Stella Maris (1693)

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Stella Maris
Descrizione generale
Tipovascello a due ponti
ClasseClasse San Lorenzo Giustinian
Ordine23 marzo 1692
CantiereArsenale di Venezia
Impostazioneluglio 1692
Varogennaio 1693
Completamento14 aprile 1693
Entrata in serviziomaggio 1693
Destino finalepersa per incendio il 9 febbraio 1695
Caratteristiche generali
Dislocamento1.200 t
Lunghezza46,591 m
Larghezza13,212 m
Pescaggio10,08 m
PropulsioneVela
Armamento
ArmamentoArtiglieria[1]:

Alla costruzione

  • 4 colubrine da 20 libbre veneziane
  • 6 colubrine da 14 libbre veneziane
  • 24 cannoni da 20 libbre veneziane
  • 24 cannoni da 14 libbre veneziane
  • 12 cannoni da 12 libbre veneziane

Totale: 62

dati tratti da Venetian Third Rate ship of the line 'Stella Maris' (1693)[2]
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Lo Stella Maris fu un vascello di linea veneziano da 70 cannoni che prestò servizio nella Armada tra il 1693 e il 9 febbraio 1695.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La costruzione del vascello da 70 cannoni Stella Maris fu ordinata dal Senato della Repubblica di Venezia il 23 marzo 1692, e la nave fu impostata nello stesso anno sotto la direzione del Proto dei Marangoni Stefano di Zuanne Michiel.[3] La nuova nave fu varata nel gennaio 1693 presso l'Arsenale in uno stato di completamento meno avanzato rispetto alle precedenti in quanto la grandezza dello scafo consigliava di vararla prima che il peso a terra fosse troppo eccessivo.[4]

Il 15 aprile 1693 la Stella Maris uscì dall'Arsenale, con armamento di 70 cannoni, tra cui 4 da 30 libbre in ferro, ed entrò a far parte dell' Armata Grossa in quello stesso anno al comando del governator di nave Giovanni Pignatta.[5]

Il trattato Architettura navale di Stefano Conti riporta un disegno della Stella Maris, seconda unità della classe San Lorenzo Giustinian e praticamente analoga alla precedente.[N 1][6] Il vascello aveva 14 portelli per lato su entrambi i ponti e tutti i portelli del ponte di coperta, insieme ai due più a poppa dei sei del cassero, era chiusi da mantelletti, particolare che indica che entrambi i ponti erano (l'uno totalmente, e l'altro parzialmente) coperti.[6] La poppa risultava più alta rispetto alle navi inglesi e francesi dell'epoca, e meno decorata.[6]

All'epoca era in corso la guerra di Morea che vedeva contrapposti la Repubblica di Venezia e l'Impero turco. Lo Stella Maris, su cui alzava la sua insegna il comandante straordinario della navi Girolamo Priuli, partecipò alla battaglia di Spalmadori in forza alla squadra navale veneziana al comando del capitano generale da mar Antonio Zeno.[5] Il 9 febbraio 1695 la flotta veneziana, composta dai vascelli Stella Maris (nave ammiraglia, 70 cannoni), Rosa (60), San Lorenzo Giustinian (70), Leon Coronato (70), Nettuno (60), Valor Coronato (54), San Domenico (60), Redentor del Mondo (70), Vittoria (60), San Nicolò (54), Sacra Lega (60), Drago Volante (60), Fama Volante (50), Madonna della Salute (50), Venere Armata (52), Ercole Vittorioso (60), San Antonio di Padova (50), Pace ed Abbondanza (50), San Giovanni Battista Piccolo (50), San Vittorio (62), e San Giovanni Battista Grande, da 5 galeazze e 21 galee si trovava posizionata a difesa dell'isola di Chio, vicino alle Oinousses, un piccolo gruppo di isole al largo di Capo Karaburun nell'Anatolia occidentale.[2] Quel giorno Zeno impegnò combattimento contro la squadra turca dell'ammiraglio Hacı Hüseyin Pascià forte di 20 velieri e 20 galee.[2]

Nel durissimo combattimento la squadra veneziana perse per incendio i vascelli Stella Maris (dove si trovava imbarcato il capitano straordinario delle navi Girolamo Priuli), Leon Coronato (incendiatosi a sua volta nel tentativo di soccorrere la "Capitana") e Drago Volante (esploso dopo che il fuoco raggiunse la Santa Barbara), mentre il vascello San Vittorio rimase gravemente danneggiato.[7][2] In particolare la Stella Maris, dopo aver sparato su ordine di Priuli la prima bordata della flotta veneziana a una distanza eccessiva, fu raggiunta, secondo le testimonianze dell'epoca, da una palla di cannone con relativo stoppaccio infiammato che colpì il giardinetto provocando un incendio.[8] Il fuoco si propagò dai giardinetti di poppa raggiungendo, anche se lentamente, il sartiame.[9] Nel tentativo di porre in salvo almeno l'equipaggio Priuli ordinò al vascello Leon Coronato di avvicinarsi alla Stella Maris.[9] A causa di un errore del pilota che accostò sottovento al vascello incendiato fece si che il fuoco si propagasse alle vele del Leon Coronato estendendosi subito dopo all'attrezzatura e allo scafo.[9] Verso le 15:00 il Leon Coronato esplose, seguito poco dopo dalla Stella Maris, con una perdita complessiva, compreso lo stesso Priuli, di circa 1.000 uomini.[9]

Nel 2017 alcuni subacquei turchi hanno localizzato nel Mare Egeo due relitti affiancati a una profondità di 65 m, indicandoli come quelli dello Stella Maris e del Leon Coronato, ed esplorandoli successivamente.[10][N 2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Risultava mezzo piede più lunga rispetto alla capoclasse.
  2. ^ Il team di ricercatori ha provato ad individuare anche il relitto del Drago Volante, ma fermandosi nelle ricerche per non sconfinare nelle acque territoriali greche.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Guido Candiani, I vascelli della Serenissima: guerra, politica e costruzioni navali a Venezia in età moderna, 1650-1720, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, 2009.
  • Guido Candiani, Dalla galea alla nave di linea: le trasformazioni della marina veneziana (1572-1699), Novi Ligure, Città del Silenzio, 2012.
  • Guido Ercole, Duri i banchi. Le navi della Serenessima 421-1797, Gardolo, Gruppo Modellismo Trentino di studio e ricerca storica, 2006.
  • Cesare Augusto Levi, Navi da guerra costruite nell'Arsenale di Venezia dal 1664 al 1896, Venezia, Stabilimento Tipografico Fratelli Visentini, 1896.
  • Mario Nani Mocenigo, L'Arsenale di Venezia, Roma, Ufficio Storico della Regia Marina, 1938.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]