Utente:Marina Sofianopulo/Sandbox2

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==Cesare Sofianopulo== pittore e letterato (Trieste,28 maggio 1889 - 19 marzo 1968)

“Poetico pictor, pingente vate” (di se stesso) “Pittore, poeta, traduttore, solerte indagatore di civiche vicende”(B.M.Favetta) “Anima bizantina di greco moderno”(Arduino Berlam) Alcune definizioni di questo “personaggio irripetibile, affascinante e scomodo al tempo stesso,… (che) rappresenta come pochi altri l’anima di Trieste… greco per origine, temperamento, cultura, italiano nel cuore, ma segnato da un’impronta nordica nel pensiero, egli incarna…esemplarmente la figura dell’intellettuale di qui, inquieto e diviso fra tante anime”(Masau e coll.)

1889- Nasce a Trieste da un’agiata famiglia greca: il padre, Charalambo, vi era giunto nel 1850, la madre Maria Nicolaidi era discendente di Cesare Romagnoli, Carbonaro anconetano, come Cesare amava ricordare. Essendo il terzo di quattro fratelli, potè dedicarsi all’arte. Nel 1907 muore il padre. 1908- Dopo i primi lavori dal 1905, studia col noto pittore triestino Argio Orell ed espone per la prima volta al Circolo Artistico triestino. 1910-11- E’ iscritto all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, con Angelo Yank 1911-12 – passa a Parigi, all’Accadémie Julian, dove conosce Modigliani, Lipchitz, Jacob, D’Annunzio, ed i corsi di Jean Paul Lorens; studia arte drammatica all’Académie Pasdeloup, diretta da Raymond Duncan. 1912-14- ritorna a Monaco e studia con Franz von Stuck. All’Esposizione internazionale del Glaspalast del 1913, espone “La Malata”(cat. 51). La frequentazione assidua dei concerti sinfonici lo stimola a ricercare un’unità di corrispondenza tra musica e pittura, che sintetizzò nella “Nuova teoria dei colori”. Nel 1913 inizia il “Ritratto di Frances”(cat. 56), fanciulla americana conosciuta ad un concerto. 1914- ritorna a Trieste, e nel 1916 esordisce come critico sul giornale di Trieste “Il Lavoratore” 1915 – nel frattempo, il fratello maggiore Mario (alla greca: Panajoti), che già aveva combattuto volontario per la Grecia nel 1912 prendendo parte alla Battaglia di Drisko, si era arruolato volontario per l’Italia. Combatte’ sul Piave col Savoia Cavalleria, fu più volte decorato al valore, ma non volle mai trar profitto dalla sua dedizione all’Italia. 1918- Con un gruppetto di amici, battezza il molo “Audace”. Stampa la raccolta di poesie patriottiche “Odi alla Patria” 1919 – dipinge “Ultima Nota”(cat. 108) 1923 – E’ bibliotecario del Circolo Artistico; scrive articoli storico-patriottici su “Oberdan”, partecipa alla Quadriennale di Torino. 1924 – Espone il “Ritratto della sorella Assunta”(cat.40) alla XIV Biennale di Venezia; inizia la collaborazione col quotidiano “Il Piccolo”; dipinge il Trittico “S. Lucia Grazia Illuminante”(cat.123) 1927 – Diventa membro del Direttorio del Sindacato fascista di Belle Arti. Dipinge il ritratto di Luciana Valmarin.(cat. 141) 1928 - Ottiene la medaglia d’oro della Prefettura di Trieste 1929 – espone alla Esposicion mondiale di Barcellona 1930 – dipinge “Maschere(cat.164)” e “Meditazione”(cat.163) 1931 – muore la madre. Da allora, Cesare visse solo col fratello Mario nel grande appartamento di via S.Nicolò 19, zeppo di quadri, libri ed oggetti d’arte, ognuno portatore di storie che Cesare ricordava. 1932 – Pubblica la sua traduzione de “I Fari” di Baudelaire sulla rivista del Lloyd Triestino “Sul Mare”. 1933 – Termina il grande dipinto “Ego sum Vita”(cat. 182); l’anno seguente espone alla XIX Biennale di Venezia il bozzetto (cat.116) 1935 – Partecipa alla “Mostra dei Quarant’anni” della Biennale di Venezia con “Maschere” e “Imeneo”(cat.177) 1936 – Partecipa alla XX Biennale di Venezia con Specchio Infranto (cat.162) e Ritratto di Elsa Douzak (cat.192). 1937 – Pubblica la traduzione de I fiori del male di Baudelaire e fa il ritratto del poeta francese; conosce Rosetta Lazzarini. 1938 – 39: dipinge Rena Vecchia di Trieste (cat.200), Cantiere in demolizione (cat.202) ed altre opere raffiguranti particolari della città vecchia o in via di sventramento . 1945 – Dipinge Le tre Grazie . 1947 - E’ tra i soci fondatori di un gruppo neoromantico triestino che si prefigge di ricondurre l’arte agli antichi splendori 1948 -54 – Collabora con il “Messaggero Veneto” 1951 – Pubblica la traduzione dell’ Inno alla Libertà di Dionisos Solomos 1952 – Ne La Cicchina di Dorothy dipinge il suo ultimo autoritratto 1955 -59: si impegna del tutto altruisticamente,con una fitta corrispondenza verso 14 scultori italiani, per far donare una “Via Crucis” alla Chiesa di Avilla di Buia (UD) 1960 – Esegue il ritratto di Arnoldo Frigessi di Rattalma 1967 – viene pubblicata (coll’aiuto del nipote Chari e di Rosa Lazzarini) la 2° edizione della sua traduzione de I fiori del male, cui lavorava da anni. 1968 – Muore dopo lunga infermità all’età di 79 anni.

Opera figurativa Nel catalogo redatto da Bianca Maria Favetta sono elencati 265 dipinti (alcuni dei quali perduti), una decina di bozzetti incompiuti, 140 disegni. Cesare nasce nell’ambiente triestino che non possedeva una tradizione artistica propria, ma subisce gli influssi delle culture delle varie etnie che vi erano confluite.o con le quali la città era in contatto. Il carattere dei suoi primi dipinti ( per lo più ritratti di famigliari) è ottocentista – tedesco, con le figure che emergono da sfondi scuri. Nel 1908, durante il soggiorno ad Egion Achea – patria della madre - affascinato dalla visione del monte Parnaso all’alba, lo rappresenta in varie versioni, con stesure uniformi e colori netti e luminosi, con un carattere tra arcaico e metafisico. Nel periodo 1910-12, a Monaco con AngeloYank e poi a Parigi, Cesare entra veramente in contatto con la cultura europea: l’art nouveau (che farà da allora parte del suo stile ), e viene sfiorato dalle avanguardie, che egli tempera nei suoi esperimenti col bizantino delle sue radici. A Monaco nel 1912-14, con Franz von Stuck, subisce il fascino di questo artista di successo, che lasciò sconcertanti riferimenti nella sua vita. Da lui apprende il disegno, la copia fedele del vero; ma la pittura secession e sensuale di von Stuck, in Sofianopulo diventa stilizzata, raffinata, fortemente simbolica, dominata dall’intelletto. Ritornato a Trieste, si dedica in particolare al ritratto e a fantasie macabre, opere sempre dense di simbolismi. La morte sarà comunque e sempre una presenza costante – esplicita o meno – della sua arte. Si ricordano in particolare: del 1909, Vite (cat.20), e Baiadera snasata (cat.29), del 1915 Eburnea (cat.85) e Morte al chiaro di luna (cat.87); 1919: Ultima nota (cat.108), opera trafugata negli anni ’80; 1920: Ultima fiamma (cat.111); 1924: Santa Lucia grazia illuminante (cat.123); il noto Maschere del 1930 (cat.164); Ego sum vita: bozzetto del 1922 (cat.116), opera definitiva del 1933 (cat.182) Frequentissimi gli autoritratti, non solo per la disponibilità del soggetto, ma soprattutto per il suo intento di indagare e giocare con le complessità dell’io, spesso corredati di motti: p. es. Ars/Mors/Amor (cat.46), Gnosi autòn in caratteri greci (cat.77) oppure utilizzati per composizioni originali, ingegnose e cariche di “intenzioni e sottintesi” (S.Benco), come nel Zeusi e Parrasio del 1927 (cat.144), , i già citati Santa Lucia e Maschere , l’Autoritratto Bifronte del 1936 (cat.161) ecc. Negli anni dai ’30 ai ’50 del 1900, si avvicina alla metafisica: esplicitamente, in opere quali Maschere, Imeneo, a Grazie Distrutte e La cicchina di Dorothy; comunque l’atmosfera irreale era e sarà da sempre caratteristica della sua pittura. Un caso particolare è il Ritratto di Frances (cat.56), che rappresentò per lui un ideale inarrivabile e sfuggente: vi lavorò dal 1913 per tutta la vita, sorta di ritratto di Dorian Gray all’inverso Contemporaneamente, interviene attivamente nella vita cittadina tanto con scritti e conferenze quanto con dipinti per criticare la distruzione di aspetti caratteristici di Trieste e la loro rievocazione. Negli ultimi anni si dedica prevalentemente al ritratto con un modo più sintetico e linee più rigide.

Ha esposto dal 1908 al 1968 in 109 mostre, tra le quali: tre volte alla Biennale di Venezia (1934,35, 36); 10 volte alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino; e poi, oltre a Trieste, in altre esposizioni a Venezia, Torino, Padova, Bologna, Roma, Milano, Pola, Vienna, Barcellona ecc. Dopo la sua morte, nel 1970 venne allestita a Trieste la sua prima personale, come pure nel 1994 per l’uscita del libro “Cesare Sofianopulo Ars Mors Amor”. Sue opere continuano a venire inserite in esposizioni a tema nazionali ed internazionali, si ricordano: 1979 Trieste: Artisti ai tempi di Italo Svevo 1980 “ Gli affreschi di Carlo Sbisà e la Trieste degli Anni Trenta 1982-83 “ Arte nel Friuli – Venezia Giulia 1900 – 1950 1985 Parigi: Trouver Trieste 1990 Trieste: I grandi vecchi 1991 – 92, Trieste: Il Mito sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba 2010 “ Arte e psicanalisi nella Trieste del Novecento 2013 Forlì: Novecento. Arte e vita in Italia tra le due guerre

Cesare letterato Come già ricordato, Cesare Sofianopulo – la cui grande mente era in continua attività – si dedicò da sempre anche alla scrittura: a cominciare dai 49 “diari” che tenne dal 1906 alla morte (aiutato negli ultimi anni da Rosa Lazzarini): più che diari, contengono la trascrizione della sua corrispondenza, comprese le numerosissime poesie acrostiche (secondo lui, più di 6000) che dedicava ad amici e conoscenti anche occasionali. “Fitti di osservazioni, notazioni critiche e letterarie, abbellimenti grafici: opera d’arte in se stessi” (P.Dorsi). Costituiscono una miniera ancora parzialmente inesplorata di notizie su di lui e sulla storia del suo tempo e dei personaggi coi quali corrispose. Dal 1916 attivo come critico d’arte sul quotidiano Il Lavoratore, dal 1924 su Il Piccolo (che allora usciva con 2 edizioni quotidiane), dal 1948 anche sul Messaggero Veneto: scrisse praticamente di tutti gli artisti attivi in città, ma grazie alla sua sterminata cultura, anche per rievocare vicende e luoghi storici , per esprimere opinioni sempre profonde, originali, colte e documentate, spesso caustiche, guadagnando rispetto ma anche profonde inimicizie. Tra le sue “battaglie”, quella per promuovere l’ampliamento e la riapertura del Museo Revoltella. Negli ultimi anni pubblicava sul Piccolo articoli divertenti ma sempre densi di curiosità storiche, tratti dai suoi diari. Ma la sua grande passione fu tradurre poesia, che costituiva per lui un vero e proprio esercizio musicale. Dagli anni ’30 in poi, ha tradotto in rima tutto Baudelaire (pubblicati nel ’37 e nel ’67), Poems di Poe, Sagesse di Verlaine, Testamenti di Villon, 350 Liriche neoelleniche, tutti i Sonetti di Mavilis, 20 sonetti danteschi di poeti ungheresi, 160 liriche di Sandor Petoefi ed altro, in gran parte inedite, ma che egli divulgava in magistrali declamazioni pubbliche a Trieste e in Friuli

Il personaggio Al di là del suo valore artistico,Cesare fu un personaggio caratteristico di Trieste, ricordato tanto negli ambienti della cultura, quanto in scherzi e vignette da altri protagonisti cittadini, non solo per il suo “interventismo” in ogni questione storica, culturale, d’arte, di costume, civica ecc., ma per la sua stessa figura: piuttosto mingherlino, con un cranio straordinariamente grande, che ben evidenziava la sua cultura retta da altrettanto eccezionale memoria; afflitto da profonda sordità che non gli impediva di “attaccare bottone” con chi incontrava, magari nel chiasso del traffico, su temi che svariavano dai fatti d’attualità alla storia locale a citazioni poetico-letterarie o musicali a considerazioni filosofiche o teologiche . Convinto (non a torto) della propria originalità, a volte era (o tale appariva ai suoi rivali) eccessivo nell’autocelebrazione, ma affabile con tutti, dai più altolocati ai più modesti, e spesso si impegnò in azioni disinteressate, addirittura anonime, per sostenere qualche amico (p.es. il pittore Vito Timmel) o promuovere qualche iniziativa, come la realizzazione della Via Crucis di Avilla di Buia.

Dal 2014 l’archivio personale cartaceo di Cesare Sofianopulo è dichiarato di interesse culturale ai sensi dell’art. 10 del D.lgs.22/1/2004 e tutelato dal Ministero. Attualmente è custodito a Trieste dai discendenti coll’obbligo di permetterne la consultazione agli studiosi che ne facciano richiesta tramite il Soprintendente archivistico.

Bibliografia: Cesare Sofianopulo a cura di Bianca Maria Favetta (Edizioni della Cassa di Risparmio di Trieste), 1973 con il Catalogo delle opere. Cesare Sofianopulo Ars Mors Amor a cura di Maria Masau Dan, Patrizia Fasolato, Alessandra Tiddia e altri (Civico Museo Revoltella di Trieste), 1994 Varie tesi, come quella del 1975 del pronipote, il pittore Antonio Sofianopulo.