media/publications/statistics/comm-summ/textversion/japan.htm|titolo=The Japan-born Community|data=19 novembre 2013|accesso=7 settembre 2016|dataarchivio=13 febbraio 2014|lingua=en|urlmorto=sì}}</ref> || align="center"|{{formatnum:50761}} || [[nippo-australiani]] <small>([[:categoria:Nippo-australiani|categoria]])</small>
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|{{DEU}}<ref>{{cita web|url=https://www.destatis.de/DE/Publikationen/Thematisch/Bevoelkerung/MigrationIntegration/AuslaendBevoelkerung2010200177004.pdf?__blob=publicationFile|titolo=Bevölkerung und Erwerbstätigkeit
Ausländische Bevölkerung Ergebnisse des Ausländerzentralregisters|data=2017|accesso=2 febbraio 2019|p=33|lingua=de}}</ref> || align="center"|{{formatnum:36600}}* || [[giapponesi in Germania]] <small>([[:categoria:Nippo-tedeschi|categoria]])</small>
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|{{IDN}}<ref>{{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/region/asia-paci/indonesia/data.html|titolo=Japan-Indonesia Relations (Basic Data)|data=22 gennaio 2019|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:19312}}* || [[giapponesi in Indonesia]] <small>([[:categoria:Nippo-indonesiani|categoria]])</small>
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|{{NZL}}<ref>{{cita web|url=http://www.teara.govt.nz/en/japanese/page-5|autore=Tessa Copland|titolo=Japanese - Facts and figures|data=25 maggio 2015|accesso=8 settembre 2016|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:14118}} || [[nippo-neozelandesi]] <small>([[:categoria:Nippo-neozelandesi|categoria]])</small>
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|{{IND}}<ref>{{cita web|url=http://www.mofa.go.jp/region/asia-paci/india/data.html|titolo=Japan-India Relations (Basic Data)|data=12 novembre 2018|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:9197}}* || [[giapponesi in India]] <small>([[:categoria:Nippo-indiani|categoria]])</small>
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|{{ITA}}<ref>{{cita web|url=http://demo.istat.it/str2017/index.html|titolo=Cittadini Stranieri. Popolazione residente e bilancio demografico al 31 dicembre 2017|accesso=5 febbraio 2019|dataarchivio=6 agosto 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170806142909/http://www.demo.istat.it/bil2016/index.html|urlmorto=sì}}</ref> || align="center"|{{formatnum:7718}}* || [[giapponesi in Italia]] <small>([[:categoria:Italo-giapponesi|categoria]])</small>
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|{{NLD}}<ref>{{cita web|url=https://opendata.cbs.nl/statline/#/CBS/en/dataset/03743eng/table?ts=1549151660852|titolo=Population; sex, age and nationality, 1 January|data=2016|accesso=3 febbraio 2019|lingua=en}}</ref> || align="center"|{{formatnum:5461}}* || [[giapponesi nei Paesi Bassi]] <small>([[:categoria:Nippo-olandesi|categoria]])</small>
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|colspan="3" |<references group="Nota"/>
|}
{| class="wikitable" style="width:40%;float:right;text-align:left;"
|+ Città con popolazioni significative di cittadini giapponesi<ref>{{cita|Ministero degli affari esteri del Giappone, 2017|pp. 38-39 (tabella 2.8.1)}}.</ref><ref group="Nota">Vengono mostrate solo le comunità di almeno {{formatnum:10000}} individui.<br /> Le statistiche si riferiscono esclusivamente ai cittadini di nazionalità giapponese residenti all'estero.</ref>
! Città
! Residenti giapponesi
|-
| {{Bandiera|USA}} [[Los Angeles]]|| align="center"|68&nbsp;744
|-
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|-
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|-
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|-
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|-
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|-
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|-
| {{Bandiera|CAN}} [[Vancouver]]|| align="center"|26&nbsp;910
|-
| {{Bandiera|CHN}} [[Hong Kong]]|| align="center"|25&nbsp;004
|-
| {{Bandiera|AUS}} [[Melbourne]]|| align="center"|19&nbsp;878
|-
| {{Bandiera|USA}} [[San Francisco]]|| align="center"|18&nbsp;872
|-
| {{Bandiera|USA}} [[Honolulu]]|| align="center"|16&nbsp;306
|-
| {{Bandiera|FRA}} [[Parigi]]|| align="center"|15&nbsp;684
|-
| {{Bandiera|USA}} [[San Jose]]|| align="center"|14&nbsp;761
|-
| {{Bandiera|CAN}} [[Toronto]]|| align="center"|13&nbsp;725
|-
| {{Bandiera|KOR}} [[Seul]]|| align="center"|12&nbsp;655
|-
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|-
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|-
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|-
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|-
| {{Bandiera|BRA}} [[San Paolo (Brasile)|San Paolo]]|| align="center"|11&nbsp;712
|-
| {{Bandiera|AUS}} [[Gold Coast]]|| align="center"|11&nbsp;225
|-
| {{Bandiera|TWN}} [[Taipei]]|| align="center"|10&nbsp;031
|-
|colspan="2" |<references group="Nota"/>
|}
{{clear}}

== Note ==
<references/>

== Bibliografia ==
{{colonne}}
*{{cita pubblicazione|url=https://www.mofa.go.jp/mofaj/files/000394748.pdf|titolo=海外在留邦人数調査統計|titolotradotto=Rapporto annuale di statistiche sui cittadini giapponesi all'estero|editore=[[Ministero degli affari esteri (Giappone)|Ministero degli affari esteri]]|data=2017|lingua=ja|cid=Ministero degli affari esteri del Giappone, 2017}}
*{{cita libro|editore=Routledge|data=2006|isbn=978-0-415-77035-4|curatori=Nobuko Adachi|lingua=en|cid=Adachi, 2006|titolo=Japanese Diasporas: Unsung pasts, conflicting presents, and uncertain futures}}
*{{cita libro|editore=Oxford University Press|data=2005|capitolo=Black-Asian Relations|titolo=Africana: The Encyclopedia of the African and African American Experience|anno=2005|url=https://archive.org/details/africanaencyclop0004unse|isbn=0-19-517055-5|curatori=Kwame Anthony Appiah, Henry Louis Gates, Jr.|lingua=en|cid=Appiah e Gates, 2005}}
*{{cita libro|autore=Eiichirō Azuma|capitolo=Historical Overview of Japanese Emigration, 1868–2000|curatore=Akemi Kikumura-Yano|titolo=Encyclopedia of Japanese Descendants in the Americas: An Illustrated History of the Nikkei|editore=Rowman Altamira|data=2002|isbn=978-0-7591-0149-4|lingua=en|cid=Azuma, 2002}}
*{{cita libro|autore=Marie Conte-Helm|editore=A&C Black|data=2013|titolo=The Japanese and Europe: Economic and Cultural Encounters|dataoriginale=1906|url=https://archive.org/details/europeherbertson00herbiala|isbn=978-1-78093-980-3|lingua=en|cid=Conte-Helm, 2013}}
*{{Cita libro |nome=R. G. |cognome=Crocombe |titolo=Asia in the Pacific Islands: Replacing the West |data=2007 |editore=University of the South Pacific |lingua=en |ISBN=978-982-02-0388-4|cid=Crocombe, 2007}}
*{{Cita libro |nome=Katarzyna Joanna |cognome=Cwiertka |titolo=Modern Japanese Cuisine: Food, Power and National Identity |data=2006 |editore=Reaktion Books |lingua=en |ISBN=978-1-86189-298-0|cid=Cwiertka, 2006}}
*{{cita libro|editore=Cambridge University Press|data=2001|titolo=Multicultural Japan: Palaeolithic to Postmodern|isbn=978-0-521-00362-9|autore=Donald Denoon|lingua=en|cid=Denoon, 2001}}
*{{cita libro|autore=Maria Suzette Fernandes Dias|data=2007|titolo=Legacies of slavery: comparative perspectives|editore=Cambridge Scholars Publishing|isbn=1-84718-111-2|lingua=en|cid=Dias, 2007}}
*{{cita libro|editore=Routledge|data=2009|titolo=Global Japan: The Experience of Japan's New Immigrants and Overseas Communities|isbn=978-0-415-54626-3|curatori=Roger Goodman, Ceri Peach, Ayumi Takenaka, Paul White|lingua=en|cid=Goodman, Peach, Takenaka e White, 2009}}
*{{cita libro|autore=Lane Ryo Hirabayashi|autore2=James A. Hirabayashi|autore3=Akemi Kikumura-Yano|titolo=New Worlds, New Lives: Globalization and People of Japanese Descent in the Americas and from Latin America in Japan|editore=Stanford University Press|data=2002|isbn=978-0-8047-4462-1|lingua=en|cid=L.R. Hirabayashi, J.A. Hirabayashi e Kikumura-Yano, 2002}}
*{{Cita libro |nome=Pedro |cognome=Iacobelli |titolo=Postwar Emigration to South America from Japan and the Ryukyu Islands |data=2017 |editore=Bloomsbury Publishing |lingua=en |ISBN=978-1-4742-9726-4|cid=Iacobelli, 2017}}
*{{Cita libro |autore=Yamato Ichihashi |capitolo=International Migration of the Japanese|titolo=International Migrations, Volume II: Interpretations|data=1931 |curatore=Walter F. Willcox|editore=National Bureau of Economic Research|lingua=en |ISBN=0-87014-017-5|cid=Ichihashi, 1931|url=https://www.nber.org/chapters/c5121.pdf}}
*{{Cita libro |autore=Keiko Itoh|titolo=The Japanese Community in Pre-war Britain: From Integration to Disintegration |anno=2001|url=https://archive.org/details/japanesecommunit0000itoh|data=2001 |editore=Psychology Press|lingua=en|ISBN=978-0-7007-1487-2|cid=Itoh, 2001}}
*{{Cita libro|nome=Robert C.|cognome=Kiste|nome2=Mac|cognome2=Marshall|titolo=American Anthropology in Micronesia: An Assessment |anno=1999|url=https://archive.org/details/americananthropo0000unse_e5h3|data=1999 |editore=University of Hawaii Press|lingua=en|cid=Kiste e Marshall, 1999 |ISBN=978-0-8248-2017-6}}
*{{cita libro|editore=UP Press|data=2008|titolo=The Other Empire: Literary Views of Japan from the Philippines, Singapore, and Malaysia|isbn=978-971-542-562-9|autore=Ronald D. Klein|lingua=en|cid=Klein, 2008}}
*{{Cita libro |nome=Akira |cognome=Kudo |titolo=Japanese-German Business Relations: Co-operation and Rivalry in the Interwar Period |data=2012 |editore=Routledge |lingua=en |ISBN=978-1-134-75009-2|cid=Kudo, 2012}}
*{{cita libro|autore=Forrest Emmanuel La Violette|data=1948|titolo=The Canadian Japanese and World War II: a sociological and psychological account|isbn=no|editore=University of Toronto Press|lingua=en|cid=La Violette, 1948}}
*{{cita libro|autore=Richard A. Maidment|autore2=Colin Mackerras|data=1998|titolo=Culture and Society in the Asia-Pacific|anno=1998|url=https://archive.org/details/culturesocietyin00coli|isbn=978-0-415-17278-3|editore=Routledge|lingua=en|cid=Maidment e Mackerras, 1998}}
*{{cita libro|autore=Daniel M. Masterson|autore2=Sayaka Funada-Classen|data=2004|titolo=The Japanese in Latin America|anno=2004|url=https://archive.org/details/japaneseinlatina0000mast|isbn=978-0-252-07144-7|editore=University of Illinois Press|lingua=en|cid=Masterson e Funada-Classen, 2004}}
{{colonne spezza}}
*{{cita libro|cognome=McLellan|nome=Janet|data=1999|titolo=Many Petals of the Lotus: Five Asian Buddhist Communities in Toronto|anno=1999|url=https://archive.org/details/manypetalsoflotu0000mcle|città= Toronto|editore=University of Toronto Press|isbn=978-0-8020-8225-1|cid=McLellan, 1999|lingua=en}}
*{{Cita libro |nome=Peter |cognome=McQuarrie |titolo=Conflict in Kiribati: A History of the Second World War |data=2000 |editore=Macmillan Brown Centre for Pacific Studies, University of Canterbury |lingua=en |cid=McQuarrie, 2000 |ISBN=978-1-877175-21-3}}
*{{cita pubblicazione|url=https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/4992/1/MerlerNiihara_VisioniLA_5_2011.pdf|formato=pdf|autore=Alberto Merler|autore2=Michinobu Niihara|data=2011|titolo=Le ripetute migrazioni giapponesi in America Latina|cid=Merler e Niihara, 2011|numero=5|issn=2035-6633|rivista=Visioni LatinoAmericane|pp=32-38}}
*{{cita libro|autore=James B. Minahan|data=2014|titolo=Ethnic Groups of North, East, and Central Asia: An Encyclopedia|isbn=978-1-61069-018-8|editore=ABC-CLIO|lingua=en|cid=Minahan, 2014}}
*{{cita libro|autore=Jeffrey Lesser|titolo=A Discontented Diaspora: Japanese Brazilians and the Meanings of Ethnic Militancy, 1960–1980|editore=Duke University Press|data=2007|isbn=978-0-8223-9048-0|lingua=en|cid=Lesser, 2007}}
*{{cita libro|autore=Gary P. Leupp|titolo=Interracial Intimacy in Japan: Western Men and Japanese Women, 1543-1900|editore=A&C Black|data=2003|isbn=978-0-8264-6074-5|lingua=en|cid=Leupp, 2003}}
*{{Cita libro|autore=Sharon A. Minichiello|titolo=Japan's Competing Modernities: Issues in Culture and Democracy 1900-1930|data=1998|editore=University of Hawaii Press|isbn=0-8248-2080-0|cid=Minichiello, 1998|lingua=en}}
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*{{cita libro|editore=Routledge|data=2015|titolo=Voices from the Shifting Russo-Japanese Border: Karafuto/Sakhalin|isbn=978-1-317-61889-8|autore=Svetlana Paichadze|autore2=Philip A. Seaton|lingua=en|cid=Paichadze e Seaton, 2015}}
*{{cita libro|editore=Southeast Asian Publications|data=1993|titolo=The Japanese in colonial Southeast Asia|anno=1993|url=https://archive.org/details/japaneseincoloni0000unse|isbn=978-0-87727-402-5|autore=Saya Shiraishi|autore2=Takashi Shiraishi|lingua=en|cid=S. Shiraishi e T. Shiraishi, 1993}}
*{{cita libro|autore=Doug Slaymaker|capitolo=Yokumitsu Riichi and the longing for home in the Japanese imagination of France|curatore=Stephanie Lawson|titolo=Europe and the Asia-Pacific: Culture, Identity and Representations of Region|editore=Routledge|isbn=978-0-415-29724-0|data=2003|cid=Slaymaker, 2003|lingua=en}}
*{{Cita libro |nome=William L.|cognome=Swan|titolo=Japanese economic activity in Siam: from the 1890's until the outbreak of the Pacific War|data=1986|editore=Centre for South East Asian Studies|lingua=en|oclc=23595541|cid=Swan, 1986}}
*{{cita libro|autore=Linda Tamura|titolo=The Hood River Issei: An Oral History of Japanese Settlers in Oregon's Hood River Valley|anno=1993|url=https://archive.org/details/hoodriverisseian00tamu|editore=University of Illinois Press|data=1993|isbn=978-0-252-06359-6|lingua=en|cid=Tamura, 1993}}
*{{cita libro|autore=Lori Watt|titolo=When Empire Comes Home: Repatriation and Reintegration in Postwar Japan|editore=Harvard University Press|data=2010|isbn=978-0-674-05598-8|lingua=en|cid=Watt, 2010}}
*{{cita libro|autore=Michael Weiner|titolo=Race, Ethnicity and Migration in Modern Japan: Imagined and imaginary minorites|editore=Taylor & Francis|data=2004|isbn=978-0-415-20857-4|lingua=en|cid=Weiner, 2004}}
*{{cita libro|autore=Dixon Wong|titolo=Japanese Bosses, Chinese Workers: Power and control in a Hong Kong megastore|anno=1999|url=https://archive.org/details/japanesebossesch0000wong|editore=University of Hawaii Press|data=1999|isbn=978-0-8248-2257-6|lingua=en|cid=Wong, 1999}}
*{{Cita libro |curatore=Harumi Befu e Sylvie Guichard-Anguis|capitolo=Objects, City and Wandering: The Invisibility of the Japanese in France|titolo=Globalizing Japan: Ethnography of the Japanese Presence in Asia, Europe, and America|data=2001 |editore=Psychology Press|autore=Kazuhiko Yatabe|lingua=en|ISBN=978-0-415-28566-7|cid=Yatabe, 2001}}
*{{cita libro|curatore=Frank Dikötter|titolo=The Construction of Racial Identities in China and Japan: Historical and Contemporary Perspective|editore=C. Hurst & Co. Publishers|data=1997|autore=Kosaku Yoshino|capitolo=The discourse on blood and racial identity in contemporary Japan|isbn=1-85065-353-4|lingua=en|cid=Yoshino, 1997}}
*{{cita libro|autore=Charles H. Young|data=1938|titolo=The Japanese Canadians|anno=1938|url=https://archive.org/details/japanesecanadian00youn|isbn=no|editore=University of Toronto Press|lingua=en|cid=Young, 1938}}
{{colonne fine}}

== Voci correlate ==
*[[Demografia del Giappone]]
*[[Giapponesi]]
*[[Ministero degli affari esteri (Giappone)]]
*[[Relazioni internazionali del Giappone]]

== Altri progetti ==
{{interprogetto}}

== Collegamenti esterni ==
*{{Cita web |url=https://www.mofa.go.jp/policy/emigration/ |titolo=Emigration and the Nikkei Communities |sito=mofa.go.jp |editore=[[Ministero degli affari esteri (Giappone)|Ministero degli affari esteri del Giappone]]|lingua=en}}
*{{Cita web |url=http://www.jadesas.or.jp/en/ |titolo=The Association of Nikkei & Japanese Abroad|sito=jadesas.or.jp|lingua=en, ja}}
*{{Cita web |url=http://www.discovernikkei.org/en/ |titolo=Discover Nikkei |sito=discovernikkei.org |lingua=en}} – Sito web patrocinato dal [[Museo nazionale nippo-americano]].

{{Controllo di autorità}}
{{portale|Giappone|Migrazioni umane}}

[[Categoria:Diaspora giapponese]]