Santuario di Nostra Signora dell'Agostina

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Santuario di Nostra Signora dell'Agostina
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLiguria
LocalitàValdipino (Riccò del Golfo di Spezia)
Coordinate44°08′29.92″N 9°45′26.04″E / 44.141644°N 9.757233°E44.141644; 9.757233
Religionecattolica di rito romano
TitolareMadonna di Loreto
Diocesi Spezia-Sarzana-Brugnato
Inizio costruzione1528-1530
Completamento1750

Il santuario di Nostra Signora dell'Agostina è un luogo di culto cattolico situato nella frazione di Valdipino nel comune di Riccò del Golfo di Spezia, in provincia della Spezia. La chiesa è posizionata a circa 300 metri sul livello del mare in posizione isolata, immersa tra la vegetazione boschiva.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La facciata del santuario

A volere un primo luogo di culto fu Agostina Bernabone[1], vedova di Giovanni Maria Mazaschi e nativa del borgo di Vadipino, che proprio per volontà testamentarie del defunto coniuge ereditò, nel 1528[1], una porzione boschiva nella località "Tra la costa", sopra la piana del torrente Riccò, nella podesteria di Ponzò. Il piccolo oratorio fu intitolato alla Madonna di Loreto.

Nel 1532[1] la donna fece richiesta alla diocesi di Luni-Sarzana di usufruire del diritto di patronato che, tra le varie concessioni, permetteva alla donna, e quindi ai suoi eredi, la scelta di nomina di un cappellano e di amministrarne gli eventuali beni derivanti dalle offerte e donazioni.

Ciò causò una sorta di invidia al locale parroco di Santa Croce in Riccò, don Bartolomeo Costa[1], forse anche per il sempre crescente numero di fedeli diretti all'oratorio, e quindi delle relative donazioni nelle casse della famiglia Mazaschi, tanto che il prete decise di sporgere una formale denuncia[1] al vescovo sarzanese. La questione legale e spirituale tra il religioso di Riccò e Agostina Bernabone fu ampiamente dibattuta a Genova - sede scelta dalla Santa Sede con la nomina[1] del delegato Antonio Carrega, canonico della chiesa metropolitana genovese - con interminabili interrogatori, testimonianze, denunce e contro denunce, processi, sentenze e relativi appelli.

Parte della struttura e del campanile

La sentenza definitiva arrivò dopo ben cinque anni di dibattimenti[1] e diede pienamente ragione ai diritti acquisiti e concessi dal vescovo sarzanese ad Agostina e all'unico figlio Bartolomeo. Da allora il luogo di culto è conosciuto semplicemente come "chiesa o santuario dell'Agostina"[1] e tale denominazione è stata tramandata sino ad oggi, offuscando, involontariamente, la primaria intitolazione alla Madonna di Loreto.

Con la morte di Agostina Bernabone il patronato passò al figlio Bartolomeo[1] e quindi ai due figli Antonio (deceduto prematuramente senza eredi) e Giovanni Maria Mazaschi[1]. Quest'ultimo, presi i voti, fu vice rettore dal 1568 al 1570[1] della parrocchiale di San Giovanni Battista in Valdipino e amministratore della "chiesa dell'Agostina" fino al 1606[1] quando, per motivi sconosciuti, decise di rinunciare ai diritti di patronato in favore della locale confraternita di San Michele Arcangelo e di trasferirsi a Lumarzo, in provincia di Genova e nell'allora arcidiocesi di Genova, dove fu nominato parroco della chiesa di Santo Stefano in Pannesi nello stesso anno[1].

Con la cessione alla confraternita, formalmente dal 1607[1], il piccolo luogo di culto conobbe un nuovo slancio architettonico: la primaria struttura venne infatti quasi demolita con l'aggiunta di un nuovo fabbricato che diede vita ad una chiesa a due navate di forma e dimensioni uguali. Tra il 1701 e il 1750[1] avvenne una nuova rivisitazione dell'edificio, che definitivamente assunse le forme e i volumi odierni, con la commissione di un nuovo altare marmoreo (sullo stile di quello del santuario di Nostra Signora di Soviore a Monterosso al Mare), e del rifacimento del pavimento, del coro, del campanile e relative campane.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o La storia del santuario, su lasprugola.com. URL consultato il 17-06-2011 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2007).

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