Il tesoro del Bigatto
Il tesoro del Bigatto | |
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Autore | Giuseppe Pederiali |
1ª ed. originale | 1980 |
Genere | romanzo |
Sottogenere | fantasy storico |
Lingua originale | italiano |
Protagonisti | Anselmo da Alberone |
Altri personaggi | Matilde di Canossa, Galaverna, Vitige, Parpaia, Gidnone, Ranìn |
Preceduto da | Le città del diluvio |
Seguito da | La Compagnia della Selva Bella |
Il tesoro del Bigatto è un romanzo di Giuseppe Pederiali del 1980.
Costituisce la seconda parte di un'ideale trilogia fantastica, con Le città del diluvio e La Compagnia della Selva Bella[1][2].
Trama[modifica | modifica wikitesto]
Il romanzo si svolge alla fine dell'anno 1076, in un'ambientazione ricca di elementi fantastici.
Sulla Pietra di Bismantova vive l'eremita Anselmo da Alberone, circondato da fama di santo e costantemente tentato dal Demonio. Anselmo viene contattato da Matilde di Canossa, che nel suo castello è in attesa, assieme al papa Gregorio VII, della visita dell'imperatore Enrico IV, per una delicatissima missione diplomatica: egli dovrà recarsi ad Aquileia allo scopo di ottenere l'appoggio del patriarca per il partito papale.
Anselmo scende così dalle montagne e si reca fino al porto fluviale di Brescello, per imbarcarsi su una nave che discende il corso del Po, la Gogamagoga, capitanata da un re-ragazzo di nome Vitige. Tra il suo composito equipaggio spiccano Galaverna, uno strano mendicante che si era già proposto ad Anselmo come compagno di viaggio e sulla cui vera identità il santo nutre sospetti, e una donna di nome Parpaia (farfalla). L'obiettivo della spedizione della Gogamagoga, per contro, è quello di trovare un'enorme zucca, che si dice custodita da un gigantesco bigatto (lombrico), che, coltivata su larga scala risolverebbe i problemi di scarsa alimentazione delle classi umili.
Dopo varie vicissitudini, che comprendono l'allontanamento dalla nave, l'imprigionamento di Anselmo a Finale Emilia ad opera del feudatario locale e la fuga grazie alla collaborazione di un topo parlante, l'incontro con l'alchimista Gidnone (che ha scoperto la formula per trasformare l'acqua in vino rosso) e col bambino selvaggio Ranìn e la scoperta effettiva della grande zucca e del bigatto, la missione di Anselmo giunge al compimento e viene fatta intuire l'identità di Galaverna.
Collegamenti con altri romanzi[modifica | modifica wikitesto]
Il personaggio di Vitige era presente nel romanzo precedente Le città del diluvio.
Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]
Il tesoro del Bigatto ha vinto il Premio Italia 1982 nella categoria Romanzo o antologia personale di fantasy.[3]
Edizioni[modifica | modifica wikitesto]
- Giuseppe Pederiali, Il tesoro del Bigatto, Milano, Rusconi, 1980.
- Giuseppe Pederiali, Il tesoro del Bigatto, collana Aperture, Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1983.
- Giuseppe Pederiali, Il tesoro del Bigatto, Milano, Rusconi tascabili, 1984, ISBN 88-18-70066-9.
- Giuseppe Pederiali, Il tesoro del Bigatto, collana Narrativa Moderna, Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1983, ISBN 8842401552.
- Giuseppe Pederiali, Il tesoro del Bigatto, Bologna, Kappalab, 2017, ISBN 9788885457034.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Fabrizio Valenza, Le 3 fasi (forse 4) del fantasy italiano, su Agora Vox Italia, 15 maggio 2012. URL consultato il 6 maggio 2016.
- ^ Domenico Cammarota, Storia della Heroic Fantasy Italiana, in Gianni Pilo e Sebastiano Fusco (a cura di), Spade e incantesimi: il meglio dell'heroic fantasy italiana, Enciclopedia della fantascienza, vol. 12, Roma, Fanucci, 1984, p. 208.
- ^ Albo d'oro del Premio Italia, su premioitalia.org. URL consultato il 17 settembre 2022.
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