Sibthorpieae

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Sibthorpieae
Sibthorpia peregrina
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi I
OrdineLamiales
FamigliaPlantaginaceae
SottofamigliaDigitalidoideae
TribùSibthorpieae
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineScrophulariales
FamigliaScrophulariaceae
SottofamigliaDigitalidoideae
TribùSibthorpieae
Berth., 1846
Generi

Sibthorpieae Berth., 1846 è una tribù di piante spermatofite, dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Plantaginaceae.[1][2][3]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo Sibthorpia L., 1753 il cui nome è stato dato in ricordo di Humphrey Sibthorp (1713-1797) professore di botanica all'Università di Oxford.[4][5] Il nome scientifico della tribù è stato definito dal botanico inglese George Bentham (22 settembre 1800 – 10 settembre 1884) nella pubblicazione "Prodromus Systematis Naturalis Regni Vegetabilis - 10: 189, 424. 8 Apr 1846" del 1846.[6][7]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il portamento
Sibthorpia peregrina
Le foglie
Sibthorpia europaea
I fiori
Ellisiophyllum pinnatum
  • Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X o * K (4-5), [C (4) o (2+3), A 2+2 o 2], G (2), capsula.[8]
  • Il calice, gamosepalo, è da profondamente a metà diviso con 5 - 8 lobi debolmente ineguali.
  • La corolla, gamopetala, è formata da un corto tubo ruotato terminante con 5 - 9 lobi. I lobi sono interi, subuguali e con portamento patente. Il colore è bianco con centro giallo.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La distribuzione di queste poche specie è abbastanza cosmopolita: dall'America tropicale, alle montagne africane e fino alla Nuova Guinea.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza di questo gruppo (Plantaginaceae) comprende 113 generi con 1800 specie[8] (oppure secondo altri Autori 114 generi e 2400 specie[9], o anche 117 generi e 1904 specie[2] o 90 generi e 1900 specie[11]) ed è suddivisa in tre sottofamiglie e oltre una dozzina di tribù. La tribù di questa voce appartiene alla sottofamiglia Digitalidoideae.[1]

Storicamente questo gruppo ha fatto parte della famiglia Scrophulariaceae (secondo la classificazione ormai classica di Cronquist).[1] In seguito è stato descritto anche all'interno della famiglia Veronicaceae (non più in uso). Attualmente con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG) è stata assegnata alla famiglia delle Plantaginaceae e sottofamiglia Digitalidoideae (Dum.) Luerss..[11] Le specie di questo gruppo condividono un particolare sviluppo dell'endosperma non presente in altre specie della famiglia, mancano inoltre degli iridoidi tipici delle Lamiales.[3]

Composizione della tribù[modifica | modifica wikitesto]

La tribù si compone di 2 generi e 6 specie:[1][2]

Genere Specie Distribuzione
Sibthorpia
L., 1753
5 America tropicale e montagne dell'Africa
Ellisiophyllum
Maxim., 1871
Una specie:
Ellisiophyllum pinnatum (Benth.) Makino
India, Giappone e Nuova Guinea

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Kadereit 2004, pag. 400.
  2. ^ a b c Olmstead 2012.
  3. ^ a b Albach et al 2005.
  4. ^ David Gledhill 2008, pag. 352.
  5. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 20 aprile 2017.
  6. ^ Indices Nominum Supragenericorum Plantarum Vascularium, su plantsystematics.org. URL consultato il 20 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  7. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 20 aprile 2017.
  8. ^ a b c Judd et al 2007, pag. 493.
  9. ^ a b Strasburger 2007, pag. 852.
  10. ^ Musmarra 1996.
  11. ^ a b c Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 15 gennaio 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]