Progetto:Cattolicesimo/vivaio/8

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Storico e Dottore della Chiesa, nato nel 672 o 673; morto nel 735. Nell’ultimo capitolo del suo grande lavoro su “La Storia Ecclesiastica del Popolo Inglese” Beda ci ha raccontato qualcosa della sua vita, e questo è, praticamente, tutto quello che sappiamo.

È chiaro dalle lettere di Beda al vescovo Egbert che lo storico faceva visita al suo amico per qualche giorno, lontano dal proprio monastero di Jarrow, ma con queste così rare eccezioni la sua vita sembra essere stata un pacifico ciclo di studio e preghiera passato in mezzo alla sua comunità. Quanto fosse amato da loro è manifestato dal toccante racconto dell’ultima malattia e della morte del santo, lasciataci da Cuthbert, uno dei suoi discepoli. Le loro attività di studio non furono abbandonate a causa della sua malattia e leggevano ad alta voce accanto al suo letto, ma la lettura era costantemente interrotta dalle loro lacrime. “Posso dichiarare in verità” scrive Cuthbert del suo amato maestro “che non ho mai veduto con i miei occhi o udito con le mie orecchie nessuno ringraziare così incessantemente il Dio Vivente”. Anche nel giorno della sua morte (la vigilia dell’Ascensione, 735) il santo era ancora occupato con la dettatura di una traduzione del vangelo di San Giovanni. Alla sera, il fanciullo Wilbert, che la stava scrivendo, gli disse: “C’è ancora una frase, caro maestro, che non è scritta”. E quando questa fu fornita, e il ragazzo gli ebbe detto che era finita, “Tu hai detto il vero”, rispose Beda, “è finita. Predi il mio capo tra le tue mani, perché mi delizia di sedere di fronte a qualunque posto santo dove ero solito pregare, e così sedendo che io possa chiamare mio Padre”. E così, sul pavimento della sua cella cantando: “Sia gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”, pacificamente trasse l’ultimo respiro.


L’influenza di Beda su entrambe la cultura inglese e straniera è stata molto grande e sarebbe stata ancora più grande non fosse stato per le devastazioni inflitte ai monasteri meridionali dalle incursioni dei Danesi meno di un secolo dopo la sua morte. In innumerevoli modi, ma specialmente nella sua moderazione, sensibilità e ampiezza di vedute, Beda risalta tra i suoi contemporanei. Dal punto di vista della cultura fu indubbiamente l’uomo più istruito del suo tempo. Un tratto notevole, notato da Plummer (I, p. xxiii) è il suo senso di proprietà letteraria, una cosa straordinaria per i suoi tempi. Lui stesso annotava scrupolosamente nei suoi scritti i passaggi che aveva preso in prestito da altri, e pregò anche i copisti del suo lavoro di preservare i riferimenti, una raccomandazione a cui essi, purtroppo, prestarono poca attenzione. Alto, in ogni modo, come fu il livello generale di cultura di Beda, egli ripetutamente mise in chiaro che tutti i suoi studi erano subordinati alla interpretazione delle Scritture. Nel suo “De Schematibus” disse in poche parole:

«Le Sacre Scritture sono al sopra di tutti gli altri libri non solo per la loro autorità perché sono divine, o per la loro utilità perché guidano alla vita eterna, ma anche per la loro antichità e per le loro forme letterarie (positione dicendi)»

È probabilmente il tributo più alto al genio di Beda, che con una così non compromettente ed evidentemente sincera convinzione dell’inferiorità della conoscenza umana, abbia potuto acquisire così tanta cultura naturale. Nonostante il latino fosse per lui una lingua ancora viva, e nonostante non sembra aver guardato coscientemente indietro all’età augustea della letteratura romana per preservare modelli di stile letterario più puri di quelli del tempo di Fortunato o Sant’Agostino, ancora se attraverso genio di nascita o attraverso contatto con i classici, è sorprendente per la relativa purezza del suo linguaggio, come anche per la sua lucidità e sobrietà, specialmente in questioni di critica storica. In tutti questi aspetti presenta un marcato contrasto con Sant’Adelmo che si avvicina molto al tipo celtico.

Scritti ed edizioni

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Nessuna edizione adeguata fondata su una attenta collocazione dei manoscritti è stata mai pubblicata sulle opere di Beda nel loro insieme. Il testo stampato da Giles nel 1884 e riprodotto in Migne (XC – XCIV) mostra poco o nulla in più dell’edizione basilare del 1563 o dell’edizione di Colonia del 1688.

È ovviamente come storico che Beda viene principalmente ricordato. La sua grande opera, la “Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum” che rende conto della cristianità in Inghilterra dall’inizio fino ai suoi stessi giorni, è il fondamento di tutta la nostra conoscenza della storia britannica e un capolavoro elogiato dagli studiosi di ogni tempo. Di quest’opera, insieme alla “Historia Abbatum”, e alle “Lettere a Egbert”, Plummer ha prodotto una edizione che a stento può essere definita completa (2 voll., Oxford, 1896). L’ammirabile industriosità di Beda nel raccogliere materiali e il suo uso critico degli stessi sono stati mirabilmente illustrati nella Introduzione di Plummer (pagg. xliii – xlvii). La “Storia degli Abati” (dei monasteri gemelli di Wearmouth e Jarrow), le “Lettere a Egbert”, i fogli di metrica e prosa di San Cuthbert, e gli altri più piccoli pezzi, sono molto preziosi per la luce che fanno sullo stato della Cristianità in Northumbria ai giorni di Beda. La “Storia Ecclesiastica” fu tradotta in Anglosassone su istanza del re Alfredo. È stata spesso tradotta da allora, in particolare da T. Stapleton che la stampò (1565) ad Antwerp come una arma di controversia contro il culto della Riforma nel regno di Elisabetta. Il testo latino apparve per la prima volta in Germania nel 1475; è degno di nota che nessuna edizione anche del testo latino sia stata stampata in Inghilterra prima del 1643. il testo più accurato di Smith vide la luce nel 1742.

I trattati cronologici di Beda “De Temporibus Liber” e “De temporum ratione” contegnono anche riassunti della storia generale del mondo dalla creazione al 725 e al 703, rispettivamente. Queste porzioni storiche sono state edite in modo soddisfacente da Mommsen dei “Monumenta Germaniae historica” (quarta serie, 1898). Possono essere contati tra i primi esemplari di questo tipo di cronache generali e furono largamente copiati e imitati. L’opera topografica “De locis sanctis” è una descrizione di Gerusalemme e dei luoghi santi basata su Adamnan e Arculfus. L’opera di Beda fu edita nel 1898 da Geyer nel “Itinera Hierosolymitana” per i “Corpus Scriptorum” di Vienna. Che Beda compilò una “Martyrologium” lo sappiamo da una sua dichiarazione. Ma l’opera attribuitagli in molti manoscritti è stata talmente intercalata e integrata che la sua parte nell’opera è abbastanza incerta.

Gli scritti di esegesi di Beda sia da idee originali sia da quelle dei suoi contemporanei sono molto importanti nei suoi lavori, ma la lista è lunga e non può essere data per esteso nel presente contributo. Includono un commentario sul Pentateuco nel suo insieme come anche su parti selezionate, e ci sono inoltre commentari sui Libri dei Re, Esdra, Tobia, il Cantico dei Cantici, ecc. nel Nuovo Testamento ha certamente interpretato san Marco, san Luca, gli Atti, le Lettere Apostoliche, e l’Apocalisse. Ma l’autenticità del commentario su san Matteo stampata con il suo nome è più che dubbia. (Plaine in “Revue Anglo-Romaine”, 1896, III, 61). Le omelie di Beda prendono la forma dei commentari sul Vangelo. La collezione di cinquanta, divise in due libri, che gli sono attribuite da Giles (e in Migne) sono per la maggior parte autentiche, ma la genuinità di alcune è sospetta. (Morin in “Revue Bénédictine”, IX, 1892, 316).

Varie opere didattiche sono menzionate da Beda nella lista che ci ha lasciato dei suoi lavori. La maggior parte di quelli ancora conservati e non c’è ragione di dubitare che i testi in nostro possesso siano autentici. I trattati grammaticali “De arte metricâ”, “De orthographiâ” sono stati adeguatamente editi in tempi recenti da Kiel nel suo “Grammatici Latini” (Leipzig, 1863). Ma le opere maggiori “De naturâ rerum”, “De temporibus”, “De temporium ratione”, che trattano di scienza come era allora compresa e specialmente con la cronologia, sono accessibili soltanto nei testi insoddisfacenti dei primi editori e di Giles. Oltre la vita metrica di san Cuthbert e alcuni versi, non possediamo molta poesia che può essere attribuita a Beda con una qualche sicurezza, ma, come altri studiosi della sua epoca, certamente scrisse un buon numero di versi. Lui sesso cita il suo “Libro degli Inni” composto in diversi metri o ritmi. Come Alcuin dice di lui: Plurima versifico cecinit quoque carmina plectro. È possibile che il più breve dei due almanacchi metrici stampati tra le sue opere sia autentico. Il Penitenziale ascritto a Beda, anche se accettato come autentico da Haddan e Stubbs e Wasserschleben, probabilmente non è suo (Plummer, I, 157).

Il Venerabile Beda è il primo testimone della tradizione più pura del gregoriano in Inghilterra. La sua opera “Musica teorica” e “De arte Metricâ” (Migne, XC) hanno uno speciale valore per gli attuali studiosi, impegnati nello studio della forma primitiva del canto.

(EN) Bede, The Venerable, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913.