Coordinate: 46°05′04.67″N 11°45′52.31″E

Ripari Villabruna

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Ripari Villabruna
UtilizzoRiparo e abitazione
Epoca12.000 - 9.500
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComuneSovramonte
Dimensioni
Superficie1 669 047 mq 
Scavi
Data scoperta1987
ArcheologoAldo Villabruna
Amministrazione
ResponsabileSoprintendenza Archeologia del Veneto
Mappa di localizzazione
Map

I Ripari Villabruna, rientranze rocciose naturali che offrono riparo[1], sono un sito archeologico sul fianco sinistro della Val Schenèr, nel territorio del comune di Sovramonte in provincia di Belluno, dove sono stati ritrovati fossili di Homo sapiens, tra i quali quelli del Cacciatore della Val Rosna[2][3].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

I tre riparti, di origine naturale che si trovano ai piedi di una parete rocciosa, sono individuati con le lettere A, B e C.

Il riparo A è il più grande ed è quello che ha restituito le tracce archeologiche più importanti, tra i quali i resti del Cacciatore; il riparo B è il più piccolo, mentre il riparo C, è quello più in basso[2].

Scavi[modifica | modifica wikitesto]

I resti fossili furono scoperti nel maggio 1987, durante i lavori di rettifica del tracciato stradale preesistente, da Aldo Villabruna, che notò un accumulo a forma di cono di materiali detritici[3].

I lavori di estrazione del corpo cominciarono solo nel 1988, e furono affidati a un gruppo di ricercatori dell’università di Ferrara, guidati dal professore Alberto Broglio, con la collaborazione degli “Amici del Museo” di Belluno[4].

Datazione[modifica | modifica wikitesto]

La datazione è controversa tra chi pone la fase più antica di frequentazione del sito a 14.000 anni fa[5], e chi la pone a 12.000 anni fa[6][7][2].

Sepoltura[modifica | modifica wikitesto]

La sepoltura è stata ritrovata all'interno del riparo A[2]; il corpo è stato rinvenuto una ventina di metri sopra l’attuale piano stradale a circa 500–520 m di quota, 50 metri sopra il fondovalle[8]. Il cacciatore venne sepolto in una fossa profonda circa 30–40 cm, con la testa rivolta verso sinistra e le braccia distese lungo i fianchi; il fondo della sepoltura venne cosparso con dell’ocra. Il corpo venne poi ricoperto con terriccio, ceneri, carboni e pietre prese dal vicino torrente Cismon, alcune delle quali decorate[9].

Cartello che indica il sito archeologico Val Rosna

La circostanza che al sepolcro siano stati associati oggetti di evidente carattere simbolico, vedi le pietre dipinte, rappresenta un rilevante delle artistico - religiose dell'epoca paleolitica[2][10].

Il corredo funerario[modifica | modifica wikitesto]

Il corredo funebre è composto da sei oggetti, probabilmente contenuti in un piccolo sacco di pelle e posti lungo il braccio sinistro: una punta d’osso decorata con delle tacche, una lama, un nucleo di selce, un coltello a dorso, un ciottolo di calcare da usare come percussore e un grumo di resina[11]. Sono poi stati ritrovati degli oggetti ornamentali, ovvero delle conchiglie marine e dei denti di cervo forati[4][9].

Oggetti del corredo funebre del cacciatore della Val Rosna

Le pietre dipinte[modifica | modifica wikitesto]

A copertura della sepoltura furono posti dei grossi ciottoli di fiume presi dal vicino torrente Cismon, alcuni dei quali presentavano una particolare colorazione in ocra. Dopo il restauro, su cinque di essi è stato possibile vedere delle decorazioni di tipo schematico, con delle figure ridotte a pochi tratti essenziali:

  1. una pietra a forma di parallelepipedo è risultata decorata in ocra su tutte le sei facce;
  2. un’altra raffigura una decorazione antropomorfa (forse una figura umana stilizzata);
  3. un ciottolo colorato in ocra presenta al centro un ovale non dipinto, all'interno del quale sono disegnate delle figure che ricordano delle corna di cervo;
  4. un’altra pietra riporta delle decorazioni che ricordano delle piante erbacee;
  5. il quinto ciottolo è decorato con una banda centrale dalla quale partono 12 linee spezzate, che sembrano tante braccia.

Anche la parete del riparo è stata dipinta: è stata rinvenuta una decorazione lunga quasi 4 metri sulla parete di roccia, circa 1 metro sopra la sepoltura. Si tratta di una sequenza di sei bande verticali dipinte con ocra rossa che formano una specie di cornice[4].

Medicazione[modifica | modifica wikitesto]

Tra gli oggetti che compongono il corredo della sepoltura dell’uomo della Val Rosna è stato ritrovato un grumo delle dimensioni di una pallina da tennis: questo reperto è costituito da miscela di resina di pino silvestre e mugo e cera d'api. Questa mistura aveva uno scopo curativo: per certi aspetti risulta simile al propoli, che ha un’azione antimicrobica. Il cacciatore aveva dunque con sé una medicazione da usare in caso di bisogno. Riguardo al grumo è stata però avanzata anche un’altra ipotesi: poteva essere usato anche come collante per legare le punte di selce al legno[8].

Le armi di selce[modifica | modifica wikitesto]

Le armi fabbricate dai cacciatori preistorici erano fatte con le materie prime disponibili in natura, principalmente pietra e legno. Veniva utilizzata la selce, raccolta direttamente dalla roccia oppure trovata a terra. Nelle zone frequentate dal cacciatore della Val Rosna, la selce era facilmente reperibile sul Monte Avena: qui le pietre venivano lavorate e scheggiate. Il passaggio dell’uomo preistorico sul monte Avena è stato dimostrato da diverse campagne di scavo, l’ultima delle quali condotta nell'estate 2016 dal professor Marco Peresani dell’Università di Ferrara: è stata ritrovata una cava di pietra e moltissimi resti di lavorazione[12].

Le Dolomiti frequentate dal cacciatore[modifica | modifica wikitesto]

Nella preistoria l’intera area delle Dolomiti fu interessata da rilevanti cambiamenti ambientali: nel Paleolitico Superiore, tra 15.000 e 10.000 anni fa, ci fu la deglaciazione alpina, cioè una serie di miglioramenti climatici che portarono a nuove frequentazioni. I ghiacci si ritirarono e così poterono espandersi i boschi, le foreste e gli ambienti umidi: si moltiplicarono le risorse alimentari e l’uomo del Paleolitico esplorò regioni vergini e ricche di selvaggina[13]. Gli scavi archeologici hanno accertato che il Monte Avena, appartenente al gruppo delle Vette Feltrine, venne frequentato anche in questo periodo da cacciatori alla ricerca di cervi, camosci, caprioli, cinghiali e stambecchi[4]. La rigidità del clima aveva tenuto lontano dalle Dolomiti gli uomini preistorici per diverse migliaia di anni, ma in questa nuova fase climatica, detta Tardoglaciale, gruppi di cacciatori frequentarono la valle del Cismon libera dai ghiacci, inseguendo la selvaggina che si era spostata più in alto, verso il verde ambiente alpino.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Riparo, su treccani.it. URL consultato il 2 maggio 2024.
  2. ^ a b c d e Ripari Villabruna (sito pluristratificato), su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 2 maggio 2024.
  3. ^ a b I Ripari Villabruna e la Cultura Epigravettiana, su archeoagordo.it. URL consultato il 2 maggio 2024.
  4. ^ a b c d A. Broglio, C. Mondini, A. Villabruna, A. Guerreschi, E. Bianchin Citton e S. Bonomi, Immagini dal tempo. 40.000 anni di storia nella Provincia di Belluno, Cornuda (Treviso), Grafiche Antiga, 1992, pp. 53, 54, 60, 61, 70.
  5. ^ La prima lapide ha 14.000 anni, su ansa.it.
  6. ^ A. Broglio, A. Villabruna, Vita e morte di un cacciatore di 12.000 anni fa. Risultati preliminari degli scavi nei ripari Villabruna (Valle del Cismon, Val Rosna, Sovramonte, Belluno), in Odeo Olimpico, 1991.
  7. ^ Reperti archeologici e loro collocazione, su bellunopress.it.
  8. ^ a b E. Padovan (a cura di), Archeologia bellunese. Cronache di una quotidiana ricerca, Lentiai (Belluno), Grafiche Trabella, 1991, pp. 19, 20.
  9. ^ a b A. Broglio, Introduzione al Paleolitico, Editori Laterza, 1998, pp. 240, 241.
  10. ^ La prima lapide funeraria della storia? È quella di un cacciatore del Feltrino ed ha 14 mila anni, su italyproguide.com. URL consultato il 3 maggio 2024.
  11. ^ La sepoltura Epigravettiana di Rosna, su spazioinwind.libero.it.
  12. ^ I PRIMI SAPIENS SUL CAMPON DI MONTE AVENA, CAMPAGNA DI RICERCA ARCHEOLOGICA 2016, su unife.it.
  13. ^ G. Leonardi (a cura di), Il popolamento delle Alpi nord-orientali tra Neolitico ed Età del Bronzo, Belluno, Fondazione Giovanni Angelini Centro Studi sulla Montagna, 2004, p. 22.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]