Spring Byington

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Spring Byington

Spring Dell Byington (Colorado Springs, 17 ottobre 1886Los Angeles, 7 settembre 1971) è stata un'attrice statunitense.

Figlia del professor Edwin Lee Byington, educatore e ispettore scolastico in Colorado, e di Helen Maud Cleghorn, dopo la morte del padre Spring Byington si trasferì prima a Denver e poi a Boston, dove la madre si laureò in medicina. Rientrata a Denver, Helen Maud intraprese la professione medica, mentre la giovane Spring studiò alla North High School e iniziò a recitare all'età di quattordici anni nella Elitch Garden Stock Company[1], diretta dall'attrice Mary Elitch, amica di sua madre.

Non ancora ventenne, la Byington partecipò a una lunga serie di tournée negli Stati Uniti con compagnie teatrali di repertorio[2] e, nel 1910, intraprese un tour professionale in Argentina, durante il quale sposò Roy Carey Chandler, il manager della compagnia. La coppia rimase in Sudamerica fino al 1916, anno in cui fece rientro negli Stati Uniti per la nascita della figlia Phyllis.

Dopo aver dato alla luce la seconda figlia, Lois, nel 1919 la Byington riprese le tournée teatrali e debuttò a Broadway nel 1924 con la commedia Beggar on Horseback di George S. Kaufman e Marc Connelly[1], che rimase in cartellone per sei mesi e venne più volte riproposta nel decennio successivo, periodo durante il quale l'attrice si affermò come brillante interprete teatrale in altre pièce quali Once in a Lifetime di Kaufman e Moss Hart, When Ladies Meet e Jig Saw.

Dopo un piccolo ruolo nel cortometraggio Papa's Slay Ride (1931), la Byington raggiunse il successo anche sul grande schermo con il ruolo di Marmee March nel film Piccole donne (1933) di George Cukor. Il personaggio della dolce e rassicurante madre delle quattro sorelle March fu il primo di una lunga serie di figure materne e di buon cuore che la Byington interpretò durante la sua carriera[2]. Dal 1936 al 1940 l'attrice fu protagonista di una serie di pellicole incentrate sulle vicissitudini della Famiglia Jones, fra le quali Too Busy to Work (1939) e ottenne una candidatura all'Oscar alla miglior attrice non protagonista per il ruolo di Penny Sycamore, la padrona di casa con la testa fra le nuvole, che scrive a macchina commedie incompiute[3], nel film L'eterna illusione (1938) di Frank Capra, interpretato con James Stewart e Jean Arthur.

La sua carriera cinematografica proseguì negli anni quaranta con la partecipazione alle commedie brillanti Arriva John Doe (1941), ancora per la regia di Frank Capra, Ragazze che sognano (1942) di Rouben Mamoulian, Il cielo può attendere (1943) di Ernst Lubitsch, e il dramma in costume Il castello di Dragonwyck (1946), esordio nella regia di Joseph L. Mankiewicz.

Durante il periodo della seconda guerra mondiale, l'attrice iniziò a recitare alla radio, raggiungendo una vasta popolarità nel 1952 con December Bride, uno show per la CBS nel quale interpretò il ruolo della vedova Lily Ruskin. Nel 1954 la Desilu Productions curò la trasposizione televisiva della sitcom, che ebbe grande successo e andò in onda per 111 episodi fino al 1959, facendo guadagnare alla Byington due candidature consecutive al premio Emmy nel 1957 e nel 1958. Altre sue partecipazioni televisive furono quelle nella serie western Laramie (1961-1963), nel ruolo di Daisy Cooper, e Batman, in cui interpretò il ruolo comico di J. Pauline Spaghetti in due episodi girati nel 1966.

Riconoscimenti

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Per il suo contributo all'industria cinematografica e per la sua attività televisiva, all'attrice vennero assegnate due stelle sulla Hollywood Walk of Fame: la prima, per il cinema, al 6507 e la seconda, per la televisione, al 6231 di Hollywood Blvd.

Premi Oscar 1939 – Candidatura all'Oscar alla miglior attrice non protagonista per L'eterna illusione

Apparizioni in film e documentari

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Doppiatrici italiane

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  1. ^ a b Arthur F. McClure, Alfred E. Twomey e Ken Jones, More Character People, Citadel Press, 1984, pag. 43-44
  2. ^ a b Il chi è del cinema, De Agostini, 1984, Vol. I, pag. 76
  3. ^ Frank Capra, il nome sopra il titolo, Ed. Lucarini, 1989, pag. 292
  4. ^ Dati del visto censura d'epoca del film su italiataglia.it

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