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Paolo Farinati, chiamato anche Paolo Farinato (Verona, 1524Verona, 1606), è stato un pittore, incisore e architetto italiano di stile manierista attivo principalmente nella natia Verona, ma anche a Mantova e Venezia.

Fu figlio di un pittore titolare della propria bottega, la cui famiglia potrebbe avere avuto radici fiorentine; tale circostanza ha spinto taluni a ipotizzare che tra i suoi antenati ci fosse il ghibellino Farinata degli Uberti, reso celebre da Dante nella sua Commedia. Contemporaneo e amico del pittore Paolo Veronese, secondo Giorgio Vasari fu istruito alla pittura dal padre e dal veronese Niccolò Giolfino e, probabilmente, da Antonio Badile e Domenico Brusasorci, nonostante fin da giovane avesse adottato uno stile personale senza che questi suoi maestri vi abbiano lasciato un inequivocabile segno.

Recatosi a Mantova, il suo linguaggio pittorico venne fortemente influenzato dai lavori di Giulio Romano. La sua prima opera importate è stata una pala d'altare per la cappella del Sacramento del Duomo di Mantova a cui lavorarono, tra gli altri, anche Domenico Riccio, Battista del Moro e Paolo Veronese. Proprio quest'ultimo sarà il pittore il cui stile contribuirà maggiormente a formare quello della maturità di Farinati.

Vasari ebbe parole di lode verso le opere di Farinati, apprezzando in particolare le sue composizioni affollate e il valore del disegno. La sua carriera fu caratterizzata da un'intensa produzione, di arte sacra e profana; i suoi dipinti adornano palazzi e chiese non solo di Verona e Venezia, ma anche di Padova e di altre località all'epoca appartenenti al territorio della Serenissima. Tra le sue opere più importanti si possono citare la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, dipinta in età avanzata per la chiesa di San Giorgio in Braida, un'Ultima cena per la chiesa di Santa Maria in Organo, gli affreschi dell'abside della chiesa dei Santi Nazaro e Celso, un Cristo mostrato al popolo, oggi conservato al Museo di Castelvecchio di Verona.

Molte delle notizie su Paolo Farinati risultano note grazie al Giornale, un diario contabile estremamente dettagliato che il pittore tenne a partire dal 1573 fino alla sua morte e che ha permesso di conoscere le sue opere e l'attività della sua bottega. Alla sua scomparsa, avvenuta nel 1606, la attività della bottega venne continuata, seppur con minor fortuna, dai figli Orazio e Giambattista.

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