Achille Stazio

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Achille Stazio, in portoghese Aquiles Estaço, latinizzato in Achilles Statius Lusitanus (Vidigueira, 12 giugno 1524Roma, 17 settembre 1581), è stato un umanista e scrittore portoghese. È noto per il suo commento all'opera di Catullo. Con João de Barros, André de Gouveia e Damião de Góis fu tra i principali umanisti portoghesi del XVI secolo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il padre di Achille era Paulo Nunes Estaço, armoraro di Vasco da Gama, che accompagnò nel suo viaggio in India nel 1524. Chiamò il figlio Achille nella speranza che seguisse la sua carriera. Achille seguì il padre in viaggio nei suoi primi anni (in Africa e Brasile). Il ragazzo dimostrò di preferire le lingue alle armi e torno in Portogallo per studiare latino e greco all'università di Évora, dove ebbe come professore João de Barros.

Andò poi a Coimbra dove conobbe Martín de Azpilcueta, al quale dedicò la sua opera De retibus ecclesiasticis qui beneficiis et pensionibus continentur Commentarioli II nel 1575. Nel 1545 si trasferì a Lovanio, dove pubblicò la sua prima opera, su Cicerone, Achillis Statii Lusitani Syluulae Duae. Quibus adiuncta sunt, Praefatio in Topica Ciceronis, et oratio quodlubetica eiusdem. Nunc primum in lucem aedita. Dal 1548 fu a Parigi, dove studiò teologia, greco ed ebraico.

Dal 1555 visse a Roma; nel 1557 la sua presenza è attestata a Padova. Nel periodo romano fu segretario e bibliotecario del cardinale camerlengo Guido Ascanio Sforza. Fu protetto dei papi Pio IV, Pio V e Gregorio XIII; per Pio IV lavorò come traduttore in latino di Giovanni Crisostomo, Cirillo di Alessandria, Atanasio di Alessandria, Gregorio di Nissa, Callimaco, Anfilochio di Iconio.

Non tornò più nella sua patria, nonostante l'offerta della corona portoghese di scrivere una storia del suo paese.

La sua opera principale è il commentario a Catullo, stampato da Paolo Manuzio nel 1566. Scrisse anche su Svetonio e Orazio.

Morì a Roma nel 1581, e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. Lasciò la sua biblioteca (circa 1700 opere a stampa e 300 manoscritti) ai padri oratoriani[1], formando il primo nucleo della biblioteca Vallicelliana.[2]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Achille Stazio, su vallicelliana.it. URL consultato il 10 marzo 2016.
  2. ^ Giancarlo Rostirolla e Luciano Luciani, Guida alle biblioteche e agli archivi musicali italiani, Istituto di bibliografia musicale (IBIMUS), 2004, p. 671, ISBN 9788888627090.
    «Il primo fondo fu quello di Achille Stazio (Aquiles Estaço) umanista portoghese entrato in relazione con S. Filippo attraverso Carlo Borromeo. Il suo testamento (25 maggio 1581) viene considerato l’atto di nascita della Biblioteca Vallicelliana, non solo per il notevole numero delle opere lasciate in eredità (circa 1.700 stampati e 300 manoscritti), ma anche perché contiene un accenno ad una possibile fruizione pubblica della libreria.»

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