Romulea requienii

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Zafferanetto di Requien
Fiori di Romulea requienii
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Monocotiledoni
OrdineAsparagales
FamigliaIridaceae
SottofamigliaCrocoideae
TribùIxieae
GenereRomulea
SpecieR. requienii
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseLiliopsida
SottoclasseLiliidae
OrdineLiliales
FamigliaIridaceae
GenereRomulea
SpecieR. requienii
Nomenclatura binomiale
Romulea requienii
Parl.

Lo zafferanetto di Requien (Romulea requienii Parl.) è una pianta appartenente alla famiglia delle Iridaceae.[1]

Il suo nome è dedicato a Esprit Requien (1788-1852), appassionato botanico ed esperto conoscitore della flora provenzale e corsa.

Fiori chiusi di Romulea requienii

Pianta erbacea geofita bulbosa, alta fino a 10 cm.

Le foglie sono verdi e filiformi, molto più lunghe del fiore e semicilindriche, allungate e flaccide.

I fiori, da 1 a 2, raramente 3, compaiono tra febbraio e marzo e sono piccoli, con 5 o 6 lacinie lunghe 20 o 25 mm, arrotondate all'apice. Il perigonio è di un bel colore violetto scuro anche alla fauce, glabro e, a volte, con delle venature bianche. Gli stami sono poco più brevi del perigonio e con filamento peloso nella metà inferiore. Lo stilo supera le antere di 2 o 3 mm. Lo stilo termina all'apice con lo stigma diviso in tre segmenti bifidi e incurvati verso l'esterno. Il frutto è una capsula ovale di 6–8 mm portante numerosi semi globosi.

Bulbo piccolo (circa 1 cm), piriforme, con tuniche bruno-grigiastre e fibre longitudinali.

Distribuzione e habitat

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La specie è endemica di Sardegna, Corsica e isole vicine. La si ritrova anche in Toscana con lievi differenze che hanno portato a descrivere quelle popolazioni come varietà etrusca[2].

Vegeta nei luoghi erbosi, i pascoli e soprattutto presso il mare.

  1. ^ (EN) Romulea requienii, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 9/8/2021.
  2. ^ Alberto Chiarugi, N. Giorn. Bot. Ital. n.s., vol. 36, 1929, pp. 191-202.

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