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Trappola di Pino Pascali (1968), esempio di arte povera, oggi esposta alla Tate Modern di Londra.

Pino Pascali (Bari, 19 ottobre 1935Roma, 11 settembre 1968) è stato uno scultore, grafico, pittore e performer italiano.

Nasce a Bari il 19 ottobre 1935, figlio di un funzionario di polizia della Questura di Bari, Francesco, e di una casalinga, Lucia Pomodoro. Durante il conflitto italo-greco-albanese, poiché il padre era stato trasferito a Tirana, si sposta più volte con la madre tra 1940-1941 per fargli visita. Già in questa come in altre occasioni darà prova del carattere energico, giocoso e ribelle. L'interesse per la guerra e le armi viste dagli occhi di un bambino di cinque anni come gioco e mai come strumenti di distruzione sarà una costante nella sua futura attività artistica.

Crescendo, questo aspetto ludico e irrequieto ma mai superficiale del suo carattere si ravviserà nel resto della sua formazione: alle scuole elementari si distingueva per il carattere irrequieto

«Era intelligente, capiva tutto al volo ma dimostrava sempre di essere eccessivamente vivace»

Nel crescere comincia a dare prova dell’abilità nel disegno e nelle materie tecniche motivo per cui i professori delle medie consigliano i genitori di iscriverlo al liceo scientifico. Non ottenendo risultati, Pino decide di trasferirsi a Napoli al liceo artistico dove si diplomerà.

Gli anni in Accademia

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Iscritto dal 1955 all’Accademia di Belle arti la sua iniziale formazione si svolge sotto Giuseppe Piccolo, docente di scenografia. Il suo primario contesto di formazione accademica, sotto Peppino Piccolo e Fabio Vergoz, suo assistente, è in linea con lo studio liceale napoletano. Il legame con essi si mantiene fino al 1959, anno in cui si diploma in scenografia con una tesi su Oskar Kokoschka. All’interno di questa apparente linearità nella formazione di Pascali va considerato il rapporto che intrattiene con Toti Scialoja, docente di scenotecnica. Considerato da Giuliano Cappuzzo più un critico che artista[2], docente di scenotecnica, è attento a mostrare ai suoi studenti le novità artistiche del momento, avviando con loro lunghi dibattiti. Scialoja fa conoscere all'artista Rauschenberg, le cui opere erano in mostra fra il 1958-1959 alla galleria La Tartaruga e nuove tecniche artistiche che si allontano diametralmente dalla sua originaria formazione accademica. In questo fervente clima culturale le novità degli Usa unite a una didattica tutt'altro che tradizionale destano una non totale accettazione da parte dell'artista: attratto dalla materia e dalle nuove tecniche introdotte da Scialoja è stato il primo a comprare bitume, petrolio fino a sperimentare la benzina, la cenere della sigaretta, la tempera murale, combinando questi materiali in infiniti modi. La Pop Art però inizialmente non è vista dall'artista come un’arte che si possa inserire al meglio nella sua produzione artistica: avverte una dissonanza con essa causata dalla lontananza culturale tra le sue origini e quella degli Stati Uniti.

Cappuzzo racconta: "Cercava di capire disperatamente come avrebbe potuto conciliare questi due aspetti che non avevano alcun legame logico. Gli facevo osservare che non poteva preconcettualmente porsi questi limiti e che l’influenza della pittura d’oltreoceano avrebbe comunque avuto il suo peso. Le opere degli artisti della scuola americana facevano le loro apparizioni nelle mostre più importanti della città, e, volenti o nolenti, per il fatto stesso che li guardavamo, li criticavamo, qualcosa era già mutato in noi[3]." Nonostante ciò Pascali cerca di comprendere le novità introdotte studiandole e copiandole, arrivando a creare un quadro con la tecnica di Pollock che poi distruggerà perché insoddisfatto.

Gli anni in Accademia si svolgono nel fervente clima di novità, discussioni, sperimentazioni continue accolte totalmente da Pascali che decide di eliminare tutta la sua produzione precedente di cui sapeva non avrebbe mai potuto recuperare niente. Questa decisione si manifesterà sempre e sarà una costante nella sua vita artistica. L’amico e collega Tullio Zitkowsky lo rimprovererà per questa sua avventata decisione considerando che non sarebbe rimasta traccia del suo percorso didattico-artistico. Pascali considera però quell'atto e a quella decisione come la consapevolezza di essere cambiato, di non potersi più identificare artisticamente con l’opera precedente. Altro aspetto che lo caratterizzerà per il resto della sua attività, è l'abilità nei giochi di parole con relativa rappresentazione, caratteristica riscontrabile nella sua produzione di caroselli e sculture come Bachi da setola, Vedova blu. Molto attratto dalla recitazione, idea dei living theatre quando ancora è studente, creando momenti a sé stanti, come finti incidenti inscenati e litigate con Cappuzzo, all'interno della vita cittadina costretta poi a dover riflettere su quanto accaduto. Si vuole creare il dubbio sugli osservatori se ciò che hanno visto è realtà o finzione.

Gli anni in Accademia gli consentono di presentarsi come espositore cominciando a far conoscere le proprie opere: nel 1956 il Circolo Culturale delle Vittorie organizza la seconda edizione del Pennello d’Argento cui Pino prende parte; nello stesso anno l’Accademia organizza presso l'Istituto Nicolò Tommaseo di Tivoli una mostra degli allievi del professor Armida.

Viene notato: " […] Tra essi particolare menzione: […] Pino Pascali di Bari. […] Nei suoi “pezzi” astratti e semi-astratti rivela una forte sensibilità al colore che raggiunge note veramente ragguardevoli quando si avvicina ad elementi naturalistici [4]". Nel 1957 partecipa alla mostra I Mostra Giovanile d’Arte organizzata dall’Unione combattenti d’Italia di cui il professor Piccolo era membro della giuria. Diplomatosi nel 1959, viene organizzata la Mostra di giovani scenografi del Corso di Scenografia della Accademia di Belle Arti di Roma dall'Accademia durante la seconda edizione del Festival dei Due Mondi a Spoleto.

La pubblicità

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Fortuna critica

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L'interesse per l'attività di grafico pubblicitario comincia a manifestarsi a partire dagli anni '80. Precedentemente pochi critici si sono interessati a questo aspetto: nel 1969 Sandra Pinto fa solo degli accenni e Marco Giusti informa di non aver mai saputo della collaborazione di Pino per la realizzazione di caroselli e per le scenografie della RAI. Nel 1990 Roberto Peccolo decide di organizzare una mostra dedicata ai disegni su commissione realizzati da Pascali, favorendo una maggiore riflessione su questo aspetto dell'attività artistica di Pino. Achille Bonito Oliva nel 1993 espone i disegni per la pubblicità nella mostra "Slittamenti" alla XLV Biennale di Venezia, volendo dimostrare la duttilità di Pascali.

Caroselli e Telecomunicati

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A partire dal 1958 fino al 1968 lavora in ambito pubblicitario e televisivo per la PROA, la INCOM e la RAI. Fondamentale sarà la collaborazione con Sandro Lodolo prima nella Lodolo-Saraceni Cinematografica e poi nella Lodolofilm. La sua attività artistica in questo settore non è mai ripetitiva e gli consente di esprimere al meglio la sua duttilità e fantasia. Benché abbia una predilezione per la materia ottiene ampi successi nella grafica proponendo un disegno sintetico di immediata leggibilità che si presta bene al contesto pubblicitario. Nel 1960 realizza i disegni animati per il Carosello Ferrovie dello Stato con l'intento di dare rilievo alle cuccette del treno. Attraverso una serie di giochi di parole, caratteristica che gli è stata sempre propria, e il disegno sintetico dalle forme essenziali l'apprezzamento fu tale che il filmato fu premiato al Festival Pubblicitario di Trieste. Nel 1963 fa aggiudicare alla Lodolo-Saraceni il primo premio al Festival di Cannes per il telecomunicato "Notturno".

Da ricordare che l'artista dal 1961 al 1963 lavora come collaboratore esterno con Cappuzzo che aveva fondato uno studio di grafica pubblicitaria con Piero Gratton. Lo studio, di nome New Style, prende contatti con la rivista INAPLI (Istituto Nazionale Addestramento Professionale per Lavoratori dell'Industria) per realizzare alcune copertine che avessero carattere astratto. Cappuzzo gli darà questo compito che trova ideale per il suo stile astratto e materico oltre che permettergli assoluta libertà nell'espressione. Pino dovrà inoltre costituire un campionario di bozzetti a soggetto libero e di sua fantasia per lo studio, da presentare a eventuali clienti.

Solo dalla metà degli anni sessanta comincia ad esporre: nel 1965 realizza la sua prima personale presso la galleria romana La Tartaruga esponendo Muro di Pietra, Seni, Biancavvela e Grande bacino di donna. La mostra in questione era una risposta a quella del 1964 di Cesare Tacchi che secondo lui aveva esposto opere con soluzioni da lui già elaborate. Nell'aprile dello stesso anno partecipa alla V Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio al Palazzo delle Esposizioni presentando Labbra rosse, omaggio a Billie Holiday. Pascali in questa occasione conoscerà Maurizio Mochetti, ex studente all'Accademia di Belle Arti con cui stringerà un rapporto di amicizia e reciproca stima. Partecipa alla mostra Corradino di Svevia a Nettuno in cui presentò Requiscat in pace Conradinus con il pretesto di officiare un rito funebre. Nel settembre dello stesso anno presentò alla manifestazione Revort I presso la Galleria Civica d'Arte Moderna di Palermo Torso di negra al bagno e Primo Piano labbra.

Partecipa alla mostra a Napoli alla Galleria Guida insieme a Mambor, occasione che gli consente di conoscere Achille Bonito Oliva, agli esordi nella critica d'arte. Pascali espone Muro del sonno e Clessidra. Il critico intuirà nelle opere di Pascali l'anticipazione dell'arte povera. Michelangelo Pistoletto consente gli nel 1966 di presentare il ciclo delle armi a Torino, facendosi da tramite con il gallerista Sperone. Plinio de Martiis si era rifiutato di esporle considerandoli di derivazione troppo direttamente americana[5]" oltre al fatto che, secondo lui Scarpitta aveva già realizzato un'automobile da corsa seguendo lo stesso principio. Nell'ottobre del 1966 espone alla Galleria L'Attico in Nuove sculture articolata in due fasi: le Finte sculture note anche come Zoo con testi nel catalogo curati da Maurizio Calvesi e Alberto Boatto; Il mare, La scogliera e Barca che affonda con testi di Vittorio Rubiu. Anche per questa occasione un'altra mostra aveva fatto da preludio e ispirazione a quella di Pascali: Animal Habitats, Live and Stuffed di Richard Serra ospitata nella Galleria La Salita. Pascali esporrà nella prima parte Trofei di Caccia, La decapitazione del rinoceronte e Grande rettile.

La serie delle armi

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Pascali intende fare un recupero di oggetti che ormai sono divenuti marcatamente simbolici e retorici filtrandoli attraverso un recupero critico che possa presentarli per quello che sono, il loro valore oggettuale, e non per quello che significano secondo la loro immagine di consumo.

«In una civiltà di consumo le immagini assurgono falsamente a simboli e creano quel fenomeno tipico che si definisce retorica dell'immagine. Per questo ho scelto il cannone, la bomba, le armi, esiste introno ad esse tutta una rappresentazione simbolica che la pittura figurativa ha utilizzato al massimo.[...] Penso che il problema sia di ripulire l'immagine da qualsiasi attributo e simbolo, ricollocandolo nella sua presenza oggettuale, perciò con la mia azione di scultore cerco di recuperare dalle immagini di consumo del cannone e della bomba, quella presenza oggettuale che m'interessa»

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Nuove Sculture

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L'artista resta influenzato dalla mostra di Richard Serra per la capacità di aver introdotto nello spazio della galleria elementi naturali. La sua intenzione non è però quella di rifare tali e quali gli animali ma richiamarli secondo un impatto esteriore, la forma, non secondo un effettivo contenuto come aveva fatto Serra che aveva esposto animali viventi. Lui intende evocare gli animali lavorando con una struttura in legno coperta poi dalla tela. La mostra inoltre evidenzierà le carenze dello spazio espositivo per la sua espressività: l'ambiente non risulta sufficiente per l'interazione del pubblico con il Mare come annota Fabio Sargentini[7].

Tra il 1966 e il 1967 risulta all'apice della sua carriera e l'attività di scultore non consente a Pino di dedicarsi ad altro. Partecipò con Bignardi, Ceroli, Gilardi, Kounellis, Pistoletto e Schifano alla mostra Fuoco immagine acqua terra organizzata da Fabio Sargentini nel giugno del 1967. Espone 9 mq. di pozzanghere, 1 mc di terra e 2 mc di terra. Nella serie Ricostruzione della natura, iniziata nel 1967 analizza il rapporto tra la produzione industriale in serie e natura.[8] Durante l'estate dello stesso anno viene invitato insieme ad altri artisti a partecipare alla mostra Lo Spazio dell'immagine organizzata a Foligno in cui Pascali porta 32 mq di mare circa. Espone anche all'estero alla Cinquième Biennale de Paris, all'Expo '67 di Montreal e alla Thelen Galerie a Essen. Nell'ottobre del 1967 si tiene la personale alla galleria Jolas a Milano che presenta anche a Parigi l'anno successivo.

Lo Spazio dell'Immagine

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Organizzata a Palazzo Trinci, porta una nuova versione del mare con cui inaugurerà la sua fortuna critica, attirando esponenti quali Cesare Brandi, Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli che contribuiranno a farlo conoscere anche all'estero. L'opera, a differenza di un anno precedente, sancisce un nuovo rapporto nello spazio con lo spettatore.

Il mare risulta racchiuso in trenta vasche di zinco quadrate di alluminio zncato riempite di acqua colorata all'anilina.

" L'acqua mi affascina molto, diventa come uno specchio, ha tante cose l'acqua[9]."

All'apice della sua carriera, mentre alcune sue opere erano in mostra alla Biennale di Venezia, partecipa come attore al filmato SKMP2[10] di Luca Maria Patella vicino a Fregene. Il 1968 segna anche la conclusione della sua carriera e vita: muore prematuramente a Roma per le conseguenze di un grave incidente in motocicletta, sua grande passione. La sua tomba si trova nel cimitero di Polignano a Mare.

Pino Pascali nei musei

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Musei in Italia

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Musei all'estero

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  1. ^ Francesco Pascali era il padre di Pino. Cf.: Claudia Lodolo, 32 anni di vita circa Pino Pascali, Carlo Cambi, 2012, p. 18.
  2. ^ Lodolo, p. 25
  3. ^ Lodolo, p. 28
  4. ^ Lodolo, p. 30
  5. ^ Anna D'Elia, Pino Pascali, Electa, 2010, p. 46.
  6. ^ D'Elia, p. 26
  7. ^ D'Elia, p. 29
  8. ^ Bachi da setola, su gnam.beniculturali.it. URL consultato il 10 luglio 2015.
  9. ^ D'Elia, p. 32
  10. ^ Il titolo del film si compone delle iniziali dei cognomi di Sargentini, Kounellis, Mattiacci, Pascali, Patella Luca e Rosa.
  • Alberto Boatto; Maurizio Calvesi, Pino Pascali. Nuove sculture, Roma, Edizioni L'Attico, 1966.
  • Anna D'Elia (a cura di), Pino Pascali, Milano, Electa, 2010.
  • Bruno Di Marino; Marco Meneguzzo; Andrea La Porta (a cura di), Lo sguardo espanso. Cinema d'artista italiano 1912-2012, Silvana Editoriale, 2012.
  • Claudia Lodolo (a cura di), 32 anni di vita circa Pino Pascali, Carlo Cambi, 2012, ISBN 978-88-6403-120-0.
  • Marco Tonelli, Pino Pascali. Il libero gioco della scultura, Johan & Levi, 2010
  • Marco Tonelli, Pino Pascali. Catalogo generale delle sculture 1964-1968, De Luca Editori d'Arte, 2011

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Categoria:Artisti contemporanei Categoria:Morti per incidente stradale