Utente:Tinette/bozzaIVG

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Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

L'Interruzione volontaria di gravidanza (IVG) o aborto provocato consiste nell'interruzione dello sviluppo dell'embrione o del feto e nella sua rimozione dall'utero della gestante. Oltre all'aborto provocato esiste anche l'aborto spontaneo. L'aborto volontario è sempre stato praticato in tutti i paesi del mondo con metodologie e per motivazioni diverse.

L'aborto e la legge: cosa rende l'aborto ammissibile

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L'ammissibilità morale dell'IVG è soggetta in gran parte alle convinzioni etiche, agli orientamenti religiosi, all'idea che una certa cultura abbia di concetti quali l'anima, la vita, eccetera.

L'IVG è una pratica autorizzata per legge in buona parte del mondo, soprattutto in quello occidentale, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione.
Le motivazioni ammesse sono diverse. In primo luogo i casi di salute della madre, di gravi malformazioni del feto, di violenza carnale subita. Queste motivazioni sono ammesse anche nei paesi a dominanza maschile e di stampo conservatore, come l'Iran.
In numerose nazioni si tiene tuttavia conto anche di istanze psicologiche e di sociali, garantendo alla madre la possibilità di ottenere l'IVG in sicurezza ricorrendo a strutture mediche competenti.
Le motivazioni ammesse sono, oltre a quelle di cui sopra, il solo giudizio della donna sulla propria impossibilità di diventare madre ad esempio per giovane età, per rapporti preesistenti al di fuori dei quali è stato concepito il bambino, per timore delle reazioni del proprio nucleo famigliare (o della società in genere) nei confronti di una gravidanza avvenuta fuori da quanto si percepisca come lecito. In diversi paesi, tra cui l'Italia, l'aborto è garantito anche alle minorenni, cui, in assenza dei genitori, viene affiancato un tutore del tribunale minorile.

In altre nazioni ancora, l'aborto è imposto alla donna o fortemente raccomandato quando il nascituro non abbia le caratteristiche volute dalla famiglia, prima fra tutte il sesso. Questa condizione sociale privilegia i maschi rispetto alle femmine che vengono, in alcuni stati, sistematicamente abortite.
Questa situazione è oggi nota per essere endemica in ampie zone dell'India e della Cina. Sono stati inoltre riportati casi di brutale violenza e di aborto forzato, anche all'ottavo mese, per ritorsioni di vario genere, ad esempio politiche, in paesi come la Cina.

Tempistiche: entro quando si può richiedere la IVG

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Negli stati in cui la IVG è legale, può venire richiesta su solo giudizio della donna entro un dato periodo di tempo. Scaduto questo viene concessa solo in casi rari, a discrezione del medico e in presenza di gravi malformazioni del feto o di rischio per la salute della donna. Il termine varia anche considerevolmente a seconda della legge dello stato in cui ci si trova. In Italia, come in molti altri, il termine è la 12esima settimana di gestazione, in Inghilterra la 24esima.

L'IVG nella legislazione italiana

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Mappa che sintetizza le posizioni della legislazione sull'aborto nel mondo

Legislazione precedente al 1978

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Prima del 1978, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato (art. 545 e segg. cod. pen., abrogati nel 1978). In particolare:

  • causare l'aborto di una donna non consenziente (o consenziente, ma minore di quattordici anni) era punito con la reclusione da sette a dodici anni (art. 545),
  • causare l'aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all'esecutore dell'aborto che alla donna stessa (art. 546),
  • procurarsi l'aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547).
  • istigare all'aborto, o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi a due anni (art. 548).

In caso di lesioni o morte della donna le pene erano ovviamente inasprite (art. 549 e 550), ma, nel caso "... alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 545, 546, 547, 548 549 e 550 è stato commesso per salvare l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due terzi." (art. 551).

La regolamentazione dell'IVG del 1978

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Il bisogno di adeguare la normativa si è presentato al legislatore in seguito alla sentenza n.27 del 18 febbraio 1975 della Corte Costituzionale. Con questa sentenza la Suprema Corte, pur ritenendo che la tutela del concepito ha fondamento costituzionale, consentiva il ricorso alla IVG per motivi molto gravi.

La legge italiana sulla IVG è la Legge n.194 del 22 maggio 1978 (detta anche più semplicemente "la 194") con la quale sono venuti a cadere i reati previsti dal titolo X del libro II del codice penale con l'abrogazione degli articoli dal 545 al 555, oltre alle norme di cui alle lettere b) ed f) dell'articolo 103 del T.U. delle leggi sanitarie.

La 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge (vedi sotto), di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica.

Il prologo della legge (art. 1), recita:

Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

L'art. 2 tratta dei consultori e della loro funzione in relazione alla materia della legge, indicando il dovere che hanno della donna in stato di gravidanza:

  • informarla sui diritti garanti dalla legge e sui servizi di cui può usufruire;
  • informarla sui diritti delle gestanti in materia lavoristica;
  • suggerire agli enti locali soluzioni a maternità che creino problemi;
  • contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza.

Nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla IVG è permesso alla donna quando

circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito (art. 4).

La IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza (art. 6):

  • quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
  • quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

Le minori e le donne interdette devono ricevere l'autorizzazione del tutore o del tribunale dei minori per poter effettuare la IVG. Ma, al fine di tutelare situazioni particolarmente delicate, la legge 194 prevede che (art.12)

...nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.

La legge stabilisce che le generalità della donna rimangano anonime e che il medico che esegue l'interruzione della gravidanza debba fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite (art. 14).

La legge ha previsto l'obiezione di coscienza per quei medici e paramedici per i quali la pratica abortiva è contraria ai propri principi etici.

Questa legge è stata confermata dagli elettori con una consultazione referendaria il 17 maggio 1981.

Testi normativi di riferimento

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Lo stato del dibattito sulla legittimità dell'IVG

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Poster sovietico del 1925; il titolo recita: Coloro che non sono qualificati per eseguire aborti, incluse levatrici e medici, possono causare la morte

In numerosi stati è attivo un dibattito sulla legittimità morale dell'aborto e quindi sulla legittimità che esso sia consentito dalla legge.
Il dibattito verte sul fatto se sia giusto o sbagliato da un punto di vista etico impedire l'evoluzione di un organismo che diventerebbe un essere umano e sulle relative conseguenze sociali.
Questo dibattito sfocia spesso nei toni di una accesa polemica e non sono mancati, in alcuni paesi come gli Stati Uniti, conseguenze gravi quali l'uccisione di medici abortisti.
Il dibattito vede fondamentalmente due fronti contrapposti, ognuno su posizioni più o meno determinate e rigide.

  • Chi vorrebbe rendere illegale la IVG o quantomeno renderla molto più vincolata. Questi vengono spesso definiti pro life, a favore della vita; Fanno parte di questo fronte, in linea generale, le chiese e una parte dei loro aderenti.
  • Chi intende mantenere l'attuale legislazione o renderla anche meno vincolata. Questi vengono spesso definiti pro choice, a favore della scelta. Aderiscono a questo fronte, in linea di massima, tutti coloro che non ritengono di poter giudicare motivazioni tanto profonde, coloro che privilegiano la libertà di scelta come indice dell'identità un paese civile, coloro che non ritengono che un embrione sia un essere umano o che nutrono riserve sull'ingerenza delle chiese in alcuni fronti sociali, coloro che lo ritengono un modo produttivo di sradicare la piaga degli aborti clandestini, ed altri ancora.

Va precisato che il fronte pro choice (talvolta detto degli abortisti) non è a favore dell'aborto in sé e per sé. Essi sostengono piuttosto la assoluta necessità di una legislazione chiara e precisa che stabilisce cosa sia possibile fare, come debba venire fatto, chi sia incaricato di eseguire aborti e con quali controlli e quant'altro necessario. Questo per tutelare le persone coinvolte nel processo, la loro libertà di scelta e minimizzare i rischi di salute connessi.

Le tesi contrarie alla IVG

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Le tesi contrarie all'aborto sono di origine etica e religiosa. Vertono cioè sul fatto che sia gravemente sbagliato l'atto in conseguenza delle sue risultanze morali. In Italia si fa interprete di questo fronte il Movimento per la Vita, nel quale confluiscono forze religiose (cattoliche, ortodosse, alcuni gruppi protestanti) ed altri.
I sostenitori di queste tesi considerano l'embrione un essere umano a tutti gli effetti in quanto dotato di un proprio patrimonio genetico diverso da quello dei genitori e dopo un certo stadio di sviluppo, di un sistema nervoso centrale, ritenuto sede della coscienza.
Fanno notare come l'evolversi dell'embrione/feto è un progressivo sviluppo continuo e graduale, nel quale non c'è alcuna soluzione di continuità, nemmeno nel momento della nascita.
In quest'ottica, dunque tanto l'embrione quanto il feto sarebbero già persona umana fin dal concepimento, aventi dunque gli stessi diritti della donna. In tal senso la stessa legge 40/04 appella l'embrione come "il concepito".
Gli unici diritti che di fatto nessuno riconosce all'embrione o al feto sono quelli patrimoniali.
Né la legge né il singolo avrebbero dunque il diritto di decidere sulla vita della nuova creatura. I contrari all'aborto lo considerano un omicidio, e quindi una pratica disumana da vietare. In quest'ottica lo stato, garante di ciò che è legale, non dovrebbe autorizzare l'aborto, che per essi è equiparabile ad un omicidio.
L'autorizzazione da parte dello stato e il fatto che i costi dell'aborto siano a carico del servizio sanitario nazionale sono visti come una qualunquizzazione di un atto grave che il clima di legalità fa percepire come ammissibile mentre, dal loro punto di vista, resta un crimine particolarmente grave: un feto, infatti, non ha alcuna possibilità di difendersi, così come non l'avrebbe un neonato.

Tenendo in conto questi punti di vista e la delicatezza del problema di coscienza che si viene a creare, lo stato garantisce l'obiezione di coscienza a quei medici e paramedici per i quali la pratica abortista è contraria ai propri principi etici.

La contraccezione di emergenza e la controversia sulla Pillola del giorno dopo

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La contraccezione di emergenza è un insieme di metodi che si applicano dopo il rapporto sessuale quando si ritenga che questo possa essere stato fecondante, quando cioè si teme che possa avvenire una gravidanza. Hanno lo scopo di impedirla, se ancora possibile, o di abortirla se necessario. I metodi sono essenzialmente due: la pillola del giorno dopo e la spirale o IUD.
La pillola del giorno dopo è insieme di sostanze a base di estrogeni o di estroprogestinici o di progestinici. Viene prescritta dal medico, e somministrata entro e non oltre le 72 ore dal rapporto sessuale che si teme sia stato fecondante. Lo scopo è contraccettivo e abortivo: funziona in base a due principi:

  • Se il concepimento non è ancora avvenuto lo impedisce grazie agli ormoni in essa contenuti, con lo stesso principio con cui viene impedito dalla pillola contraccettiva: viene cioè impedito che l'ovulo termini la sua maturazione e che il corpo luteo scoppi, liberandolo.
  • Se il concepimento è avvenuto ciò implica che il corpo femminile, in fase fertile, ha ispessito il tessuto che riveste le pareti uterine, l'Endometrio. La pillola del giorno dopo ne causa lo sfaldamento, impedendo l'eventuale annidarsi dell'ovulo fecondato che decade e viene espulso naturalmente. Inoltre viene bloccata l’attività del corpo luteo, che produce il progesterone. Senza questo ormone la gravidanza non può proseguire.


Il personale medico raccomanda l'assunzione della pillola del giorno dopo solo in casi di stretta necessità e di reale emergenza, invitando al ricorso ad una consapevole pratica contraccettiva. La pillola del giorno dopo si assume nelle immediate ore dopo il rapporto anche per scongiurare il pericolo di un concepimento, che di norma, richiede qualche ora per avvenire anche nelle condizioni più favorevoli. Se l'ovulo si fosse annidato nell'endometrio, infatti, la pillola non avrebbe effetto e la gravidanza proseguirebbe il suo corso.
La pillola del giorno dopo, quindi può risultare contraccettiva quanto abortiva. Non vi è modo di stabilire a priori se sia l'una o l'altra cosa poiché non vi sono, al momento, metodi che confermino un concepimento in atto già a partire da poche ore dopo che questo sia avvenuto. I test di gravidanza, infatti, rilevano l'innalzarsi dell'ormone HGC (e quindi il sospetto di gravidanza in atto), solo a partire al mancato ciclo e dunque a circa due settimane dal concepimento.

La spirale o IUD è un dispositivo di metallo chirurgico a forma di "T" o di "L" rovesciata che viene inserita in utero. Ne deforma, in via non definitiva, le pareti rendendo impossibile che l'ovulo fecondato si annidi diventando poi un feto procurando, di fatto, un aborto. A differenza degli altri metodi contraccettivi quali pillola o preservativo, quindi, non impedisce il concepimento, ma la sua prosecuzione in gravidanza.

L'aborto come supposta pratica contraccettiva

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Alcuni antiabortisti sostengono che alcune donne ricorrano all'aborto come pratica contraccettiva o per semplice egoismo e che le motivazioni che spingono a tale scelta siano, di fatto, frutto di egoismo e mancanza di responsabilità. In particolare i cattolici osservanti fanno riferimento alla enciclica Evangelium vitae dove Giovanni Paolo II espose come le radici logiche della contraccezione fossero le medesime dell'aborto, facendo particolare riferimento a quei metodi che non impediscono il concepimento, ma impediscono che sfoci in una gravidanza (pillola del giorno dopo, spirale). Dal punto di vista cattolico, in ogni caso, non è lecito interferire con il propagarsi della vita se non estendendosi dai rapporti nei giorni fertili, e cioè per circa 4-8 giorni al mese.
Non esiste una casistica affidabile, ad oggi, che possa dire con chiarezza se questo problema esista e quanto incida sulla popolazione. In considerazione anche di questa istanza, comunque, il personale medico e sanitario raccomanda a tutti coloro che siano sessualmente attivi un uso consapevole della contraccezione preventiva.

Le tesi a favore della IVG legalizzata

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E' un fatto che, prima della legalizzazione dell'aborto, la piaga degli aborti clandestini era endemica e mieteva, ogni anno diverse morti. Le cifre fanno emergere come negli ultimi anni, il numero di aborti clandestini sia drasticamente diminuito e con esso il numero delle morti accidentali dovute ad imperizia di chi praticava aborti.
Sul territorio, inoltre, sono attivi molti consultori famigliari, il cui sostegno pratico e psicologico ha contribuito ad un calo delle IVG complessive del 42,7% in circa vent'anni. I sostenitori dell'IVG sottolineano come, lungi dall'avere reso l'aborto una scelta da prendere alla leggera, la legalizzazione abbia visto un drastico calo degli aborti.

Perché l'embrione non è ritenuto persona

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Chi sostiene la legittimità dell'aborto ritiene che l'embrione non sia una persona perchè non esistono prove scientifiche che possano stabilire in modo inequivocabile cosa sia la coscienza e quando o in relazione a cosa questa si sviluppi. Ciò in quanto, non è accertata la relazione tra un sistema nervoso centrale e lo sviluppo della coscienza, e di conseguenza, l'autocoscienza di sè, che è considerata uno degli elementi caratteristici dell'uomo.
L'embrione, inoltre, è un'entità altamente polimorfa e priva dell'autonomia vitale che è alla base della definizione di organismo. Privo del corpo materno, infatti, non ha alcuna possibilità di una vita propria, come invece ha un feto a partire già dalle 24 settimane.

Il concepito, inoltre, è il risultato del processo di fecondazione (fusione) dei due gameti, maschile (spermatozoo) e femminile (ovocita), che dà origine ad uno "zigote" o "ovocita fecondato". Questo ovocita ha basse probabilità di proseguire nel suo sviluppo in quanto per molti degli oociti fecondati non avviene la fusione dei due nuclei con la formazione del nuovo patrimonio genetico (singamia).
Molti degli ovociti fecondati che invece completano la singamia risultano incompatibili con la vita individuale per motivi vari, primo fra tutti l'insorgenza di anomalie genetiche gravi e vengono abortiti naturalmente dal corpo materno. In molti casi ciò avviene nelle primissime fasi della gestazione, tanto che molte donne, ancora inconsapevoli della gravidanza, non si accorgono dell'accaduto.
Le stime, estremamente variabili, parlano di oltre il 30% dei casi.
Se l'embrione fosse una persona, alla luce di questo, la razza umana sopravviverebbe su milioni di morti.

Un'altra visione favorevole alla situazione attuale è quella laico-liberale che vede la legalizzazione come possibilità di scelta. Lo Stato, mancando degli elementi per decidere in modo assoluto, rimanda dunque la decisione di come considerare l'embrione (e di conseguenza se sia possibile ricorrere all'aborto o meno) alla persona più coinvolta, cioè la madre.

La legittimità della contraccezione

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I favorevoli alla IVG regolamentata dalla legge sostengono che molte gravidanze indesiderate, e quindi a rischio di aborto, non avrebbero luogo se venissero attivate delle serie politiche di educazione sessuale e di educazione alla contraccezione. Si ritiene, di fatto che il calo delle IVG sia anche e particolarmente dovuto alla legittimazione della contraccezione, che è stata fortemente sostenuta negli ultimi anni.
In particolar modo si sostiene quindi la necessità di una approfondita educazione sessuale e sanitaria agli adolescenti già a partire dalle scuole medie. Altre misure in tal senso sono state anni fa, l'istituzione dei distributori automatici di profilattici, che oltre a impedire gravidanze indesiderate evitano il diffondersi di malattie sessuali. Si sostiene la necessità di inserirli anche in alcuni locali o punti di ritrovo, come le discoteche o i pub.
Moti contrari alla IVG, e in particolare coloro che si riconosco in alcune interpretazioni di credi religiosi, hanno fortissime riserve verso tali politiche di prevenzione, ritenendo che i rapporti sessuali siano leciti solo dopo il matrimonio e solo all'interno della coppia sposata.
Questa ulteriore contrapposizione non contribuisce a lenire la polemica perché i sostenitori della IVG ritengono di occuparsi realisticamente di impedire il ricorso all'aborto, ponendo l'accento sull'impedire le gravidanze indesiderate, e ritengono ce molti antiabortisti tratteggino una risoluzione del problema irrealistica e inapplicabile.

Il concetto di colpa e la pressione sociale

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Nel trattare il problema dell'aborto non va dimenticato il ruolo che la donna ha ricoperto per numerosi secoli.
Ritenuta una persona di importanza nettamente inferiore all'uomo è stata impedita o costretta in molte sue scelte, particolarmente quelle legate all'affettività ed alla sessualità. In numerosi casi, infatti, concetti quali l'onore famigliare o il disonore sociale sono stati legati strettamente all'obbligo per le donne di essere mogli fedeli e giovani vergini.
Un figlio imprevisto, dunque, si è configurato per moltissimo tempo come una vera e propria tragedia che spesso aveva conseguenze gravissime. Una ragazza madre poteva venire esposta a rischio di gravi violenze famigliari quando non addirittura alla morte. Era sicuramente esposta all'ostracismo sociale che avrebbe considerato una poco di buono per il resto dei suoi giorni e suo figlio il figlio ella colpa.
Sino a non più di 25 anni fa. in Italia, il delitto di una moglie, sorella o figlia per relazione carnale illegittima vedeva una diminuzione della pena dell'assassino che era solito scontare un paio di anni al massimo. Questo perchè si riteneva che la necessità di lavare l'onore macchiato scusasse l'accesso d'ira che aveva condotto al delitto.
Allo stesso modo si riteneva che un uomo che avesse stuprato una ragazza potesse riparare al delitto sposandola. In quanto marito avrebbe, peraltro, avuto diritto all'adempimento del dovere coniugale. La relazione sessuale imposta, infatti, non sarebbe più stata stupro, poichè sarebbe stata legittimata dal matrimonio.
In questo quadro merita ricordare che lo stupro cessò di essere reato contro la morale e divenne reato contro la persona solo nel 1994. Contestualmente vennero inasprite le pene che lo punivano e ridotte le attenuanti spesso concesse.
Una situazione come questa, dove il ruolo sociale era molto più rilevante della tutela della scelta e della stessa vita di una persona, le donne sono state caricate di enormi sensi di colpa per decisioni che oggi si procede a considerare sempre più del tutto legittime, quali quelle di decidere dei propri affetti e della propria vita sessuale.
I sostenitori dell'IVG sottolineano il ruolo forte che le chiese hanno avuto in tale colpevolizzazione e nell'approvazione di un certo status quo, ritenendo legittimo il sospetto che gli antiabortisti vogliano semplicemente un ritorno ad un passato dove il diritto alla dignità e alla vita erano tutt'altro che garantiti.
Per contro la riflessione su questi temi è attiva tra gli antiabortisti, che pongono un forte accento sulle tutele sociali che è necessario garantire alla donna perché il portare a termine la gravidanza sia realisticamente possibile. Tra queste un diverso orientamento verso la donna stessa, che deve essere vista positivamente come futura mamma e non come una persona che abbia sbagliato in qualcosa, il sostegno economico alla donna stessa o ad apposite associazioni e istituzioni come le case famiglia, la presenza, nei consultori, di volontari che illustrino le possibilità alternative all'aborto che gli antiabortisti ritengono non vengano sufficientemente spiegate.
Entrambi i fronti sono, in linea di massima, convinti della necessità di ridurre al minimo il ricorso all'aborto e di rendere uomini e donne consapevoli delle conseguenze e responsabilità delle proprie scelte. Le differenze, talvolta molto aspre, vertono sul come giungere a tale risultato.

Le alternative all'aborto

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Una donna che non desideri abortire può portare a termine la gravidanza e quindi lasciare il figlio in custodia dell'ospedale, che provvederà a darne l'affido ai servizi sociali. Questi affideranno a loro volta il bambino alle cure di un orfanotrofio e successivamente ad una famiglia affidataria o adottiva. L'identità della donna non verrà mai rivelata, perché le istituzioni hanno il dovere di tutelarne l'anonimato. Allo stesso modo l'identità della famiglia adottante non sarà rivelato alla madre che abbia rinunciato al figlio.
Una donna, viceversa, che voglia tenere il figlio avrà diritto alle dovute cure ospedaliere sia essa cittadina italiana o no. Se è cittadina italiana potrà fare richiesta degli aiuti previsti dalla legge e dalle regioni, quali case popolari, corsie preferenziali per l'inserimento negli asili nido, sgravi fiscali, eccetera.
Numerose associazioni religiose e non, inoltre, forniscono aiuto materiale e supporto psicologico anche a coloro che non possano o vogliano contare sull'appoggio della famiglia. nei casi di gravi pericoli per la tutela della donna, quali spesso si incontrano nelle comunità mediorientali, lo stato, i suoi organismi e numerose onlus provvedono sia al sostegno economico sia a quanto si renda necessario per proteggere la madre e il figlio stesso, portandoli in un contesto tale da porli lontano dai rischi temuti (casa-famiglia, altro centro urbano, cambio di identità, eccetera). Queste possibilità, tuttavia, non sono sempre evidenti a chi si trovi a dovere prendere una decisione, che risulta comunque ulteriormente complicata dall'ostracismo sociale e famigliare.

L'aborto nelle varie religioni

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Lo stesso argomento in dettaglio: Religione ed aborto.

La gran parte delle religioni maggioritarie condannano l'aborto, sebbene molte di esse lo ritengano accettabile in circostanze molto limitate.

Metodologie dell'aborto provocato

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Esistono modi diversi per procurare aborto. Si tenga presente che, in terminologia medica, viene definito embrione il prodotto del concepimento sino alla fine della ottava settimana di gestazione. Si definisce invece feto un embrione dall'inizio della nona settimanata sino alla nascita e bambino dalla nascita in poi, sia essa naturalmente occorsa al nono mese di gravidanza o prima (parto prematuro).

Si tenga presente cheGli antiabortisti tendono a considerare che l'uso di una terminologia strettamente medica sia un espediente per giustificare il ricorso all'IVG, delegittimando la dignità del concepito in quanto essere vivente. In tal senso sono diffuse descrizioni dei metodi qui sotto riportati che pongono l'accento sull'uccisione del feto, visto in quanto bambino

Svuotamento strumentale

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È la metodologia maggiormente diffusa. Si procede ad asportare 'embrione dall'utero svuotandolo tramite aspirazione. A seconda del periodo di gestazione viene effettuato con metodologie diverse:

Svuotamento per isterosuzione

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Utilizzata solo entro le prime otto settimane di gestazione. Consiste nell'aspirazione dell'embrione e dell'endometrio attraverso una canula introdotta nell'utero senza la necessità di dilatazioni della cervice.

Svuotamento per dilatazione e revisione della cavità uterina (D&R)

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Dall'ottava alla dodicesima settimana di gestazione, sono eseguite solitamente la dilatazione e la revisione della cavità uterina (D & R). La cervice viene dilatata per permettere il passaggio delle cannule da suzione di diametro maggiore necessarie ad eliminare il feto, che non ha più le ridotte dimensioni tipiche dell'embrione.

La cervice viene dilatata adoperando dei dilatatori meccanici calibrati di diametro progressivamente crescente, necessari a raggiungere la dilatazione desiderata oppure attraverso dilatatori osmotici come le alghe marine essiccate.

Qualora le dimensioni della testa lo richiedono il medico "la comprime con una pinza", ovvero "la frantuma", per consentirne la fuoriuscita".

Dilatazione e svuotamento (D&S)

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Utilizzata solo per gravidanze che superino le dodici settimane; questa procedura consiste nella dilatazione del canale cervicale attraverso l'uso di dilatatori osmotici o meccanici. Il feto viene quindi frantumato e rimosso dall'utero". Vengono poi aspirati il liquido amniotico, la placenta e i residui che si siano determinati per la frantumazione.

Induzione farmacologica (RU 486)

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Lo stesso argomento in dettaglio: RU 486.

L'induzione farmacologica dell'aborto è l'ultimo metodo di interruzione di gravidanza introdotto nella medicina tradizionale. Con questo metodo il distacco del feto dall'utero è chimico e non è necessario nessun intervento di natura chirurgica sul corpo della donna. L'induzione farmacologica attualmente viene effettuata attraverso l'uso di un derivato steroideo sintetico, il mifepristone o RU 486 e di una prostaglandina, il gemeprost.

La prima pillola "induce l'aborto fiosologico", portando alla morte dell'embrione o del feto, mentre la seconda, sempre chimicamente, induce l'espulsione del feto e la pulizia dell'utero. Il suo inventore, Emile-Etienne Beaulieu aveva chiamato questa tecnica contragestione.
È, a volte, confusa erroneamente con la pillola del giorno dopo, un metodo di contraccezione post-coitale che non ha nulla a che fare con l'aborto farmacologico.
La pillola RU 486 è legale in Francia, Inghilterra, Germania, Austria, Spagna, USA.
Nel 2005 è partita la sperimentazione in alcuni ospedali d'Italia. Data l'attuale legge il farmaco andrà in gni caso somministrato sotto controllo medico e in ambiente ospedaliero. Non è infatti consentito alcun medico che provochi aborto se non in condizioni di tutela di personale specializzato. Il farmaco non è stato ancora iscritto all'elenco dei farmaci la cui vendita è permessa, l'industria che lo produce non ne ha mai fatto richiesta di registrazione. Nel 2006 il Ministero della salute ne ha vietato l'importazione diretta dalla Francia da parte degli ospedali.

Raramente utilizzato a causa dei gravi rischi per la fertilità e la salute della donna. È la tecnica che consiste nell'asportazione del feto tramite taglio cesareo. Se il feto fosse vivo dopo l'operazione, viene lasciato morire.

Nascita parziale

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Un metodo efficace negli aborti dalla sedicesima settimana alla nascita, ma vietato dalla legge italiana è quello della nascita parziale. Esso consiste nell'estrazione parziale del feto dall'utero (generalmente tutto fuorché il cranio) attraverso l'uso di una pinza.
L'estrazione parziale e dunque l'avvicinamento del cranio alla cervice permette lo "svuotamento" del medesimo, ovvero la "aspirazione del cervello", attraverso l'introduzione nel cranio stesso di una canula aspiratrice.
Lo svuotamento si rende necessario per permettere il passaggio agevole del cranio attraverso la cervice.
Questa metodologia piuttosto brutale è stata oggetto di un'intensa discussione negli Stati Uniti dove, completamente legale in precedenza, se ne è ristretta nel 2003 la possibilità di utilizzo solo ai casi in cui sia in serio pericolo la vita della madre.

Conseguenze sulla salute

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Le possibili conseguenze sulla salute fisica della donna variano considerevolmente a seconda della situazione. Va dunque anzitutto considerato il motivo per cui si ricorre all'aborto procurato, e cioè se siano motivi inerenti allo stato di salute della donna o meno.
Dal punto di vista fisico, se l'aborto avviene nelle prime otto settimane il rischio è pressochè inesistente e considerevolmente più basso del parto.
Il rischio aumenta esponenzialmente al progredire della gestazione. Le complicanze più frequenti sono perforazioni all'utero, alla vescica o all'addome, causate da imperizia o dagli eventuali bruschi movimenti imprevisti della paziente.
Un aborto non propriamente eseguito può portare a shock settico se siano rimasti residui nella cavità uterina. Allo stesso modo può generarsi infertilità e nei casi più gravi la morte, che è in massima parte connessa ai rischi della eventuale, e quindi sconsigliata, anestesia totale.
Va ricordato che un ridottissimo numero di casi di aborti non va a termine e la gravidanza prosegue, dando luogo regolarmente alla nascita del bambino. Questa eventualità, rara, si verifica nei casi in cui la gravidanza sia in fase molto avanzata.
E' evidente quindi il motivo per cui la legge obblighi il ricorso a personale medico competente e a strutture adeguate. Solo in queste condizioni è possibile minimizzare i rischi anche nelle situazioni più sfavorevoli.
Si è inoltre avanzata l'ipotesi che un aborto procurato possa innalzare il rischio di contrarre cancro al seno. Questo avverrebbe perchè all'eliminazione dell'embrione o feto il corpo interromperebbe bruscamente la produzione di specifici ormoni necessaria allo sviluppo del feto. Tale ipotesi, nota come correlazione ABC (abortion-breast cancer), non è mai stata confermata dalle organizzazioni mediche e scientifiche. Qualora si vericasse come attendibile, comunque, aggraverebbe il rischio di tumore tanto nelle donne che ricorrano alla IVG, quanto in quelle, molto più numerose, che perdano il bambino spontaneamente per aborto naturale. In entrambi i casi, infatti la perdita del concepito è brusca e fuori dal tempo naturalmete previsto e in entrambi i casi la produzioni di specifici ormoni si interompe.
Per approfondire vedi anche la voce correlazione ABC.

Dolore fetale

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Vi è una accesa controversia se sia possibile che il feto percepisca o meno dolore.
Alcuni ritengono che possa percepire dolore a partire dal terzo mese di gestazione, altri che ciò non avviene se non a partire dal sesto e oltre perchè le necessarie caratteristiche neuroanatomiche non sarebbero state raggiunte.
Scientificamente parlando i recettori del dolore iniziano ad apparire a partire dalla settima settimana di gestazione. Tuttavia gli organi coinvolti nel processo giungono a formazione completa solo molto più tardi, e cioè verso la 23esima settimana, quando si formano le connessioni tra il talamo e la corteccia cerebrale.
L'impossibilità di misurare il dolore, il dubbio su in che modo esso venga percepito e a carico di quali organi, tuttavia, rende il dibattito difficile da dirimere e la polemica rimane aperta.

Conseguenze psicologiche

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Le complicanze psicologiche sui soggetti coinvolti sono estremamente variabili e determinati in parte più o meno consistente dall'educazione ricevuta e dalle pressioni sociali cui le persone sono soggette, oltre che dalle caratteristiche specifiche delle persone coinvolte.
Gli studi effettuati e l'esperienza clinica suggerscono che il punto non sia tanto se abbia peggiori conseguenze sulla psiche una gravidanza imposta o un aborto spontaneo o procurato.
Piuttosto è determinante un complesso insieme di senso di colpa, di senso di inadeguatezza di sè stessi rispetto alle circostanze, di incomprensione da parte di altre persone coinvolte nell'evento, di spaesamento relativo a come gestire il problema, di perdita, di aspettative mancate, di paura di eventuali conseguenze sociali.
In altre parole le conseguenze psicologiche si sono dimostrate presenti e anche particolarmente gravi in casi di IVG quanto in casi di gravidanza imposta per IVG negata, quanto in casi di aborto spontaneo di un figlio desiderato.
Tali conseguenze spaziano dalla depressione clinica o postpartum, alle tendenze suicide, abuso di farmaci, stati ansiosi e psicosi.
E' bene ricordare, inoltre, che sebbene gli uomini siano stati educati per molto tempo a considerare una gravidanza indesiderata un problema di donne, lasciandole in solitudine a gestire il problema, diverse cose sono cambiate in questi anni di educazione più consapevole.
Molti ragazzi e giovani uomini in questi ultimi anni hanno mostrato di essere anch'essi presenti riguardo al problema e di sentirsi diretta parte in causa. Non vanno quindi trascurate le possibili conseguenze psicologiche che possa avere un uomo quando la compagna non voglia tenere il figlio che lui, invace, vorrebbe.

Al dilà dei fronti polemici aperti sulla questione, ciò che si può realisticamente concludere è che una IVG espone tutte le persone coinvolte, e la donna in particolare, ad un elevato rischio di stress psicologico e di gravi sofferenze emotive che possono durare anni.
Questo fatto, ben noto agli operatori sociali, sanitari e a chiunque abbia avuto modo di venire coinvolto anche solo marginalmente nel processo, induce tanto il fronte degli antiabortisti quanto quello dei sostenitori della legittimità dell'IVG a lavorare per ridurre al minimo possibile un avvenimento che non manca di causare traumi e dolore in chi lo vive e che entrambi si augurano accada il meno possibile.

Riferimenti e note

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