Sergio Picciafuoco

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Sergio Picciafuoco (Osimo, 11 novembre 1945Castelfidardo, 11 marzo 2022) è stato un criminale italiano, condannato per furto e ricettazione ma ricordato soprattutto per il suo coinvolgimento nelle indagini e nei processi per la strage alla stazione ferroviaria di Bologna. Fu prosciolto da tutte le accuse nel 1997.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La vicenda di Picciafuoco, un criminale comune arrestato per furto e ricettazione, può essere ricostruita a partire dal 1970, anno in cui evase dal carcere di Ancona, dando inizio alla sua latitanza.

Quest'ultima sarebbe durata fino al 1º aprile 1981, giorno in cui fu arrestato presso il confine austriaco a Tarvisio[1]. L'anno precedente egli era stato presente a un evento che avrebbe segnato la sua vita futura. La mattina di sabato 2 agosto 1980 si trovava alla stazione ferroviaria di Bologna, sul marciapiede del terzo e quarto binario.

Da quel punto vide esplodere l'ala ovest della stazione, distrutta da un attentato terroristico. Rimase egli stesso leggermente ferito da una scheggia.

Dopo l'arresto, sulla base di una serie di indizi e testimonianze, fu accusato come uno degli autori materiali della strage, ed in quanto tale condannato all'ergastolo l'11 luglio 1988, assieme a Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Massimiliano Fachini.

L'affiliazione di Picciafuoco ai Nuclei Armati Rivoluzionari, sempre negata dall'interessato, era testimoniata da diversi indizi:

  • alcuni testimoni lo avevano visto frequentare, negli anni precedenti, la sede di Radio Mantakas, un'emittente di Osimo (AN) vicina all'estremismo di destra;
  • su un'agenda appartenente a Gilberto Cavallini (membro dei NAR) compariva il nome di Picciafuoco in un elenco di affiliati a quell'organizzazione terroristica;
  • uno dei passaporti falsi usati da Picciafuoco aveva lo stesso numero del passaporto (autentico) intestato a Riccardo Brugia, un rapinatore gravitante nel gruppo dei NAR[2].

Picciafuoco rigettò sempre tutte le accuse, asserendo che, come centinaia di altre persone, si era trovato alla stazione "per caso": disse che doveva recarsi in treno a Milano per procurarsi dei documenti falsi.

Alcune sue dichiarazioni risultarono controverse. Asserì, tra le altre cose, di aver prestato per diverse ore opera di soccorso ai feriti immediatamente dopo l'attentato. Il referto medico testimonia invece che egli ricevette la medicazione per la propria ferita alle 11:39, poco più di un'ora dopo lo scoppio dell'ordigno: perciò si era recato all'Ospedale Maggiore subito dopo il fatto.

Un'altra circostanza che rese perplessi gli inquirenti fu il fatto che egli si fosse recato a Bologna per prendere il treno per Milano. A quell'epoca, infatti, egli risiedeva a Modena e avrebbe potuto mettersi in viaggio partendo da quella città[3]. Picciafuoco motivò i suoi movimenti di quel giorno, apparentemente illogici, dicendo che avrebbe desiderato prendere un treno che non facesse fermate intermedie: egli era latitante e privo di documenti, e ciò avrebbe minimizzato il rischio di un controllo.

Le contraddizioni di Picciafuoco, unite alle altre testimonianze, contribuirono indubbiamente ad aggravare la sua posizione.

I processi seguenti ridimensionarono decisamente il legame dell'imputato con i NAR, e riconobbero che egli non ebbe alcun ruolo come esecutore della strage. Picciafuoco fu assolto prima dalla Corte di appello di Firenze il 18 luglio 1996, e in via definitiva dalla Corte suprema di cassazione il 15 aprile 1997[4]. Le sentenze avvalorarono così il giudizio di chi lo aveva definito uno "sbandato" che si era avvicinato al movimento neofascista come semplice "spettatore".[senza fonte]

Egli è rimasto l'unico imputato nei processi del 2 agosto che abbia ammesso la propria presenza in stazione, ma la vicenda giudiziaria ha finito con il riconoscere che quest'ultima non sia correlata in alcun modo con l'esecuzione della strage stessa. Picciafuoco sarebbe uno dei tanti criminali comuni i cui legami con i NAR avevano ragioni di ordine puramente pratico e logistico.[senza fonte]

È morto a 76 anni nella sua casa di Castelfidardo (AN) stroncato da un infarto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bocca, p. 204.
  2. ^ Bocca, p. 215.
  3. ^ Bocca, pp. 206-208.
  4. ^ Bocca, pp. 218-221.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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