Utente:Ásaþórr/Shikata ga nai

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L'espressione Shikata Ga Nai scolpito nel marmo.

Shikata ga nai (仕方がない?), pronunciato [ɕi̥kata ɡa naꜜi], è una locuzione appartenente alla lingua giapponese che, letteralmente, significa "è inevitabile" o "non può essere fatto nulla al riguardo". Shō ga nai (しょうがない?), pronunciato [ɕoː ɡa naꜜi] è una forma alternativa.

Contesto culturale[modifica | modifica wikitesto]

L'espressione è stata usata per descrivere la capacità del popolo giapponese nel mantenere la dignità di fronte ad eventi negativi, in particolare quando questi ultimi sono al di fuori della stessa influenza umana. Tale modo di dire è accostabile dunque, in qualche modo, alla locuzione francese "c'est la vie". Da un punto di vista storico, invece, la locuzione è stata applicata a situazioni quali la seconda guerra mondiale, compresa l'occupazione alleata del Giappone e l'internamento di giapponesi americani e canadesi giapponesi.[1]

Caso emblematico, in tal senso, è la risposta fornita dall'imperatore Shōwa, nella sua prima conferenza stampa tenuta a Tokyo nel 1975, riguardo a cosa pensasse del bombardamento atomico di Hiroshima; la risposta fornita da quest'ultimo, infatti, fu: "È molto deplorevole che le bombe nucleari siano state sganciate e mi dispiace per i cittadini di Hiroshima ma non poteva essere evitato perché ciò è accaduto in tempo di guerra."[2][3]

Nel libro "Asian American Women: "The Frontiers" Reader, l'autrice Debbie Storrs afferma:[4]

«La frase giapponese shikata ga nai, o "è inevitabile", indica norme culturali su cui si ha poco controllo... Questa nozione di sofferenza deriva in parte da shikata ga nai: non avere successo nel seguire le norme culturali e le convenzioni sociali ha portato a una vita di poca scelta e contemporaneamente a sopportare la sofferenza.»

La frase può anche essere letta con un'accezione prettamente negativa, dal momento che, eventualmente, potrebbe essere intesa come una mancanza di reazione alle avversità, come noncuranza, sia da un punto di vista di forze sociali in campo, che anche politiche. In un articolo del Business Week, viene infatti detto:[5]

«Egli incoraggia i giapponesi a non soccombere alla mentalità del cosiddetto shikata ga nai ma anzi ad infervorarsi e iniziare a comportarsi come cittadini. "I giapponesi mi ascoltano perché punto sempre l'attenzione su quali siano le possibilità e come le cose possano cambiare... per garantire prospettive economiche e politiche positive..."»

Riferimenti letterari non giapponesi[modifica | modifica wikitesto]

La frase appare come un tema importante in una serie di libri relativi ai principali eventi nella storia del popolo giapponese. Nel libro intitolato Farewell to Manzanar, la scrittrice Jeanne Wakatsuki Houston ha dedicato un capitolo al concetto per spiegare perché i giapponesi americani, internati negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, non hanno combattuto più contro le condizioni e le politiche restrittive impostegli forzatamente. Il manga storico Barefoot Gen, in questo senso, mostra molti dei cittadini di Hiroshima usare la frase "Shikata ga nai" per spiegare perché accettano il governo militare, così come le condizioni di sottopovertà nelle quali versavano, causa diretta della morte per mancanza di cibo di molti dei loro concittadini. Allo stesso modo, Hiroshima di John Hersey applica la frase dopo che gli sforzi per assistere gli hibakusha feriti a morte sono cessati.

James Clavell, inoltre, ha usato la frase nel suo romanzo Shōgun.

L'espressione nipponica è altresì introdotta e spiegata da personaggi giapponesi, o comunque nippo-americani, in libri come Snow Falling on Cedars di David Guterson.

Nel libro The Hostile Beaches di Gordon D. Shirreffs, il tenente Carney pronuncia la summenzionata frase giapponese. Alla domanda su cosa essa voglia dire, egli risponde che significa "Mettiamoci al lavoro", dimostrando evidentemente di non conoscerne il vero significato. Più tardi, Bob Dunbar pronuncia l'espressione giapponese solo per confondere la ricerca dei soldati giapponesi.[6]

Il commentatore giapponese Willard Price fece spesso riferimento alla locuzione nei suoi rapporti con i giapponesi negli anni '30 e '40.[7]

Kim Stanley Robinson, tra l'altro, include la frase nel suo libro intitolato Red Mars. Essa è infatti pronunciata da Hiroko all'inizio della colonizzazione di Marte: "Fu Hiroko a tagliare Arkady, con quello che lei disse era un luogo comune giapponese: 'Shikata ga nai,' nel senso che non c'è scelta". In tutto il libro, la frase è un motivo ricorrente quando i personaggi devono espletare un compito improrogabile o affrontare un percorso inevitabile. Il capitolo finale del libro, inoltre, è anche chiamato Shikata ga nai.[8]

Altri riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

La frase è stata adottata dal framework di penetrazione Metasploit come nome di un codificatore shellcode. Esso utilizza un feedback additivo XOR polimorfico per garantire che l'uscita dell'encoder "Shikata ga nai" sia ogni volta diversa. Questo avviene perché tali antivirus non hanno alcuna possibilità di rilevare il codice dannoso utilizzando una blacklist nota.[9]

"Shoganai" è una traccia del mini-album del 2002 dei King Crimson Happy with What You Have to Be Happy With.

"Shikata Ga Nai" è una traccia dell'album del 2016 dei Van der Graaf Generator Do Not Disturb.

La frase compare nel testo della canzone Kantori Ongaku di Devendra Banhart, e anche nella canzone Acheron dei DIIV.

Altre lingue[modifica | modifica wikitesto]

  • Un detto simile esiste in Cina, 没办法 (méi bàn fǎ),[10] e Corea, 어쩔 수 없다 (eojjeol su eopda), che è usato in situazioni simili come "shō ga nai".
  • Il detto francese c'est la vie ha alcune somiglianze.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Jeanne Wakatsuki Houston e James D. Houston, Farewell to Mazanar, Boston, Houghton Mifflin, 2002, p. 9, OCLC 1054389588.
  2. ^ (EN) H. Bix, Hirohito and the making of modern Japan, in Perennial, New York, HarperCollinsPublishers, 2001, p. 676, OCLC 1131636419.
  3. ^ (EN) John W. Dower, Embracing defeat: Japan in the wake of World War II, New York, W.W. Norton & Co./New Press, 1999, p. 606, OCLC 829288464.
  4. ^ Linda Trinh Vo e Marian Sciachitano, Asian American Women: The "Frontiers" Reader, Pubblicazione dell'Università del Nebraska, 2004, p. 113, ISBN 0-8032-9627-4. URL consultato il 19 novembre 2021.
  5. ^ "Neff, Robert, (Oct. 30, 2000). Japan Explained. Business Week.
  6. ^ Gordon D. Shirreffs, The Hostile Beaches, The Westminster Press, 1964, pp. 83, 97.
  7. ^ Willard Price: Children of the Rising Sun (1938); Japan and the Son of Heaven (1945); et al
  8. ^ Robinson, Kim Stanley. "Red Mars. New York: Bantam Books. 1993.
  9. ^ (EN) Polymorphic XOR Additive Feedback Encoder, su Rapid7. URL consultato il 10 gennaio 2022.
  10. ^ Chinese English Pinyin Dictionary, su chinese.yabla.com. URL consultato il 10 gennaio 2022.

 

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Shikata Ga Nai, in Time Magazine, October 8, 1945. URL consultato il November 3, 2014.[[Categoria:Espressioni comuni della lingua giapponese]]