Utente:Giacomo Legame 02/sandbox

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Euclide

Sul finire del IV secolo a.C., Tolomeo I, allora faraone, sovrano illuminato, puntiglioso e propositivo nei suoi sforzi governativi, istituì ad Alessandria una scuola chiamata il Museo. Chi insegnava in questa scuola era un gruppo di studiosi, tra cui Euclide.

Euclide fu uno degli iniziatori dell’assettamento assiomatico delle teorie matematiche, impegno che venne intrapreso a partire dal suo secolo e che prevede assiomi e teoremi, che sono conseguenza dei primi. Questo modello è applicato a tutte le discipline scientifiche, e ha permesso ad esse di appropriarsi di quella metodicità che oggi attribuiamo loro, grazie all’articolazione di principi primi e di risultati da essi derivati[1]. Nonostante i pochissimi precedenti storici della teoria assiomatica in campo matematico e non, va detto che l'assioma in sé è comunque alla base della matematica. Premesso che l'iniziazione a questo tipo di avance sia un enorme merito da riconoscere al matematico di Alessandria, egli ha proposto un tipo di geometria fondata fortemente sulla teoria assiomatica, mentre, in modo antitetico, molti suoi colleghi contemporanei hanno rifiutato nettamente un tipo di geometria che partisse dagli assiomi.

Si occupò di vari ambiti, dall’ottica all’astronomia, dalla musica alla meccanica, oltre, ovviamente, alla matematica. Uno dei più grossolani errori è quello di considerare sinonimi Euclide e gli "Elementi". In verità, sono numerosi i trattati, e più in generale le opere, attribuiti ad Euclide, sebbene solo 5 di questi ci siano pervenuti. Si tratta degli "Elementi", i "Dati", la "Divisione delle figure", i "Fenomeni" e l’"Ottica".

Quest’ultima rappresenta un’opera di valore, poiché è uno dei primi trattati sulla prospettiva, intesa come geometria della visione diretta. All’interno dell’Ottica Euclide propone un’originale teoria visione della realtà, di tipo effusivo o emissivo, secondo cui dall’occhio partono dei raggi che si diffondono nello spazio, fino ad incontrare gli oggetti. Questo tipo di definizione è in netto contrasto con la precedente teoria prospettica di Aristotele, il quale, invece, ipotizzava che vi fosse una linea retta che congiungesse idealmente l’occhio con l’oggetto, permettendo l’azione dell’occhio sull’oggetto stesso. L’Ottica di Euclide aveva, tra i suoi tanti obbiettivi, quello di combattere il concetto epicureo secondo cui le dimensioni di un oggetto erano le medesime che l’occhio percepiva, senza tener conto del rimpicciolimento provocato dalla prospettiva da cui l’oggetto veniva visto.

Un’altra considerazione merita la Divisione delle figure, opera pervenutaci grazie ad una salvifica manovra di traduzione ad opera di alcuni scienziati arabi. L’opera originale in lingua greca, infatti, andò perduta, ma prima della sua sparizione fu adoperata una traduzione in arabo che fu a sua volta tradotta in latino e poi ancora nelle maggiori lingue moderne.

Per ciò che concerne gli insegnamenti condotti da Euclide nel Museo, egli venne ricordato dai suoi allievi soprattutto per le ampie conoscenze in vari campi e per abilità espositive che hanno fatto di lui uno dei docenti più apprezzati e preparati nella scuola alessandrina [2] Queste esclusive qualità gli sono state d'aiuto anche nella scrittura della sua grande opera: gli "Elementi".

Gli Elementi[modifica | modifica wikitesto]

Per dare un'idea della complessità di redazione degli "Elementi" di Euclide, basti pensare all'affermazione che, nell'incipit della parte prima di un suo saggio su Euclide, Pietro Riccardi, studioso e professore del XIX secolo, fa in merito al numero spropositato di edizioni dell'opera euclidea: "Il numero delle edizioni dell'accennata opera di Euclide, e delle traduzioni e riduzioni che ne furono pubblicate col suo nome, è al certo superiore di quanto si possa comunemente congetturare; ed anzi tengo per fermo che non siavi libro di notevole importanza, eccettuata la Bibbia, il quale possa vantare un maggior numero di edizioni e di illustrazioni"[3].

L'opera non passa in rassegna tutte le conoscenze geometriche del tempo, come si era erroneamente supposto, bensì tratta di tutta l'aritmetica cosiddetta elementare, ovvero relativa alla teoria dei numeri, oltre alla "geometria sintetica" (vale a dire un approccio assiomatico della materia), e all'algebra (intesa non nel senso moderno della parola, ma come applicazione della disciplina al campo geometrico).

Per quanto riguarda la suddivisione interna dei libri, gli "Elementi" constano di 13 libri (o capitoli, suddivisibili in tre categorie: definizioni, postulati e nozioni comuni)[4]. Di questi, sei concernono la geometria piana elementare, tre la teoria dei numeri, uno (il libro X) gli incommensurabili e gli ultimi tre la geometria solida. Il manuale non prevede un'introduzione in quanto il primo libro comincia direttamente con un elenco di 23 definizioni. La peculiarità è da ricercare nel fatto che alcune definizioni non definiscono nulla: non c'è nessuna enumerazione di elementi indefiniti, a partire dai quali si potrebbe procedere con la definizione di altri elementi.

Euclide ha un'influenza enorme sulla cultura; in primis, naturalmente, in ambito matematico e geometrico. Riducendo all'osso alcune delle importanti teorie, da lui esposte all'interno degli "Elementi" e ancora oggi oggetto di studi, Euclide definisce tutti gli enti geometrici e aritmetici, partendo dal punto sino ad arrivare alla teoria delle rette parallele. Non si tratta di un costruzione di concetti, ma di una descrizione degli enti, affinché possano essere facilmente riconosciuti attraverso una soddisfacente nomenclatura. Gli enti geometrici, dunque, esistono già; il definirli implica solo il riconoscerli.

La geometria, in origine, non avrebbe dovuto avere a che fare con l'ontologia. In realtà, la documentazione circa i geometri greci è alquanto scarsa, quindi non abbiamo certezze di alcun tipo. Quello che traspare nei secoli successivi, però, è la consapevolezza comune che la geometria euclidea sia principalmente volta a descrivere lo spazio. Immanuel Kant, l'ultimo dei teorici razionalisti, conferma quest'ipotesi, asserendo che la geometria euclidea è la forma a priori della nostra conoscenza dello spazio[5].

Edizioni e traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

La prima traduzione degli "Elementi" di Euclide dall'arabo (una delle lingue orientali in cui l'opera fu tradotta nei primissimi anni posteriori alla prima redazione assoluta dell'opera in greco) fu ad opera di un monaco di XII secolo, tale Adelardo Goto.

Riguardo ad ulteriori traduzioni in latino, le più antiche sono tutte attestate a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Le traduzioni in lingua latina maggiormente accreditate, però, risalgono a XVII e XVIII secolo e, in ordine cronologico, le più avvalorate sono quelle del Barrow (1639), del Borelli (1658), del Keill (1701), del Gregory (1703), e del Simson, considerata una delle, se non la più prestigiosa, tanto da essere tutt'oggi il primo testo di riferimento per i geometri scozzesi (1756)[6]. A proposito, invece, della traduzione in italiano, la prima risale al 1543 ed è frutto dell'interpretazione e dell'elaborazione di Nicolò Tartaglia. Più recenti, invece, sono le traduzioni, dei soli libri geometrici, del Viviani, del Grandi e del Flauti (rispettivamente XVII, XVII e XIX secolo)[7].


La questione di postulati e assiomi[modifica | modifica wikitesto]

In seguito, Euclide si dedica all'elenco di cinque postulati e cinque nozioni comuni (o assiomi). Aristotele fa una distinzione in merito, scernendo gli uni dagli altri. A proposito dei primi, il filosofo greco afferma che sono verità comuni a tutte le scienze, mentre i secondi sono meno evidenti e non prevedono l'approvazione dell'allievo, giacché riguardano esclusivamente la disciplina della quale si disquisisce[8]. Qualche secolo dopo alcuni autori confermano la distinzione aristotelica, ma in un altro senso: gli assiomi sono da intendere come qualcosa che veniva accettato, i postulati come qualcosa che doveva essere richiesto. Oggigiorno, invece, i matematici non differenziano in alcun modo i postulati dagli assiomi. Per quanto si può cogliere dagli "Elementi", Euclide definisce i postulati proposizioni primitive che si riferiscono agli enti geometrici prima definiti.

Come detto poc'anzi, in termini moderni siamo soliti chiamare i postulati assiomi, intendendo per enti quelli dati dalla nostra intuizione, i quali sono concepiti come realmente esistenti al di fuori di noi. Sui vocabolari di italiano, alla voce "assioma" è possibile leggere "verità o principio che si ammette senza discussione, evidente di per sé" [9], mentre il "postulato" è una "proposizione che, senza essere dimostrata, si assume, o si richiede all’interlocutore di assumere, come fondamento di una dimostrazione o di una teoria"[10]. La valenza del termine "postulato" in relazione alle teorie matematiche è finito in disuso a partire dai primi anni del Novecento, mentre il verbo relativo viene utilizzato ancora oggi per la formulazione di un'ipotesi o di un assunto. E' da qui che la parola "assioma" è finita per sostituire "postulato" nel suo significato originario ed è oggi consuetudine dire "assioma" per "postulato" e viceversa[11]. E' curioso, comunque, che si continui a parlare di "postulati" di Euclide e non di assiomi quasi a voler creare un legame indissolubile tra Euclide stesso e le sue proposizioni.

I postulati euclidei[modifica | modifica wikitesto]

I postulati euclidei sono cinque. Nel primo, il matematico greco afferma che, dati due punti, esiste una e una sola linea retta che possa congiungerli. La denominazione "linea retta" corrisponde in Euclide a quella nostra di segmento di retta, cioè di una parte di retta delimitata da due punti, detti estremi. Tuttavia, la retta limitata descritta nel primo postulato, può essere prolungata all'infinito distanziando sempre più i due estremi che delimitano la linea retta stessa. Da qui germina naturalmente la definizione del secondo postulato secondo cui, appunto, una linea retta si possa prolungare indefinitamente. Il terzo postulato euclideo afferma che, dati un punto e una lunghezza, può sempre essere generato un cerchio. Il quarto postulato è probabilmente il più immediato di tutti e dichiara che tutti gli angoli retti sono tra loro congruenti. Il quinto postulato, infine, è il più lungo, nonché il postulato soggetto a maggiori riflessioni e studi anche da parte di altri matematici. Esso definisce che se una retta taglia altre due rette in modo da formare dallo stesso lato due angoli che siano entrambi minori di 90°, prolungando all'infinito le due rette tagliate, esse si incontreranno proprio dal lato dei due angoli minori di 90°[12]

Gli assiomi euclidei[modifica | modifica wikitesto]

Anche le nozioni comuni, meglio conosciute come assiomi, sono cinque, esattamente come i postulati. Esse partono da una base più evidente e riconoscibile. In ordine, essi affermano che:

  • Le cose uguali a una medesima cosa sono uguali anche tra di loro
  • Se cose uguali vengono aggiunte ad altre cose uguali, gli interi sono uguali
  • Se cose uguali vengono sottratte da cose uguali, i resti sono uguali
  • Cose che coincidono l'una con l'altra sono tra di loro uguali
  • L'intero è maggiore della parte


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • C. B. Boyer, A history of Mathematics, 1968, edizione italiana: Storia della matematica, Milano, Mondadori, 1990.
  • G. Lolli, Da Euclide a Gödel, Bologna, il Mulino, 2004
  • F. Enriques, Gli Elementi di Euclide V.1, Bologna, Zanichelli, 1973

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. Lolli, Da Euclide a Gödel, Bologna, il Mulino, 2004, p. 16
  2. ^ C. B. Boyer, A history of Mathematics, 1968, edizione italiana: Storia della matematica, Milano, Mondadori, 1990, p. 123.
  3. ^ P. Riccardi, Saggio di una bibligrafia euclidea, Bologna, tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1887, p. 3
  4. ^ C. B. Boyer, A history of Mathematics, 1968, edizione italiana: Storia della matematica, Milano, Mondadori, 1990, p. 124.
  5. ^ G. Lolli, Da Euclide a Gödel, Bologna, il Mulino, 2004, p. 21
  6. ^ P. Riccardi, Saggio di una bibligrafia euclidea, Bologna, tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1887, p. 7
  7. ^ P. Riccardi, Saggio di una bibligrafia euclidea, Bologna, tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1887, p. 8
  8. ^ C. B. Boyer, A history of Mathematics, 1968, edizione italiana: Storia della matematica, Milano, Mondadori, 1990, p. 125.
  9. ^ http://www.treccani.it/vocabolario/assioma/
  10. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/postulato/
  11. ^ G. Lolli, Da Euclide a Gödel, Bologna, il Mulino, 2004, p. 21
  12. ^ F. Enriques, Gli Elementi di Euclide V.1, Bologna, Zanichelli, 1973, cap,1