Utente:Marco Escarotico/Sandbox/Storia d Fano

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La storia di Fano riguarda le vicende del territorio dell'omonima città, dalla preistoria sino a oggi.

Preistoria[modifica | modifica wikitesto]

Benché reperti umani risalenti al Paleolitico inferiore siano piuttosto rari nella Provincia di Pesaro e Urbino, nel territorio del Comune di Fano sono stati rinvenuti alcuni oggetti fabbricati in tale epoca: un'amigdala[1] e altri reperti[2] di tipo acheuleano rinvenuta sul Monte Giove. Per quanto concerne il Paleolitico medio, alcuni reperti sono stati rinvenuti presso la frazione di Torrette di Fano[3] e la foce del torrente Arzilla (nel quartiere di Gimarra)[2]. Del Paleolitico superiore è invece un ciottolo (che potrebbe tuttavia essere anche di formazione naturale) dalla forma ricordante una venere o un fallo rinvenuta presso il Ponte della Liscia[4].

Anche le culture del Mesolitico hanno lasciato poche tracce nella Provincia di Pesaro e Urbino, mentre nella località di San Biagio sono state rinvenute le tracce di un villaggio neolitico della Cultura di Ripoli[5].

All'epoca eneolitica (Età del rame) appartengono alcuni reperti rinvenuti nella foce dell'Arzilla, nella frazione di Caminate e nella parte sud-occidentale del Campo d'Aviazione (quartiere Vallato)[2], in località Chiaruccia[6], nella frazione di Roncosambaccio e lungo il corso dell'Arzilla (nel quartiere Paleotta)[2] sono stati ritrovati rinvenimenti dell'Età del bronzo e la località di Fosso Sejore e la foce dell'Arzilla erano utilizzate come scali per le navi greche che giungevano in Italia per commerciare con Adria e Spina[7].

Età protostorica[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Plinio il Vecchio, prima della colonizzazione romana, la costa della Regio VI Umbria (che comprendeva anche Fanum Fortunae) fu abitata da Siculi, Liburni, Umbri, Etruschi e Galli. Diversi accademici distinguono gli Umbri protostorici della Grande Umbria (Cultura di Terni), considerati da Plinio il Vecchio il popolo più antico dell'Italia, da quelli storici appartenenti al gruppo degli Osco-Umbri. Alcuni autori, che non si sono esposti sulla presenza degli Umbri protostorici nel territorio dell'Ager Gallicus, hanno ipotizzato che i Piceni fossero i discendenti dei Siculi (e forse anche dei Liburni), i quali, secondo Dionigi di Alicarnasso, furono scacciati dall'Adriatico dagli Umbri, identificati da questi autori con la popolazione storica Osco-Umbra. Testi greci del IV secolo a.C., quali il Periplo di Scilace, confermano la presenza umbra nella regione costiera adriatica che va da Ravenna ad Ancona[8].

Sebbene Pietro Maria Amiani nella metà del XVIII secolo sostenesse che, prima dell'invasione gallica delle Marche settentrionali, il territorio fanese fosse esclusivamente abitato da Umbri, in quanto riportato come territorio dell'antica Umbria da numerosi storici romani e greci[9], nel corso degli ultimi due secoli il ritrovamento di numerosi reperti hanno dimostrato che i piceni abitavano stabilmente nell'attuale periferia fanese (Fosso Sejore, Roncosambaccio, Monte Giove, Falcineto, Gimarra, La Colonna, ecc.[2]).

Benché non provino la colonizzazione del territorio da parte degli Etruschi, i diversi ritrovamenti di manufatti di fabbricazione etrusca nella perifaria di Fano e dintorni (Monte Giove[2], San Costanzo, ecc.[10]) dimostrano che vi fossero almeno dei contatti tra i popoli autoctoni e coloro che i Greci conoscevano come Tirreni. Alcuni autori hanno suggerito che gli Etruschi siano succeduti agli Umbri come possessuri del territorio fanese e che gli stessi abbiano fondato la città di Fanum Fortunae ed edificato il Tempio della Fortuna.

Verso l'inizio del IV secolo a.C., i Galli Senoni occuparono la regione compresa tra l'Uso, il Montone o il Rubicone e l'Esino (Ager Gallicus), incluso il territorio fanese. Nel 390 a.C. o nel 387 a.C., guidati dl capo tribù Brenno, i Senoni saccheggiarono Roma.

Fondazione di Fano[modifica | modifica wikitesto]

Al contrario delle vicine Sena Gallica (284 a.C.), riminum (268 a.C.)A, esis (247 a.C.) e Pisarum (184 a.C.), non conosciamo l'anno della fondazione della colonia romana presso l'aatuale Fano, Fanum Fortunae. È generalmente accettato che la città romana sorse presso un insediamento protostorico umbro o/e piceno posto tra il torrente Arzilla e il fiume Metauro. Il nome più antico della città deriva dal tempio dedicato alla dea Fortuna attorno al quale fu edificato il centro abitato. Sull'origine del Tempio della Fortuna vi sono diverse leggende e teorie:

  • Secondo la versione più nota, esso fu edificato dai Romani in onore della dea Fortuna in seguito alla vittoria della Battaglia del Metauro del 207 a.C.
  • Annio Gottifredo anticipa l'erezione del tempio al tempo del Sacco di Roma da parte dei Galli Senoni, dopo il quale Furio Camillo riuscì a ricacciare i saccheggiatori a nord, sconfiggendoli in battaglia nei pressi del fiume Metauro: nel luogo di questa battaglia, che aveva visto la Fortuna sorridere ai Romani, il dittatore fece edificare l'edificio sacro a cole che riteneva essere respondabile della sua vittoria[11]
  • Padre Sebastiano Amiani Agostiniano attribuisce la costruzione del Fanum Fortunae al pretore suffectus Manio Curio Dentato, che sconfisse i Senoni presso il Metauro, nella località di Mala Rupta (attuale Marotta), nel 284 a.C.: la battaglia portò alla sconfittà definitiva dei Senoni, che fuggirono oltre Rimini e, forse, il Po[12]. Nello stesso anno presso quella che era stata la capitale de facto dell'Ager Gallicus, Sena, fu edificata la colonia romana di Sena Gallica, che potrebbe così essere contemporanea all'erezione del Tempio della Fortuna e alla fondazione della colonia di Fanum Fortunae, ceduta da Roma ai veterani dell'impresa
  • Un'altra teoria vede nei fondatori di Fano gli Etruschi, che presero il possesso del suo territorio, un tempo umbro, e vi edificarono il Tempio della Fortuna, dea da loro venerata, in seguito a una vittora apportata contro i nemici. Pietro Maria Amiani ritiene plausibile che la città e il tempio che le diede il nome fossero stati originariamente costruiti dagli Etruschi e che, in seguito alla vittoria romana sui Senoni, fosse stato riedificato dai nuovi possessori del centro[13]

L'ubicazione esatta del Tempio della Fortuna, presso l'ex Filanda di Bosone di Fano e la Chiesa di Sant'Agostino, è stata accertata nel 2021, in seguito al rinvenimento dell'ala sinistra del criptoportico dell'edificio sacro[14].

Periodo Romano[modifica | modifica wikitesto]

Periodo Repubblicano[modifica | modifica wikitesto]

Secondo alcuni autori, la prima incursione romana in territorio fanese avvenne in seguito al Sacco di Roma del 390 a.C., quando il dittatore romano Marco Furio Camillo vinse i Galli Senoni presso il fiume Metauro. Un secondo episodio riguardante i romani nel fanese, è la presunta battaglia di Marotta del 284 a.C., che avrebbe portato al definitivo abbandono dell'Ager Gallicus da parte dei Galli Senoni e alla fondazione della colonia romana di Sena Gallica. Nel 207 a.C. ebbe luogo presso il più grande fiume delle Marche lo scontro che capovolse a favore di Roma le sorti della Seconda Guerra Punica: la Battaglia del Metauro. La battaglia terminò con la sconfitta delle forze cartaginesi guidate da Asdrubale Barca, fratello del Re cartaginese Annibale: con la vittoria sulle forze nemiche e la morte del loro comandante, le truppe dei consoli Marco Livio Salinatore e Gaio Claudio Nerone riuscirono a privare il fino ad allora vittorioso Annibale di preziose forze di supporto. Tra le località ipotizzate come possibili luoghi in cui avvenne la Battaglia del Meaturo (quali Acqualagna, San Silvestro e Monte Asdrubaldo di Fermignano, Calmazzo di Fossombrone, Sterpeti di Montefelcino, Montebello di Orciano, Sant'Oliviero di Montemaggiore al Metauro, Borgaccio di Serrungarina, Lucrezia di Cartoceto e Marotta) vi sono le località fanese di Ferriano, Sant'Angelo[2] (situate al confine con il territorio dell'ex comune di Piagge e quello di San Costanzo) e Tombaccia[15]. Sebastiano Macci sostenne che, prima della disfatta contro i romani presso il Meaturo, i cartaginesi al seguito di Asdrubale edificarono alcuni insediamenti dai quali si svilupparono nuclei abitativi romani, tra i quali uno presso Orciano di Pesaro, uno presso Cartoceto e uno nella località di Cerbara, presso il quale si sviluppò la città romana Lubicaria[16]: benché oggi il toponimo sia propriamente riferito all'omonima frazione del municipio di Piagge (Terre Roveresche), con esso si può intendere una zona ben più ampia, comprendente la stessa Piagge, Fiordipiano di Montemaggiore al Metauro e Ferriano (Ferriano Sant'Angelo) di Fano. Le vittorie romane del 390 a.C., 284 a.C. e 207 a.C. sono state tutte e tre citate come possibili eventi che portarono all'edificazione del Tempio della Fortuna e della colonia romana di Fanum Fortunae.

Nell'anno 220 a.C. il censore Gaio Flaminio Nepote diede inizio alla costruzione di una via consolare che collegasse Roma con l'Italia settentrionale: la Via Flaminia. Che Fanum Fortunae fosse già una colonia romana o meno, la via che collegava Roma ad Ariminum, la Via Flaminia passò sempre sul territorio fanese sin dalla sua inaugurazione, inizialmente non arrivava sino all'odierna ubicazione dell'Arco d'Augusto, ma subiva una biforcazione nella località di Forcolo (a circa 3 km dal centro della città), con un braccio che procedeva a nord verso il torrente Arzilla e un altro a sud verso il Metauro: la via consolare fu prolungata fino all'attuale centro storico di Fano nel corso del I secolo a.C.[17], rendendo Fanum Fortunae la località in cui essa raggiungeva il Mare Adriatico. Reperti di epoca romana repubblicana lungo il tratto fanese della Flaminia e in altri luoghi della periferia fanese sono stati rinvenuti presso i quartieri di Vallato, Piazza del Popolo, San Cristoforo, La Trave e Lido e le frazioni e località di Torno, San Cesareo, Carrara, Ferretto, Cuccurano, Bellocchi, Rosciano, Forcolo, Tre Ponti-Chiaruccia, Ponte Metauro, Tombaccia, Caminate, Belgatto, San Biagio e Roncosambaccio[2][18]. Successivamente fu edificata la Via Salaria Picena che, partendo da Fanum Fortunae, collegava la Via Flaminia alla Via Salaria, nella quale si innestava presso Castrum Truentinum (odierna Martinsicuro, in Abruzzo). Il cosiddetto Cippro Graccano, rinvenuto nella frazione di San Cesareo e risalente all'80 a.C., testimonia il recupero dell'ager publicus nel fanese da alcuni privati che l'avevano occupato abusivamente, azione intrapresa da Marco Terenzio Varrone Lucullo sulla base della lex Sempronia de modo agrorum del 133 a.C., emanata su proposta del tribuno Tiberio Sempronio Gracco[19].

Il riferimento più antico alla colonia di Fanum Fortunae è incluso nel De Bello Civili: nel 49 a.C. Fano, assieme Pesaro, Rimini, Ancona, Pisa e Arezzo, fu una delle prime città occupate dal dittatore romano Gaio Giulio Cesare tra il 12 e il 15 gennaio dopo il suo attraversamento del Rubicone, il che scatenò la Guerra Civile Romana tra le truppe di Cesare e gli Optimates guidati da Gneo Pompeo Magno[20]. In seguito alla sua occupazione, Fano fu presiedata da una Coorte di Cesare. Pietro Maria Amiani, citando antichi manoscritti fanesi, riferisce che fu Cesare a iniziare la costruzione delle mura cittadine terminate ai tempi di Augusto e che lo stesso dimorò quattro mesi a Fanum Fortunae. Paolo Perdusi riporta l'esistenza di medaglie del tempo con raffigurate da un lato il profilo di Giulio Cesare e dall'altro l'incisione "Colonia Julia Fanestris"[21].

Periodo Imperiale[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla vittoria delle forze di Ottaviano (futuro imperatore Augusto) su quelle di Marco Antonio e Cleopatra nel corso della Guerra Civile Romana del 44 a.C. - 31 a.C. e all'instaurazione de facto dell'Impero Romano, Augusto ascrisse Fanum Fortunae alla Gens Pollia, che fu rinominata Colonia Julia Fanestris in onore della Gens Iulia, alla quale appartennero Giulio Cesare, Augusto e tutti gli esponenti della Dinastia giulio-claudia: Pietro Maria Amiani anticipa la rinominazione della colonia romana ai tempi di Gaio Giulio Cesare, citando lo stesso dittatore o suo cugino Sesto Giulio Cesare come responsabili di tale scelta[21]. Sotto il principato di Augusto, Fano ebbe un importante sviluppo demografico e urbano: a questo periodo risale l'edificazione delle Mura Romane e dell'Arco di Augusto (9 d.C.). Anche la Basilica di Fano fu edificata in questo periodo (o, secondo alcuni autori, ai tempi di Giulio Cesare): si tratta dell'unica progetto proprio descritto da Marco Vitruvio Pollione, forse nativo di Fano, il cui saggio De architectura divenne il fondamento teorico dell'architettura occidentale, dal Rinascimento fino alla fine del XIX secolo. La Basilica di Fano fu edificata per volere di Augusto o degli stessi cittadini fanesi[22]. In età augustea Fanum Fortunae era un importante centro commerciale per la presenza del porto, nonché la città più importante e capoluogo dell'Ager Gallicus[22]. Fano ospitava un Collegio dei Mercuriali, istituito dall'omonima società di mercanti che veneravano Mercurio come loro nume tutelare[22]. In epoca imperiale romana, quelle degli Enii Severi[23], degli Aburii e dei Titulenii[24] erano le famiglia più illustri originarie di Fano, mentre tra quelle non indigene insediatesi nella Colonia in epoca imperiale vi furono quelle dei Salvii, degli Appii (o Azii) e dei Claudii (o Clodii)[25]. Con la riforma amministrativa augustea, l'Ager Gallicus (Aesis, Fanum Fortunae, Forum Sempronii, Ostra, Pisaurum, Pitinum Pisaurense, Sena Gallica e Suasa) fu aggregato all'Umbra, costituendo la Regio VI Umbria, conosciuta anche come Umbria et Ager Gallicus.

Secondo una tradizione ecclesiastica, nel 45 d.C. San Pietro percorse la Via Flaminia per giungere dalla Dalmazia a Roma, giungendo a Fano: il primo Pontefice predicò la fede in Cristo nella città adriatica e, prima di partire, ordinò Vescovo di Fano il suo discepolo Tolomeo, che si adoperò per diffondere il cristianesimo nel resto dell'Ager Gallicus, di cui Fano era il centro più importante, e ispirò l'edificazione di una chiesa. Tolomeo, che alcuni autori identificano con Tolomeo di Nepi mentre altri lo considerano solo un suo omonimo, fu martirizzato al tempo del principato di Claudio (intorno al 53 d.C.) o nel nel 55 d.C. assieme ad altri trenta fedeli fanesi, tra i quali San Romano da Nepi, secondo vescovo di Nepi originario di Fano[26]. Sant'Apollinare, nominato da Pietro Vescovo di Ravenna intorno al 44 d.C., giunse a Fano durante il suo viaggio dall'Umbria all'Emilia, ove predicò il cristianesimo[26], ritornando nella città dopo la sua fuga da Ravenna, ordinando l'edificazione di una chiesa, consacrata allo stesso Apollinare nel 78, divenuta la prima residenza dei vescovi di Fano[27].

Durante il principato di Nerone fu Curator di Fano Lucio Giulio Rufo, che nel 67 fu Console dell'Impero assieme Fonteio Capitone, mentre tale Gaio Lucilio, vissuto nei primi due secoli dell'Impero Romano, fu Curator e Protettore sia di Fano che di Pesaro. In seguito alla Prima battaglia di Bedriaco della guerra civile romana del 68-69 scaturita dalla morte di Nerone, nota come Anno dei Quattro Imperatori, le l'esercito dalmata del futuro imperatore Tito Flavio Vespasiano, guidate da Pompeo Silvano, fecero sosta a Fano, temendo che le truppe fedeli a Vitellio stessero organizzando presidiando gli appennini: temendo l'ammutinamento dei propri uomini a causa della loro situazione di sfinimento, i comandanti vespasiani saccheggiarono la zona per soddisfare le loro esigenze[28]. Secondo Publio Cornelio Tacito, fu proprio a Fano che Vespasiano pianificò la strategia finale con la quale avrebbe conquistato il principato[27]. In onore della Gens Flavia, secondo alcuni autori Fano fu ribattezzata Colonia Flavia Fanestris dallo stesso Vespasiano (secondo Vincenzo Nolfi), Costantino I o Costante (secondo Annio Gottifredo)[29].

Nel 104, ai tempi del principato di Traiano, il Vescovo Feliciano di Foligno predicò per diversi giorni a Fano[30]. Nell'anno dei Consoli Gaio Bellico Flacco Torquato e Lucio Vibullio Ipparco Tiberio Claudio Attico Erode (143), ai tempi del principato di Antonino Pio, un funzionario di nomen Marcello fu incaricato dal Consolato di amministrare Fano, carica ricoperta negli stessi decenni da un certo Massimo[31]. Nel gennaio del 271 la popolazione alemannica degli Iutungi penetrò in Italia, sconfiggendo l'esercito romano nella Battaglia di Piacenza ma, mentre si dirigevano direttamente verso la momentaneamente indifesa Roma, dopo aver saccheggiato le città adriatiche di Pesaro e Fano, furono nuovamente affrontati dalle truppe romane guidate dall'Imperatore Aureliano tra Fano e il Metauro, forse presso la località La Colonna (presso il quartiere Vallato)[32][33]: la Battaglia di Fano vide la vittoria romana e il sacco di Roma fu evitato, mentre gli Iutungi furono costretti alla ritirata a nord, ove furono nuovamente sconfitti a Ticinum (Pavia), ponendo fine all'invasione barbarica. A seguito della battaglia, le mura di Rimini, Pesaro, Fano e forse Senigallia furono restaurate[34] e a Pesaro fu eretta una statua di marmo di Caio Giulio Prisciano, Curator di Fano e Pesaro al tempo della vittoria romana contro gli Iutungi[31], mentre sul luogo in cui si era consumata la battaglia fu probabilmente posto un cippo per commemorare l'evento, dal quale deriva forse il toponimo "La Colonna"[32][33]. Dopo la Battaglia di Pavia, Aureliano tornò a Fano, ove trascorse diversi giorni e, secondo alcuni autori, eseguì sacrifici agli dei nel tempio di Giove, indossando per la prima volta un diadema imperiale e un manto tempestato di gemme, usanza fino ad allora sconosciuta ai costumi romani[35].

A seguito alla riforma amministrativa di Diocleziano del 297, Fano fu aggregata con il resto dell'Ager Gallicus alla Provincia di Flaminia et Picenum Annonarium, che comprendeva anche l'ex Regio V Picenum e il territorio meridionale dell'ex Regio VIII Aemilia (fino a Ravenna). Nel 287 gli co-Imperatori Diocleziano e Massimiano inviarono il preconsole Ablabio a Fano per reprimere l'importante comunità cristiana locale: i cristiani continuarono a professare la propria fede in segreto e molti si rifugiarono in zone periferiche. San Paterniano (patrono di Fano, Grottammare, Cervia e Scheggia e Pascelupo), secondo la tradizione consigliato da un arcangelo, visse in quel periodo assieme a sette discepoli presso il luogo noto all'epoca come Egitto, odierna Ferriano Sant'Angelo: nella località è ubicata la Grotta di San Paterniano, la catacomba più antica delle Marche o ex cisterna nella quale San Paterniano e gli altri fedeli cristiani si riunivano in segreto per celebrare le funzioni religiose. Paterniano fu eletto Vescovo di Fano nel 300, nel 306 o dopo l'Editto di Milano del 313[36].

Secondo Vincenzo Nolfi[37] l'Imperatore Giuliano l'Apostata (360-363), che tentò di restaurare la religione romana, incontrò a Fano il Vescovo della città, che lo rimproverò per le sue politiche discriminatorie contro i cristiani. Durante il confronto il sovrano derise la sua ciecità, tuttavia l'Episcopo gli rispose:

«Ringrazio Dio di essere cieco per non vedere un si gran mostro»

Intorno al 365 i co-Imperatori Valentiniano I e Valente visitarono Colonia Flavia Fanestris nel corso del loro sopralluogo a tutte le fortezze e le città con mura restaurate da poco d'Italia[38].

Tra la fine del IV secolo e i primi anni del V secolo la Flaminia et Picenum fu smembrata in due province: la Flaminia et Picenum Annonarium (comprendente il territorio a nord del fiume Esino, compresa Fano) e il Picenum Suburbicanum (a sud dell'Esino)[39].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L. De Sanctis, Il Paleolitico inferiore a Monte Giove di Fano, in Nuovi Studi Fanesi, n. 1, pp. 43-50.
  2. ^ a b c d e f g h Flavia Casillo, Siti Archelogici Extraurbani, Comune di Fano.
  3. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 5.
  4. ^ Francesca Principi, Ciottolo paleolitico di Fano (PU), su Preistoria in Italia.
  5. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 6.
  6. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 7.
  7. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 8.
  8. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, pp. 11-13.
  9. ^ Pietro Maria Amiani, Discorso sopra la Provincia, nella quale la Città di Fano è compresa, per dimostrare, che i Fanesi non sono mai stati dell'antico Piceno, ma dell'Umbria, in Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. I-XXIII.
  10. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 13.
  11. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 2.
  12. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 2-5.
  13. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 5-7.
  14. ^ Archeologia, a Fano riaffiorano i resti del Tempio della Fortuna, su Ansa, 24 maggio 2021.
  15. ^ La battaglia del Metauro: i luoghi, su La Valle del Metauro.
  16. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 16-17.
  17. ^ Virginio Fiocco, Identificazione dei caratteri storico-culturali del territorio culturale, a cura di Aldo Deli, Comune di Fano, p. 89.
  18. ^ Virginio Fiocco, Identificazione dei caratteri storico-culturali del territorio culturale, a cura di Aldo Deli, Comune di Fano, pp. 89-90.
  19. ^ Mario Luni, Archeologia nelle Marche. Dalla preistoria all'età tardoantica, Firenze, Nardini Editore, 2003, pp. 90-91.
  20. ^ Gaio Giulio Cesare, Libro 1.12, in De Bello Civili.
  21. ^ a b Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 9.
  22. ^ a b c Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 28.
  23. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 29.
  24. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 23-24.
  25. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 24.
  26. ^ a b Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 32-33.
  27. ^ a b Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 34.
  28. ^ Publio Cornelio Tacito, Libro III, 50, in Historiae.
  29. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 10.
  30. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 36.
  31. ^ a b Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 25.
  32. ^ a b Fano: edicola con Madonna in Via della Colonna, su lavalledelmetauro.it.
  33. ^ a b Virginio Fiocco e Aldo Deli, IDENTIFICAZIONE DEI CARATTERI STORICO-CULTURALI DEL TERRITORIO COMUNALE, a cura di Comune di Fano, p. 72.
  34. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Caio Giulio Prisciano, Fano, 2004, p. 35.
  35. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 39.
  36. ^ Romina Vitali, La grotta di San Paterniano tra storia e leggenda, Pesaro, 1998, pp. 6-34.
  37. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, pp. 41-42.
  38. ^ Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751, p. 42.
  39. ^ Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004, p. 35.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano, 1751.
  • Virginio Fiocco e Aldo Deli, IDENTIFICAZIONE DEI CARATTERI STORICO-CULTURALI DEL TERRITORIO COMUNALE, a cura di Comune di Fano.
  • Stefano Lancioni e Maria-Chiara Marucci, Storia della Provincia di Pesaro e Urbino, Fano, 2004.
  • Mario Luni, Archeologia nelle Marche. Dalla preistoria all'età tardoantica, Firenze, Nardini Editore, 2003.
  • Romina Vitali, La grotta di San Paterniano tra storia e leggenda, Pesaro, 1998.