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Contro Filippide
Titolo originaleΚατὰ Φιλιππίδου
AutoreIperide
1ª ed. originaleTra il 338 e il 336 a.C.
Genereorazione
Lingua originalegreco antico
AmbientazioneAntica Atene
AntagonistiFilippide
SerieOrazioni di Iperide

Contro Filippide è un'orazione di Iperide pronunciata ad Atene davanti all'eliea presieduta dai Tesmoteti tra il 338 e il 336 a.C.

Scoperta del papiro

La versione frammentaria oggi conosciuta dell'orazione contro Filippide risale alla pubblicazione, avvenuta nel 1891 (Frederic George Kenyon, Classical texts from papyri in the British Museum, pp. 42 e seguenti), di un papiro mutilo alle due estremità che conteneva, scritte da due mani diverse, le ultime colonne dell'orazione contro Filippide e l'inizio della terza lettera di Demostene.[1] Il papiro, convenzionalmente detto Londinese e attualmente conservato al British Museum col numero 134, nella parte recante il testo di Iperide appare opera di uno scrivano esperto, dato che la scrittura è elegante e accurata e ci sono pochi errori (altri probabilmente erano stati eliminati da un correttore); secondo Blass risaliva all'epoca di Augusto o Tiberio (prima metà del I secolo d.C.) per alcune particolarità ortografiche, mentre secondo Kenyon era del I secolo a.C. per via della forma delle lettere.[2]

La prima parte dell'orazione, consistente in molti frammenti di piccole dimensioni, fu riassemblata in quindici frammenti maggiori da Friedrich Blass e da Keynon stesso; la prima edizione di Keynon (ce ne fu anche una seconda, datata 1893) fu seguita da quelle di Henricus van Herwerden in Olanda (1891), Henri Weil in Francia (1892) e Friedrich Blass in Germania (1894).[1]

Questa orazione, contenente numerose interpolazioni, risulta quasi totalmente perduta nella prima parte (restano solo quindici frammenti), mentre il resto è integro.[3]

Datazione

L'orazione si colloca tra il 338 a.C., anno della pace firmata da Demade con Filippo II di Macedonia, e il 336 a.C., anno della morte di Filippo stesso.[4] Alcuni studiosi però non hanno tradotto il perfetto ὑπείληφας al paragrafo 7 come presente (cioè "tu credi", che seguito dalla frase "che Filippo sia immortale" significherebbe che all'epoca era vivo), ma come passato remoto (cioè "tu credesti", che seguito dalla frase "che Filippo fosse immortale" significherebbe che all'epoca era già morto),[5] interpretazione scorretta secondo Mario Marzi.[4][5]

Vicenda

Cenni al processo

Al processo contro Filippide parlarono evidentemente molti oratori, dato che Iperide manifesta una certa fretta di concludere per lasciare tempo sufficiente agli altri;[6] Iperide quindi non fu certamente l'ultimo, probabilmente nemmeno il primo.[4]

L'esito del processo è ignoto.[4]

Contenuto

Stile

Secondo Mario Marzi, curatore della prima edizione integrale italiana delle orazioni di Iperide, l'orazione, essendo molto frammentaria, non può essere giudicata dal punto di vista artistico; nella parte integra lo stile è "piano, lucido, serrato, ma in qualche tratto s'innalza a toni vibrati e sdegnosi (soprattutto ai paragrafi 8 e 9); e qualche movimento di notevole vivacità e forza non doveva mancare nella parte perduta (vedi, per esempio, il frammento X)".[4]

Edizioni italiane

  • Mario Marzi (parte su Iperide) (a cura di), Oratori attici minori, vol. 1, UTET, 1977.

Note

  1. ^ a b Marzi, p. 27.
  2. ^ Marzi, pp. 27-28.
  3. ^ Marzi, p. 43.
  4. ^ a b c d e Marzi, p. 44.
  5. ^ a b Marzi, p. 202.
  6. ^ Iperide, 13.

Bibliografia

Fonti primarie
Fonti secondarie
  • Mario Marzi (parte su Iperide) (a cura di), Oratori attici minori, vol. 1, UTET, 1995.

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