Ugo Baglivo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

«In questa mia prima lettera ti mando anzitutto i segni del mio affetto. Tu e la piccola Simonetta siete tutto il mio mondo e solo per la grande tragedia in cui siamo travolti non possiamo godere di noi. Purtroppo oltre i doveri individuali e familiari, vi sono anche dei doveri nazionali e umani che bisogna rispettare. Per questo ti prego di volermi compatire e comprendere.»

Ugo Baglivo (Alessano, 24 novembre 1910Roma, 24 marzo 1944) è stato un avvocato, politico e antifascista italiano, vittima dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fu avvocato, assistente universitario presso l'Università La Sapienza di Roma ed esponente del Partito d'Azione. La rivendicazione etica e culturale dei valori propri del liberalismo lo portò ad essere uno dei più giovani e dedicati esponenti della resistenza intellettuale italiana al fascismo. Morì trucidato dai nazisti alle Fosse Ardeatine, a Roma, il 24 marzo 1944.

Figlio di Salvatore, medico condotto di Alessano (ma originario di Tricase), e di Luisa Bregoli, casalinga, nato nella casa di via Storella, conseguì il diploma nel 1927 al liceo Palmieri di Lecce, e nello stesso anno dal paese natale si trasferì a Roma ove, completati gli studi superiori, frequentò la facoltà di Giurisprudenza del primo ateneo romano. Ottenuta la laurea con il massimo dei voti a soli vent'anni, frequentò un corso di perfezionamento in Germania ed intraprese la carriera accademica, divenendo ben presto assistente universitario presso la Cattedra di Diritto Penale de La Sapienza.

Antifascista[modifica | modifica wikitesto]

Insofferente all'autoritarismo e alle strutture oppressive del regime sviluppò precocemente idee antifasciste, dimostrando apertamente le proprie simpatie per il pensiero liberale del filosofo Guido De Ruggiero (Napoli, 1888 - Roma 1948), fondatore del Partito d'Azione. Già nel 1935 fu denunciato da un collega accademico per "attività antinazionale"; non si lasciò tuttavia intimidire, continuando a manifestare la propria opposizione al regime fascista. Fu così allontanato dall'insegnamento e dal mondo accademico, arrestato e, nel 1938, condannato a tre anni di confino a Gioiosa Ionica (Reggio Calabria),[1] ove però rimase per un solo anno. Per conseguenza della persecuzione politica, la famiglia Baglivo perse anche la concessione governativa di cui godeva nel Salento per la coltivazione del tabacco. Tornato libero si dedicò all'esercizio dell'avvocatura e, rientrato a Roma, strinse i propri rapporti con esponenti antifascisti quali Guido Calogero e Carlo Concetti, per mezzo dei quali aderì al Partito d'Azione, formazione allora clandestina nei cui valori Baglivo vedeva meglio sintetizzati i propri ideali di giustizia sociale e libertà. Verso la fine del 1941 sposò Iole Enrica Castagna e poco tempo dopo nacque la figlia Simona.

Attività dopo l'armistizio[modifica | modifica wikitesto]

A seguito dell'arresto di Benito Mussolini il 25 luglio 1943 intensificò la propria attività politica, organizzando ed ampliando le reti antifasciste nella capitale. In occasione dei drammatici scontri a fuoco scoppiati a Roma tra l'8 e il 10 settembre 1943, armato solo di una bandiera tricolore, si prodigò tra Trastevere e Porta San Paolo nell'organizzazione di formazioni volontarie da affiancare alle truppe del Regio Esercito che lottavano contro le forze d'occupazione tedesche a difesa della capitale.

Entrato quindi nelle file della Resistenza, fu responsabile della 1ª zona di Roma delle formazioni Giustizia e Libertà, impegnandosi nella raccolta e distribuzione di finanziamenti e di armi e nella diffusione della stampa clandestina, oltre a partecipare allo sviluppo di piani di sabotaggio ai danni dell'occupante tedesco.

Il 3 marzo 1944 fu arrestato insieme ai due compagni di lotta ed amici Giuseppe Vegas e Donato Bendicenti e con loro rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. La mattina del 24 marzo 1944, essendo stato incluso nell'elenco di reclusi da fucilare preparato dal questore fascista Caruso e consegnato al comandante della Gestapo di Roma Herbert Kappler, fu informato dell'incombente e mostruosa rappresaglia preparata dai nazisti in risposta all'Attentato di via Rasella. Rifiutò una possibilità di fuga per restare accanto ai compagni azionisti e fu trucidato poco più tardi alle Fosse Ardeatine assieme, tra gli altri, a Donato Bendicenti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Commissione di Roma, ordinanza del 9.6.1938 contro Ugo Baglivo ("Compilazione e diffusione di un manifesto contro la venuta di Hitler in Italia"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1421

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sergio Torsello, A Roma un giorno di primavera. Ugo Baglivo, un alessanese alle Ardeatine, I quaderni della Libreria Idrusa, 2006
  • Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli, Roma 1999

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN90382265 · ISNI (EN0000 0004 1971 8944 · SBN UBOV358848 · WorldCat Identities (ENviaf-90382265