Raid di al-Khisas

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Raid di al-Khisas
strage
Data18 dicembre 1947
Luogoal-Khisas
StatoBandiera del Mandato di Palestina Mandato di Palestina
Coordinate33°13′31″N 35°37′10″E / 33.225278°N 35.619444°E33.225278; 35.619444
Obiettivocivili arabi
ResponsabiliPalmach (Haganah)
Motivazionevendetta per l'uccisione di un ebreo
Conseguenze
Morti12

Il raid di al-Khisas ebbe luogo nella Palestina mandataria il 18 dicembre 1947, vicino al confine siriano, e fu effettuato dai miliziani sionisti del Palmach.[1][2][3]

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

L'incursione fu eseguita dal Palmach, un gruppo paramilitare sionista dell'Haganah, per vendicarsi di una sparatoria in cui un passeggero su un carro trainato da cavalli di un vicino kibbutz è stato ucciso quel giorno.[2] Secondo il quotidiano online palestinese al-Watan, i Palestinesi avevano reagito all’uccisione di cinque operai arabi da parte di tre "sionisti" accoltellando uno degli assalitori.[3]

Il comandante della brigata Labanouni e vicecomandante del 3º battaglione Palmach Moshe Kelman, che era di stanza ad Atlit, ricevette la notizia e si recò sul luogo dell'incidente.[3] Il comandante del battaglione Mola Cohen, chiese un'operazione di ritorsione contro il villaggio di Al-Khasas, senza dimostrare che gli abitanti fossero effettivamente i responsabili.[3] I comandanti locali del Palmach presumevano erroneamente che la sparatoria fosse ordita da un nucleo ad al-Khisas. La logica seguito in quel momento dai miliziani ebrei era che "se non ci fosse stata una reazione all'omicidio, gli arabi avrebbero interpretato questo come un segno di debolezza e un invito a ulteriori attacchi".[2]

L'Alto Comando dell'Haganah approvò quindi un attacco rivolto solo contro gli uomini e l'incendio di alcune case e Moshe Kelman consegnò l'ordine alla brigata.[2][3] Il raid provocò la morte di 12 residenti arabi di al-Khisas, tra cui 4 bambini.[2][3]

Reazione[modifica | modifica wikitesto]

L'Haganah inizialmente negò il massacro, ma fu in seguito ammesso da un suo portavoce.[3] La leadership ebraica dell'epoca criticò aspramente l'attacco.[2] A gennaio, il capo dell'Agenzia ebraica David Ben Gurion valutò il caso assieme al generale Moshe Dayan.[3] Nel 1948, l'arabista Nachum Horowitz, residente di Kfar Giladi e noto per le sue relazioni positive con gli Arabi locali, si recò a Tel Aviv per incontrare Ben Gurion e la leadership israeliana e chiedere loro di processare e punire i comandanti del Palmach per il raid, ma la condanna non avvenne.[1]

Tre settimane dopo, le forze arabe attraversarono il confine siriano ed effettuarono un attacco di rappresaglia contro il kibbutz Kfar Szold, ma subirono pesanti perdite e furono respinte. Gli eventi portarono a un'escalation di violenza che si diffuse rapidamente nella regione dell'Alta Galilea.[1][2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ben-Eliezer 2019, p. 71.
  2. ^ a b c d e f g Benvenisti 2000, p. 103.
  3. ^ a b c d e f g h (AR) Fayiz Abweid, لمناسبة مرور 64 سنة على ارتكابها مجزرة " عرب الخصاص " شاهد على دموية الكيان الصهيوني, su دنيا الوطن, 18 dicembre 2011. URL consultato il 14 aprile 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]