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Scena tratta dal kyōgen in una rappresentazione del XIX secolo di Yokoyama Kazan

Il kyōgen (狂言, lett."parole della follia"[1]) è una forma tradizionale di teatro comico giapponese che risale al XIV secolo. Essendosi sviluppato assieme al ( 能 ) ed essendo rappresentato sullo stesso palcoscenico, come pausa tra un e l'altro, viene anche designato nō-kyōgen. I suoi contenuti sono tuttavia diversi rispetto a quelli del teatro nō: il kyōgen è una forma comica, il cui scopo è quello di produrre nel pubblico il warai (笑い lett. "riso"). Il termine, coniato dal poeta cinese Bai Juyi con il significato di "parole della follia", assume in Giappone un' accezione negativa arrivando a contraddistingue il genere della finzione letteraria, della poesia e del monogatari, in contrasto con la prospettiva razionale confuciana; dal periodo Nanboku-chō in poi verrà invece utilizzato con il significato di "arti dello spettacolo" [2].

Dal periodo Meiji il kyōgen assieme al nō fa parte del teatro nōgaku (能楽) ed è ancora possibile che oggi si eseguano entrambi in uno stesso programma[3][4].

Il kyōgen viene talvolta messo a confronto con la forma comica italiana della commedia dell'arte poiché presentano caratteristiche o personaggi simili [5][6]. Esso presenta inoltre elementi comuni alla satira greca, spettacolo comico breve che intervalla le tragedie.[7]

Si pensa che il kyōgen derivi da una forma di intrattenimento cinese, il sangaku, importato in Giappone intorno all'ottavo secolo. Durante il periodo Heian, questa forma di intrattenimento diviene nota come sarugaku (猿楽, lett. "musica e divertimento delle scimmie")[8] comprendendo sia la tragedia che la commedia. Dal XIV secolo queste forme di sarugaku si sono distinte in nō e kyōgen, rispettivamente. Durante il periodo Kamakura si costituiscono in gran parte del territorio giapponese le za, compagnie teatrali di sarugaku, dalla principale di Yamato a quelle di Ōmi, Ise, Settsu, Uji, Tanba nonché di scuole quali Ōkura 大蔵 e, successivamente, Sagi 鷺 e Izumi 和泉 durante il periodo Edo.

Secondo la scuola Ōkura, il kyōgen sarebbe stato fondato dal monaco buddhista Gen'e, suggerendo dunque un legame tra questa forma teatrale e "l'arte declamatoria sviluppata dai monaci nei loro sermoni, nelle prediche e nei racconti più o meno didascalici" con cui era possibile illustrare la dottrina buddhista alla classi meno abbienti.[9]

Il nō è stato la forma di intrattenimento ufficiale del periodo Edo e perciò era finanziato dal governo. Il kyōgen, pertanto, essendo rappresentato assieme al nō, ricevette il medesimo sostegno economico sia dal governo che dalle classi sociali più abbienti. In seguito alla Restaurazione Meiji, tuttavia, tale sostegno terminò e gli esponenti delle scuole di nō e kyōgen che, sotto la protezione dello shogunato, avevano avevano quasi acquisito lo status sociale della classe samuraica, sperimentarono una fase di crisi e progressivo declino, dovuto anche al fatto che i giapponesi cominciarono ad avvicinarsi a forme d'arte moderna.[10] Nel 1879 l'allora presidente degli Stati Uniti Ulysses S. Grant e la moglie, durante un viaggio in Giappone, espressero il loro interesse per l'arte del nō. Furono i primi americani ad assistere a spettacoli di nō e kyōgen e proprio questo loro interesse sembrerebbe aver riacceso l'interesse dei giapponesi verso tali forme di intrattenimento.[11]

Il kyōgen ha influenzato lo sviluppo successivo del teatro kabuki. Dopo aver bandito le danze più sensuali del wakashū-kabuki nel 1652, il governo ha permesso l'istituzione del nuovo yarō kabuki (kabuki degli uomini)[12], giustificando la sconcezza delle forme precedenti di kabuki proprio perché ispirati al kyōgen.[13]

Le tradizioni del kyōgen vengono ancora preservate dai gruppi familiari, specialmente dalle scuole Izumi e Ōkura.

Gli spettacoli del kyōgen sono brevi - durano circa dieci minuti - in quanto rappresentati tra i vari atti del nō e contengono spesso due o tre ruoli fissi. Tra i più celebri si possono ricordare Tarō kaja (太郎冠者 lett. "servitore primogenito"), Jirō kaja (次郎冠者 lett. "servitore secondogenito") e lo shujin (主人 lett. "padrone"). Diversamente dal nō, eseguito sulla base di un testo scritto, il kyōgen si basa su di un canovaccio, privilegiando l'improvvisazione e la comicità. I movimenti ed il dialogo sono generalmente esagerati agevolando la comprensione delle azioni che si svolgono durante l'esibizione. Sono presenti elementi estremamente satirici, comici, nonché volgari e farseschi in pressoché tutti i kōgen. Ōkura Toraaki, primo teorico del kyōgen, sostiene che il nō trasformi " l’irreale in reale, il kyōgen il reale in irreale”[14] a dimostrazione del fatto che il kyōgen, in quanto teatro comico rappresenti "un mondo vividamente reale e assolutamente umano, fatto di servi scaltri e padroni ottusi, nella dimensione “irreale” della rappresentazione teatrale comica e stlizzata, in un luogo lontano dalla vita quotidiana, sul palcoscenico" [15].

Gli elementi principali sono l'elocuzione ossia le forme augurali ed espressioni tipiche dei sermoni buddhisti che devono attirare l'attenzione del pubblico; la danza che ha carattere propiziatorio-augurale e deve anche provocare il warai, la risata e favorire abbondanti raccolti[16]. Numerose sono le parodie di rituali religiosi buddhisti e shintoisti o versioni semplificate di drammi nō, derivanti da racconti popolari.

Sia i programma che i singoli spettacoli nō e kyōgen mantengono la struttura dello johakyu, ossia introduzione-esposizione-finale rapido. Ogni spettacolo presenta una sezione jo, tre sezioni ha ed una sezione kyu [17]. Attualmente il kyōgen è rappresentato come intermezzo dei drammi nō o singolarmente. Secondo la canonica distinzione funzionale del kyōgen, contenuta anche negli scritti di Zeami (prima metà del XV secolo), esso può assumere tre forme: come kyōgen comico tra due nō, noto come honkyōgen (本狂言 "kyōgen vero e proprio") eseguito indipendentemente;  come intervallo tra la prima e la seconda parte del nō, lo aikyōgen (間狂言, "in mezzo al kyogen), o come betsukyōgen (別狂言, "kyōgen particolare"), all'interno della danza Okina, in cui si ha il Sanbasō, ossia la danza del vecchio in cui riproduce a mo' di scimmia i gesti della semina come rito propiziatorio[18].

Come nel nō, i personaggi sono in numero ridotto e tutti gli attori sono uomini che recitavano ruoli di donne e giovani, senza tener conto di sesso o età. I principali attori sono lo shite (principale) e lo ado (interlocutore), una sorta di spalla con cui il primo battibecca o discute, solitamente nella parte dello honkyōgen. Gli attori del kyōgen erano chiamati okashi, anche da Zeami stesso, termine che indicava gli artisti che si esibivano assieme agli attori del nō.

Nello aikyōgen, l'attore principale del nō, lo shite, lascia il palcoscenico e viene sostituito dall'attore del kyōgen o kyōgen-kata (狂言方 lett. "persona del kyōgen"), che poi spiega lo spettacolo al pubblico; altrimenti è anche possibile che l'attore del kyōgen interagisca con gli attori del nō.[19]

A differenza del nō, nel kyōgen gli attori sono generalmente senza maschera, a meno che non si tratti di spettacoli classici in cui compaiono le figure della Volpe (狐, kitsune), usata solo in Tsurigitsune, o della Scimmia (猿, saru), alcune divinità (Noborihige), demoni (Buaku), donne poco attraenti (Oto) o altri ruoli animali [7][20]. Le maschere del nō e del kyōgen venivano tramandate di famiglia in famiglia ma, dopo la Restaurazione Meiji, furono costrette a venderle ai musei o collezionisti. Oggi le si possono ancora trovare all'interno di musei internazionali quali il Musée Gimet di Parigi o il Victoria and Albert Museum di Londra, mentre in Giappone, presso il Mitsui Memorial Museum di Tokyo[20].

Per quanto riguarda i costumi, gli esecutori solitamente indossano i kamishimo un indumento del periodo Edo composto dal kataginu, una veste indossata spesso da Taro kaja, e dagli hakama. Quasi tutti i personaggi femminili indossano il nuihaku , una sottoveste ed il binan-boshi, un cappello fatto con una stoffa bianca lunga cinque metri che viene arrotolata attorno alla testa. Inoltre, a differenza dei tabi bianchi utilizzati dagli attori del nō, gli attori del kyōgen indossano tabi gialli o marroni.[21]

Il kyōgen usa il linguaggio colloquiale, specialmente del periodo Muromachi in cui si è sviluppato. Inoltre non essendoci un copione scritto ma essendo gli spettacoli trasmessi oralmente, la lingua del kyōgen riflette ogni variazione della lingua parlata al tempo fino al periodo Edo, in cui vennero messi ufficialmente per scritto, standardizzando la lingua. Oltre al parlato si ricorre anche al butaigo, "parole di palco", ossia parole particolari o modi di parlare riprodotti sul palco per la resa scenica dello spettacolo[22]. Tutti i personaggi del kyōgen parlano allo stesso modo. Viene largamente impiegato il keigo, il linguaggio onorifico, che caratterizza la parlata Muromachi, e soprattutto nei dialoghi tra servo e padrone. Per dare più eleganza al discorso si utilizzano suffisi causativi e potenziali come nel caso di mataseraruru al posto di matsu, "aspettare". Inoltre vi è un uso più frequente dei pronomi personali rispetto al giapponese moderno, come per esempio konata (tu) che termina con gozaru, forma elegante di aru ("essere, esistere")[22][23].

Musica e danza

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Come nel nō e in varie arti marziali, gli attori del kyōgen si muovo attraverso il suriashi (摺り足), ossia facendo scorrere i piedi sulla superficie del palco, evitando di compiere passi che potrebbe risuonare facilmente. Durante la camminata, il corpo sembra rimanere allo stesso livello,

Gli spettacoli di kyōgen di secondo tipo, o daimyō kyōgen, includono anche brevi danze chiamate komai (小舞, lett. "piccola danza"). Queste sono danze drammatiche tradizionali accompagnate dal ji, il coro che indossa abiti da cerimonia. I brani cantati rispecchiano sia la struttura che lo stile, nonché, talvolta, la trama dei drammi nō. Essendo talvolta arcaico il linguaggio dei testi nonché il modo di cantare, oggi, il pubblico può spesso fare fatica a comprendere il significato delle parole.

Il kyōgen si mette in scena con accompagnamento musicale di flauto, percussioni e gong. Tuttavia, si pone maggior accento sul dialogo e sull'azione piuttosto che sulla musica o la danza. Vi sono momenti di musica solo strumentale durante l'entrata e l'uscita di scena dei personaggi, i maigoto, le danze e gli hatarakigoto, ossia l'azione, specie nei brani parodia del nō.[24]

Palcoscenico del National Noh Theater di Tokyo

Il kyōgen è generalmente messo in scena sul palco del nō, in quanto il palco è parte rilevante dello spettacolo per il modo in cui reagisce ai colpi o facilita il cosiddetto suriashi (摺り足), cioè lo scorrimento dei piedi[25]. Per ottenere tale effetto, esso viene realizzato con tavole di legno di cipresso hinoki e levigato finemente. Il palco somiglia ad un santuario e presenta quattro colonne che sorreggono il tetto, ciascuna con un nome e funzione diversa. Sullo sfondo vi è il kagami ita, la "tavola specchio" su cui viene raffigurato un albero di pino. Sempre in fondo al palcoscenico vi è l'area ato za, dove si collocano i musicisti assieme agli assistenti di scena; vi è poi il jiutai-za "il posto a edere del coro" in cui si siede il coro in due file; lo hashigakari invece permette l'entrata e l'uscita dei personaggi che passano, in extremis, sotto l'agemaku, tenda multicolore.[26]

Dal secondo dopoguerra, si acquista maggiore consapevolezza circa il ruolo del kyōgen come genere di teatro classico, distinguendosi dal teatro  tramite la sperimentazione di nuove forme di intrattenimento, gli insegnamenti all'estero [6]. Tuttavia il kyōgen odierno non possiede più i tratti estremamente volgari ed osceni della forma originaria. Viene rappresentato regolarmente nelle città più grandi come Tokyo and Osaka, sia come intermezzo tra i drammi nō che da soli, in un programma dsi tre ai cinque spettacoli.

Si continuano a produrre kyōgen anche se pochi vengono inseriti nel repertorio. Particolarmente significante è Susugigawa (濯ぎ川, Il bucato al fiume), scritto e diretto da Tetsuji Takechi nel 1953, durante il suo lavoro teatrale sul teatro post-kabuki. Basato sulla farsa francese, tale spettacolo divenne il primo nuovo kyōgen ad entrare nel repertorio nell'arco di un secolo [27]. Ci sono anche rari casi di kyōgen bilingui o fusione di kyōgen con forme di intrattenimento occidnetali. Ne è un esempio il gruppo Mei-no-kai di attori di kyōgen, nō e shingeki che hanno eseguito Aspettando Godot di Samuel Beckett nel 1973, spettacolo assai applaudito.[28] Un altro noto esempio è il gruppo Noho Theatre di Kyoto sotto la direzione dello studioso di teatro americano Jonah Salz e recitazione di Akira Shigeyama. Questo gruppo ha rappresentato - per la prima volta nel 1981 - una traduzione bilingue in giapponese e inglese di Susugigawa, chiamata The Henpecked Husband, assieme alle opere di Samuel Beckett, in particolare l'Atto senza parole I, recitato da attori kyōgen in stile teatrale giapponese[29][30] . Nell'adattare Beckett alla cultura giapponese, per esempio, il personaggio senza nome, che contempla l'idea del suicidio, anziché puntarsi le forbici alla gola lo fa verso lo stomaco, come se stesse simulando un harakiri.

La precisa dizione degli attori di kyōgen è stata impiegata anche in altre forme mediatiche, per esempio per doppiare un film di animazione A Country Doctor (カフカ 田舎医者 Kafuka: Inaka Isha) di Kōji Yamamura, basato su Un medico di campagna di Franz Kafka, in cui le voci vengono eseguite dalla famiglia Shigeyama[31].

Così come accade per il nō, molti giapponesi diventano familiari con il kyōgen solo grazie alla scuola o a spettacoli trasmessi alla televisione. Uno spettacolo spesso citato nei liri di testo è Busu (附子, Il Veleno Delizioso), in cui i servitori Tarō kaja e Jirō kaja ricevono dal padrone dello zucchero che non devono mangiare perché avvelenato; naturalmente i due lo mangiano contravvenendo a quanto ordinato loro dal padrone. Inoltre, come nel mondo del nō, gli esecutori professionisti nascono i famiglie e si esibiscono già in tenera età; al contrario, chi non nasce all'interno di famiglie di artisti deve intraprendere un percorso didattico presso il liceo o altre scuole specialistiche. Vi sono due famiglie di rilievo: la famiglia Nomura (野村) di Tokyo (tradizionalmente della regione di Edo) e la famiglia Shigeyama (茂山) di Kyoto (tradizionalmente della regione del Kamigata) della scuola Ōkura school[32], ognuna delle quali appare spesso in televisione, sui telegiornali o organizza tour all'estero con lo scopo di presentare un'immagine più moderna del kyōgen e favorirne l'apprezzamento[33][34].

Attori stranieri

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Nel periodo post bellico, hanno partecipato al kyōgen anche attori stranieri come esecutori amatoriali. Nel 1956, per esempio, il noto saggista e traduttore Donald Keene eseguì una performance nello spettacolo Chidori (千鳥, Charandriinae), assieme a Tetsuji Takechi, nel ruolo del proprietario del negozio di sake,davanti ad un pubblico che includeva personaggi di spicco come Jun'ichirō TanizakiYasunari Kawabata e Yukio Mishima.[35] Egli racconta la sua esperienza in una serie di essays dal titolo Chronicles of My Life in the 20th Century, che hanno poi ispirato il titolo della antologia delle sue opere The Blue-Eyed Tarokaja: A Donald Keene Anthology, curata da J. Thomas Rimer. Inoltre, dal 1984, è stato aperto un programma intensivo estivo (originariamente di sei settimane, ora tre) di kyōgen per principianti presso il Kyoto Art Center, fondato da Akira Shigeyama (della famiglia Shigeyama) e lo studioso di teatro giapponese Jonah Salz.[30][36]

Il repertorio

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Attualmente il repertorio del kyōgen comprende le circa 260 opere ancora eseguite dalle rimanenti due scuole. Si contano 254 opere per la scuola Izumi e 180 per la tradizione della scuola Ōkura, di cui 177 sono in comune. I criteri di classificazione delle opere di kyōgen variano a seconda delle tradizioni di ciascuna scuola [5][37].

Generalmente le opere sono classificate in base al ruolo dello shite, l'attore protagonista, nei seguenti gruppi [38][39]

  • Waki kyōgen (脇狂言): di carattere augurale con protagonisti Buddha, divinità ma anche contadini, persone fortunate;
  • Daimyō kyōgen (大名狂言) o shōmyō kyōgen (小名狂言): drammi con protagonisti signori feudali, spesso accompagnati dal servitore Tarō kaja
  • Tarō kaja kyōgen (太郎冠者狂言) : incentrati proprio sulle disavventure o sulle imprese del servitore Tarō kaja, categoria di spettacoli più corposa
  • Muko kyōgen: su uomini alle prese con il matrimonio ed il muko 婿 "suocero".
  • Onna kyōgen: incentrati su storie di amanti
  • Oni kyōgen (鬼狂言): con protagonisti oni (鬼, "demone")
  • Yamabushi kyōgen: su asceti di montagna
  • Shukke kyōgen: hanno come protagonisti monaci, presentano una critica di stampo anticlericale
  • Zatō kyōgen: incentrati su personaggi ciechi
  • Mai kyōgen (舞狂言): spettacoli mai (舞 "danza") che imitano i drammi del sogno (mugen nō)
  • Zatsu kyōgen (雑狂言): da zatsu 雑 "miscellanea", kyōgen di vario tipo: su truffatori, banditi, malfattori etc.

Opere più conosciute

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  • Suehirogari racconta le vicissitudini del solito Tarō kaja che viene inviato dal proprio signore al mercato ad acquistare un ventaglio (suehirogari), oggetto dal valore augurale ma finirà per essere truffato ed acquisterà invece un ombrello
  • Sadogitsune "Le Volpi di Sado" in cui due contadini, uno di Sado ed uno di un'altra regione, dopo essersi incontrati, scommettono sull'esistenza di volpi a Sado. Pur di vincere la scommessa, il contadino di Sado corrompe un funzionario affinché faccia finta di conoscere le informazioni esatte circa le volpi di Sado. Ma il contadino scoprirà l'inganno chiedendogli il verso della volpe ed inseguirà i due furfanti [40]

Daimyō kyōgen

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  • Utsubuzaru "La scimmia da faretra" che racconta la storia di un daimyō il quale, incontrato un ammaestratore di scimmie pretende di avere la pelle della scimmia per la propria faretra. Nel momento in cui, l'ammaestratore, minacciato di morte, sta per uccidere la scimmia, questa compie le mosse da lui insegnate e, commosso, egli si dichiare incapace di compiere un simile gesto. Il daimyō quindi abbandona il proposito e la scimmia, grata, compie una danza cui parteciperà anch'egli stesso.
  • Fumininai "I portalettere"

Yamabushi kyōgen

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  • Kakiyamabushi  (柿山伏 o "Eremita della Montagna dei Cachi"), un yamabushi kyōgen racconta di un prete asceta che, per la fame, si arrampica su di un albero di cachi che appartiene ad un contadino e ne mangia i frutti. Il contadino, che lo coglie sul fatto, decide di prendersi gioco di lui e, approfittandosi del fatto di non poter esser visto, fa finta di essere un cane, una scimmia ed infine un'aquila, per poi farlo cadere a terra. Il prete, irato, chiede di ricevere assistenza e si vendica cantando e richiamando forze soprannaturali. Il contadino, d'altro lato, si finge sopraffatto dai poteri del monaco per poi cacciare il monaco.[41]

Zatō kyōgen

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  • Tsukimi zatō "Il cieco che ammira la luna" racconta la storia di un cieco che si reca su di una montagna per vedere la luna; là trova una persona con cui condivide sake e poesie ma, una volta giunta l'alba, i due si separano ma il compagno di tsukimi urta il cieco e, camuffando la voce, lo tratta malamente tanto che il cieco lo scambia per ed è convinto che sia una persona completamente diversa da quella appena conosciuta la sera prima.

Zatsu kyōgen

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  • Tsurigitsune "La volpe in trappola"
  1. ^ Ruperti, 2015, p.92
  2. ^ Ruperti, 2015, pp. 92-94
  3. ^ (EN) Nôgaku theatre, su ich.unesco.org. URL consultato il 10 Dicembre 2017.
  4. ^ Ruperti, 2015, p. 57
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  8. ^ Ruperti, 2015, p. 173
  9. ^ Ruperti, 2015, p. 93
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