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Ambrosio Bembo (Venezia, 10 marzo 1652Venezia, 4 giugno 1705) è stato un viaggiatore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Venezia da Francesco Bembo e da Caterina Corner, si arruolò da giovane nella marina militare della Serenissima, dove fu impegnato per l'onore del pubblico servigio negli ultimi due anni della famosa guerra di Candia al seguito di Francesco Morosini, capitano di navi e governatore di Candia, e già nel marzo 1670 serviva a bordo di una nave di un comandante di squadra.

Imbarcatosi a Venezia l'8 agosto 1671 sulla nave Confidenza insieme allo zio Marco Bembo, il quale era stato eletto console in Siria, salpò dal porto di Malamocco il 15 agosto 1671, sotto gli auspici della Vergine Madre di Dio, giorno di favorevole auspicio in quanto festa dell'Assunzione di Maria Vergine al Cielo, una delle feste maggiori del culto mariano, su un convoglio con altre quattro altre navi di mercanzia dirette in Levante. Al seguito con lui c'erano anche il nobiluomo Alvise Cornaro, "destinato parimente console in Cairo", un giovane medico veneziano, Angelo Legrenzi, che aveva ottenuto l'incarico di medico in Siria, e altri due patrizi: Giovan Antonio Soderini "che passava in quelle parti per veder la Terrasanta e luoghi convicini"[1] e suo cugino Giovan Antonio Santorini che si recava console in Cipro. Oltre a essi, erano presenti anche parecchi mercanti, ministri, religiosi e missionari con destinazione Cipro, Persia e India.

Ambrosio Bembo era molto interessato a conoscere il mondo e tale occasione era per lui imperdibile, come traspare dall'incipit della sua opera Viaggio e Giornale per parte dell'Asia in quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo Nobile Veneto:

«Il desiderio di sapere è insito e connaturale all’animo dell’uomo il privilegio del quale è l’intelletto, tra le altre potenze avido sempre di nutrirsi di cognizioni. Si acquistano con la teorica molti precetti, e più se ne imprimono dalla prattica; ed è il mondo un gran libro, che girato con attenzione profitta di documenti e alletta con la varietà.»

I viaggi[modifica | modifica wikitesto]

Il viaggio intrapreso da Ambrosio Bembo è accuratamente descritto nella sua opera Viaggio e Giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo Nobile Veneto.

Dopo aver visitato e sostato a Zante e Cipro, il 21 settembre 1671 giunse a Tripoli e il 29 ottobre 1671 arrivò ad Aleppo e lì stette per oltre un anno come ospite dello zio Marco, osservando e documentando le cose più notevoli: la città, i suoi abitanti, gli usi e i costumi del mondo musulmano.

All'inizio del 1673, ormai stanco dell'ozioso soggiorno presso Aleppo, si unì a Giovanni di Seabra della Trinità, un frate francescano portoghese che era diretto in India con il titolo di custode della provincia di Goa. Vestito alla "turchesca" e con la barba cresciuta "per incontrar nel genio di quei paesi"[2], Ambrosio Bembo raggiunse "Diarbichier" (Diyarbakir) e poi "Mussol" (Mosul), "Techrit" (Tikrit), Samarra e infine "Babilonia, chiamata da Turchi, Persiani e Arabi, Bagdad"[3] (Baghdad). Dopo la permanenza in questa città ricca di bellissime vedute, partì con un'imbarcazione alla volta di Bassora seguendo il corso del fiume Tigri fino al Golfo Persico e da lì navigò nel Golfo fino al Congo, "spiaggia del Re di Persia"[4], e "Bandera Bassì, altro porto del Persiano"[5] (Bandar 'Abbas).

Dopo una difficile navigazione nel Mare Arabico, raggiunse Diu "nel regno di Cambaia, detta anco Guzarate"[6] sulla costa indiana del Gujarat. Poi proseguì per Daman, Surat e Goa, dove ebbe modo di conoscere e descrivere in maniera approfondita i costumi e i vari riti dei Gentili[7]. Dopo Goa, Ambrosio Bembo visitò altre località situate lungo la costa indiana, tra cui "Mallavar" (Malabar, odierno Kerala) dove conobbe i "Cristiani di quelle parti, che si chiamano di San Tomè"[8] (S. Tomaso) e le comunità della Serra con i racconti sulle loro credenze e riti, e la loro riduzione all'obbedienza da parte della chiesa romana.

Dopo circa un anno dal suo arrivo in India, decise di prendere la via del ritorno. Inizialmente voleva raggiungere il Mar Rosso e il porto di Suez con l'intento di visitare la città del Cairo tanto rinomata per poi visitare i luoghi santi in cui fu "oprata la nostra redenzione, ed adorar di presenza il sepolcro stesso del Redentore"[9], ma fu costretto a cambiare itinerario a causa della presenza di ladri e assassini lungo le coste del Mar Rosso. Allora decise di imbarcarsi a Goa per il Golfo Persico, raggiungendo nel giugno del 1674 la Persia, dove rimase per quattro mesi, fermandosi ad ammirare e a studiare le rovine di Persepoli e di Naqsh-e Rostam. Giunto a Ishafan conobbe il viaggiatore francese Jean Chardin, intento a documentare un "Itinerario di Persia", accompagnato dal disegnatore Guillaume Joseph Grelot al suo servizio. Venuto a conoscenza del desiderio che aveva Grelot di tornare in Europa, Ambrosio Bembo ne approfittò per proporgli di continuare il viaggio insieme al fine di poter unire "col mezzo suo buona parte dei dissegni delle cose più curiose che avevo vedute e che mi restavano da vedere"[10] per abbellire l'itinerario. Il Grelot accettò la proposta e arricchì lo scritto di Bembo con disegni sulla Persia, in particolare sulle antichità di "Chermonsac" (Kermanshah) e "Besetun" (Bisutun), e sulle altre regioni che attraversarono insieme, come il Kurdistan e l'Arabia, lungo la strada per Aleppo, a cui giunsero il 22 novembre 1674.

Il 30 gennaio 1675, insieme al Grelot e allo zio Marco, il quale nel frattempo aveva terminato la sua missione in Siria ed era stato sostituito dal nuovo console Francesco Foscari, ripartì per Venezia, dove giunse il 15 aprile 1675.

Carriera al rientro in patria[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il rientro in patria e il suo ingresso nel Maggior Consiglio, Ambrosio Bembo riprese la carriera marinara al servizio della Repubblica.

Il 4 luglio 1680 fu eletto governatore di nave, per poi ricevere la carica di governatore straordinario di navi quattro anni dopo, l'8 luglio 1684[11]. Dotato di queste funzioni, il 3 agosto 1684 partì da Venezia sulla Rosendal al comando di un convoglio diretto a Corfù e poi, successivamente, ne scortò un altro fino a Durazzo.

Il 10 dicembre 1684, per un'azione dimostrativa in appoggio al provveditore generale Valier, si mosse con quattro navi da Lesina verso Cattaro, ma fu costretto a rinunciare all'impresa per via delle burrasche che lo tennero per quasi un mese al largo delle Bocche.

Alla fine del febbraio 1685 trasportò delle truppe a Cattaro e lì ricevette l'ordine di rientrare immediatamente a Venezia, per poi riprendere il mare il 9 maggio dello stesso anno con un convoglio di ventidue navi e giungere a Corfù il 15 maggio. Ripartì da Corfù il 31 maggio alla volta di Dragomesto, presso Valona, insieme alle truppe di Massimiliano Guglielmo di Brunswick e centomila zecchini destinati all'armata operante sotto il comando di Francesco Morosini, impegnato nella guerra di Morea.

Nel 1686 fu mandato di nuovo a Corfù in qualità di Provveditore e capitanio, ma non vi trovò un ambiente favorevole e il 13 aprile 1687 si ritrovò a doversi difendere da gravi accuse di usurpazione di poteri, di violenza e concussione mosse dai capi delle comunità lì presenti.

Il 27 luglio 1697 fu eletto come Provveditore all'Armar, poco dopo la morte dello zio Marco avvenuta il 17 luglio 1697[12]. La sua carriera si concluse con l'elezione a Provveditore dell'Arsenale il giorno 15 settembre 1703.

Ambrosio Bembo morì il 4 giugno 1705 all'età di 53 anni a Venezia, e fu sepolto nella chiesa di San Salvador.

Opera[modifica | modifica wikitesto]

Tornato a Venezia[13] dal suo viaggio in Asia, scrisse una memoria del suo viaggio intitolata "Viaggio e Giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo Nobile Veneto", in una forma quasi diaristica che si rifà al modello de "Il Milione" di Marco Polo.

A differenza di altre relazioni di viaggio del periodo, quella di Ambrosio Bembo rimase inedita e fu il bibliotecario di San Marco, Iacopo Morelli, colui che la riesumò, accogliendo alcuni estratti nella sua Dissertazione intorno ad alcuni viaggiatori eruditi veneziani poco noti, pubblicata a Venezia nel 1803. Iacopo Morelli annoverò Ambrosio Bembo fra i viaggiatori ragguardevoli ed eruditi, e al riguardo scrisse:

«Dei viaggi di questo gentiluomo, quasi affatto sconosciuti, piena certezza egli stesso ne ha data, col farne lunga ed esatta descrizione: ma questa è si rara a trovarsi, che due esemplari soltanto, per quanto io veggo, ne sono; anzi in uno di essi altrove esistente, da persona amica indicatomi, la narrazione alquanto compendiata sembra che fosse. Quello, di cui io ho fatto uso, è di ragione del Nobile Signore Giuseppe Gradenigo Consigliere di Sua Maestà I.R.A. nostro Augusto Sovrano: e bene ho io potuto farne studio a mio talento, sì per la facilità con la quale il possessore compitissimo si presta a favorire gli studii di lettere, ne’ quali egli è versato, sì ancora per la giusta e vera amicizia, con cui da lungo tempo seco lui congiunto mi trovo. È il Codice veramente pregevole, perché autentico, con alcune annotazioni autografe, ed esattamente scritto; e inoltre tratto tratto inserite presenta in disegno vedute di città e paesi, edifizii, anticaglie, costumi, vestiti, funzioni, e altre cose di maggior osservazione degne, che descritte vi sono; sicché nulla pure vi manca di quanto sarebbe necessario onde il viaggio appellato fosse pittoresco, come le grandi opere di questa fatta ora intitolare si sogliono. Sono questi Disegni di mano di Guglielmo Giuseppe Grelot, pittore Francese di chiaro nome, con grande maestria e squisita diligenza a penna condotti: il qual artista come nel viaggio s’acconciasse col Bembo, e de’ Disegni suoi lo fornisse, opportunamente vedrassi.»

Iacopo Morelli diede notizia di due manoscritti relativi al diario di viaggio di Bembo: uno con il testo integrale e con annotazioni autografe, illustrato da cinquanta disegni di città, palazzi, antichità, costumi e cerimonie realizzati a penna dalla mano di Grelot; l'altro con il testo compendiato. Il manoscritto da cui Morelli trasse gli estratti inseriti nella sua Dissertazione apparteneva al nobile veneziano Giuseppe Gradenigo. In seguito tale manoscritto passò in Francia nelle mani dell'abate Luigi Celotti e successivamente passò in Inghilterra.

Un manoscritto della raccolta Cicogna del Museo Correr contiene degli estratti sull'itinerario indiato, nei quali l'India viene descritta e rappresentata come un paese meraviglioso, strano e con ogni forma di paradosso[14].

Oggi il manoscritto è conservato a Minneapolis presso la James Ford Bell Library dell'Università del Minnesota[15] ed è pervenuto a questa istituzione dal lascito del magnate e filantropo americano James Ford Bell, insieme alla sua biblioteca specializzata in opere sui viaggi e sulle scoperte geografiche.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

I viaggi di Ambrosio Bembo sono disponibili in lingua italiana e in lingua inglese.

Le edizioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

L'opera ha due edizioni in lingua italiana:

  • La prima edizione, Viaggio e Giornale per Parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo nobile veneto, è del 2005, editore Abaco (ISBN 8887828105);
  • La seconda edizione, Il viaggio in Asia (1671-1675) nei manoscritti di Minneapolis e di Bergamo, è del 2012, editore Edizioni dell'Orso (ISBN 8862743343).

Entrambe le edizioni hanno Antonio Invernizzi come curatore.

L'edizione inglese[modifica | modifica wikitesto]

L'opera è stata tradotta in inglese da Clara Bargellini ed editata da Anthony Welch nel 2007, editore University of California press, con il titolo The Travels and Journals of Ambrosio Bembo (ISBN 9780520249387). Tale edizione include le illustrazioni originali fatte da Guillaume Joseph Grelot.

Aspetti linguistici[modifica | modifica wikitesto]

Durante il suo viaggio, nonostante le sue competenze linguistiche fossero inferiori a quelle di Pietro della Valle, Ambrosio Bembo annotò e riportò numerosi riferimenti a persone in grado di usare e comprendere l'italiano, oltre all'uso di altre lingue come il portoghese.

Ad Aleppo incontrò alcuni italiani e un cristiano della chiesa maronita che aveva soggiornato a Venezia per molti anni:

«È ben vero che la nostra non meritava questo titolo, perché consisteva in un mercante solo, ch’era il Signor Antonio Caminada, con le sue genti ed alcuni maritati nel paese, pure Italiani, i quali anco prima della guerra vivevano sotto la protezione de nostri consoli»

«Fatta l’elezione di dragomano in persona d’un Ebreo, come pur tali sogliono essere anco quelli delle altre nazioni, e questo raccomandato dall’agà della dogana, dove serviva di titabanno, ch’è un ministro; per secondo dragomanetto, per i negozii familiari e giornalieri, si pigliò un Cristiano maronita di Aleppo, che s’era fermato in Venezia molti anni, chiamato Attalà, che vuol dire Diodato, il qual possedeva la lingua araba oltre la turca»

Inoltre, sempre ad Aleppo, visitando le sepolture dei Franchi, notò che le iscrizioni erano scritte parzialmente sia in latino sia nella lingua naturale della nazione:

«Non guari discoste dal medesimo borgo sono anco le sepolture dei Franchi, che sono con pietre di marmo grandi, con iscrizioni parte latine e parte nella lingua naturale della nazione»

Durante la sua discesa del Tigri, ebbe modo di interagire con l'uomo armeno che lo accompagnava, il quale sapeva poco l'italiano:

««Presi in mia compagnia un Armeno chiamato in arabo Gibrail, che significa Gabriele, parente del mio dragomanno, raccomandatomi dalli padri per condurlo in Surat, dove passava per suoi affari. Era uomo di spirito e coraggioso, che in quel viaggio mi giovò molto, benché non sapesse che poco la lingua italiana».»

A Baghdad riportò delle testimonianze importanti sull'uso della lingua italiana tra europei non italiani, in particolare l'insegnamento dell'italiano in una scuola gestita da dei padri cappuccini:

«Sono quattro religiosi di nazione francese, tre da officio, chiamati il superiore Padre Francesco, Padre Antonio, Padre Raffaele, ed un laico ch’esercita la medecina, nominato Fra Daniele. Tengono scuola di giovini cristiani, a quali insegnano leggere e scrivere in arabo ed in italiano (…) Il superiore è uomo assai dotto, e perito nella lingua araba e turca, ed ha formato un libro in italiano col qual dimostra gli errori contenuti nell’Alcorano.»

E addirittura, in nota, Antonio Invernizzi stesso scrive: «Del padre superiore l'abate Carré ci comunica non solo il nome completo, Francis de Romorantin, ma anche la notizia che il console inglese di Aleppo gli scriveva lettere in italiano».

Inoltre, sempre presso la casa dei padri cappuccini, Ambrosio Bembo incontrò un veneziano che era stato fatto prigioniero durante la guerra di Candia:

«Trovai un Veneziano rinnegato già 25 anni, in occasione ch’era stato preso schiavo nella guerra di Candia, dov’era soldato, e si chiamava Lorenzo da Sesto, o Cinto; e prima d’esser soldato lavorava specchi a San Canziano; ed ora si chiama Assan Bassà, ed è giannizzero con paga d’otto aspri al giorno (...) Mostra qualche pentimento dell’error suo, e conserva nel cuore la fede nativa e la volontà di tornar in Venezia»

Sull'ambiente di Bassora, in una nota viene citato Thévenot che viaggiò con un equipaggio «veramente internazionale di baniani, musulmani, un veneziano, un greco e un francese» in un vascello armeno con un capitano livornese[16]. Sempre a Bassora, Bembo notò l'uso sia del portoghese sia dell'italiano:

«Il giorno delli 8 mi portai a veder i bazari, che sono abbondanti di robbe d’India, con molti Gentili che le vendono, alcuni de quali parlano portughese; e da di qua sino in India si trova sempre qualcuno che parla in tal linguaggio, come d’Aleppo sin qua trovai molti che sapevano italiano.»

Durante il tragitto da Daman verso Surat, Ambrosio Bembo si lamentò di un carrettiere che intendeva poco il portoghese o che non voleva intendere tale lingua:

«la notte mi si coricava vicino nella carretta a dormire, né per quanto gli dicessi, intendendo egli poco o non volendo intendere in portughese, mi era possibile farlo uscire, ed era così puzzolente che, non potendolo sopportare, poiché non voleva partir egli fui necessitato uscirne io, e mettendomi sopra un’altra carretta mandar i servitori in compagnia di quella bestia»

A Balsar, non molto lontano da Daman, Bembo si trattenne presso la villa di un agha ed ebbe qualche difficoltà nel comunicare, dato che il turcimanno non comprendeva la lingua:

«Onde andai io solo col turcimanno dall’agà, lasciando i servitori e le robbe, dove a gran fatica potevamo intenderci nel parlare, non essendo ivi alcuno che sapesse in portughese, ed il turcimanno non intendeva quella lor lingua, ma fatte alcune interrogazioni in arabo, fummo capiti da uno di quei ministri, che ci dimandò chi fossimo e per dove indrizzati, ed inteso esser noi Veneziani, ci licenziò subito con molta cortesia, facendo anzi passare per Veneziano anco un povero soldato portughese che condussi meco, avendolo trovato per la strada»

Durante il soggiorno a Daman, presso la casa in cui alloggiava, Ambrosio Bembo fu visitato dal capitano della nave che era venuto insieme a un fidalgo di nome Bento, il quale espresse a Bembo quanto desiderasse vedere l'Italia e gli regalò diverse cose, tra cui dei libri italiani:

«Il giorno delli 7 mi onorò di visitarmi il capitano medesimo, accompagnato da un fidalgo che si chiamava Bento, cioè Benedetto Tesseira, il quale mi mostrò parzial inclinazione, rappresentandomi di aver un gran desiderio di vedere l’Italia, ma ch’era trattenuto dalla moglie; mi regalò più volte di varie cose, ed in particolare d’alcuni libri italiani, de quali egli era molto curioso; e l’ho giudicato per uomo di gran bontà»

Dopo aver lasciato Daman alla volta di Bombay, Ambrosio Bembo si fermò presso la villa Devier, che apparteneva a una vedova di Daman, e lì fu costretto a dare la teriaca che portava con sé agli infermi presenti, a causa della credenza che gli italiani fossero medici:

«Trovai in quei villani la pazzia ch’è anco nei Turchi, che tengono tutti gl’Italiani per medici, che perciò subito giunto fui assalito in casa da tutti gl’infermi della villa; e perché non potevo cacciarmeli d’attorno, diedi alla maggior parte di loro della teriaca che portavo meco, facendo creder a tutti ch’era rimedio a proposito per il male che ognuno mi rappresentava.»

A Chaul, una città portuale situata a circa 30 miglia a sud di Bombay, Ambrosio Bembo fu visitato da un certo Enrico Gary, «che diceva esser Veneziano, nato dalla contrada di S. Giovanni in Bragora di padre inglese e di madre veneziana»[17]. A tal proposito, Bembo ricordò anche un pranzo offerto da Gary, che fu «nobile, parte all'italiana e parte all'inglese, ma tutto in piatti di porcellana di China finissima, che sono stimati più dell'argento»[18]. Inoltre, riferì anche che Enrico Gary partì da Venezia all'età di 12 anni e che conosceva e scriveva in tante lingue:

«Tiene anco nell’isola molti stabili, e fa figura più che mediocre tra gl’Inglesi, da quali è stimato assai perché veramente è uomo dotto, possiede molti linguaggi, come arabo, indiano, inglese, tedesco, portughese, francese, ed il natural italiano, ne quali tutti scrive; ed ha una bellissima libraria, dilettandosi dello studio.»

Sempre a Chaul, dopo l'incontro con Enrico Gary, Ambrosio Bembo ricevette la visita di un altro veneziano: Francesco da Venezia. Questo veneziano, nato a Castello e battezzato nella basilica di San Pietro, mancava dalla patria da 24 anni e lì vi aveva lasciato un fratello chiamato Andrea Brisiola con i suoi figli[19]. Bembo notò che Francesco da Venezia «parla ben portughese, ma si è quasi dimenticato il linguaggio nativo per mancanza d'esercizio in quelle parti»[20].

Ambrosio Bembo ebbe anche modo di incontrare il presidente della Compagnia Britannica delle Indie Orientali a Bombay, e a tal riguardo scrisse:

«Mi trattenne con molto garbo in discorsi concernenti il mio viaggio e diverse cose di Venezia (…). Era il suo nome Gerardo Aungier, uomo assai civile, di buona statura, con parrucca, vestito di nero, con pianelle in piedi di veluto nero riccamate d’oro, e con spada in cintura. (…) Parlava bene italiano, che avev’appreso nel viaggiare in molti luoghi d’Italia; non era arrivato però né a Roma né in Venezia, essendogli nel cammino sopraggiunto l’ordine d’imbarcarsi e passar subito all’Indie, dov’era arrivato già sett’anni. Fu però nelle isole della Republica nel tempo che il nobiluomo signor Girolamo Grimani, cavaliere, era capitan delle navi, dal quale ricevé molti onori.
Caduto il discorso sopra la guerra di Candia, esaltò con somme lodi la costanza ed il valore della Republica nel diffenderla per tant’anni dalla potenza sterminata del Turco (…) Ed accompagnò il discorso con molte leggiadr’espressioni e proprietà di frase.»

A Goa, seguendo il consiglio dei padri carmelitani, Ambrosio Bembo andò a visitare il viceré insieme al padre priore dei carmelitani e insieme a Padre Giovanni Seabra. Di tale incontro Bembo scrisse che il viceré «mostrò di non intendere l'italiano, ed il padre gli portò in portoghese le mie umiliazioni, alle quali rispose con gentilezza»[21]. Inoltre, sempre in tale occasione, così descrisse il viceré di Goa:

«Era uomo di bella presenza e buon tratto, e nel discorso di varie cose d’Europa e d’Italia si mostrò informatissimo; e tutto che fingesse in contrario, parlava bene italiano; aveva circa 46 anni d’età, e si chiamava Luis di Mendozza Fruttado d’Albuquerque»

A Siràs, Ambrosio Bembo alloggiò presso la casa di Giovanni Belli e così descrisse il suo soggiorno, notando l'uso dell'italiano:

«Finalmente, doppo avere scorsa quasi tutta la città, trovammo la casa del detto Armeno, da me già conosciuto due volte in Congo, ed al qual ero raccomandato da Portughesi, e parlava benissimo in italiano. Questo mi accolse cortesemente, assegnandomi le megliori stanze della sua casa; ed io gli lasciai la cura di provvedermi d’ogni cosa per il vitto di tutti, sin che mi fermavo in quella città; e fui trattato regalatamente e con tutta cordialità, professando egli di esser cattolico, avendo fatti varii viaggi in Venezia, Fiorenza, Inghilterra, Portogallo, ed in Roma, dove per un anno ebbe l’abito di gesuita, e lo lasciò nel ritornar al suo paese.»

A Spahan, recatosi al convento dei padri carmelitani scalzi per consegnare le lettere con cui avrebbe potuto alloggiare lì, Ambrosio Bembo incontrò Padre Vladislao, che era «Polacco di nazione, e con molta difficoltà parlava italiano»[22]. Bembo dedica poi anche qualche riga all'ordine dei carmelitani scalzi, dicendo «in ogni luogo avevo alloggiato dalli carmelitani, con i quali mi accomodavo meglio per esser molti di loro Italiani» e aggiunse anche il fatto che i primi due missionari erano stati un italiano e uno spagnolo:

«Ed i primi furono il Padre Paolo di Gesù Maria, Genovese, il Padre Giovanni di S. Eliseo, Calaguritano, ed alcuni altri, che fecero il viaggio per Moscovia e Polonia, e furono così ben veduti da quel re, che molte volte li teneva appresso di sé, facendosi tradur in persiano i salmi e spiegar le lettera italiane e latine»

Inoltre, sempre a Spahan, Bembo ebbe modo di ottenere ottime informazioni sulle notizie riguardanti l'Europa, tra cui Venezia stessa:

«Con molte altre novità, restando stupito che in quella corte si avessero notizie così distinte d’Europa, le quali vengono per via dei padri cappuccini e gesuiti, e d’altri Francesi, oltre molte lettere de particolari, che portano i foglietti stampati in Francia. Così alli padri agostiniani e carmelitani capitano tutte le novità delle Indie Orientali e del Portogallo, ed inoltre i carmelitani, oltre gli avvisi della Turchia (...) hanno i riporti ed i consigli stessi di Venezia, ed io ebbi incontro di vedere sin colà l’elezione fatta del nobiluomo Signor Francesco Foscari per console d’Aleppo in successione di mio zio, e d’intendere il bando di sette nobili per certa leggerezza di monache.»

Nel deserto della Siria, spinto dalla curiosità e dal desiderio di conoscere, Ambrosio Bembo incontrò l'emiro degli Arabi, Muhammad Shadid. L'aspetto linguistico che qui emerge è il desiderio dell'emiro di sentire parlare in lingua italiana:

«Doppo varie interrogazioni, alle quali tutte avevo sodisfatto di conveniente risposta, mi fece dire che averebbe avuta sodisfazione di sentirci a parlar nella nostra lingua; a questa richiesta feci verso il dragomano un atto di stupore, il quale osservato dall’emir, fu preso per un significato di non volerlo contentare, ond’egli se ne dolse non senza collera col dragomano, che io gli avessi negata questa contentezza di poco momento, e quel che mi dava un grandissimo fastidio si era che teneva in mano un arco ed una freccia voltata verso di me, con la quale in tutto quel discorso, quasi giocando, si era trattenuto, fingendo di tirarla ora da una parte ora da un’altra.»

Durante il viaggio di ritorno in patria, Ambrosio Bembo visitò nuovamente Aleppo e assistette a una messa, notando che la lingua usata fosse il caldeo e non il latino:

«Un altro giorno andammo nelle chiese di quei Cristiani nel borgo Giudaida abitato da loro, e ci trattenemmo ad osservar le ceremonie della loro messa; e dalli Maroniti udimmo la messa da nostri religiosi, e quelli medesimamente celebrano giusta al rito della chiesa romana, eccetto che invece dell’idioma latino si servono del caldeo»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bembo, p. 6
  2. ^ Bembo, p. 48
  3. ^ Bembo, p. 84
  4. ^ Bembo, p. 110
  5. ^ Bembo, p. 114
  6. ^ Bembo, p. 121
  7. ^ Bembo, p. 147
  8. ^ Bembo, p. 229
  9. ^ Bembo, p. 253
  10. ^ Bembo, p. 354
  11. ^ Archivio di Stato di Venezia, Segretario alle voci, Elezioni in senato, regg. 20,21
  12. ^ Archivio di Stato di Venezia, Senato Mar, f.738
  13. ^ Le informazioni sulla vita sono riprese da Ugo Tucci, voce Ambrogio Bembo, Dizionario Biografico degli Italiani.
  14. ^ Alberto Toso Fei, Gli itinerari lontani di Ambrogio Bembo, in Il Gazzettino, 05/04/2020.
  15. ^ Giulio Orazio Bravi, Ambrogio Bembo (PDF), su giuliooraziobravi.it. URL consultato il 21 ottobre 2020.
  16. ^ Bembo, p. 32
  17. ^ Bembo, p. 180
  18. ^ Bembo, p. 183
  19. ^ Bembo, p. 182
  20. ^ Bembo, p. 183
  21. ^ Bembo, p. 217
  22. ^ Bembo, p. 321

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ambrosio Bembo, Viaggio e giornale per parte dell'Asia di quattro anni incirca fatto da me Ambrosio Bembo nobile veneto, Torino, Abaco Editori, 2005, ISBN 8887828105.
  • Iacopo Morelli, Dissertazione intorno ad alcuni viaggiatori eruditi veneziani poco noti, Venezia, 1803.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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